I miei libri - piccola parentesi sui miei libri -
6 Aprile 2009 - il diario di uno sfollato - DVD n.° 1
Dopo tre anni si torna a parlare del terremoto de L’Aquila e delle peripezie subite da tutti i suoi abitanti. Lo fa Fausto Torregrossa tramite il suo "diario", un ’racconto denuncia’ tra ricordi, prove e fatti. Erano le 3:32 del 6 aprile 2009 quando tutto ebbe inizio. O forse no? Il racconto di questa tragica storia italiana non comincia quel giorno. Inizia qualche settimana prima del tragico evento, raccontando le tante omissioni che hanno apportato i loro ulteriori danni, quelle omissioni oscurate da quasi tutti i mezzi d’informazione da quei giorni fino ad oggi. E così, nel silenzio di tutti, il terremoto. Nel silenzio di tutti l’epopea dei tanti aquilani attraverso l’Italia. L’epopea di Fausto costretto da sfollato a viaggiare tra una città e l’altra per poi tornare nel suo paese completamente distrutto, rubato ai suoi abitanti, venduto a tutto il mondo, inghiottito dal G8. Il racconto quindi non basta, arrivano le testimonianze, i dati, i fatti. Un saggio per denunciare le gravissime condizioni in cui erano costretti a vivere i terremotati: alberghi di lusso diventano lager, la vita diventa pubblicità per fare interessi altrui. Si ride e si mangia su L’Aquila. La voglia di riscatto però resta. Dopo tre anni ancora a voce alta si cerca di denunciare tutto. Si urla ancora contro i tanti "Sciacalli!!!".
Francesco Fragnito
Dalla collana : “6 Aprile 2009, una storia italiana”
Il primo libro
“ 6 Aprile 2009 – Il diario di uno sfollato” sterza edizione
Copyright © 2009 Fausto Torregrossa
Per informazioni e ordini
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Cell: 346-0191448
Mi presento
Fausto Torregrossa,
nato a Roma il 16-11-1953, coniugato con Anna Maria Rita Carlino, tre figli Marco, Luca e Chiara.
Fino al 2007, opero nell’industria manifatturiera, prima a Roma in “Autovox” successivamente, una volta trasferito a L’Aquila (1987) in “Opti.Me.S., Rhone-Poulenc Argo, Aventis Crop Science e Agriformula”, occupandomi di logistica di stabilimento (Pianificazione, Programmazione, Controllo avanzamento lavori, Magazzini, Inventari, Movimentazione Materiali, Acquisti) software applicativi per l’industria (C.M. Control Manufacturing – SAP r3 – Diapason 5), Capo Progetto sistemi informatici (MRP1, MRP2, ERP).
Stabilito a L'Aquila dimoro per alcuni mesi nella frazione di Paganica, successivamente mi trasferisco in città nel quartiere di Santa Barbara, dove vi risiedo per 15 anni per poi trasferirmi nel vicino quartiere di Pettino.
Nel 2007 un nuovo trasferimento nel vicino comune di San Demetrio né Vestini, dove risiedo fino a quella tragica notte del 6 Aprile 2009.
Oggi vivo da sfollato con tutta la famiglia, presso il comune di Isola del Gran Sasso (Te), in attesa di ricevere in assegnazione un M.A.P. nel comune di residenza.
Impegnato in attività sindacale fin dalla metà degli anni settanta, prima in FLM poi a seguito della scissione in CGIL-FIOM e successivamente a L’Aquila in CGIL- FILCEM.
Sono attivista di Legambiente, mi occupo, collaborando con alcune aziende del settore, di energie alternative: “Fotovoltaico, Solare termico, Geotermia, Climatizzazione” e costruzioni alternative “Bioedilizia”.
Dal giorno del sisma collaboro con alcune imprese impegnate nella ricostruzione nei 57 comuni del cratere.
Dal Dicembre 2011 svolgo la mia attività come LSU (Lavoratore Socialmente Utile) presso la Corte d’Appello di L’Aquila sez. Penale occupandomi dell’iscrizione dei nuovi fascicoli (processi d’Appello).
Come nasce il libro
Questo volume nasce per caso, inizialmente era un comune diario personale in formato “word”, fatto solo per scaricare la tensione di quei giorni, raccoglieva gli avvenimenti più importanti che accadevano di giorno in giorno, riportava ciò che quotidianamente coinvolgeva me, i miei familiari o chi condivideva quelle stesse esperienze con noi.
Poi, rendendomi conto che ciò che scrivevo, trovava puntuali conferme sui quotidiani, l’ho arricchito con una attenta ricerca, condotta in internet.
Così lentamente si è trasformato in una cartella contenente file di: filmati, interviste e link di collegamento a siti o materiali presenti in internet.
Molti dati e/o avvenimenti riguardavano avvenimenti che giornalmente venivano caricati in internet da altri utenti, come me sfollati, che in quei giorni stavano vivevano le più incredibili vicissitudini, a cui nessuno permetteva di manifestare il proprio disagio, sempre e comunque censurati dai media, costoro avevano come unico mezzo di comunicazione internet.
A ciò ha fatto seguito, l’arricchimento con altro materiale, foto, videoclip, e documenti personali, ed è stata una logica conseguenza la successiva raccolta di tutti questi dati su supporti informatici (DVD).
Solo alcuni mesi dopo, la parte riguardante il diario, si è trasformata con la collaborazione e l’impegno di mia moglie “Anna”, che si è dedica alla correzione delle bozze originali, nell’attuale dimensione di libro.
Ora leggendo queste righe, potrete apprezzare il lavoro da Lei svolto, ricordando che tutto ciò che è viene riportato sono avvenimenti veri, realmente accaduti, raccontati da chi li ha vissuti in prima persona, il tutto come potrete verificare è ampiamente documentato.
PREMESSA
Questo è il secondo volume che compone la collana “6 Aprile 2009, una storia italiana”, allo stato attuale è in lavorazione il terzo volume, ma non è detto che in futuro non c’è ne siano altri.
Il progetto prevede che ciascuno dei tre volumi tratti una parte degli avvenimenti riguardanti il sisma in Abruzzo, con particolare riguardo al capoluogo L’Aquila, i contenuti sono perciò suddivisi nei tre volumi come segue:
- “6 Aprile 2009, il diario di uno sfollato”, gli argomenti trattati sono:
- La vita prima del sisma;
- Il sisma,
- L’emergenza,
- la vita nei campi,
- La vita sulla costa,
- Alcuni episodi di vita vissuta
- Giuliani ed il mancato allarme.
- “6 Aprile 2009, la ricostruzione che non c’è”, gli argomenti trattati sono:
- Il progetto C.A.S.E. e i MAP,
- I ritardi nella costruzione dei nuovi insediamenti,
- La viabilità e il G8,
- L’effetto mediatico dei mezzi d’informazione,
- La burocrazia ostacola la ricostruzione,
- Le possibili alternative ignorate.
- “6 Aprile 2009, e la storia …… continua” gli argomenti trattati sono:
- I veri danni del sisma,
- La “Commissione Grandi Rischi” rinviata a giudizio,
- Il sismologo Gaetano De Luca (INGV) parla,
- Dopo il sisma la Procura indaga,
- Le inchieste,
- Mafie e progetto C.A.S.E.
- Ancora l’effetto mediatico su L’Aquila, “Bertolaso, D. Stati, G. Letta, Studio Aperto”
- Protezione Civile SpA
- Seminario d’urbanistica
Sotto, Roma 07 luglio 2010 manifestazione di protesta degli aquilani
Dopo 15 mesi sono ancora 48.000 i sfollati a L’Aquila. La città è morta, l’economia al collasso, 16.000 i cassaintegrati per i quali non ci sono prospettive mentre i professionisti abbandonano la città. I lavori di recupero nelle abitazioni B e C sono fermi perché mancano i fondi, mentre le E, le abitazioni inagibili, ancora non c’è nessuna possibilità di vero recupero specialmente nelle zone Rosse e nei centri storici sottoposti a tutela. Intanto dal 1° luglio il regime fiscale è tornato quello pre-sisma. Gli aquilani sono qui a manifestare le loro sacrosante rivendicazioni, ed il governo li accoglie schierando la celere in tenuta antisommossa, 5 giorni dopo denuncerà gli organizzatori di una manifestazione autorizzata, scortata da L’Aquila a Piazza Venezia, prima dalla polizia, poi dalla municipale di Roma.
Questa è la fine della “DEMOCRAZIA”.
6 Aprile 2009 – Il diario di uno sfollato
YouTube - Terremoto Abruzzo - TG1 - Edizione straordinaria ore 1300 del 6Aprile2009
Sopra, lo spirito di riscossa del popolo abruzzese dopo il sisma.
6 Aprile 2009 – Il diario di uno sfollato
Sopra, L’Aquila Natale 2010
L’Aquila 6 Marzo 2010 – Per non dimenticare – Un disastro annunciato.
Sopra, il giorno del ricordo
L’Aquila 6 Aprile 2010
25.000 fiaccole, 308 vittime, 308 rintocchi
mentre la città torna ai cittadini
Sopra, L’Aquila la fiaccolata del 6 Aprile 2010
Poche righe per un triste ricordo.
In una città fantasma, dimenticata per un anno dai media che si sono prostrati al volere di chi ha voluto diffondere una verità monca, di parte, nella quale si è dato ampio spazio e luce di riflettori ai nuovi insediamenti del progetto CASE, alle new towns, mentre quegli stessi obiettivi, quei microfoni non sono mai stati concessi ai cittadini, dando spazio alla città. L’Aquila, la città distrutta, presidiata dalle forze dell’ordine e dall’esercito, sottratta da un anno ai suoi abitanti.
La gente non ha mai potuto parlare di se attraverso i media, quella stessa gente che oggi, in questa fredda notte, silenziosa si è radunata per ricordare quel triste evento.
Oggi sono oltre 25.000 i cittadini che si sono spontaneamente raccolti, e sono tanti per una città che prima del sisma contava solo 74.000 anime, e che ancora oggi ha oltre 52.000 abitanti che non hanno casa, assistiti in vario modo dalla Protezione civile.
L’appuntamento alla Fontana Luminosa, quattro grandi cortei partiti da altrettante periferie hanno attraversato la città, oltre 25mila persone hanno sfilato nella grande fiaccolata per le vie, quelle percorribili del centro.
Alle 3,32, lettura dei nomi delle 308 vittime del sisma in una Piazza Duomo gremita di folla.
In precedenza si era tenuto un consiglio comunale all’aperto, durante il quale sono stati letti il messaggio del premier, che tra le righe riporta testualmente: “C'è chi infanga il lavoro del governo, ma noi abbiamo fatto record”, e qui, sull’argomento del “fare” parte una bordata di fischi e rumori che hanno coperto del tutto le parole dell’oratore di turno.
Successivamente, è stata la volta del discorso del Presidente della Repubblica, che in un passaggio dice ”L'Italia seppe unirsi. La Protezione civile si dedichi solo alle calamità. Non si perda in altre direzioni”, e al riferimento del ruolo istituzionale del ruolo che dovrebbe svolgere la Protezione Civile non sono mancati gli applausi.
Intanto in internet sul social network “Facebook” è partito l’evento "Una candela per l'Aquila".
Sopra e Sotto, la grande fiaccolata del 6 Aprile 2010 a L’Aquila.
Sotto, ancora immagini della fiaccolata del 6 Aprile 2010 a L’Aquila.
Sopra, quattro grandi cortei hanno attraversato la città, sono oltre 25.000 persone, sfollati giunti da tutte le parti per la fiaccolata del 6 Aprile 2010 a un anno dal sisma.
Sopra, manifestazione di protesta per la riapertura del centro storico
Sommario
Capitolo primo : Il sisma , gli avvenimenti che lo hanno seguito. 12
La vita prima del sisma (Gennaio - Marzo 2009, prima del sima) 13
Gli eventi (6 Aprile 2009, il sisma) 16
La fuga (6 Aprile 2009, subito dopo il sisma) 20
Roma (i primi 10 giorni dopo il sisma) 22
Nettuno (La vita da sfollati, i primi tre mesi) 24
Ciò che i media non hanno detto (analisi della situazione dopo quattro mesi) 27
I sfollati in tenda (lo smantellamento dei campi, sei mesi dal sisma) 29
La deportazione di massa sulla costa (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa) 31
I° episodio: ”La convivenza forzata” (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa) 32
Il controesodo, gli sfollati si riavvicinano a L’Aquila (riaprono le nuove scuole, i MUSP) 37
La vita ad Isola del Gran Sasso, l’agriturismo lager (Agosto – Ottobre 2009) 38
Le cose possono cambiare, una speranza per il futuro (la situazione dei sfollati dopo nove mesi) 43
Lo sporco uso della propaganda politica - (Marzo 2009) 45
Il giro d’Italia passa per L’Aquila - E la propaganda continua - ( 21 Maggio 2010) 48
Giugno 2010 - ed ancora non è finita - (fino al 6 Giugno 2010) 50
Gli ultimi avvenimenti (Giugno 2010) 52
16 Giugno 2010, il riscatto di L’Aquila e degli aquilani - (inizia la rivolta – Giugno 2010) 55
Ancora una volta a Roma - (07 Luglio 2010) 57
Un brutto presentimento (Agosto 2010) 60
Lettera al Vescovo Molinari ”Caro Vescovo” (Perdonanza Agosto 2010 ) 62
Lettera All’ass.re Stefania Pezzopane e al Sindaco Massimo Cialente (Agosto 2010 ) 64
31 Agosto 2010 la terra torna a tremare, 17 mesi dopo torna la paura ( Agosto 2010) 68
L’Assegnazione del M.A.P. n.°38 (23 Settembre 2010 - 17 mesi e 19 giorni dopo il 6 Aprile 2009) 70
Una riflessione sugli ultimi avvenimenti (Settembre 2010) 73
Il M.A.P. n.° 38 di Collarano (18 Ottobre 2010) 82
Capitolo secondo : La commissione grandi rischi, il mancato allarme, il caso Giuliani 85
La commissione grandi rischi (Marzo 2009, una settimana prima del sisma) 86
Il mancato allarme - Bertolaso io sereno (Gennaio – Marzo 2009) 90
Il mancato allarme - Onna denuncia esposto alla commissione Grandi rischi (Gennaio – Marzo 2009) 92
Il mancato allarme - «Ho perso tutto, dissero di stare tranquilli» (Gennaio – Marzo 2009) 93
Il caso Giuliani (Aprile – Dicembre 2009, la mancata prevenzione) 95
Capitolo primo : Il sisma , gli avvenimenti che lo hanno seguito
La vita prima del sisma (Gennaio - Marzo 2009, prima del sima)
Tutto comincia il 5 Aprile 2009, la situazione economica della città di L’Aquila e dei comuni limitrofi dopo anni di lenta agonia ha raggiunto il livello più basso, siamo alla sopravvivenza.
Sono ormai ricordi gli insediamenti industriali di Italtel, Selenia, Alenia, Res Romoli, Optimes, Calzaturificio Aquilano, Ada, Ravit, Rhone-Poulench Agro, Aventis Crop Science, Agriformula ……….. stabilimenti, che negli anni, avevano permesso una discreta crescita occupazionale nella città e nei comuni limitrofi, tale da richiedere una ampia espansione degli insediamenti urbani sul territorio, al punto da ricercare, destinare e realizzare nuove aree edificabili, nuovi quartieri come il popoloso quartiere di Pettino.
Solo dopo il disastroso evento, scopriremo che è stato edificato sopra una pericolosa faglia.
Poi, vuoi per la crisi economica che ha colpito tutti i paesi occidentali, vuoi per l’incapacità di pseudo industriali, e/o pseudo imprenditori, ai quali si è aggiunta una politica economica ed industriale di un governo incapace, rimasto scollegato dalla realtà del paese, intento solo a creare consensi con proclami elettorali, utilizzando allo scopo, tutti i mezzi di informazione disponibili, confezionando una realtà di parte, virtuale, la situazione economica è precipitata.
Infatti, solo dopo pochi mesi dall’inizio della più grande depressione economica dopo quella degli anni ‘30, tutti quei proclami sbandierati ai quattro venti, si sono spenti uno dopo l’altro, lasciando sulla strada intere famiglie in Italia, e soprattutto in questa provincia.
E a L’Aquila, le cose sono andate anche peggio, così mentre chiudevano uno ad uno tutti gli insediamenti più importanti, quelli che operavano ormai da decenni, la crisi occupazionale ed economica assumeva proporzioni devastanti.
Da ciò possiamo quindi concludere, che la situazione economica del territorio prima del 6 Aprile 2009 non era buona, anzi potremmo definirla agonizzante, all’epoca gli unici insediamenti industriali di un certo livello che ancora andavano discretamente erano quelli ad ovest della città, rappresentati dal polo farmaceutico composto da Sanofi Aventis, Dompè, Menarini, oltre agli impianti ad est, quelli del polo metalmeccanico che comprendevano Otefal e Edimo.
Tutti questi pochi impianti ancora attivi, nel loro complesso, potevano occupare un migliaio di addetti, ben poca cosa al confronto dei quasi cinquemila dipendenti della sola Italtel dei tempi d’oro considerando che la popolazione dell’agglomerato urbano cittadino superava le 70.000 unità
L’Aquila (prima del sisma)
Una città ancora bellissima, ricca di palazzi storici, chiese d’epoca, e beni sottoposti a vincoli ambientali e paesaggistici.
Un centro storico, che di per se è un monumento, immersa fra tre parchi nazionali, nelle regione VERDE d’Europa, dove la vita correva tranquilla, nonostante le già citate difficoltà economiche, dove si poteva ancora vivere bene, dove bastava uscire da casa per fare una passeggiata in centro, oppure, in 30 minuti, dal quartiere Santa Barbara, tra piante e boschi, immersi nella natura, era possibile raggiungere la Madonna Fore, che sovrasta la città, e che solo un anno prima, dei delinquenti avevano bruciato dandole fuoco, piuttosto che raggiungere in macchina la vicina pineta di Roio, sede della facoltà di Ingegneria, una delle migliori d’Italia o ancora andando verso Assergi, percorrendo la strada che collega la città alle sciovie del Gran Sasso “Campo Imperatore”, si incontra sulla destra la chiesetta della Madonna d’Appari, ricca di affreschi di assoluto pregio, e poi i suggestivi borghi del circondario molti dei quali si estendono nei quattro parchi regionali, tre dei quali contornano L’Aquila.
Questi, sono solo alcuni dei posti cari e noti a tutti i cittadini di L’Aquila, posti che solo se saremo fortunati un giorno potremo riavere, e che per ora rimangono ancora solo uno struggente ricordo di un passato che è andato irrimediabilmente perso, distrutto.
Poi, da Novembre 2008, comincia la lunga sequenza sismica, alla quale inizialmente non fa caso nessuno, poi i tremori aumentano di frequenza e intensità, da Gennaio 2009 la sequenza comincia ad avere una dinamica giornaliera, cominciano i primi commenti sulla stampa.
Ma la vita continua, mentre tra la popolazione cresce la preoccupazione, fino ad arrivare all’ultima drammatica settimana prima del sisma, fino alla chiusura forzata di tutte le scuole, imposta e voluta dal sindaco della città Massimo Cialente, fino alla ormai tristemente nota riunione della Commissione Grandi Rischi, tenutasi a L’Aquila quel 31 Marzo, anche questa richiesta è voluta dal sindaco, per arrivare al fatale annuncio dell’assessore regionale On. Daniela Stati, che, successivamente alla riunione della Commissione Grandi Rischi, in TV tranquillizzava la popolazione garantendo che non ci sarebbe potuto essere nessun evento di particolare rilievo.
Invece in quella nella notte drammatica, la terra trema nuovamente, trema prima alle 23.00 del 5 Aprile, poi ancora alle 01.00 del 6 Aprile 2009, sono le avvisaglie dell’imminente distruzione in arrivo.
Alle 3,32, una scossa di magnitudo 6,3 sulla scala richter, distrugge la città di L’Aquila e altri 56 comuni compresi nel cratere, provocando ingenti danni in altri 30 comuni, complessivamente sono coinvolte da questo triste evento circa 170.000 abitanti, per la maggior parte residenti nella provincia di L’Aquila.
Inizia qui il mio diario, da quando solo pochi giorni dopo il disastro comincia l’esodo, poi la fuga, ed infine la triste deportazione di massa di 40.000 abitanti, il 55% della popolazione cittadina, mentre vengono allestiti in tutti i comuni coinvolti, campi d’accoglienza, saranno alla fine 179 e conterranno fino a 20.000 sfollati, che per sette lunghi mesi dovranno vivere in una vergognosa situazione da terzo mondo, saranno oscurati dai media e scordati da tutti.
Infatti, la macchina della propaganda governativa, cavalcando la tragedia, decide di spostare il programmato G8, da l’isola della Maddalena a L’Aquila, raccontando che in questa maniera si sarebbe data maggiore visibilità alla tragedia di L’Aquila.
In realtà, tutto ciò aveva il solo scopo di nascondere la tragicità degli eventi, distogliendo, in quei tre mesi di preparazione dell’evento, l’informazione sulle reali condizioni di vita nei campi profughi e negli alberghi sulla costa, spostandola invece sui preparativi del G8 e sugli argomenti di politica internazionale, che agli occhi dell’opinione pubblica sono apparsi d’importanza mondiale.
Così mentre i problemi dei sfollati venivano oscurati dai media, la macchina della Protezione Civile coperta dagli eventi del G 8, passati in primo piano, cominciava a lavorare alle spalle di tutti noi, allontanati dalla città, dalle nostre case, e poi ingannati, utilizzati, strumentalizzati ed infine traditi.
Così noi delusi dagli eventi, tristi, perché deportati fuori città, allontanati dal nostro ambiente, dalla casa, senza la possibilità di frequentare amici che solo prima del sisma non sopportavamo, ed ora nella nostra solitudine ci mancavano terribilmente, senza riferimenti o luoghi di ritrovo, che da quella tragica notte ci erano preclusi, con la città bombardata come Beirut sotto stato d’assedio, controllata in ogni via, in ogni incrocio dai blindati dell’esercito, e dai servizi di polizia, avevamo perso tutto ciò che avevamo costruito in una vita, in 30 maledetti secondi, per sempre, ma ancora non immaginavamo cosa stava per accadere, ne cosa sarebbe accaduto.
Solo 10 mesi dopo, scopriremo, a seguito di intercettazioni ed inchieste condotte dalla magistratura, quali meccanismi, e quanti affaristi di palazzo si sono arricchiti sulla nostra pelle, sapremo che questo business è servito per permettere ai soliti amici degli amici di fare soldi facilmente.
Apprenderemo, che mentre i vigili del fuoco erano impegnati ad estrarre dalle macerie i sopravvissuti al cataclisma, alcuni delinquenti se la ridevano alle nostre spalle, persone che si sono spacciate per imprenditori, se la ridevano pensando ai ricchi appalti della ricostruzione.
SCIACALLI!!!!!!!!!!
Ci sono stati appelli, si temevano infiltrazioni mafiose nei cantieri della ricostruzione, invece scopriamo faccendieri di palazzo, invischiati con politica e con lo stesso Dipartimento della Protezione Civile nella costruzione dei nuovi quartieri del progetto CASE.
Così, mentre noi eravamo deportati sulla costa o richiusi in qualche campo dal lugubre aspetto, loro studiavano il modo per fare soldi, tanti soldi ed in poco tempo, sulle nostre disgrazie, fuori da qualunque controllo legislativo, coperti da leggi speciali, da ordinanze, che per gestire l’emergenza della situazione permettevano qualunque azione, giusta, pulita, onesta, ingiusta, sporca e disonesta, secondo gli attori che la recitavano.
Si dirà solo dopo, molto tempo dopo, che questo evento è stato il più grave, il più drammatico cataclisma, che ha colpito l’Italia negli ultimi 100 anni.
Gli eventi (6 Aprile 2009, il sisma)
Dopo il sisma delle 3 e 32, appena due ore dopo, la mirabile macchina istituzionale, era già attiva, addirittura in alcuni centri oltre a L’Aquila, erano già presenti le prime colonne di soccorso, mentre quella stessa notte, in città, erano in servizio solo una dozzina di vigili del fuoco.
Come mai?
Si è sbandierato ai quattro venti quest’efficienza, tutti sono rimasti colpiti da ciò, ma nessuno ha avuto il coraggio di formulare una domanda, la sola, che se fosse stata fatta, ed avesse avuto una risposta sensata, avrebbe automaticamente condannato proprio la mirabile macchina dei soccorsi.
Vi spiego:
Per percorrere l’autostrada Roma – L’Aquila, un automobilista che non vuole incorrere nel ritiro della patente o in salatissime multe, mantenendo una velocità di crociera di 110 km/h per tutto il percorso, che comprende viadotti, curve, gallerie e salite, ci può mettere con molte difficoltà 1 h, se non ci credete, provate.
Ora, chi è in grado di spiegarci, come, una colonna, composta da mezzi di soccorso, mezzi pesanti, che viaggia tutta assieme, con una vettura in avanguardia per rilevare lo stato della percorribilità della strada, riesce a raggiungere L’Aquila, partendo da Roma in appena due ore?
La cosa non sarebbe stata possibile, neanche se tutti i mezzi di soccorso, si fossero trovati pronti a partire al casello di Roma.
Quindi, è evidente, che c’è qualche elemento che non combacia con la realtà dei fatti.
Forse qualcuno sapeva e ha taciuto?
Forse qualcuno aveva previsto?
O semplicemente, vista l’anomala sequenza sismica che interessava il territorio da alcuni mesi, aveva allertato i soccorsi, trasferendoli in luoghi vicino alle zone poi colpite, con una precisione che ha del profetico?
Tutto ciò, considerando che solo il 31 di Marzo, sei giorni prima, la commissione grandi rischi che si era riunita a L’Aquila, aveva concluso i lavori in 30 minuti, dichiarato che tecnicamente era impossibile prevedere terremoti, e che comunque era da escludersi la possibilità di un terremoto disastroso, simile per intenderci a quello del 1703.
Ma quale grande macchina organizzativa, ma quale efficienza, chi credete possa realmente credere alla storia dei soccorsi efficienti.
La verità è davanti agli occhi di tutti, ufficialmente si è detto che nulla si poteva prevedere, che non esistono strumenti tecnici scientificamente attendibili, si è esclusa la possibilità di un sisma catastrofico simile a quello del 1703, ma la realtà è che subito dopo quella riunione è cominciato un monitoraggio a tappeto degli avvenimenti, che fino a quella data erano stati sottovalutati.
La verità è che già alla scossa delle 23.00, mentre alla popolazione non è stato dato nessun preallarme, questo veniva dato alla macchina dei soccorsi, che si è immediatamente allertata, la verità è che i mezzi di soccorso della Protezione Civile provenienti da tutta l’Italia, già si trovavano nei pressi dell’aquilano, quindi è stato facile intervenire in poco tempo.
Direte Voi, ma come, per essere pronti a gestire una possibile emergenza, il preallarme è stato talmente efficiente da riuscire a rispondere al momento del bisogno, in tempi da record, e Vi lamentate.
Si che ci lamentiamo, ci lamentiamo perché questo insensato comportamento, è stato la concausa di 308 vittime, persone che hanno avuto la sola colpa di credere, di fidarsi delle istituzioni che le tranquillizzavano, mentre non avevano preso in seria considerazione, ciò che stava ormai accadendo da tre mesi.
Oggi, nel dopo sisma, si vuole fare passare l’idea, che la colpa di questo disastro, sia da attribuire solo a quei costruttori, a quei tecnici che hanno edificato o permesso l’edificazione di abitazioni che di antisismico non hanno neanche il nome, o a quei politici, che hanno reso edificabili aree da interdire, aree attraversate da pericolose faglie.
Se tutto ciò è indiscutibilmente vero, come emerge dalle indagini della magistratura, è altresì vero ed evidente il concorso di colpa di chi doveva informare la popolazione e non lo ha fatto, di chi ha tranquillizzato la popolazione per paura del panico che si poteva generare dando un allarme o semplicemente un allerta, di chi non sapendo gestire gli avvenimenti di quei giorni ha preferito rischiare, giocando con la nostra pelle e quella di 308 vittime innocenti.
Infatti, a seguito di ciò, la magistratura a fine Marzo 2010, esattamente un anno dopo dalla famosa riunione della Commissione Grandi Rischi, che il 31 Marzo 2009 in soli 28 minuti, decise di non decidere, ha aperto un fascicolo a carico di una decina fra tecnici dell’INGV e di responsabili della Protezione Civile che diedero colpevolmente, informazioni tranquillizzanti attraverso i media alle popolazioni.
Domando, ma il Dipartimento delle Protezione Civile “D.P.C.”, da cosa ci ha protetto?
E, chi ha protetto?
E, come ha protetto?
Avanti, voglio risposte, che non siano però i soliti giochi di parole, risposte vere, da dare a chi ha avuto lutti, ai genitori di quei poveri ragazzi rimasti sotto le macerie della casa dello studente, o del convitto per esempio.
Il D.P.C. si è semplicemente limitato, ad intervenire dopo l’evento calamitoso, portando, si, generi di conforto, tende, coperte, ma anche bare e sacchi per recuperare le salme delle vittime di questa catastrofe, in totale 12.000 pezzi, 3.000 bare e 9.000 sacchi, ma per questo lugubre lavoro di recupero, bastavano i vigili del fuoco, l’esercito, il genio ed i servizi di onoranze funebri.
E allora mi domando e Vi domando, come mai la Protezione Civile si è presentata con un così considerevole numero di strumenti per il recupero delle possibili vittime?
Esisteva forse una previsione sulle consegue di una simile evenienza?
E allora, perché non si è fatto nulla per diminuire questo rischio, visto che le avvisaglie c’erano da alcuni mesi?
Forse il D.P.C., serve semplicemente per giustificare i stipendi di funzionari, dirigenti, superburocrati o portaborse del politico di turno, che operano alle spalle di quei giovani ragazzi, che credono di svolgere un’opera di volontariato, un’opera sicuramente ammirevole, svolta con impegno e dedizione, che loro, i superburocrati, sbandierano ai quattro venti, vantandosi dei risultati raggiunti, per i quali loro non danno, ne hanno mai dato un contribuito, un valore aggiunto, si sono semplicemente attribuiti meriti non loro.
Non tutti però sono a conoscenza, che una legge impone a tutti i comuni di avere un piano di emergenza, di evacuazione, che prevede delle aree già attrezzate con campi d’accoglienza, impone di predisporre nel tempo esercitazioni tra i civili per verificare l’efficienza di questi piani, e per metterne a punto di nuovi, più efficienti.
Ricorderete che solo alcuni anni fa, nel comune di L’Aquila venne simulato il terremoto, che piazza d’Armi fu trasformata in tendopoli, proprio come poi doveva tristemente accadere nella realtà.
Ora domando, ma dopo tre mesi di continue scosse, e soprattutto dopo la scossa del 4° registrata il 30 Marzo, possibile che nessuno, nel Dipartimento di Protezione Civile, ha ritenuto semplicemente utile montare questi campi, verificare il piano d’emergenza del comune, dare istruzioni alla popolazione civile, monitorare tutti quegli edifici che Abruzzo Engineering aveva segnalato pericolosi in caso di sisma?
No, questo non si poteva fare, c’era il rischio di creare allarmismo tra la popolazione, ma uno slogan pubblicitario, che è andato in onda anche sulle reti del nostro premier, non diceva che prevenire è meglio che curare?
Ed allora, un Dipartimento che ha come sua definizione “la Protezione dei Civili”, non dovrebbe forse fare prevenzione?
E non è forse prevenzione, dare istruzioni precise alla popolazione, montare qualche tendopoli, qualche ospedale da campo, qualche cucina da campo, al limite evacuare zone a rischio, com’era già accaduto in passato alcuni anni prima, quando proprio per un allarme sismico fu evacuato un comune intero.
Era già accaduto, poteva quindi essere evacuata anche una città intera, se solo c’era la possibilità di un simile evento, si dovevano dare informazioni dettagliate, precise, si doveva fare qualche cosa per prevenire danni ai civili al verificarsi di un simile evento catastrofico.
In questi casi, chi ha queste responsabilità, non dovrebbe pensare alla poltrona che occupa, ma alla professione che svolge, al ruolo che ricopre, al fatto che ogni sua mossa, ogni sua decisione, raccoglie la fiducia di tutta la popolazione.
Prima di denunciare il povero Sig. Giampaolo Giuliani, tecnico di laboratorio del I.N.F.N. del Gran Sasso, per procurato allarme, non sarebbe stato più saggio verificare il protocollo del funzionamento delle sue macchine, semplicemente testarle, vista la particolare situazione che si stava preparando a L’Aquila e dintorni.
Protezione Civile, ma se un ente che ha questo nome, non ci protegge da possibili eventi catastrofici come quello del sisma in Abruzzo, a che serve, quale utilità ha per la comunità?
Oggi, apprendiamo che il governo ha predisposto la trasformazione del Dipartimento della Protezione Civile in “Protezione Civile Spa”, e che questa si occuperà di tutti i grandi eventi.
E allora, ecco spiegato il perché, di come sono andate e stanno andando le cose.
Vigliacchi, avete approfittato di questa possibile disgrazia, avete sperato che questo evento ci fosse, solo per i vostri sporchi comodi, solo per fare un business, solo per i vostri zozzi guadagni.
Sono passati molti mesi da quella notte del 6 Aprile 2009.
Quella che viene descritta è un’analisi fatta a freddo, dopo una serie di avvenimenti, di scelte, che per i più vengono considerate eccellenti, quanto di meglio si poteva fare.
Probabilmente leggendo queste righe Vi renderete conto che forse la verità non è quella che è stata rappresentata dai media ufficiali, o almeno apprenderete che esiste anche un’altra verità, come in tutte le cose c’è sempre l’altra faccia della medaglia, quella che in questo caso specifico si è voluto e si vuole mantenere nascosta all’opinione pubblica.
Nessuno ha mai avuto, fino ad ora, la possibilità di contestare, criticare, o semplicemente esprimere un’opinione dissonante dal coro estasiato di genti che ancora oggi si dicono felici e riconoscenti.
L’obiettivo di quanto leggerete è appunto quello di dare voce ai dissidenti, senza sterili polemiche, senza pregiudizi, ma basandosi su dati reali, ben visibili e riscontrabili da chiunque, dati che anche Voi se vorrete potrete ricercare sulla rete, dati forniti e prelevati dai siti ufficiali della Protezione Civile e dai quotidiani che li hanno raccolti.
Iniziamo con una domanda. Si è detto, popolazioni felici e riconoscenti, per cosa e di cosa?
Da qui, da questa domanda inizia la mia, la nostra storia di sfollati.
La fuga (6 Aprile 2009, subito dopo il sisma)
Quella notte la terra aveva già tremato alle 23.00, io in quel momento ero già a letto, ed i figli si trovavano tutti in casa nelle loro stanze, dirò poi fortunatamente, mentre mia moglie stava finendo di sistemare la cucina.
Ricordo ancora il grido di Luca, che di corsa entra in cucina allarmato, preoccupato per la violenta botta e per la presenza di fronte alla sua camera, di un rudere malfermo, pericolante, sicuramente pericoloso per l’ambiente circostante.
Non abbiamo dato peso a tutto ciò, lo abbiamo tranquillizzato con le stesse parole che pochi giorni prima i portavoce della commissione grandi rischi avevano utilizzato per tranquillizzare la popolazione, sminuendo il rischio e la gravità della situazione che si andava delineando, solo dopo ci siamo resi conto del pericolo a cui ci eravamo esposti e avevamo esposto i figli.
Siamo andati quindi tutti a dormire, nella più assoluta tranquillità, certi che nulla poteva accadere.
Invece alle 3 e 32 la terra a tremato di nuovo, violentemente, tanto violentemente, al punto di svegliarci tutti, ricordo le grida di mia moglie Anna “Fausto il terremoto,… il terremoto …”, ricordo che ho cercato di tranquillizzarla con un abbraccio, ricordo, che mentre tremava la terra e ballava il letto sono andato con la mente ai figli, cosa stavano facendo? Cosa stava accadendo nelle altre stanze della casa, una casa del ‘600, in pietra, con i solai a volta, di per se pericolosa ……. ?
Poi la terra si è fermata, siamo corsi fuori dalla camera da letto, verso le stanze dei figli che avevano percorso la strada in senso opposto al nostro, ci siamo tutti ritrovati in cucina, e come per magia, sono partiti una serie di ordini perentori, in sequenza, a ciascuno di noi un compito, come se avessimo provato centinaia di volte un piano d’emergenza, la fortuna vuole che tutti i figli sono ex scout e noi abbiamo frequentato quell’ambiente per almeno 10 anni, quindi il panico non ha avuto il sopravvento sulla ragione.
Così mentre Marco usciva per spostare la sua autovettura, io prendevo documenti, soldi e chiavi della macchina, Luca e Chiara recuperavano qualcosa per coprirsi ed Anna terrorizzata, usciva da casa andando incontro ai nostri vicini, gridavano, parlavano ma non capivo di che, siamo fuggiti da casa, ci siamo salvati.
Tempo pochi minuti e siamo tutti in macchina, decidiamo prima di andare verso il comune, ma raggiunta metà strada la troviamo già interdetta per il crollo della chiesa del paese, allora decidiamo di spostarci verso L’Aquila, ma ci rendiamo conto che da tutti i paesi limitrofi alla città si è messo in moto un lungo corteo di macchine di sfollati.
L’unica soluzione che mi pare praticabile, e che viene condivisa subito da tutti in famiglia è quella di rimanere in zona, in macchina, possibilmente in un terreno sicuro, lontano da costruzioni o linee elettriche, in attesa del giorno e/o di istruzioni e soccorsi, quindi ci dirigiamo verso il posteggio del nuovo capannone Edimo, che poi sarebbe divenuto uno dei più importanti fornitori del ben noto progetto CASE.
Qui ci rifugiamo tutti in una sola macchina, con il riscaldamento acceso, perché a L’Aquila ad Aprile è ancora inverno e normalmente fa freddo, ma quella notte il freddo per ovvie ragioni era proprio tanto.
Intanto decidiamo di spegnere tutti i telefonini, meno uno quello di Marco, in modo da preservare la carica delle batterie consentendoci di avere per più tempo la possibilità di mantenere contatti telefoni con eventuali soccorsi, o per comunicare con i nostri familiari, tutti residenti a Roma e provincia, che credevamo in pena, scopriremo invece tranquilli fino alle notizie del giornale radio delle 7.30.
Proviamo ad avere notizie di ciò che è successo via radio, ma tutte le stazioni sono saltate e l’unica che riusciamo a sintonizzare trasmette solo musica classica, proviamo continuamente a telefonare sia a parenti che ai più stretti amici, ma il telefono rimane muto, intanto la terra continua a tremare una, due, tre, quattro volte, sempre forte, la macchina balla da paura, le scosse non le conto più, Anna non ha più voce, ad ogni scossa e un urlo, io e Marco cerchiamo di mantenere i nervi saldi, dando coraggio a tutti, ma nel nostro intimo abbiamo anche noi paura, e ci rendiamo conto che la situazione è estremamente seria.
Poi verso le 5.00 vediamo che dalla statale per Popoli scende una lunga colonna di mezzi, siamo distanti quindi non possiamo capire di quali mezzi si tratta, ma rimane nella nostra convinzione che si trattasse di mezzi di soccorso, di vigili del fuoco, protezione civile, chissà…………..
Siamo tutti colpiti da questo efficientismo, già ci assalgono i primi dubbi, già ci poniamo le prime domande, quelle che ancora oggi non hanno trovato risposta.
Come è possibile che solo dopo 1,30 h siano giunti i primi soccorsi provenienti da Pescara, percorrendo almeno 30 km di statale, oltre all’asse attrezzato e l’autostrada?
Intanto si è fatto mattina, il sole è sorto, torniamo verso casa, incontriamo una pattuglia dei carabinieri della locale stazione che ci informa sui danni in paese, e sulle prime cinque vittime accertate, incontriamo anche i vicini, siamo tutti annichiliti, sembriamo dei zombi, siamo assonnati, rimbambiti, impauriti, non trovo altri aggettivi, la vicina nota che Anna è uscita di casa in pantofole e senza calze, quindi le offre un paio delle sue.
Decidiamo di andare via da San Demetrio, non sappiamo per quanto tempo saremo fuori, prendiamo a casa poche cose, recuperiamo Leo, il gattino di Chiara, e partiamo.
La prima tappa è trovare una pompa per fare rifornimento, ma per ora manca la corrente, sono le 8,30, tutte le pompe sono ancora chiuse, intanto dalla radio apprendiamo che la scossa delle 3.32 a provocato ingenti danni a L’Aquila e che le autostrade A24 e A25 sono state chiuse al traffico per verificare la stabilità dei viadotti, anche la SS Tiburtina ha subito la stessa sorte, scopriremo solo più tardi che l’unica strada ancora percorribile per Roma e la SS 17 fino ad Antrodoco per poi proseguire sulla Salaria fino a Roma nord.
Riusciamo a rifornirci di carburante, e via, si parte fra la disperazione che ci assale percorrendo la Statale per L’Aquila, all’altezza di Onna, ancora siamo all’oscuro della distruzione del paese e del numero delle vittime che ci sono state, vediamo una folla di sfollati si è riunita nel posteggio CRAI, solo dopo capiremo che erano gli abitanti di Onna e Paganica scampati alla distruzione, da quel punto inizia una lunga colonna di vetture che procede verso L’Aquila.
Dopo almeno un’ora di fila raggiungiamo e superiamo il bivio per l’Altopiano delle Rocche, arrivati nei pressi della salita di Collemaggio, la polizia ci blocca, l’acceso in città e precluso, per Roma si deve passare per la Mausonia percorrere il traforo di Roio e quindi riuscire sulla SS 17 all’altezza della Motorizzazione, da qui fino ad Antrodoco per poi proseguire per la via Salaria.
Ci dirigiamo verso Roma, durante il viaggio continuiamo ad ascoltare per radio le frammentate prime notizie sul sisma, ancora non sappiamo cosa è accaduto in realtà, non abbiamo ancora visto nulla, il peggio lo avremmo appreso una volta giunti a Roma, dai primi telegiornali, dalle prime immagini e dal conteggio delle vittime, che di ora in ora aumenta.
Roma (i primi 10 giorni dopo il sisma)
Siamo giunti a Roma, decidiamo di andare verso casa del suocero, che proprio quel Lunedì 6 Aprile 2009 usciva da un ricovero in ospedale. A dire il vero, per quel giorno, era comunque previsto che Anna sarebbe andata a Roma, e si sarebbe occupata del padre che veniva dimesso dall’ospedale, visto che i fratelli erano tutti impegnati per lavoro.
Giunti in casa, ci accolgono le sorelle ed i cognati di Anna, che inizialmente sembrano interessati ad avere notizie aggiornate, su quanto è accaduto a L’Aquila, invece nel tempo verrà alla luce tutta l’ipocrisia delle cose dette e fatte solo per circostanza, la falsità di facciata, che tutti noi abbiamo e non vogliamo ammettere di avere.
Così nel tempo, tra i parenti ci sarà chi avrà le più infelici uscite, ci sarà chi affermerà, che i terremoti come le guerre servono all’economia del paese, perché creano opportunità di lavoro e guadagno. Proprio quelle stesse parole, quei stessi concetti che verranno intercettati, quei stessi dialoghi tra imprenditori senza scrupoli che se la ridevano immaginando i guadagni che avrebbero avuto con la ricostruzione.
E poi, ci sarà anche chi avrà la sfrontatezza di proporci in affitto l’abitazione libera di un congiunto, abitazione, che fino a quel momento aveva rappresentato un costo, solo spese e tasse, mentre offrendola in affitto a sfollati, a canone concordato, magari pagato dalla Protezione Civile, così come previsto dalle successive ordinanze in materia, si sarebbe trasformata da un costo in una rendita, fatto veramente spregevole, perché proposto da uno stretto parente, operato sulla nostra pelle, esattamente come doveva accadere alcuni mesi dopo a tanti altri sfollati.
Ma anche i miei di parenti, avranno modo di mettersi in luce, questi infatti pure essendo tecnici delle costruzioni, pure essendo imprenditori nell’ambito delle costruzioni e delle componenti costruttive, mi proporranno di tornare a San Demetrio per verificare la situazione della casa, non avranno poi neanche il coraggio di salire le scale semplicemente per entrare in casa, per visionarla, e darmi quel conforto che in quei momenti poteva fare solo bene, anche se fosse stato solo di circostanza.
Una volta in casa, mi permetteranno di recuperare solo la poca biancheria intima trasportabile, quindi mi porteranno a visitare il comune di Rocca di Mezzo, per verificare, questa volta veramente da vicino, lo stato di agibilità delle seconde case.
A seguito di ciò, potevo rendermi conto quale fosse il reale motivo di questo viaggio.
Dopo soli tre giorni dal sisma, credendo di fare bella figura, i miei fratelli si erano offerti d’accompagnarmi a casa a prendere quelle poche cose strettamente necessarie alla sopravvivenza, ma mi rendevo conto che erano interessati solo a verificare i propri interessi, mentre loro non si rendevano conto della grande delusione che mi stavano dando, non mi sarei mai aspettato tanto cinismo.
E, mentre noi eravamo sconvolti dalle notizie dei danni, e delle vittime che di ora in ora, di giorno in giorno aumentavano, mentre seguivamo in TV l’immagini che continuavano a mostrare la distruzione di Onna, dell’ospedale regionale di Pettino, della Prefettura di L’Aquila, della Casa dello Studente, di Collemaggio, c’era chi tra i familiari “siamo nella Settimana Santa”, approfittando della nostra presenza a Roma, trovava comodo sbolognare i propri figli per essere libero per le proprie faccende, fregandosene allegramente della nostra situazione oggettiva di sfollati.
Poi è arrivata Pasqua, per noi questa non è stata una festa, bensì un triste lutto, dove tutto ci ricordava, casa, gli amici, il concerto che Chiara, con il coro delle voci bianche della “Barattelli”, avrebbe dovuto fare come tutti gli anni nella chiesa delle Anime Sante che avevamo visto in TV distrutta dal sisma, e poi il pensiero agli amici che da quella notte ancora non avevamo potuto contattare, mentre loro, i familiari, banchettavano in allegria con il nostro agnello, che non soddisfa il loro fine palato.
Credo che tutti noi, sfollati, sopravvissuti alla catastrofe, a seguito di quanto è accaduto, a seguito del comportamento che amici, parenti e familiari hanno avuto nei nostri riguardi abbiamo rivisto la nostra personale scala di valori, l’importanza delle cose, delle amicizie, e poi la degli affetti, anche quelli più stretti, anche quelli familiari, anche quelli dei genitori, fratelli e sorelle, riclassificando tutto secondo altre priorità.
Dopo sole 2 settimane trascorse a Roma, ci siamo resi conto che sarebbe stato impossibile convivere in quello stato, ci siamo resi conto che rimanendo più a lungo tra i parenti saremmo andati incontro a violente discussioni con tutti loro, quindi abbiamo deciso di trasferirci a Nettuno nella casa al mare dei miei.
Questo terremoto ha reso trasparenti le persone, ci ha permesso di rivedere molti giudizi sui conoscenti, gli amici, i familiari, ci ha permesso di dare importanza a valori scordati nel tempo.
Nettuno (La vita da sfollati, i primi tre mesi)
Cosi, dopo sole due settimane dal sisma possiamo già tirare una riga, fare un bilancio della situazione.
Allora, non abbiamo più una casa, scuola, lavoro, e poi non c’è più una città, non ci sono gli amici, i ritrovi, i riferimenti, le associazioni che frequentavamo, nulla.
Una volta trasferiti a Nettuno, dopo che con i miei fratelli e Marco avevamo riportato da San Demetrio tutto quello che si poteva prendere, la prima cosa che emerge è che l’abitazione non è attrezzata per viverci, ormai dopo anni di quasi abbandono, è solo una casa per le vacanze, manca tutto ciò che occorre in una casa per condurre una vita normale.
Inoltre la casa che avevamo appena lasciato era al massimo dell’efficienza e della vivibilità, tutti elettrodomestici nuovi in classe A+, mobili nuovi, 4 kw di impianto fotovoltaico da montare, e poi doccia idromassaggio, caldaia a condensazione, librerie, un comodo divano in sala, tutto arredato in modo confortevole ispirato alla massima efficienza energetica, avevamo messo su proprio una bella e confortevole casa, tutti avevano la loro bella stanza, non le comuni stanze delle costruzioni moderne, ma quelle di una volta, con spazi per tutti, con volte alte anche 4 m, stanze ben isolate con muri di oltre 60 cm di spessore, talmente spessi che Anna aveva dovuto attrezzare in cucina una campana per chiamarci tutti a pranzo.
Visto che, solo dopo un mese trascorso fuori casa, avevamo capito che il rientro sarebbe avvenuto in tempi lunghi, e che ci eravamo altresì resi conto che la casa che ci ospitava era carente in tutto, ed oltre ad offrirci un tetto, cosa da non sottovalutare viste le condizioni dei molti sfollati sotto le tende, non poteva offrirci nulla di più, abbiamo preso la decisione di migliorare la vivibilità dell’abitazione, almeno dove era possibile.
Quindi, per poter tornare a un livello decente e soprattutto per non fare pesare ulteriormente la situazione ai figli, abbiamo deciso di correre al riparo, acquistando nell’ordine: una nuova camera da letto completa di reti, materassi, armadio 4 stagioni e comò, un secondo armadio 4 stagioni e due scrivanie per i computer di Marco e Luca, un letto completo di materasso e una libreria per Chiara, e poi ancora un armadio per asciugamani, accappatoi, prodotti d’igiene e accessori da bagno, ed ancora un armadio per l’esterno per detersivi e accessori per la casa, quindi una macchina a gas per la cucina, un congelatore, una lavatrice e un condizionatore, avevamo di fatto arredato completamente la casa al mare, ora almeno ci si poteva almeno vivere nella normalità.
Per liberare gli spazzi occupati dai vecchi ed inutilizzabili mobili, li abbiamo smontati, avendo cura di depositarli per un loro eventuale impiego nel momento che ce ne fossimo tornati nella nostra abitazione.
Il bilancio, dopo aver trascorso solo un mese fuori casa, è questo: abbiamo speso circa 8.000,00 € nella speranza di poter iniziare una nuova vita, almeno per il tempo che saremmo rimasti in quell’abitazione di fortuna, di poter tornare vivere degnamente, ma ci illudevamo e molto presto ci saremo resi conto che il tempo da trascorrere in quella casa si sarebbe misurato in anni, e non in mesi come voleva farci credere l’informazione ufficiale, l’informazione di Stato che ci bombardava di notizie attraverso i media.
Ma in quel periodo ancora storditi dagli avvenimenti, credevamo anche noi alle favole, solo alcuni mesi dopo ci saremo resi conto della gravità della situazione.
Comunque, fatto sta, che dopo un mese ci ritroviamo a circa 250 km da casa, in un comune che si trova a 60 km da Roma, immersi in un ambiente che ormai non ci appartiene più, anche se siamo nati e abbiamo vissuto per oltre 35 anni a Roma e dintorni.
Nettuno, era per me il luogo delle vacanze fin da quando ero bambino, il paese lo conoscevo molto bene, pensavo che non sarebbe stato difficile integrarsi, ma non consideravo che ormai avevamo vissuto per 23 anni a L’Aquila, che in quegli anni avevamo imparato a vivere, mentre qui, come in gran parte dell’Italia, si doveva sopravvivere.
Infatti, come era da immaginare, non ci siamo più ritrovati in questo ambiente, tutto ciò che accadeva ci portava sempre al confronto con quello che era ormai, il nostro naturale ambiente, il nostro vivere quotidiano, facevamo continuamente riferimento all’ambiente ed alla città che non avevamo più, coglievamo in tutte le più svariate occasioni che si presentavano sempre e solo i lati negativi, probabilmente perché i lati positivi non c’erano.
Stavamo facendo senza rendercene conto, le stesse valutazioni che avevamo fatto 23 anni prima, quando trasferiti da Roma per lavoro a L’Aquila, non riuscivamo a capire, ad inserirci in un ambiente che ci pareva composto da marziani.
Ora una volta inseriti in quell’ambiente, una volta fatto nostro quel sistema di vita, che ovviamente in una metropoli, in una città come Roma o come qualunque altra città di simili dimensioni, non poteva emergere, una volta cambiato uno stile di vita, ci accorgevamo che tornare all’origine non era più possibile, in quei 40 tragici secondi avevamo perso per sempre una parte di noi, ma questo dopo tutti questi mesi ancora nessuno lo ha capito.
Nessuno tra i parenti, tra i familiari ha compreso, ne poteva comprenderlo, loro da sempre avevano vissuto in quello ritenevano che in assoluto fosse il migliore stile di vita, non avevano avuto la fortuna di sperimentare come noi l’esistenza d’altri modi di vivere, loro non sapevano, ne lo potranno mai sapere, che si può vivere diversamente e meglio.
Presi dall’angoscia cominciamo a cercare informazioni sulle reali condizioni di L’Aquila attraverso la stampa, poi telefonando agli amici che erano ancora nelle tende, ci accorgiamo che ormai non ci basta avere notizie in questo modo, passiamo a cercare notizie su internet, visitando i siti dei comitati, e poi una, due, tre volte a settimana partiamo da Nettuno alla volta di L’Aquila, qualunque scusa e buona per tornare in città, per vivere poche ore soffrendo nella ormai sempre più nostra amata città.
Andata e ritorno circa 500 - 520 km in un giorno, uno stress che emergerà in poche settimane con un violento impatto sulla nostra salute.
Spostamenti massacranti, non solo per il viaggio in se stesso, ma per quello a cui dovevamo assistere ogni volta, sull’autostrada Roma – L’Aquila gli unici mezzi che si incontravano erano quelli dei vigili del fuoco, della Protezione Civile, e poi in città sempre ed ovunque mezzi dell’esercito, blindati, e polizia di stato, finanza, carabinieri, che in quel periodo di preparazione al G8, erano presenti ovunque e sempre in assetto antisommossa.
Ogni volta appena usciti dal casello Aquila-Ovest avevamo la sensazione di entrare in una città che sembrava appena conquistata dopo una estenuante battaglia condotta casa per casa, porta per porta, sembravano le immagini che molto spesso ci erano giunte in TV, quando ci mostravano le notizie che arrivavano da Beirut, prima sottoposta a spietati bombardamenti, e poi occupata dall’esercito.
E poi le manifestazioni, abbiamo partecipato da Nettuno a quasi tutte le manifestazioni che si tenevano a L’Aquila, organizzate di volta in volta da un comitato di cittadini, ad ogni manifestazione la triste conta delle presenze, notare che i giovani erano sempre pochi, troppo pochi per sperare di conquistare visibilità, e la Digos infiltrata tra di noi come fossimo i studenti ribelli del ’68, e quasi tutti eravamo irriducibili ex sessantottini con pochi capelli che tendevano impietosamente al bianco, vecchi cinquantenni ancora una volta fronteggiati da polizia e carabinieri in assetto antisommossa, per noi sessantottini d’allora e cinquantenni d’oggi la vita è stata proprio impietosa.
Cose indescrivibili, e difficili da comprendere per chi non le ha vissute sulla propria pelle.
Alla fine, logica conseguenza di questo stillicidio al quale ci siamo sottoposti per nostra scelta, è stata quella di ammalarci, la pressione è andata alle stelle, la notte non dormivamo più, avevamo continui attacchi di depressione, il medico che ci seguiva a Nettuno, ci aveva dato un tale numero di pillole da assumere giornalmente, che avevamo riempito un intero cassetto.
A questa situazione non proprio salubre, si sono andate ad aggiungere le notizie da gossip, che in quel periodo apparivano su tutti i quotidiani, ci rendevamo conto che si stavano spegnendo i riflettori su L’Aquila, spostandosi ancora una volta, tristemente sulla vita di quel personaggio, che definire ambiguo è poco.
Notizie che ci narravano le sue avventure con la minorenne di turno, o con la escort procurata da qualche imprenditore senza scrupoli, o faccendiere di palazzo, per ottenere favori dal consumatore finale, giusto per usare le parole dell’On. Avv. Ghedini.
Avventure, che non avremmo mai immaginato, potessero poi essere in qualche maniera replicate a L’Aquila, da altri imprenditori e funzionari dello Stato, coinvolti a vario titolo nella pseudo ricostruzione della città.
Intanto, ogni giorno che passa, prendiamo coscienza cosa abbiamo perso, ci rendiamo conto che il nostro disagio, la nostra situazione, non è capita da nessuno, neanche dai più stretti familiari, ed è a causa di ciò che i rapporti sono ormai ai ferri corti, per cui dopo tre mesi trascorsi in quella maniera, decidiamo che è giunto il momento di prendere una decisione.
La prima decisione che matura, valutata la nostra situazione, valutata l’oggettiva situazione nazionale, è quella di lasciare l’Italia, emigrare, ma dove?
Dopo una attenta analisi della situazione, ci sembra che la soluzione Svezia, possa in fin dei conti essere quella ottimale, e allora ci siamo buttati in internet alla ricerca di informazioni più aggiornate, siamo già a conoscenza che la Svezia è una democrazia socialista del baltico portata ad esempio per l’efficienza dello stato sociale. Siamo talmente convinti di questa possibile scelta che decidiamo di verificare il costo della vita, così apprendiamo che è paragonabile al nostro, fatto salvo che la loro moneta, la corona, vale 1/11 dell’euro, ed io avendo ancora a disposizione una parte della liquidazione la potrei investire in una attività o nell’acquisto di una casa.
Optiamo per la casa, dopo una nuova ricerca in internet, scopriamo che con l’equivalente di 55.000,00 € si può acquistare una signora casa, prendiamo accordi e contemporaneamente contatti con l’Ambasciata di Svezia in Italia che ci invita ad effettuare un viaggio per prendere contatti con il consolato italiano.
Per il mese di Giugno programmiamo il viaggio, dobbiamo prima verificare con i figli, in particolare con Marco questa evenienza, ma mentre Luca e Chiara sono entusiasti, Marco è contrario, non vuole lasciare l’Italia ne tanto meno L’Aquila.
La discussione diventa serrata, alla fine è Marco che ha la meglio, a questo punto, anche se l’idea di emigrare all’estero è stata accantonata, e certo che noi non intendiamo rimanere a Nettuno, l’unica alternativa che rimane è quella di riavvicinarci a L’Aquila.
E’ giunto il momento di tornare nel nostro mondo, dobbiamo essere noi a prenderci carico del nostro destino, del nostro futuro, prima che ci cada irrimediabilmente addosso dall’alto.
Così, contattiamo il nostro comune, chiediamo di rientrare, di trovarci una qualunque sistemazione, anche una tenda, siamo disposti a tutto pur di tornare nel nostro mondo, tra chi ha come noi ha vissuto quei tragici momenti, tra chi può capire i nostri sentimenti e il profondo l’attaccamento per quei posti ormai distrutti.
Dopo soli due giorni di attesa, ci informano che ci hanno sistemato in albergo a Roseto, il tempo di preparare poche cose e partiamo.
Inizia da questo momento la nostra avventura da sfollati, avventura che ancora oggi stiamo vivendo, e che ci rendiamo conto durerà molto, ma molto tempo ancora.
Ciò che i media non hanno detto (analisi della situazione dopo quattro mesi)
Ricordate i primi giorni dopo il sisma?
Dalle riprese fatte per lo più dall’alto, si mostrava si una città danneggiata, ma quello che si distingueva chiaramente, erano i centri storici dei piccoli borghi e comuni limitrofi, dove le abitazioni in pietra erano rovinosamente venute giù, dove si potevano vedere chiaramente gli edifici scoperchiati.
Mentre le visioni di insieme, prese dall’alto mostravano il resto della città senza evidenti danni, le periferie, il quartiere di Pettino, quello più nuovo e popolato, essendo nella sua totalità edificato in cemento armato, sembra non aver subito danni.
Il messaggio che è passato sui media è stato questo: “la parte vecchia della città, i monumenti, e le vecchie chiese, sono venute giù a causa dell’età e del tipo di costruzione in pietra. Nei borghi ci sono danni per lo stesso motivo, il resto della città, come evidenziato dalle immagini televisive dall’alto, non mostra danni evidenti, eccetto qualche edificio che si precisa costruito malamente come la Casa dello Studente”.
Tutto sommato poteva andare peggio, in fin dei conti ci sono state solo 308 vittime, disprezzando le vite di quei poveri innocenti rimasti sotto le macerie della città, delle frazioni, dei borghi e di tutti i comuni coinvolti nel catastrofico evento.
Allora cominciamo con un poco di vecchia e sana controinformazione, andiamo a vedere i palazzi in cemento armato da vicino.
Quello che dall’alto sembra una zona sicura, si rivela un disastro, i pilastri dei primi piani hanno quasi tutti collassato, palazzi di tre, quattro piani sono letteralmente scesi di un piano, quelle che prima erano cantine, box o garage, non esistono più, i primi piani sono divenuti piano terra.
Tutto ciò dall’alto, con le riprese fatte dagli elicotteri, non è, e non può essere visibile. Le immagini vere, reali, non sono mai andate in onda, nessuna rete televisiva nazionale si è curata di ciò.
Solo pochi giorni dopo il sisma era iniziato il controllo sull’informazione, mentendo alla nazione che da subito è stata privata della verità, mentre le sole informazioni che passavano erano quelle che avrebbero fatto comodo, che sarebbero tornate utili ai politicanti di turno.
L’informazione dei media si è soffermata sulla evidente totale distruzione di Onna, dove in riferimento agli abitanti c’è stato il maggior numero di vittime. Utilizzando ad arte questi lutti, il dolore e la paura della gente, si è strumentalizzato il messaggi che veniva inviato alla nazione.
Onna contava circa 300 abitanti, L’Aquila nel suo insieme ne contava oltre 70.000, la differenza è evidente, quella che agli occhi di tutti è la distruzione di un centro abitato, di una periferia, è ancora più evidente nelle foto della città che non sono mai state rese di pubblico dominio.
Non si è detta la verità sulla catastrofe, non sono stati raccontati gli avvenimenti prima di quel 6 Aprile, nessuno ha passato l’informazione relativa ai messaggi tranquillizzanti lanciati dai mezzi d’informazione fino ad una settima prima del disastro.
L’informazione è stata strumentalizzata, usata con sapienza per inviare i messaggi che interessava inviare, con i contenuti di volta in volta più convenienti al caso, dimenticando di dire che la città di L’Aquila, che tutto il suo vastissimo centro storico, dove pulsava l’economia cittadina, era composto da edifici medioevali, d’epoca, tutelati ancora oggi per la maggior parte dalla sovrintendenza, che questi, per le loro caratteristiche, non potevano certo essere paragonati per grado di sicurezza ad edifici in cemento armato, che erano per la maggior parte edifici in pietra, adeguati nel tempo alle leggi sull’edilizia risalenti a 50 – 60 anni fa.
Non si è detto, che in considerazione di ciò che stava accadendo da oltre tre mesi, era il caso di verificarne la stabilità, non si è detto che le istituzioni, le stesse osannate per l’efficienza dei soccorsi, non si erano assolutamente preoccupate colpevolmente di ciò, non si è detto che uno studio condotto dal fisico Gaetano De Luca e successivamente dalla Regione Abruzzo, aveva indicato alcuni anni prima, il rischio sismico degli edifici istituzionali della città, quegli stessi edifici che sono poi rovinosamente venuti giù.
E se il sisma delle 3,32 ci fosse stato alle 8,32?
Quando tutti i palazzi istituzionali erano in piena attività, quando tutte le scuole di ogni ordine e grado erano piene di studenti e insegnanti, quando le aule dell’università di L’Aquila erano complete con oltre 24.000 studenti, ci rendiamo conto quale disastro? Che proporzione avrebbe assunto questo evento?
Non si è detto che la zona interessata dal sisma era stata declassata da zona sismica a livello di rischio 1 in 2.
Non si è detto ……………………………. ma si sapeva già tutto.
Detto questo, fatte queste premesse, emerge automaticamente, che un sisma di magnitudo 6,3° su edifici di questo tipo poteva solo essere devastante, come è stato.
Il centro cittadino, oggi che alcune vie cominciano ad essere percorribili, risulta agli occhi di tutti noi devastato e raso al suolo, emerge così, tutta la gravità della situazione, emerge, come oggi sia economicamente difficoltoso, progettare un modello di recupero del centro storico, come le varie ordinanze della Protezione Civile, risultino del tutto inadeguate per affrontare la specifica problematica, emerge, come la direttiva governativa n.° 39 convertita in legge n.° 77 del Giugno 2009, quella che prevede la ricostruzione delle sole prime case sia del tutto inefficace alla ricostruzione del centro storico e dei borghi dei comuni interessati dal sisma.
A seguito della legge n.° 77, le successive emanazioni, scelte, strategie, ci renderemo conto, come queste siano costruite per andare in una direzione opposta alla ricostruzione, che sempre di più porta ad una sola triste conclusione:
“L’Aquila, il suo centro storico, rimarrà per sempre una rovina, diverrà come Pompei, con una sola differenza, nel frattempo sono passati 2000 anni, e, tristemente si deve ammettere che non abbiamo imparato nulla dalla storia”.
I sfollati in tenda (lo smantellamento dei campi, sei mesi dal sisma)
Immediatamente dopo il sisma del 6 Aprile, mentre 40.000 sfollati vengono spostati verso la costa, facendo loro credere che avrebbero alloggiato nelle moderne e confortevoli strutture alberghiere della costa, solo per i mesi necessari alla costruzione/ricostruzione della città, altri 20.000 sfollati rimasti in città vengono ricoverati nei 179 campi allestiti in tutti i comuni del cratere.
Questi hanno dovuto sopportare prima il freddo del dopo terremoto nei mesi di Aprile e Maggio, poi il caldo torrido nei mesi estivi di Giugno, Luglio ed Agosto, quindi il periodo delle piogge autunnali del mese di Settembre, fino alle prime nevicate del mese di Ottobre.
Tutto ciò con mirabile abnegazione, nel miraggio di ottenere la casa promessa per il mese di Settembre 2009, ottenendo dopo 6 – 7 mesi di vita in tenda, solo una nuova destinazione, sulla costa o nell’entroterra, imposta da qualche luminare, scordando sbadatamente di rivolgersi a sfollati, a scampati al tragico evento che pochi mesi prima aveva commosso e mobilitato l’Italia, scordando di rivolgersi a cittadini ITALIANI, quest’ultima parola scritta a chiare lettere maiuscole e in grassetto ROSSO, colore indigesto all’ imperatore Silvio I° d’Arcore.
Tutto ciò, esattamente come avviene da alcuni mesi per gli immigrati, che sprovvisti del permesso di soggiorno, con l’introduzione del reato di immigrazione clandestina ricevono il FOGLIO di VIA.
Scordando che questi poveracci, sono Italiani per cittadinanza, Italiani per essere onesti lavoratori, Italiani per le tasse e le imposte che loro hanno sempre versato, Italiani perché con le loro imposte hanno consentito a questo Paese, che sembra dimenticarli, di fronteggiare nel tempo, le emergenze delle popolazioni che hanno subito altri disastri simili, come: il Vajont, l’alluvione di Firenze, il sisma in Friuli, in Irpinia, in Umbria nelle Marche….. ed oggi, colpiti dalla più grande catastrofe degli ultimi 100 anni, vengono trattati come clandestini in patria.
Dico solo “VERGOGNA!!!!!” .
Dico inoltre che non si è voluto considerare, che molti dei 20.000 sfollati che non hanno voluto abbandonare la loro città, o il loro paese, che non ha scelto di andare sulla costa, che sono rimasti, accettando di vivere per sette lunghi mesi una vita così disagiata e promiscua, accettando le più incredibili umiliazioni, lo ha fatto per amore della propria terra, per motivi di lavoro, nella speranza o convinzione che restando, continuando a svolgere il proprio lavoro, avrebbero contribuito ad una più veloce ed immediata ripresa, ed un altrettanto veloce ritorno alla normalità.
Mentre, utilizzando questa condizione di evidente disagio, si è voluto perfidamente dividere, indebolire e strumentalizzare le proteste delle popolazioni colpite, mettendo di fatto gli sfollati assistiti nelle tendopoli contro quelli assistiti negli alberghi della costa.
Ed è in questa maniera, che la mirabile macchina istituzionale, ha fatto passare le peggiori porcate, norme, decisioni e ordinanze, come atti necessari per la gestione dell’emergenza, questo senza incontrare nessuna opposizione, strumentalizzando una tragedia di proporzioni apocalittiche, per una sporca propaganda di regime, facendo credere lucciole per lanterne, raccontando attraverso i media la loro verità, una verità di Stato come accade nelle peggiori dittature.
Ma domando, chi ricorda le manifestazioni cittadine di protesta, quando solo 100, 500, fino a 2.500 – 3.000 sfollati partecipavano alla protesta, su una popolazione di 20.000 sfollati in tenda e 40.000 sulla costa.
- Quando i cortei passavano davanti alle tendopoli, e si chiamava a raccolta a gran voce gli ospiti che non potevano uscire, perché presiediate dalle forze dell’ordine;
- quando nei campi era vietato introdurre volantini informativi o di protesta dei comitati cittadini;
- quando la Presidente della Provincia di L’Aquila, per entrare nella tendopoli di Piazza d’Armi, ha dovuto identificarsi, come un qualsiasi estraneo, anche se in veste istituzionale;
- quando nei campi se gruppi di sfollati si riunivano per discutere dei loro problemi quotidiani intervenivano i carabinieri;
- quando per mangiare occorreva presentare il passi;
- quando, per salutare un amico ospitato in una tendopoli diversa da quella d’appartenenza, veniva impedito l’ingresso;
- quando durante il G 8 la città è stata blindata per tre mesi, con Esercito, Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e Digos in borghese, che controllavano tutto e tutti.
Quale TV ha raccontato queste verità?
Quale media ha fatto vera informazione in questi lunghi mesi?
La deportazione di massa sulla costa (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa)
Ma vogliamo parlare anche della vita nelle moderne e confortevoli strutture alberghiere della costa?
Io non mi sono fatto mancare proprio nulla, ho avuto l’abitazione classificata “E”, e dopo tre mesi di autonoma sistemazione sulla costa laziale, sono stato alloggiato sulla costa abruzzese con tutta la famiglia, precisamente nel comune di ROSETO (Te).
Bene, vi posso, e voglio raccontare alcuni episodi accaduti in due mesi di vacanza pagata dai contribuenti italiani, lasciando a voi la libertà di esprimere un giudizio finale.
Premetto che gli avvenimenti che Vi illustrerò sono del tutto veri, realmente accaduti, sono documentati da fotografie, oltre dalle possibili testimonianze degli ospiti, che spero, non vorranno ancora oggi, dopo essere stati raggirati e portati in giro, mantenere ancora il loro atteggiamento omertoso, che ha permesso di raccontare solo falsità.
Allora, cominciamo con quanto previsto dalla Delibera n.° 582 del 12 ottobre 2009, varata della Giunta Regionale d’Abruzzo, riguardo le modalità e le norme di assistenza alle popolazione sfollate accolte negli alberghi.
Cominciamo con il trattamento offertoci presso l’Hotel che mi ospitava con la famiglia, che è composta da cinque persone, me, mia moglie Anna e tre figli Marco, Luca e Chiara, rispettivamente di anni 25, 23 e 15.
Appena arrivato a destinazione ci viene assegnato un appartamento composto da una stanza con il seguente arredo, un letto matrimoniale per me e mia moglie, un letto a castello per Marco e Luca, due comodini, un armadio basso due ante per contenere gli indumenti di cinque persone, quattro adulti ed una ragazza, oltre a uno stanzino con finestra attrezzato con un letto singolo per Chiara, e per finire un bagno con doccia, il tutto forse in 25 mq. scarsi.
Dopo solo una mezza giornata già cominciavo a pensare ai containers di triste memoria, come ad una eccellente soluzione, visto che le meravigliose strutture alberghiere che ci stavano offrendo ospitalità, erano paragonabili proprio a dei container, che avrebbero però avuto un costo infinitamente minore per la collettività, e un impatto ambientale prossimo a zero, inoltre non sarebbe stata necessaria la deportazione di 40.000 individui sulla costa in quanto potevano essere impiegati sul posto, in città, a L’Aquila .
Poi, subito dopo questo flashback, torno nella realtà per pormi alcune consequenziali domande:
Ma le norme di sicurezza, la 626, che fine ha fatto?
E dire che si opera attraverso la protezione civile, ma qui non si rispettano neanche le più elementari leggi sulla sicurezza?
Ma siamo seri!!!
E’ inutile aggiungere che per due mesi, oltre a vivere lo stato di sfollato, oltre al disagio di vivere forzatamente fuori della mia città, la mia abitazione del ‘600 che si componeva di 225 mq, deportato fuori casa, ho anche fatto, forzatamente, per ovvi motivi logistici, voto di castità.
Anche se non più giovani, capite bene, che solo coppie molto legate possono superare questi difficili momenti, fortunatamente noi siamo cresciuti assieme dall’età di 15 anni, non abbiamo subito contraccolpi di questo tipo, ci siamo però ammalati di ipertensione, per dormire abbiamo dovuto fare uso di pillole di ogni tipo, sono stati sicuramente due mesi duri da superare.
Veniamo dunque ad alcuni episodi emblematici:
I° episodio: ”La convivenza forzata” (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa)
Ma, questa situazione, è stata ancora di più dura da superare, per le giovani coppie, costrette a convivere con genitori, parenti e anziani.
Infatti, come volevasi dimostrare, accade che accanto al nostro per cosi dire appartamento, era stipata una giovane coppia con neonato, oltre ai genitori ultra ottantenni di entrambi i coniugi, ben sette sfollati, sei adulti di cui quattro ultraottantenni ed un neonato in un appartamento di meno di 25 mq.
Alla faccia della delibera regionale n.°582.
Ed io aggiungo, alla faccia del G8, e del ruolo di vertice che proprio in quei mesi l’Italia aveva. Per dare più lustro all’avvenimento era stato spostato da l’isola Maddalena a L’Aquila, per mostrare al mondo le capacità del paese, di una delle otto grandi economie mondiali.
Proprio una oscenità.
Ritengo che chi a permesso tutto ciò, andrebbe giudicato dalla “suprema corte di giustizia EUROPEA”, invece, viene dipinto, come il magnifico capo, della mirabile macchina istituzionale, che tutta l’EUROPA ci invidia, viene indicato come l’uomo più amato dagli Italiani, per chi non avesse capito, o avesse frainteso, mi riferisco al colui che è al vertice della Protezione Civile.
La promiscuità di vita che conducevano i nostri vicini da oltre 3 – 4 mesi, ha portato i vecchi (probabilmente già si era manifestato) all’alcolismo, a seguito di ciò, in più di una occasione questa forzata convivenza e sfociata in risse familiari, sedate dalle forze dell’ordine, dall’intervento del 118 e della protezione civile, che si è limitata, dopo un breve soggiorno in ospedale dei feriti/malati, nel rinviare gli stessi sfollati, nello stesso hotel, alle stesse condizioni, nella stessa stanza.
Tutto ciò, senza preoccuparsi minimamente delle motivazioni di quello che accadeva, del disagio psicofisico delle persone coinvolte, delle norme di sicurezza eluse da un imprenditore che definire aguzzino è poco.
Ma dove stavano gli addetti ai controlli?
Ed il Comune, il Sindaco, la Polizia Municipale, oltre alla Polizia di Stato, Carabinieri e la Guardia di Finanza, dove erano?
Che facevano?
Di cosa si stavano occupando?
La risposta è semplice, erano tutti impegnati ad assistere la Protezione Civile nell’organizzazione del G8 dentro la città distrutta, per garantire la sicurezza dei grandi della TERRA, in barba ai calpestati diritti costituzionali degli sfollati.
Ma questo è solo un anticipo di ciò che è stato riservato ai sfollati, di ciò che ho potuto costatare con i miei occhi, in quei due mesi di lussuosa vacanza.
II° episodio: “La discriminazione nelle confortevoli strutture alberghiere della costa” (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa)
La mensa come lo stabilimento balneare dell’hotel che ci ospitava vennero divisi.
Così, mentre i tavoli riservati ai sfollati non erano muniti di segnaposto ed erano apparecchiati con miseri tovaglioli di carta, quelli che ospitavano, o avrebbe ospitato i turisti, gli stranieri, i villeggianti erano ben apparecchiati e tutti muniti di segnaposto con l’indicazione del numero della camera.
Lo stabilimento venne invece diviso fisicamente, con tanto di indicazioni ben visibili anche dal lungomare, queste proponevano ai residenti dell’albergo due distinte zone di arenile, una riservata ai turisti, e l’altra riservata ai sfollati che in quel periodo erano ben oltre le 250 unità.
E fin qui, anche se di cattivo gusto, ci poteva anche stare, poteva sembrare un modo forse poco elegante per mantenere uniti i legami tra una comunità che aveva condiviso le stesse tristi recenti esperienze, una comunità provata da un unico comune drammatico evento, che quindi stando unita poteva curarsi da sola le proprie ferite, poteva trovare in se stessa la forza per reagire a quegli avvenimenti ancora troppo recenti.
Se non fosse che la parte riservata ai sfollati, si trovava nella zona di spiaggia completamente sassosa, sprovvista di arenile, sporca ed in prossimità di scarichi i dubbia provenienza, mentre quella riservata ai turisti risultava pulita, sabbiosa e ben curata, proprio il giorno e la notte.
In quei mesi c’è stata di fatto una evidente discriminazione fra gli assistiti dalla protezione civile “i sfollati”, ed i paganti, “turisti, stranieri, villeggianti”.
I titolari della struttura alberghiera che ci ospitava, si sono comportati come se fossero loro a pagare il soggiorno ai sfollati, che ospitavano per una loro scelta, per una disponibilità offerta alla protezione civile solo per un tornaconto economico di dimensioni inimmaginabili.
Facciamo un giochino con i numeri, vediamo quanto noi sfollati, rendevamo ai titolari della struttura alberghiera che ci ospitava.
Fatti due conti, risulta l’imbarazzante cifra di (250 sfollati * 64,00 € tariffa giornaliera * 30 giorni/mese) = 480.000,00 €/mese, che non mi sembra proprio una miseria per un hotel tre stelle.
E questa rendita parte dal mese di Aprile, che non mi pare proprio “alta stagione”.
Considerando poi, che questa forma d’assistenza si è protratta per sette mesi, il fatturato totale assume la dimensione veramente imbarazzante di (480.000,00 € * 7 mesi =) 3.360.000,00 €, oltre i 6.000.000,000,00 di vecchie £.
E dobbiamo considerare che questo calcolo si riferisce ad una sola struttura alberghiera, ci rendiamo conto delle dimensioni dell’affare?
Ma quale assistenza ai sfollati, ma quale piano per evitare i container, ma quale efficienza.
E’ stata fatta una scelta di carattere economico, che ha permesso ai gestori di aziende ridotte ad un imminente prossimo fallimento, d’ottenere un occulto finanziamento di stato a costo zero, senza nessun tipo di interesse, senza dover offrire nessuna garanzia o credenziale in banca, pagato con il contributo di tutti gli onesti lavoratori italiani.
Si è voluta favorire ancora una volta una lobby di potere, si sono trasferiti soldi dalle tasche degli italiani agli operatori turistici, facendo credere che ciò serviva per gestire l’emergenza sisma, per sottrarre i sfollati dai container, strumentalizzando i sentimenti degli italiani, che hanno ingenuamente creduto a questa versione dei fatti, e ancora oggi in molti continuano ancora a crederci.
E la conferma di ciò, l’abbiamo nella guerra che in quei mesi si facevano le strutture alberghiere della costa, quando si litigavano letteralmente l’opportunità di alloggiare sfollati, che poi trattavano immancabilmente come bestie, non c’era infatti la necessità di fidelizzare il cliente/sfollato, ma solo la necessità di avere un numero sempre maggiore di ospiti sfollati, in quanto a ciascuno di essi corrispondeva un compenso di 64,00 €/gg.
Per strutture a tre stelle, prossime al fallimento, strangolate da una grave crisi economica, vantare (480.000,00 € * 3 mesi)= 1.440.000,00 € di credito con lo Stato, maturato in un periodo compreso tra Aprile e Giugno, è molto più di una boccata d’ossigeno, è un vero terno all’otto, un colpo, un guadagno insperato, che può risolvere i tantissimi problemi che molti in quel periodo avevano.
Si è fatto passare il soggiorno estivo dei sfollati sulla costa, come il brillante risultato della gestione dell’emergenza, si è voluto enfatizzare che per la prima volta, a seguito di un evento di proporzioni catastrofiche, come quello che ha colpito l’Abruzzo, non si sia ricorso ai containers.
Si è fatta ancora una volta della sporca speculazione politica, perché se è vero come lo è, che non si sono utilizzati i container per ospitare i sfollati, è altrettanto vero che nessuno si è curato di verificare come questi fossero trattati nelle confortevoli strutture alberghiere della costa.
Ci si è scordati banalmente che i cosiddetti sfollati, sono prima di tutto esseri umani che hanno avuto lutti, che hanno perso casa, lavoro, vincoli sociali, amici, luoghi di ritrovo, che non hanno più una città o il piccolo borgo di montagna dove tranquillamente risiedevano.
Non si è considerato che in quelle condizioni, del tutto particolari, tutto ciò che accadeva intorno a queste persone veniva enormemente amplificato, veniva tendenzialmente vissuto sempre in maniera negativa, le cose più piccole, quelle insignificanti, quelle che in una condizione normale al massimo ci fanno sorridere, assumono in queste situazioni un peso, ed un valore scatenante, che può sfociare in reazioni incontrollate ed imprevedibili.
Si è voluto far passare questo tipo d’intervento, come il migliore risultato raggiunto da un paese occidentale, addirittura lo si è voluto paragonare con quanto rimaneva ancora da fare negli U.S.A. dopo la disastra dell’alluvione di New Orleans.
Se non è strumentalizzazione questa?
III° Episodio “Lo sfollato single di San Gregorio” (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa)
Vediamo ora a quali nefandezze è stato sottoposto il povero amico ……. che chiamerò Antonio, sfollato single, proveniente dal comune di San Gregorio.
Costui, come molti di noi ha perso tutto, unico suo avere, la sua vetturetta, l’unica vettura che non è andata distrutta in tutta San Gregorio, immortalata su Internet, e recuperata con un’operazione di mirabile tecnica dai Vigili del Fuoco.
Dicevo, costui, ospitato nel mio stesso hotel, più precisamente alloggiato sotto il mio sontuoso appartamento, in una cantina, priva di finestra, con un semplice lucernario, che si affacciava sotto il balcone della mia camera da letto, faccio presente che i fatti si svolgono nel periodo Luglio – Agosto, con 30° di temperatura fissa, in un locale pieno di scarafaggi, non adatto all’uso previsto nella delibera regionale n.° 582, è stato, per la sua semplicità, per la sua bontà d’animo, raggirato, ingannato, usato vigliaccamente dal titolare dell’hotel.
Gli si è fatto credere che per la sua peculiarità di single non avesse diritto all’assistenza della Protezione Civile, che se avesse accettato le condizioni stabilite dal titolare del hotel, sarebbe stato ugualmente ospitato e alloggiato in segreto, che in questa maniera avrebbe ottenuto lo stesso trattamento degli altri sfollati, in cambio avrebbe dovuto semplicemente svolgere alcuni lavoretti di manutenzione, ottenendo per questo anche un rimborso spese.
Nulla di più meschino e falso, per pagarsi questo alloggio ed il conseguente mantenimento che gli spettava di diritto, lo si è costretto a lavorare in condizioni di schiavitù, per ottenere il faraonico rimborso di 100,00 €/mese, ed oltre alle varie incombenze riguardanti l’albergo lo si è costretto a mettere a disposizione anche la propria vettura, spesso a proprie spese, per gli spostamenti dei titolari.
Il povero Antonio ha dovuto subire queste vessazioni, senza che nessuno intervenisse.
Ma dove erano i super pagati Funzionari, e le ispezioni della Protezione Civile?
A seguito della precaria situazione a cui era sottoposto, una villeggiante, fece una denuncia dettagliata in Comune.
Così accade che il giorno 14 Agosto si presentano per gli accertamenti del caso guardie comunali in divisa, e atro personale in borghese non identificabile, per eseguire le verifiche del caso con le seguenti modalità:
ispezione nella hall dell’hotel, dove questi accertatori ricevono, guarda caso in dono e senza che avessero condotto ancora alcuna verifica, un enorme vassoio di pesce.
Immediatamente dopo si conclude l’indagine, che per uno strano caso, non da corso a nessuna constatazione di illecito, e quindi a nessun tipo di sanzione, contrariamente a quanto previsto nella delibera Regionale n.° 582 che per questi casi prevede l’immediata sospensione della convenzione.
Ma non è finita, vi racconto ancora un episodio che contraddistingue l’accoglienza riservata ai sfollati nelle meravigliose strutture alberghiere:
una sera, all’ora di cena il titolare dell’hotel si è rifiutato di servire la cena ai sfollati, perché a suo dire si erano comportati in modo disdicevole per una struttura che ospita turisti.
Ha quindi imposto, per accedere al ristorante dell’hotel, che i sfollati si dovessero pagare il pasto che reclamavano e che spettava loro.
Che dire, non ci sono veramente parole, e questi fatti sono stati riportati anche dalla stampa locale il giorno dopo, ma manco a dirlo, non è accaduto nulla.
E ancora:
le telecamere che controllavano, spiavano i sfollati, in ogni loro azione sia nell’area di proprietà dell’hotel, che negli spazi comuni, nelle strade pubbliche e sull’arenile.
Come vogliamo definire questi comportamenti? semplicemente scandalosi, ma mi pare ancora troppo poco.
Tutto quanto descritto, evidenzia ancora una volta come si siano voluti premiare, finanziare, arricchire i soliti speculatori senza scrupolo, con la scusa della gestione dell’emergenza, dell’assistenza offerta ai sfollati, senza verificare minimamente quali fossero i servizi che realmente venivano offerti, permettendo a questi, come li vogliamo chiamare “imprenditori”, le più incredibili vessazioni verso chi era già stato duramente colpito dalla natura, e in alcuni casi tragicamente colpito.
Tutto ciò, è stato fatto passare attraverso i mezzi di informazione, i media, come una meravigliosa villeggiatura offerta da quell’ipocrita di primo ministro che in quel periodo, in quei tragici giorni, con cinismo aveva nell’ordine, e con una sfacciataggine che ha dell’incredibile, dichiarato:
- che avrebbe messo a disposizione dei sfollati le sue ville, “20 per l’esattezza”,
- successivamente a proposto crociere per i sfollati,
- quindi ha dichiarato di voler passare le ferie estive in tenda, con gli sfollati, di volere casa a L’Aquila, per poi definire le tendopoli camping
- poi …………
Di esseri spregevoli, che usano a proprio piacimento le sventure per costruirci abilmente sopra una notizia, una carriera, al mondo ce ne sono sicuramente molti, ma costui si è veramente superato, costui è stato capace non solo di rivoltare la verità, è stato capace di inventare, divulgare, far credete reale, vera, una realtà virtuale, costruita con la capacità dei suoi personali mezzi d’informazione.
Dire che costui è un essere spregevole è sicuramente riduttivo, ma la cosa grave e contemporaneamente triste è che costui ci governa.
Se ha usato i suoi mezzi personali per costruire finte realtà da diffondere tra la gente che governa solo per ottenere consensi politici, cosa sarà mai capace di fare, se e quando si dovesse trovare coinvolto in affari poco chiari che lo dovessero interessare direttamente?
Meditate gente, meditate.
Quello che è accaduto, che sta accadendo a L’Aquila e nei restanti comuni del cratere, in una prossima occasione potrebbe vederVi come protagonisti.
Il controesodo, gli sfollati si riavvicinano a L’Aquila (riaprono le nuove scuole, i MUSP)
Dopo i mesi trascorsi da deportati nelle meravigliose strutture alberghiere della costa, i più lungimiranti in previsione dell’imminente inizio dell’anno scolastico, hanno capito che era necessario riavvicinarsi alla città, la soluzione offerta agli sfollati è stata quella di rivolgersi al COI della zona di riferimento.
Per me e la famiglia, che ci trovavamo ospiti nel comune di Roseto, il riferimento è stato il COI di Giulianova, qui i volontari della Protezione Civile su richiesta di ciascuna famiglia che si presentava, si attivano per cercare soluzioni alternative al soggiorno sulla costa.
Ma, come era da immaginarsi, essendo appunto volontari, non avevano molta conoscenza del territorio, le soluzioni offerte, si sono rilevate, agli occhi di chi questi luoghi li conosce, improponibili, per lo più fuori luogo rispetto la necessità rappresentate.
In considerazione di quanto sopra descritto, posso evidenziarvi la mia personale esperienza.
Per avvicinarci alla città, il COI di Giulianova, ci ha proposto nell’ordine i comuni di Lucoli, Campo Felice, Rocca di Mezzo, evidentemente, non rendendosi conto, delle distanze ne della precaria viabilità di quei luoghi verso la città.
Ora, chi come noi conosce questi luoghi, chi conosce le distanze e le condizioni della viabilità già prima del sisma, chi conosce la meteorologia di quei luoghi d’invero, comprenderà, che queste sistemazioni, non potevano rappresentare la soluzione per avere un accesso più agevole agli istituti scolastici della città, di quello che avrebbero potuto avere rimanendo sulla costa.
Quindi, come moltissimi altri sfollati, non abbiamo potuto accettare questo tipo d’offerta, ma diversamente da altri, abbiamo insistito che verificassero ancora la disponibilità di soluzioni alternative, e, come per magia, è uscito fuori un agriturismo a Trignano.
Ora, per chi non è di questi luoghi, Trignano è una frazione del comune di Isola del Gran Sasso, un comune che si affaccia sul versate teramano del Gran Sasso, la frazione si trova a 2 km dal casello autostradale di San Gabriele - Colledara, e a solo 35 km dal casello di L’Aquila est, la zona che ospita la maggior parte degli istituti superiori della città disastrata.
Questa soluzione, per le distanze, e per il tipo di strada di collegamento, è tutta autostrada, ci è sembrata immediatamente la migliore, così, seguendo le indicazione che ci sono state date al COI, abbiamo fatto immediatamente visita ai gestori di questo agriturismo, ed abbiamo concordato che ci saremmo trasferiti da loro nel giro di una settimana.
Quindi a metà Agosto inizia nuova avventura in questo agriturismo, durerà tre mesi, poi, come avrò modo di illustrarvi, si risolverà nel peggiore dei modi, ma l’avventura nell’entro terra tremano continuerà e ancora continua, presso un’altra struttura dello stesso comune.
La vita ad Isola del Gran Sasso, l’agriturismo lager (Agosto – Ottobre 2009)
Ricordate, le vessazioni di Roseto, bene in questo agriturismo, le cose se volete, sono andate pure peggio.
Ma cominciamo dall’inizio.
A prima vista il posto, la sistemazione e l’ambiente, potevano apparire migliori di quello lasciato sulla costa, ma ben presto, man mano che sono sopraggiunti nuovi sfollati la realtà si è rivelata.
Nel breve volgere di 10 – 15 giorni ci siamo ritrovati a raggiungere il ragguardevole numero di 30 – 35 presenze, che per una struttura, non proprio alberghiera, nata come agriturismo, come residenza diciamo di fortuna per viaggiatori o vacanzieri mordi e fuggi, si è ben presto rilevata ingestibile.
Mi pongo subito la prima domanda:
ma nella meravigliosa macchina istituzionale, chi, aveva il compito verificare l’accoglienza e la capacità logistica di ciascuna struttura, ammesso che ci fosse qualcuno preposto a questi controlli?
Comunque, questa situazione si è ben presto rilevata ingestibile, soprattutto perché, come è emerso immediatamente dopo pochi giorni di soggiorno, i titolari hanno mostrato tutto il loro pressappochismo, tutta la loro più assoluta incapacità ed incompetenza nella gestione, che è andata sempre più peggiorando con l’aumentare degli ospiti.
Così è emerso:
- che nel passato questa struttura non aveva mai offerto pasti agli ospiti, ma si era limitata a fornire solo l’alloggio;
- che in questa struttura, non operava, ne aveva mai operato personale addetto alla gestione dei servizi;
- che quindi, per fare fronte alla delibera regionale 582, nella struttura, venivano impiegati parenti e amici dei gestori, che via via si sono improvvisati nelle attività di cucina, pulizia, amministrazione, con evidenti disservizi per gli ospiti;
- poi sono venute alla luce le carenze tecniche della struttura stessa, quali:
- inadeguatezza di un impianto di riscaldamento negli alloggi, che non essendo autonomo ma centralizzato, non era adeguato a coprire le singole necessità degli ospiti,
- e successivamente, l’inefficienza dell’impianto elettrico, che erogando una bassa potenza, non copriva l’esigenza di un cosi elevato numero di ospiti, saltando ad ogni banale sovraccarico;
- infine, emergevano tutte le carenze, e lacune derivanti dall’utilizzo nella gestione della struttura, di parenti e amici, che svolgendo nella vita altre professioni, non erano in grado di coprire gli orari imposti dai gestori, divenuti rigidissimi per i pasti;
così, accadeva sistematicamente che i tavoli venivano sparecchiati al volo, si mangiava con l’imbuto per stare nei tempi che i gestori avevano imposto ai sfollati, e a questo personale del tutto atipico;
finiti i pasti, il locale mensa e la cucina venivano chiusi a chiave dai titolari, che nel giro di 30 minuti lasciavano la struttura, e gli ospiti rimanevano fuori dall’unico locale della struttura caldo e coperto;
non rimaneva un luogo di ritrovo, un tavolo, una sedia, nulla per scambiare due parole, per socializzare, neanche ai carcerati viene negata l’ora d’aria;
- così accadeva che, dopo mangiato, nel periodo in cui il tempo lo ha consentito, Agosto metà Settembre, per scambiare due parole, ci incontravamo all’aperto, seduti sui ciglio di un marciapiedi, e poi via nelle nostre stanze;
una vita sempre più difficile da sopportare, scandita solo dagli orari della mensa, colazione, pranzo, cena. Il resto del tempo ogni famiglia lo passava chiuso nella propria stanza, senza nessun rapporto sociale.
Da sfollati deportati, ora ci sentivamo, ed eravamo, prigionieri di questi aguzzini, mia moglie Anna. diceva di sentirsi come in un carcere di massima sicurezza, come a “Le Costarelle”, il carcere di L’Aquila, senza che avesse commesso nessun reato. E questa descrizione, mi accorgevo che calzava a pennello con la situazione che stavamo vivendo in quel periodo.
Ma la situazione, con l’inizio dell’anno scolastico sarebbe ancora precipitata.
Tutti gli sfollati, che nel periodo Agosto – Settembre, si erano spostati dalla costa nell’entroterra, ed in particolare, tutti noi che ci trovavamo ospiti in quel campo di concentramento di Trignano, lo eravamo fatto con l’obiettivo di poter raggiungere le scuole in maniera più agevole, più comoda, senza l’assillo degli orari d’albergo.
Oltre a quanti di noi, avendo ancora un lavoro, speravano di potersi muovere meglio, di poter raggiungere il luogo di lavoro più agevolmente.
Niente di più sbagliato.
La viabilità della città, in quel periodo era ulteriormente peggiorata, vista la contemporanea presenza di cantieri del progetto CASE, di cantieri per la realizzazione dei MUSP (moduli uso scolastico provvisori), cantieri per la viabilità, le famose rotatorie, considerando tutto ciò, i tempi di percorrenza, da e per L’Aquila, erano divenuti ormai imprevedibili.
In aggiunta a quanto descritto, si aggiungeva la problematica di una turnazione caotica dei figli a scuola, vuoi per la precarietà degli edifici scolastici, molti dei quali ancora in costruzione, vuoi per le assenze imprevedibili degli insegnati, e poi gli allarmi sisma ed i conseguenti sgombri improvvisi ad ogni più piccolo evento sismico, e la successiva nevrosi che a tutti noi genitori ci ha assalito, il timore e la preoccupazione per i figli, che ogni giorno lasciavamo, nella speranza che tutto andasse a buon fine.
Insomma per dirla in breve una vita d’inferno.
Solo noi che abbiamo vissuto questi eventi, possiamo descrivere, capire questa situazione di precarietà, che strisciando si andava ad annidare nella nostra vita, trasformandosi in una situazione di normalità, che nulla aveva di normale.
Tutti noi, abbiamo cominciato ad accumulare ritardi su ritardi, non siamo più stati nelle condizioni di rispettare uno solo degli orari stabiliti dai conduttori, o meglio dagli aguzzini dell’agriturismo che ci ospitava, perché ciò era impossibile, vista la precaria situazione della città.
Quindi, si sono venute a creare delle situazioni molto particolari.
Alcune famiglie, come quella dell’amico Gianfranco, composta da quattro persone, lui, la moglie e due dei quattro figli, per una serie di problemi, si è trovata ben presto in difficoltà più degli altri, e nell’occhio del ciclone.
Infatti, come tutti noi, anche Gianfranco aveva la necessita di accompagnare a scuola Mauro, il figlio più piccolo, mentre, come molti di noi, doveva recarsi tutti i giorni al lavoro, ma in più doveva rispettare orari e turnazioni di lavoro, ben presto si è trovato in difficoltà nel coniugarli con gli imprevedibili orari scolastici, inoltre, anche Sara, la figlia che lavorava a Teramo, dovendo anche lei rispondere a turnazioni di lavoro, si è trovata naturalmente nelle condizioni di non poter offrire nessun appoggio alla famiglia, anzi ben presto è stata una degli ospiti più penalizzati.
Per fare fronte a tutti questi problemi, la famiglia di Gianfranco, ad esclusione della figlia, è stata costretta dagli eventi, ad organizzare la giornata autonomamente, quindi la mattina presto con in bocca ancora il sapore di un caffè bevuto di corsa, erano in macchina per rientrare la sera dopo le 20,00 – 20,30 trafelati da una caotica giornata di lavoro, nella vana speranza di potersi rifocillare con tranquillità, di scambiare due parole, di staccare la spina, invece proprio da qui sono iniziate le più scandalose vessazioni.
Sembrava che i conduttori della struttura lo facessero apposta, la cena veniva servita sempre prima, arrivando a servirla alle 19.00 – 19,30. La cattiveria dei conduttori della struttura, non si limitata nel servire loro i pasti sempre più freddi, immangiabili, hanno saputo fare di più, si sono superati, hanno cominciato a servire al tavolo non più nei piatti ma su vassoio.
E fin qui non ci sarebbe nulla di strano, se non fosse che la struttura essendo appunto un agriturismo non aveva un vero locale mensa, questo era stato ricavato da un locale attiguo alla cucina, dove erano sistemati tre tavoli nei quali sedevano per forza di cose tuti gli ospiti della struttura, più nuclei familiari nello stesso tavolo.
A seguito della modifica introdotta, accadeva sistematicamente che la loro parte veniva consumata dagli altri commensali, senza che i conduttori si curassero se ne rimaneva a sufficienza per loro, che quindi rimanevano sempre più spesso senza mangiare, o nella migliore delle ipotesi con le porzioni contate, sempre più ridotte.
Addirittura spesso quando tornavano, trovavano già sparecchiato e dovevano consumare la cena in stanza, cosa che accadeva con regolarità alla povera Sara, che tornando da Teramo doveva sempre mangiare freddo, in stanza, accontentandosi di quel poco che restava.
Una sera, i conduttori dell’agriturismo, sono stati capaci di lasciare il minestrone che era stato servito per cena, fuori dal locale mensa già chiuso a chiave, dentro un pentolone, con piatti, rigorosamente in plastica, e posate, forchette e coltelli, ma senza cucchiai, il tutto rigorosamente freddo, ci troviamo a fine Settembre, e da queste parti come a L’Aquila in questo periodo non è caldo, anzi cominciano le prime notti fredde, e dopo una giornata di lavoro, avrebbe fatto piacere un piatto caldo scambiando due parole.
Una cattiveria che ha dell’inverosimile, dell’immotivato, un comportamento da “Gestapo”, esattamente ciò che imponeva la delibera regionale n.° 582.
Ed i controlli direte, manco a dirlo, neppure l’ombra.
E le cose sono precipitate ancora di più, quando, con l’arrivo di un ultima famiglia, i titolari hanno completamente mollato quel minimo di gestione della struttura che formalmente, malamente, ancora avevano mantenuto, permettendo a questa famiglia, composta da sei persone, di prendere il sopravvento su di essi e su tutti noi.
Così questi nuovi sfollati, hanno potuto in poco tempo imporre i loro tempi, le loro esigenze, il loro modo di vivere a tutti noi.
Cosi è accaduto che la mamma, si è sostituita al personale dell’agriturismo, prendendo di fatto possesso della cucina, imponendo a tutti noi i gusti dei figli.
Una cucina, che se fosse stata sana, poteva anche essere accettata, ma invece si è rilevata disgustosa, fatta solo di porcherie adatte a bambini viziati, quindi abbiamo cominciato a mangiare tutti i giorni, solo ciò che mangiavano queste piccole pesti, roba fritta, congelata, surgelata, e poi dolci improponibili.
Infine, con molto poco buon gusto, questi signori con i loro comportamenti hanno fatto in modo di far trapelare una palese differenza sociale, che evidentemente non c’era, ne poteva esserci, vista la situazione di sfollati che ci accomunava.
Tutto ciò evidentemente frutto di un latente complesso d’inferiorità, che in queste precarie condizioni di sfollati, emerge come un muro a difesa dell’integrità della famiglia, muro e complesso, che probabilmente in una situazione normale, sarebbe stato represso o non si sarebbe manifestato.
Così, mentre noi ci sorbivamo i loro disgustosi gusti, è accaduto che sulla loro tavola si è materializzata una cucina del tutto particolare, sono apparse anche delle “aragoste”, alimenti certamente fuori luogo con l’emergenza di quei giorni, mentre a noi continuavamo ad essere serviti i soliti pasti.
Tutto ciò, di per se, anche se rimaneva di cattivo gusto, sarebbe anche stato accettato per quieto vivere, se la cosa non avesse trovato l’appoggio dei titolari, che praticamente avevano mollato la gestione, consentendo loro:
- prima l’accesso nel locale mensa,
- poi alla cucina,
- a seguire la scelta e l’imposizione dei generi alimentari,
- per finire la gestione dei fornelli.
Tutto ciò che invece a noi era precluso, interdetto, e che nel tempo, ha creato una situazione conflittuale tra le famiglie.
Così tra gli sfollati è cominciata prima la disapprovazione, poi con il tempo sono sorte le prime discussioni nelle quali si sono fatte notare e pesare queste situazioni sgradevoli, quindi le discussioni si sono trasformate in litigate, a volte anche furiose, per finire anche alle mani.
A questo punto, posso affermare che avevamo proprio toccato il fondo. Ho capito che era necessario riportare ordine, visto che quanto accadeva era in contrasto con i più elementari principi di convivenza, e con quanto previsto dall’ordinanza regionale n.° 582.
Così abbiamo cominciato ad indagare, abbiamo scoperto che il personale che svolgeva i compiti di cucina, pulizia e amministrazione non era assolutamente in regola, non era segnato, erano per lo più amici e parenti dei conduttori, veniva retribuito a nero, e non aveva le necessarie autorizzazioni sanitarie, ne aveva indumenti idonei a svolgere il lavoro, sia dal punto di vista della sicurezza, che dal punto di vista igienico sanitario.
Ma, a seguito di questi controlli, la cosa più grave che emergeva, e che questa struttura non avendo il personale in regola, era inadempiente con i versamenti INPS e INAIL.
Di conseguenza, se ci fossero stati dei controlli adeguati, non sarebbe stata in regola neanche con il relativo “DURC”, per cui non avrebbe potuto ottenere la convenzione con la Regione per la somministrazione dell’assistenza ai sfollati.
E allora mi domando ancora una volta:
Ma chi è che doveva fare questi controlli?
E perché non sono stati mai fatti?
E quante altre strutture hanno operato in questa maniera?
E tutti questi denari pubblici che si sono riversati su queste strutture, non sono forse un finanziamento illecito di attività fuori legge?
Ci sarà mai qualcuno che interverrà su questi temi?
Intanto i titolari, che avevano completamente perso il controllo della situazione, hanno cavalcato la situazione conflittuale tra le persone, aggiungendo benzina al fuoco, la situazione è ben presto divenuta esplosiva in vivibile.
Così, nel giro di 20 giorni i 35 sfollati ospitati nella struttura si sono volatilizzati, ogni famiglia è andata via, ha trovato una nuova sistemazione per proprio conto attraverso il COI di Giulianova, lasciando quel posto dove eravamo tutti divenuti prigionieri di questi aguzzini, nelle nostre stanze, dalle quali non uscivamo più neanche per mangiare, per evitare d’incontrarci.
Anche noi, che abbiamo cercato di rimanere il più possibile fuori da qualunque discussione, che abbiamo cercato sempre, in tutti i modi di evitare qualunque possibilità di attrito, alla fine, nostro malgrado, siamo stati coinvolti, ed ha quel punto, nel giro di due giorni, come gli altri abbiamo cambiato aria, trasferendoci in un’altra struttura alberghiera sempre nel comune di Isola del Gran Sasso nello stesa struttura dove l’amico Gianfranco ci aveva preceduto solo la settimana prima.
Ma mentre traslocavamo per l’ennesima volta, mi ponevo ancora una domanda:
“Ma come poteva essere possibile che il COI di Giulianova non inviasse una ispezione in quel posto?”
Non poteva essere normale che tutti i 35 sfollati assisti in quella struttura avessero chiesto contemporaneamente un trasferimento nel giro di una settimana. Mi sembrava evidente che l’anomalia facesse nascere un sospetto.
Ma a chi non frega nulla della situazione che vivono dei semplici numeri, o peggio, a chi è colluso con queste persone non può, ne deve dare nessun segnale.
Questo è stato per me il primo campanello d’allarme, quello che ha dato la definitiva conferma alle mie convinzioni, da questo ennesimo episodio che si andava a sommare a quelli vissuti a Roseto, ho capito che stava iniziando una nuova tangentopoli.
Solo molti mesi dopo ci sarà la conferma di questi fatti, quando apprenderemo che mentre L’Aquila tremava alcune carogne se la ridevano.
Questo è proprio un paese che non ci merita, l’idea di andarcene in Svezia era la più giusta, ma per ora avevo deciso con me stesso di non gettare benzina sul braciere, questa triste idea l’avrei condivisa solo con me stesso.
Le cose possono cambiare, una speranza per il futuro (la situazione dei sfollati dopo nove mesi)
Venivamo da una serie di esperienze tutte assolutamente negative.
Riepilogando: Roma, problemi di convivenza con i familiari, Nettuno, ambiente e luogo in vivibile, Roseto, le vessazioni dei titolari della struttura alberghiera, Trignano, il lager, l’incapacità e le vessazioni dei gestori.
Capirete bene che, dopo queste esperienze fatte sulla nostra pelle, in soli sette mesi vissuti da sfollati, errando da una struttura all’altra, eravamo pronti a reagire alla minima intolleranza, non eravamo certo nello spirito di subire ancora vessazioni, eravamo proprio inc…..ti neri, pronti ad andare allo scontro non appena si fosse presentata l’occasione.
Invece, accade qualche cosa di nuovo, di positivo, e nel tempo ci renderemo conto di molto positivo, la struttura che ci ospita è un Residence di Isola del Gran Sasso, dove ritroviamo l’amico Gianfranco, la sua famiglia che ci aveva preceduti una settimana prima.
Il luogo e bello, pulito, ordinato, ci sono altri sfollati, e tra questi c’è anche una famiglia che era con noi nell’hotel di Roseto, lascerà il residence per rientrare a L’Aquila, solo pochi giorni dopo il nostro arrivo.
L’Ambiente e bello, cordiale, quasi familiare, abbiamo subito modo di costatare come i conduttori di questa bella struttura, una deliziosa coppia avanti con gli anni, siano dei grandissimi lavoratori, gente veramente per bene.
Io e Gianfranco, ben presto catturiamo l’amicizia del titolare, il sig., Sergio, che ci racconta e aggiorna su alcuni avvenimenti che lo hanno coinvolto:
- i lavori, e le spese sostenute di tasca propria, per rendere da subito agibile la struttura danneggiata dal sisma, ci mostra i segni che non sono stati del tutto cancellati;
- successivamente a questi lavori l’immediata disponibilità data al COI di Giulianova per ospitare gli sfollati;
- l’attesa che il COI provvedesse ad inviare sfollati per tutto il mese di Agosto e per metà di Settembre 2009, mentre la struttura rimaneva vuota, ed i turisti erano stati respinti in attesa di quei sfollati che non arrivavano;
Così, mentre noi, tribolavamo a Trignano in quel lager, mentre in quei mesi molti sfollati che volevano avvicinarsi venivano inviati dal COI di Giulianova nella provincia di L’Aquila, nei comuni di Lucoli, Campo Felice, Rocca di Mezzo, in zone veramente improponibili, questa bella ed efficientissima struttura rimaneva vuota.
Perché?
Ci siamo risposti, quando un pomeriggio di fine Gennaio, io e Gianfranco abbiamo accompagnato il sig. Sergio al COI di Giulianova, per informarli che la struttura aveva alcuni appartamenti liberi, e ci siamo sentiti rispondere dal personale addetto che:
- l’obiettivo della Protezione Civile, era ora quello di spostare tutti gli sfollati dalla costa, in Provincia di L’Aquila;
- e che i sfollati rifiutavano la destinazione di Isola del Gran Sasso, preferendo le località della provincia aquilana, che venivano loro proposte.
Se volevamo sentire delle barzellette, questa in assoluto, viste le condizioni della città, e veramente la migliore, solo più tardi avemmo trovato una risposta a quel commento, quando mia moglie Anna incontrò per Isola del Gran Sasso uno sfollato, e il caso vuole che costui fosse il nonno di un ex compagno di scuola di nostro figlio Marco.
Dopo i convenevoli del caso costui informa Anna di essere alloggiato ad Isola proprio nel nostro vecchio Agriturismo, il lager di Trignano, assieme ad altri 15 – 16 sfollati tutti provenienti dalla costa che si erano appena sistemati da una settimana.
Ma come, il COI di Giulianova ci aveva detto solo pochi giorni prima che nessun sfollato accettava la sistemazione ad Isola del Gran Sasso?
Ci aveva informato che le direttive della Protezione Civile erano di fare rientrare tutti gli sfollati che erano sulla costa, nella provincia di L’Aquila?
L’offerta del sig. Sergio con molta gentilezza, era stata respinta?
E dopo due settimane vengono spostati 15 sfollati alloggiati sulla costa a Isola, e vengono tutti sistemati nell’Agriturismo lager di Trignano, quello stesso agriturismo dal quale la mia famiglia, quella di Gianfranco e altri 26 sfollati eravamo fuggiti perché divenuto invivibile, ed al COI di Giulianova che era a conoscenza di tutto ciò perché lo spostamento tra le varie strutture alberghiere poteva avvenire solo previo la loro autorizzazione, questi movimenti non avevano destato sospetti, e mentre il Residence di Sergio continuava a rimanere con le camere disponibili per i sfollati questi venivano tranquillamente indirizzati solo in quell’agriturismo.
Ma vuoi vedere che anche qui c’è qualche colluso?
Qualche interesse poco chiaro?
Intanto le attenzioni di questa deliziosa coppia verso di noi sono veramente esemplari, al punto che la sig.ra Tea aspetta tutti i giorni, l’arrivo dei studenti da L’Aquila, che con il bus riescono ad essere in tavola non prima della 15,00 – 15,30 per servire loro sempre un pasto caldo.
Ma fa anche di più, la mattina è sempre in piedi alle cinque per preparare una colazione calda a tutti noi, e le merende per i ragazzi che vanno a scuola.
Sergio, il marito, si impegna al massimo per rendere confortevole il soggiorno a ciascuno di noi, si preoccupa se non mangiamo, se stiamo male o indisposti, si fa in quattro per inventare ogni giorno un menù nuovo, si è addirittura attrezzato di tutto punto per servire i famosi arrosticini, con un braciere a motore, realizzato secondo le sue indicazioni, da un artigiano.
Durante il nostro soggiorno, veniamo a conoscenza del giorno in cui questa meravigliosa coppia compie l’anniversario di matrimonio. Io Anna e la famiglia di Gianfranco, anche per testimoniare la nostra riconoscenza a tutte le loro attenzioni nei nostri confronti, come quelle di tutti gli altri ospiti, decidiamo di offrigli un piccolo pensierino, un semplice ricordo dei giorni trascorsi finalmente in serenità nella loro accogliente struttura, una cosa molto semplice, per nulla impegnativa.
Tutto ciò ci ha legati ancora di più a loro, al punto che quando ci ha chiamato il sindaco del nostro comune per informarci che si erano creati i presupposti per un nostro trasferimento in una struttura alberghiera nei pressi di Stiffe, abbiamo trovato, perché comunque c’erano tute le prerogative, un modo cortese per rinunciare al trasferimento.
Sono ormai molti mesi che ci troviamo nella struttura del Sig. Sergio e della Sig. Tea, e crediamo che fino a quando non ci verrà offerta la possibilità di rientrare nel nostro comune, nei MAP, rimarremo se sarà possibile qui.
Lo sporco uso della propaganda politica - (Marzo 2009)
Durante questo lungo anno da sfollato errante per l’Italia, ho potuto assistere a tutto ciò che è nell’immaginabile di ciascuno di noi, mi sono quindi reso conto che al peggio non c’è limite, quanto affermo è supportato da quanto di seguito Vi descrivo, premettendo che questi sono tutti fatti veri e documentati.
Dunque, in questo periodo ho potuto assistere a quanti si sono potuti impunemente permettere di strumentalizzare la tragica situazione del dopo sisma, per qualunque fine, anche i più spregevoli.
Non poteva quindi mancare la politica, ed i vari politicanti di turno, venuti tra di noi, tre la gente, tra le macerie, a raccogliere il loro momento di gloria, manifestando una falsa solidarietà che nascondeva sempre e solo sporchi interessi propagandistici, quando non nascondeva i più squallidi interessi economici.
Ora, che il nostro premier ha utilizzato gli avvenimenti in Abruzzo, ed in particolare la distruzione di L’Aquila per un suo personale uso è ormai noto a tutti. Ma cosa vogliamo dire dell’uso volgare, sporco, irrispettoso delle 308 vittime del sisma e dei loro familiari, fatto in occasione della recente campagna elettorale per le elezioni provinciali di L’Aquila.
Lo sento come un dovere civico, debbo in qualche maniera documentarVi su quanto è accaduto in questo mese di Marzo 2010, proprio alla vigilia di quella triste data del 6 Aprile, divenuta giornata di lutto, per volere dei cittadini.
Dunque, come detto siamo alla vigilia delle elezioni provinciali di L’Aquila, la candidata del centrosinistra, la presidente in carica, l’On. Stefania Pezzopane, è data per vincente, infatti, da un sondaggio pubblicato solo poche settimane prima, risulta essere la presidente di provincia più amata dagli italiani, e sicuramente tra gli aquilani ed i sfollati.
Il centrodestra, specialmente a L’Aquila, dopo le recenti manifestazioni del popolo delle carriole, dopo gli scandali che si sono abbattuti su funzionari dello stato coinvolgendo i massimi vertici della Protezione Civile, è in condizioni critiche, serve evidentemente un guizzo per richiamare a raccolta i fedelissimi, per tentare di strappare questa importate provincia, divenuta strategica, per legittimare una politica nazionale di consensi costruita strumentalmente proprio sulla gestione del dopo sisma.
Allora, colpo di genio, qualche spregiudicato politicante di bassissimo spessore politico, pesca su internet una foto pubblicata ben 13 anni prima sui quotidiani dell’epoca, risalente al terremoto in Umbria, quest’immagine, indubbiamente riprende un campo profughi, dove sono immortalati dei container, ed è ben visibile che in questo campo c’è vita, sono ritratte persone in attività quotidiane, si vede chiaramente il campo con le vie d’accesso illuminate, come si vedono le luci in alcuni container, inoltre ci sono le serrande di alcune finestre alzate, segno evidente di vita.
Fin qui nulla di strano, si evidenzia semplicemente una immagine, uno fotogramma, uno scatto di alcuni anni fa, nulla di particolare, ma ecco il colpo di genio, l’idea delle idee, la foto viene mirabilmente tagliata, quindi viene composto un montaggio tra questo nuovo fotogramma ed una foto recentissima, che riprende uno degli edifici realizzati nei nuovi quartieri, le new town del progetto CASE, e voilà il gioco è fatto.
Ora al genio, basta aggiungere una didascalia a siffatta composizione, del tipo “Umbria e Marche 1997, governo Prodi, ad oggi container per famiglie-Abruzzo 2009, governo Berlusconi, ad oggi case antisismiche per le famiglie” il messaggio è forte, chiaro e di sicuro impatto sulle menti di chi ha subito un così devastante trauma da poco meno di un anno.
In questa maniera si e voluto mettere in contrapposizione il tragico passato delle popolazioni colpite dal sisma in Umbria, lasciate dopo 13 anni al loro destino, con le nuove costruzioni realizzate da questo esecutivo. Per rimarcare questo concetto basta aggiungere una frase, ed il gioco è fatto “il governo dei fatti, la differenza che conta”, strumentalizzando tutto ciò per fini propagandistici ed elettorali.
Questa analisi, che è del tutto soggettiva, risulta incompleta, manca infatti un’analisi del fatto che rappresenta, non viene indicato il luogo dove è stata scattata la foto, ne a quando risale il fatto documentato, il tutto poi non è suffragato da riferimenti giornalistici, non ci sono interviste o dichiarazioni rese dai residenti ritratti, ne degli amministratori locali, c’è semplicemente una foto con l’aggiunta di alcune didascalie.
Da questo fotogramma si può semplicemente affermare, innegabilmente, ciò che con questa immagine viene documentato, cioè un avvenimento che sicuramente è accaduto ma di per sé non dice nulla di più, non ci sono elementi per giudicare, sembra piuttosto un evidente uso strumentale e spregevole, di una innegabile situazione di disaggio di una comunità.
Del resto, per suffragare l’uso strumentale della politica basta andare indietro nel tempo, solo di pochi giorni, in occasione della programmata manifestazione di Roma, voluta dal premier, quando il coordinatore nazionale del Pdl, Denis Verdini, aveva invitato agli aquilani a partecipare in massa in segno di gratitudine al governo.
Costui scrive, ma mostra di non conoscere nulla di ciò che è accaduto in Abruzzo, di ciò che è stato fatto o non fatto a L’Aquila. Costui non sa neanche cosa sostiene di aver fatto il suo stesso governo, non conosce neanche i dati diffusi dalle fonti istituzionali ufficiali, pubblicate in internet, non sa quanti sono gli alloggi edificati con il progetto case, arriva addirittura a dichiarare che sono state consegnate case a 40.000 sfollati.
Ma come crede di sistemarli 40.000 sfollati in 4.500 alloggi, che hanno una superficie compresa tra i 40 ed i 75 mq lordi?
Sistemare 40.000 sfollati in 4.500 alloggi del progetto CASE sarebbe come dire, che in ogni abitazione ci infiliamo (40.000 / 4.500 =) 8,8 diciamo, 9 sfollati, ma vogliamo scherzare?
Ma il sig. Verdini dove caspita vive?
E poi, conosce le norme di sicurezza?
Sa che per ciascuna persona, in un alloggio spettano per legge 15 mq di superficie?
Come crede di stipare nove sfollati in 75 mq?
E’ questo sarebbe il miracolo Aquilano?
Questo è il governo del fare?
Stiamo messi proprio di m…a !!!!!!!!! (scusate)
Ed hanno pure la presunzione di fare raffronti con l’uso dei container nei terremoti in Umbria e nelle Marche, in quale triste occasione passata sono state stipate 9 persone in un container, in una baracca, in un alloggio?
E poi la gratitudine verso il governo?
E la popolazione beneficiata dalla straordinaria azione di Berlusconi?
Forse, la stampa becera e comunista, ha fatto in modo che non si sapesse, che il piccolo cavaliere a contribuito di tasca propria alla devastazione del territorio, per la realizzazione di interi quartieri, o meglio le new town, su terreni agricoli, spianando colline verdi e ricche di vegetazione nel “parco nazionale del gran sasso e monti della laga” ?
Ma che significa ciò?
Non siamo forse cittadini come tutti?
Non abbiamo anche noi diritti sanciti dalla costituzione?
Sui nostri stipendi, come su quelli di tutti coloro che percepiscono un reddito fisso, forse non grava fino a un decennio fa il contributo relativo alla voce GESCAL, che i giovani forse non conoscono, ma chi ha qualche capello bianco come me, conosce benissimo, sa che questa tassa serviva a finanziare l’edilizia economica e popolare.
Domando, tutti questi soldi, si parla di 2,4 miliardi di €, che fine hanno fatto?
dove sono le case popolari realizzate con i contributi dei lavoratori?
Ma lo vogliamo dire, le meravigliose new town antisismiche volute da questo governo contro i pareri di tutti, cittadini, enti locali, amministrazioni, tecnici, architetti, urbanisti sono state edificate con i nostri soldi, con i soldi di tutti gli onesti lavoratori italiani, e allora, per quale straordinario motivo dovremmo essere riconoscenti a un despota, che, come dichiara Verdini nella sua missiva, ha agito solo per i suoi interessi.
All’on, D. Verdini sfugge un dettaglio, il popolo ha una dignità.
Il popolo non si deve inchinare a nessun monarca o presunto tale, se le popolazioni locali sono in debito di riconoscenza, lo sono certamente verso il corpo dei vigili del fuoco, verso i volontari che hanno prestato la loro opera per mesi, mentre altri se la ridevano allegramente.
Sicuramente il popolo, gli sfollati non sono in debito di gratitudine con il piccolo cavaliere, che dopo quest’ultima uscita del coordinatore PdL on. Verdini, è ancora più piccolo del solito.
Sciacalli!!!!!!!!!!!
Il giro d’Italia passa per L’Aquila - E la propaganda continua - ( 21 Maggio 2010)
E la propaganda, continua.
In occasione del passaggio del giro d’Italia, per alcuni dei centri colpiti dal sisma del 6 Aprile 2009, mentre ancora oggi la circolazione in città, come in periferia, rimane caotica, mentre la maggior parte delle strade risulta essere ancora in uno stato pietoso, con vie dissestate, piene di buche e mancanti di segnaletica orizzontale o insufficiente, con i cantieri ancora all’opera per realizzare delle inutili rotatorie, che per ora hanno il solo merito di peggiorare la circolazione, gli organizzatori del giro d’Italia, mirabilmente, trovano conveniente tracciare un percorso, che guarda caso costeggia alcune delle 19 new town.
Forse tutto ciò non è proprio un caso, il sospetto che questo percorso sia stato studiato a tavolino, per permettere riprese televisive che per puro caso, inquadrassero al passare dei corridori proprio queste opere, proprio quelle 19 new town tanto chiacchierate in questi giorni, sembra lecito, infatti il percorso negli ultimi chilometri passa, sempre per una strana coincidenza, per San Gregorio, Onna, Paganica, Bazzano, Sant’Elia, proseguendo per Porta Napoli, per poi concludersi alla Villa Comunale.
E sempre il caso, vuole che in quelle stesse zone sorgano alcune delle 19 new town, proprio quelle dove le opere d’urbanizzazione sono state portate a termine, quelle che comunque si trovano in zone già integrate e servite da infrastrutture preesistenti nel tessuto urbano, nelle località di Paganica, Bazzano e Sant’Elia.
A Onna, fa bella figura il nuovo insediamento di Villette, perfettamente funzionante, che nulla ha a che vedere con i M.A.P. della Protezione Civile, queste sono state donate dalla provincia autonoma di Trento, realizzate dai tedeschi con i soldi della croce rossa, mentre il villaggio costruito e a San Gregorio è sopra un colle, quindi non è ben visibile dalla strada, anche questa è una casualità.
Tutto ciò accade sempre per uno strano disegno del destino, ad un anno dal sisma, in concomitanza a quanto sta venendo alla luce in questi ultimi mesi, proprio in coincidenza con la fine dello stato d’emergenza, con la fine del periodo nel quale i diritti civili delle popolazioni colpite dal sisma sono stati congelati, ma che dico, sono stati proprio sospesi da una dittatura imposta dai vertici, della Protezione Civile, che ha suon di ordinanze ha chiuso le popolazioni in un cordone invalicabile, un vero bavaglio alla libera informazione.
Tutto ciò dicevo, proprio quando cominciano ad emergere i vari intrallazzi di alcuni personaggi molto vicini ai vertici della Protezione Civile, e dello Stato.
Si è voluto evidenziare, mandando un messaggio televisivo subliminale, ancora una volta che a L’Aquila tutto è risolto, non ci sono più problemi, che la popolazione può tranquillamente esultare al passaggio dei ciclisti, e per rendere ancora più credibile la cosa, le strade percorse dai ciclisti hanno avuto una manutenzione preventiva del tutto speciale.
Infatti:
- si è provveduto prima a pulire i bordi dalle erbacce, mentre tutti noi sappiamo come sta ad esempio la scalinata di San Bernardino;
- si è rifatto il manto stradale solo delle strade percorse dai ciclisti, mentre rimane in uno stato pietoso nel resto della città;
- è stata completamente rifatta tutta la segnaletica orizzontale e si sono sostituiti i guard-rail;
avendo cura di effettuare questi lavori solo la dove si trovavano le telecamere fisse, che riprendevano o potevano riprendere l’avvenimento.
Nulla di più falso si poteva strumentalmente organizzare, e sono i comitati a testimoniare questo dissenso con striscioni e scritte, così comparivano lungo il percorso frasi del tipo, “Con + Chiodi sulla strada le bici vanno Cia-Lente”, e ancora “All’Aquila è tutto prefetto” che richiama l’ex prefetto Gabrielli, ed infine, prima dell’ultima curva, in prossimità di Porta Napoli, nei pressi dell’arrivo alla villa comunale “Noi 4 cialtroni voi 40 ladroni”.
Ma magia, la sospensione dei diritti civili continua, accade che il questore dà lo stop, la censura del terzo millennio si fa con la vernice nera, e viene tutto nascosto alle telecamere, il messaggio preconfezionato che si voleva dare agli italiani arriverà così come era stato preconfezionato dai media, senza contestazioni, apparrà tutto tranquillo e in ordine.
L’intervento dei cancellatori specializzati è stato immediato ed a ristabilito l’informazione di Stato, gli ordini del capo della questura Stefano Cecere sono stati eseguiti alla lettera e costui più tardi spiegherà: «È stata una disposizione nostra, ispirata da ragioni di opportunità. Si trattava, infatti, di frasi non riguardanti la manifestazione e, inoltre, poco opportune in una giornata di festa.
Una giornata di festa?
Ma il dr. S. Cecere cosa pensa che abbiano da festeggiare 49.000 cittadini che ancora vivono assistiti dalla Protezione Civile?
Questa giornata, che cade solo 45 giorni dopo la celebrazione del primo anniversario di quel 6 Aprile 2010, era secondo Lui da considerare “una giornata di festa”?
Ma stabilita da chi?
Per festeggiare cosa?
E chi?
Ma fortunatamente la fantasia del popolo delle carriole, non si esaurisce con le scritte sui muri o sull’asfalto, infatti vengo approntati dei striscioni, tutti con messaggi riguardanti la ricostruzione che non c’è e la situazione economica nella città devastata, con scritte del tipo “A maggio in rosa, da luglio al verde per tasse, mutui e prestiti” ed ancora, “L’Aquila, 15.000 nelle Case, 30.000 senza casa e senza lavoro”.
Questo è il vero miracolo aquilano!!!!!!!!!
Ma gli italiani non lo debbono sapere, il potere vuole che passi il messaggio preconfezionato, “tutto è stato risolto”.
Tra alcuni anni, ci troveremo ancora a parlare del sisma in Abruzzo, esattamente come ci troviamo ancora oggi a parlare dell’Irpinia, con la differenza che tra i due avvenimenti sono passati 30 anni, ma come potrete verificare non è cambiato nulla, non abbiamo capito niente dalla storia.
Ecco, questo è tutto, rimaniamo in attesa della prossima manifestazione di grido da convocare a L’Aquila, inutile, come lo è stato la prima, quel G8 che ci avrebbe dovuto portare tanto denaro per la ricostruzione, che avrebbe dovuto accendere i riflettori su L’aquila, ed invece ha permesso ai soliti noti, le ruberie di cui già oggi nessuno più parla.
Ci avete tolto anche il diritto di ricordare una tragedia, di onorare le vittime innocenti di un disastro che avete voluto, che avete atteso e cercato, solo per i vostri sporchi interessi economici, solo per utilizzare questa catastrofe per permettere al premier di ricostruirsi una VERGINITA’ con gli elettori e con la chiesa.
Giugno 2010 - ed ancora non è finita - (fino al 6 Giugno 2010)
Non mi rimane che aggiornarVi sugli ultimi avvenimenti compresi tra la fine di Maggio 2010 ed i primi giorni di Giugno 2010.
Allora andiamo con ordine.
- Il Prefetto F. Gabrielli, dalla prefettura di L’Aquila è passato ai vertici della Protezione Civile, per ora è il vice di Bertolaso, che ha invece assunto incarichi nel governo, ma è destinato a sostituirlo;
- la giunta regionale d’Abruzzo intanto sta scippando 47.000.000,00 € una parte dei fondi destinati alla ricostruzione di L’Aquila, quelli relativi all’assicurazione dell’ospedale S. Salvatore, che verrebbero utilizzati per coprire buchi in altre voci di bilancio;
- come previsto dal decreto Abruzzo, convertito in legge, è stato confermato che dal 30 Giugno riprende la gestione della normale tassazione, cominceranno ad esse restituite al fisco il 100% delle tasse non versate in questi 14 mesi, in 60 comode rate mensili;
- ripartiranno anche i mutui sulle abitazioni, anche per quelle distrutte, inagibili classificate E;
- e poi si ricomincia con il pagamento di ICI, TARSU, BOLLO AUTO, CANONE TV, e bollette arretrate di Energia elettrica, Acqua, e Gas;
- mentre rimangono detassati fino al 20 Dicembre 2010, i soli lavoratori autonomi con un giro d’affari compreso in un tetto massimo di 200.000,00 €;
- mentre, anche se ancora in attesa d’approvazione dall’Europa, viene varata la tanto attesa ed inutile “Zona Franca”, che è riconosciuta al solo comune di L’Aquila, escludendo quindi tutti i rimanenti 56 comuni del cratere, determinandone la morte economica, e lo spopolamento delle già poche giovani generazioni ancora ivi presenti;
- ma non è finita, intanto proseguono le indagini legate alla corruzione negli ambiti della Protezione Civile, così accade che anche quel sant’uomo di Bertolaso, cosi è stato dipinto fino ad oggi dai media, oltre a subire a sua insaputa le gentili attenzioni di signorine che si preoccupavano del suo stato di stress psicofisico accumulato nello svolgimento delle sue innumerevoli mansioni e missioni, ha avuto in dono, anche lui a sua insaputa, da quello stesso sig. Anemone di recente triste memoria, un appartamento;
- e che dire della Commissione Grandi Rischi, che il 31 di Marzo 2009, ci aveva tranquillizzato ed invitato per bocca di De Bernardinis, a berci un buon bicchiere di vino, dopo essere stata indagata riceve anche un bell’avviso di garanzia ed il successivo rinvio a giudizio, proprio per il mancato allarme.
Ma non è finita, ci stiamo dimenticando dei sfollati che ancora risiedono fuori di L’Aquila, di coloro che hanno avuto la sfacciataggine di concedersi una lunga vacanza di 14 - 15 mesi, fuori casa, a spese dello Stato, alle spalle di quel sant’uomo di Silvio I° d’Arcore, nelle meravigliose strutture alberghiere messe a loro disposizione.
Ma la giustizia per questi incalliti delinquenti, per questi profittatori esiste.
La grandiosa macchina di controllo e repressione dei crimini, istituita dal Governo e gestita dal “Commissario per la Ricostruzione”, di cosa non è ancora chiaro, attraverso l’ultimo censimento, utilizzando le fiamme gialle è riuscita finalmente a scovarLi.
Così, Voi Italiani che pagate sempre e puntualmente le tasse.
O voi altri, che a vostra insaputa vi siete ritrovati i risparmi di una vita custoditi in una banca a San Marino, piuttosto che in Svizzera, e con i risparmi lontano dall’Italia non avete potuto donare all’erario una parte dei vostri averi, e perciò siete ingiustamente accusati di evasione.
Cosi tutti Voi avete finalmente ottenuto giustizia, finalmente coloro che hanno causato il dissesto delle finanze pubbliche del Paese sono stati scovati, da oggi potrete vivere più sereni e tranquilli.
Così questi lestofanti una volta scovati hanno confessato. Per questi spregevoli individui che hanno finto di aver subito un cataclisma il gioco è finalmente giunto al termine, e come previsto da una delle ultime ordinanze a firma del nostro amatissimo primo ministro, che impone l’immediato rientro in città o in alternativa il pagamento a proprie spese del vitto a partire dal 1° Maggio 2010, sono iniziati i controlli a tappeto in tutte le strutture ricettive che hanno offerto i propri servizi, finalmente è stata scritta la parola fine a questo scempio.
“Lo confessiamo, siamo residenti nel comune di L’Aquila”, scopriremo in seguito che sono oltre 60.000 i lestofanti, sicuramente affiliati a qualche gruppo mafioso o camorristico che approfittando della notte del 6 Aprile 2009, si siamo fatti passare per sfollati, “abbiamo fatto in modo che ci fosse concessa a spese della Protezione Civile, ospitalità prima al mare, a Roseto, poi stanchi del mare abbiamo preferito un poco di vacanza in montagna, quindi abbiamo scelto i meravigliosi monti del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, ed abbiamo ottenuto di trasferirci ad Isola del Gran Sasso, in un meraviglioso Agriturismo lager, ma verso natale in previsione di una stagione più pungente abbiamo optato per un Residence con tutti i confort, e pensando di trattenerci fino a primavera, abbiamo selezionato con cura una struttura con piscina, in previsione dei meravigliosi bagni e del sole che ci saremmo potuti concedere nel ponte compreso tra la Pasqua ed il primo Maggio, mai avremmo potuto pensare di essere scoperti”
A seguito di questa confessione resa dai lestofanti che sono stati segnalati alle autorità, si è dato corso all’immediato rientro forzato nella fiorente e ospitale città di L’Aquila, dove sconteranno la pena loro inflitta.
Ma che film avete visto?, Ma che avete fumato?, Ma tornate a servirvi dal vostro pusher di fiducia, che il nuovo vi da roba che fa schifo!!
Gli ultimi avvenimenti (Giugno 2010)
Torniamo con i piedi per terra, per favore e raccontiamo gli avvenimenti come stanno accadendo.
La mia famiglia e quella dell’amico Gianfranco, con cui ho condiviso almeno 9 – 10 mesi da sfollato, e con il quale oggi condivido e subisco anche questa angheria, “come non bastassero quelle subite fino ad ora”, dopo aver partecipato all’ennesimo censimento, “per dire la verità questo è il terzo censimento in 14 mesi”, nel quale abbiamo dovuto dichiarare di non possedere altre abitazioni, come se ci potesse essere qualche persona di buon senso, che avendo una seconda abitazione di proprietà, agibile e disponibile, nel proprio comune di residenza o nelle vicinanze della città, possa preferire per 14 mesi la vita da sfollato, la vita che abbiamo e stiamo conducendo, che vi sto descrivendo.
Ma guarda come è strana la vita in Italia, noi sfollati, sopravvissuti alla catastrofe dobbiamo dichiarare di non avere altre abitazioni, mentre chi possiede yacht di oltre 10 m può impunemente, essere nullatenente per il fisco italiano.
In questi casi le fiamme gialle non vengono immediatamente mobilitate per scovare gli evasori, e se per merito di qualche diligente funzionario di Stato si scopre l’evasore, questo ha la facoltà, con i suoi avvocati, di concordare con lo Stato una ammenda, che corrisponde a un decimo del dovuto, per cancellare il reato.
Ma suvvia qualche persona seria in questo Paese c’è?
Dicevo, noi sfollati, trattati come biglie, da un posto all’altro, da un comune all’altro, dalla costa sul mare, all’interno fra le montagne, secondo quanto poteva partorire il cervello fuso di qualche burocrate, che comodamente seduto alla sua scrivania a Roma, si trastullava tra i confort extralusso a lui concessi, e aveva l’ardire di decidere del nostro futuro, scrivendo incomprensibili ordinanze che disponevano dei nostri diritti civili e della nostra vita, che nel giro di poche ore venivano poi sottoposte alla firma del sempre vigile e presente on. Silvio Berlusconi.
Cosi, in questi mesi abbiamo fatto i birilli tra L’Aquila ed il comune di Isola del Gran Sasso, vuoi per lavoro, vuoi per accompagnare e riprendere i figli da scuola, in attesa di eventi, che ogni giorno, ogni settimana e poi ogni mese, venivano rimandati da una burocrazia, messa in piedi al solo scopo di giustificare, di coprire tutte le inefficienze, soprattutto il grande bluff della ricostruzione, senza l’ombra di un quattrino.
Così, mentre la famiglia di Gianfranco, che fortunatamente, per quanto si possa utilizzare questo termine per descrivere questa situazione, ha avuto un’abitazione classificata B, rimaneva in attesa di poter iniziare i lavori che qualche deficiente, con un’ordinanza scritta in corso d’opera ne aveva modificato la tempistica legandola alla conclusione dei lavori condominiali.
Io e la mia famiglia, che abbiamo invece avuto l’abitazione classificata E, rimanevamo ancora in attesa che qualche burocrate si ricordasse di scrivere l’ordinanza e i decreti attuativi riguardanti la gestione dei consorzi obbligatori, e che si preoccupasse di trovare i fondi per la ricostruzione.
E nel frattempo accadeva che la ditta che aveva avuto l’incarico per i lavori condominiali di Gianfranco, dopo l’inoltro della documentazione, riceveva nel mese di Gennaio 2010 la richiesta di integrazione per una differenza di soli 3.000,00 €, in conseguenza di ciò i lavori rimanevano bloccati per 5 mesi, per cui l’intera famiglia di Gianfranco è stata costretta ad una snervante attesa, aspettando che il burocrate di turno desse il via libera prima ai lavori condominiali e poi a quelli nella sua abitazione.
In conclusione, la stupenda macchina burocratica messa in piedi da questo efficientissimo esecutivo del fare, per essere efficiente su quei 3.000,00 € di differenza, che pure andavano verificati e sanzionati, ha causato per ora allo Stato la modica spesa aggiuntiva di (4s*64€*30gg*4m)= 30.720,00 €.
Ci rendiamo conto?
A causa di questi sacrosanti controlli, la spesa aggiuntiva che lo Stato si è accollato per il mantenimento in albergo della famiglia di Gianfranco è stata 10 volte superiore al valore della differenza riscontrata, proprio un eccellente sevizio reso alla comunità, e ad oggi Gianfranco e la famiglia ancora non sono rientrati.
Quanto altro ci costerà la burocrazia?
E, se come pare, nel caso specifico, l’errore è della ditta esecutrice i lavori, perché le spese di soggiorno non sono loro addebitate, invece di gravare sulla collettività? .
Ancora domande senza risposta, ma continuiamo.
Oggi, un altro burocrate si sveglia, si rende conto che ci sono troppe spese, quindi per porvi rimedio, sempre nel più assoluto menefreghismo, senza considerare che una sua disposizione potrà influire sulla vita di esseri umani, decide.
E decide che per Gianfranco è ora di rientrare in città, ma controllando la pratica si accorge che sua abitazione è una “B”, e che non è ancora chiuso il cantiere del condominio, quindi non può ottenere la parziale abitabilità e non può rientrare.
Ma il burocrate decide, e senza interpellare nessuno sposta tutta la famiglia da Isola del Gran Sasso in una struttura alberghiera di L’Aquila.
Questa operazione, voluta dal solito imbecille di turno, costa all’erario esattamente la stessa cifra spesa fino al giorno prima per ospitare la stessa famiglia la dove si trovava.
Non ci sarebbe stata nessuna necessità di creare ulteriori problemi, traslochi e stress a persone che ormai da 15 mesi già vivevano in una situazione di disaggio, e che continueranno a vivere in questo stato ancora per molto tempo.
Perché questa cattiveria?
Ma che ca…o di gente è questa?
Ma lo sanno che si stanno occupando di essere umani, di sfollati ancora senza casa?
Ma si rendono conto di quello che dicono e che fanno?
In questi mesi, anche per la mia famiglia i disagi non sono mancati.
Da quella notte del ricordo, da quel 6 Aprile 2010 quando si sono ricordate le vittime a un anno dal sisma, è accaduto che mia figlia Chiara, al secondo superiore, con un eccellente curriculum scolastico, è entrata e uscita dagli ospedali di Teramo e di L’Aquila per almeno quattro volte, prima che le fosse diagnosticata una gastrite dovuta alla stressante vita condotta in quei mesi, sballottata attraversato l’Italia centrale da costa a costa, da Nettuno (RM) a Roseto (TE) e poi tutti i giorni da Isola del Gran Sasso (Te) a L’Aquila per raggiungere la scuola.
Lo stress cominciava dalla mattina quando per essere in orario, specialmente nel primo periodo, tra la fine di Settembre e metà Novembre, quando L’Aquila era un cantiere, quando noi sfollati fuori città ospitati nei comuni della provincia di Teramo, al casello di Aquila est dovevano fare 45 minuti di coda per entrare in città.
Al casello ci veniva richiesto di compilare un modulo prestampato che era rilasciato solo al momento, poi veniva verificato il documento di identità del proprietario dell’autoveicolo per accertare l’effettiva residenza in uno dei comuni del cratere, e tutto ciò, per avvalerci dell’esenzione autostradale, fino a quando balenò a qualche mente illuminata, la sconvolgente idea di fornire di una semplice viacard prepagata agli aventi diritto.
Poi, uandoQper rientrare da L’Aquila a Isola del Gran Sasso, l’unico pullman transitava, se rispettava l’orario, alle 14.00, ma molto spesso si presentava con 30 minuti di ritardo.
Il pullman che lasciava Chiara all’uscita del casello autostradale di Colledara-San Gabriele arrivava tra 15,00 – 15,30 ma a volte accadeva che arrivasse anche alle 16,00, e lì ad aspettarla c’era Anna che la riportava al residence.
Un boccone, che Tea preparava sempre caldo, quindi 15 minuti di svago davanti la TV, e poi i compiti del giorno dopo, e alle 20,00 – 20,30 dopo 3 – 4 ore di compiti, cena e a letto, stanca, con il mangiare sullo stomaco, perché la mattina dopo alle 6,00 si doveva essere nuovamente in piedi per ricominciare questa routine, e cosi via per sei giorni la settimana fino alla fine della scuola.
Che bella vita, tranquilla e piena di svaghi, così i mesi si sono succeduti ed è stato inevitabile un crollo finale che è appunto coinciso con l’anniversario di quel triste 6 Aprile, portando Chiara ai ricoveri prima a Teramo poi a L’Aquila.
Ma anche mia moglie Anna ha avuto delle conseguenze da questa stressante vita, così mentre lei si imbottiva di antidepressivi per riuscire almeno a riposare la notte, io non riuscivo a fare di meglio che procurarmi una Ischemia, direi leggera, che però mi ha bloccato per un periodo la deambulazione alla gamba sinistra, ed i movimenti del braccio sinistro.
Fortunatamente per me, il recupero è stato velocissimo, ho riacquistato il controllo degli arti, per ora camino e muovo il braccio, l’unica conseguenza una mezza dozzina di pillole, per mantenere sotto controllo una pressione che rimane alta, e non torna sotto controllo.
A questo punto penserete:
si, avete avuto alcuni problemi, ma di cosa vi lamentate?
Ma che cosa pretendete ancora?
In quelle condizioni d’emergenza, non si poteva certo fare di più?
Se ci sono state delle disfunzioni, sono la conseguenza logica di uno stato d’emergenza?
Provate voi a dover gestire un’emergenza simile, provate a fare di meglio quando sono coinvolte oltre 70.000 sfollati e 57 comuni?
La risposta è molto semplice, chi è stato chiamato a gestire questa emergenza, è stato semplicemente chiamato a svolgere il suo lavoro, non esiste quindi nessuna giustificazione alle inefficienze.
Mi spiego meglio, chi fa per mestiere il fornaio, deve saper fare bene il pane, a prescindere da quanto pane gli verrà richiesto di panificare il giorno dopo, alla stessa maniera, chi si occupa di Protezione Civile deve svolgere bene il suo lavoro, a prescindere da quanti saranno i sfollati che dovrà assistere il giorno dopo o da quanti comuni potranno essere coinvolti nell’emergenza.
Se a tutto, questo ci aggiungiamo che:
- invece dell’emergenza ci si è preoccupati per i primi tre mesi dell’organizzazione del G8;
- poi per i successivi sei sette mesi dell’edificazione del piano case e delle relative assegnazioni;
- e finalmente, quando ci siamo scrollati di dosso la Protezione Civile, sono emerse tutte le porcate architettate alle nostre spalle.
Emerge con tutta l’evidenza del caso, che non ci sono giustificazioni, che i sfollati hanno diritto di esporre i fatti, cosi come li hanno vissuti e/o come li stanno vivendo, e tutti debbono conoscere queste verità, che sono assolute e incontestabili.
16 Giugno 2010, il riscatto di L’Aquila e degli aquilani - (inizia la rivolta – Giugno 2010)
Abbiamo appreso solo da pochi giorni, che Sua Eccellenza il ministro delle finanze, l’on. Tremonti, ricordate, quello:
- della contabilità creativa;
- dell’abolizione dell’ICI;
- dello scudo fiscale agli evasori, ai criminali, a coloro che hanno depositato i proventi dei loro loschi affari all’estero, che gli ha permesso di ripulirli attraverso le banche, coperti dal segreto bancario, versando per questa operazione, per la pulizia di questi denari una tangente del 5% allo Stato.
Tutto ciò, mentre un artigiano, un operaio, un impiegato o un qualunque altro onesto lavoratore versa da sempre all’erario almeno il 27% sui propri redditi lordi.
Costui, ha stabilito che i cittadini del cratere dovranno restituire le tasse congelate nel periodo compreso tra Aprile 2009 e Giugno 2010, al 100%, cominciando dal 16 Giugno con INPS, proseguendo con gli altri balzelli di Stato.
Questo esecutivo,
- dopo aver permesso a presunti tecnici di essere impunemente compartecipi al disastro annunciato;
- dopo aver coperto la commissione grandi rischi indagata per il mancato allarme;
- dopo aver minacciato una intera cittadinanza, ma anzi è più corretto dire una intera provincia, rea semplicemente di chiedere giustizia, termine evidentemente ostico a costoro;
- dopo aver sconvolto e distrutto irrimediabilmente l’ambiente del circondario di L’Aquila, che non dobbiamo dimenticare si trova immersa tra tre parchi;
- ha concesso ai soliti noti, travestiti da soccorritori di fare i propri sporchi affari sulla nostra pelle,
ora, ritiene giusto che questa popolazione, restituisca l’elemosina loro concessa per un periodo di 15 mesi, a partire dal 16 Giugno con i contributi INPS, per proseguire con la restituzione di tutte le altre agevolazioni concesse, a partire dal 1° Luglio 2010.
Mentre in tutte le altre simili tristi occasioni, si è provveduto :
- per prima cosa a stilare una legge che permettesse il finanziamento della ricostruzione, la cosi detta tassa di scopo, ma evidentemente anche il termine ”tassa” rimane ostico a questo esecutivo;
- poi, come nei recenti casi dei sisma in Umbria e nelle Marche si è concessa una lunga sospensione delle tasse, in questi ultimi casi è stata addirittura per 12 anni, e solo quest’anno è ripresa la tassazione con il recupero del 40% del pregresso dilazionato in 120 mesi
A seguito di ciò, tutti i movimenti dei cittadini, le associazioni di categoria, i sindacati, i sindaci di tutti i comuni del cratere senza distinzione di schieramento politico, ed i cittadini, tanti mai cosi numerosi, se non nella triste ricorrenza del 6 Aprile, sono scesi compatti in piazza per fare sentire la loro voce di protesta, culminata con l’occupazione della tratta autostradale L’Aquila Ovest – L’Aquila Est.
Ma l’informazione, quella più seguita, quella di massa, ancora una volta decide di non intervenire, sia le reti Mediaset, di proprietà del premier, che le testate giornalistiche del TG1 e TG2 ignorato del tutto l’evento che ha sollevato un certo clamore, se è vero che ben 20.000 erano i manifestanti e di questi 5.000 hanno invaso il tratto autostradale Roma-L’Aquila-Teramo.
Conclusa la manifestazione ci si è dati un nuovo appuntamento, a Roma, sotto il Senato per un consiglio comunale aperto ai cittadini, ma il Senato era chiuso ed il popolo aquilano è stato tranquillamente snobbato dai politici di palazzo,.
A seguito di ciò il sindaco di L’Aquila On. Massimo Cialente, ha invitato tutti i direttori dei giornali a visitare la città a 15 mesi dal disastro, ma ancora una volta sia le testate Mediaset che quelle di Rai 1 e Rai 2 hanno mancato l’appuntamento, non hanno inviato nessuno, neanche uno straccio di reporter, come dire, ci sono cose più importanti che quattro straccioni aquilani.
E quando a Roma, i manifestanti che avevano seguito i consiglieri comunali, hanno deciso di andare a manifestare il loro dissenso sotto la sede Rai, “Scodinzolini” non si è fatto trovare, aveva ancora una volta un altro improrogabile impegno.
A seguito di ciò, è stata indetta per il giorno 7 Luglio 2010, una manifestazione a Roma, con partenza da Piazza Venezia alle 10,00 e concentramento sotto il Parlamento, ci attende ancora un giorno di lotta per la difesa dei nostri diritti.
Ancora una volta a Roma - (07 Luglio 2010)
Siamo ancora una volta in partenza per Roma, per manifestare il nostro dissenso contro una legge iniqua, e che non considera assolutamente la gravissima situazione economica del territorio e dei comuni colpiti dal sisma del 6 Aprile 2009.
Inoltre emerge ormai chiaramente anche per ammissione dello stesso on. M. Cialente, che oltre a ricoprire la carica di sindaco del comune di L’Aquila, ricopre anche la carica di Vice Commissario per la Ricostruzione, che senza una legge organica, che dia certezza su quali e quante risorse si può contare, con quali tempi, la ricostruzione rimarrà solo una aspettativa, una speranza, una pia illusione
Allora si comincia con il fissare la partenza in alcuni punti di ritrovo, i più rappresentativi in una città distrutta ed allo sbando, ore 7,00 partenza dai punti di ritrovo fissati dai comitati “Centi Colella, Acquasanta, Terminal di Collemaggio”, mentre altri mezzi partiranno da diverse frazioni della città e da alcuni comuni del cratere, inoltre molte aziende private hanno predisposto loro pullman per i dipendenti.
Per noi, che siamo sfollati ad Isola del Gran Sasso, la partenza è invece fissata per ovvie ragioni alle 6,00 – 6,15 max, dobbiamo percorrere almeno 35 – 40 km di autostrada per raggiungere il casello di Aquila Est, punto di ritrovo per gli abitati ed i molti sfollati che entrano in città da est.
Perciò alzataccia ancora una volta, ma in cuor nostro sappiamo di fare ciò per la città, per noi stessi, quindi alle 5,00 siamo in piedi, un caffè, una tazza di latte, due biscotti e via in macchina, nelle speranza di essere ancora una volta in molti.
Ma dal 6 Aprile 2010, da quando si è celebrato un anno dalla distruzione, le cose in città e tra i cittadini sono totalmente cambiate, quello che possono vedere con i nostri occhi, quello che possiamo documentare ha dell’incredibile per una piccola città di provincia nelle tragiche condizioni in cui si trova.
I comitati dei cittadini, solo dal nostro punto di ritrovo hanno organizzato la partenza di ben 13 pullman, moltissime sono le persone di mezza età come me e mia moglie Anna, ma ci sono anche mamme con i loro piccoli in passeggino, e poi ci sono i giovani, questa è la cosa più bella, tanti giovani con noi, questo ci fa credere ancora di più in noi stessi e in un futuro per la città, con i giovani, con i studenti universitari fuori sede, con i lavoratori in cassaintegrazione o in mobilità, con i sindacati, le organizzazioni di categoria, gli ordini professionali, con loro c’è la possiamo fare, L’Aquila se continuiamo a crederci ha ancora la speranza di tornare a vivere.
Partenza da Acqusanta alle 7,20, appena giunti all’autostrada, sorpresa, siamo scortati dalle pantere della Polizia di Stato, e la loro scorta continuerà per tutto il percorso fino al casello di Roma est.
Giunti e superato il casello della barriera di Roma est, possiamo verificare lo straordinario successo di partecipazione, i pullman, solo quelli dei comitati sono 46 a questi si aggiungono 5 pullman della CGIL, poi ci sono quelli delle altre sigle sindacali, tutte non manca neanche l’UGL, e poi Confindustria, e i comuni del cratere sono 54 su 57, quelli dei stabilimenti industriali, Senofi Aventis in testa, e tutte le rimanenti associazioni di categoria e professionali, non manca neanche la curia, ed un mezzo del sindacato di polizia, per dirla in breve, è rappresentata tutta la città in tutte le sue componenti sociali.
A Roma ci aspettano i motociclisti della polizia urbana della capitale, che ci scortano chiudendo al nostro passaggio tutte le strade fino all’arrivo a Piazza Venezia, facendoci fare un lunghissimo giro turistico, prima fuori le mura, poi dentro la città.
Alle 10,45 – 11,00 siamo a Via dei Fori Imperiali, poco prima di Piazza Venezia, qui lasciamo la lunghissima fila di pullman e ci dirigiamo con tutto il lungo corteo verso Via Del Corso.
Sapremo solo molte ore dopo, quando già il TG1 aveva annunciato la presenza di 500 appartenenti ai circoli antagonisti che si stavano scontrando con le forze dell’ordine, che siamo invece oltre 5.000, che per una città di 74.000 è già un enorme successo, ma per una città terremotata, distrutta, dove gli abitanti sono sparpagliati:
- 15.000 nelle new town;
- 3.000 nei MAP sparsi per 57 comuni;
- 1.000 nelle caserme della GdF e dei Carristi;
- 28.000 in autonome sistemazione sparsi in tutta l’Italia centrale;
- 3.800 negli alberghi sulla costa o nell’entroterra;
tutto ciò è qualcosa di veramente straordinario.
Il corteo è autorizzato, come il percorso, quindi ci dirigiamo tranquilli verso Via del Corso per raggiungere come programmato il Parlamento, ma qui inspiegabilmente troviamo ad attenderci un cordone di celere e carabinieri in tenuta antisommossa, capiamo subito che questa non sarà proprio una passeggiata, ed i fatti ci daranno purtroppo ragione.
Passano alcuni minuti, il caldo a Roma lo sappiamo io ed Anna in questo periodo è soffocante, poi c’è il traffico che per la nostra presenza all’imbocco di Via del Corso è impazzito, ed al caldo della giornata si aggiunge quello dei motori delle vetture ferme, alla testa del corteo ci sono i sindaci con tanto di fasce tricolori e stendardi comunali, sorretti dal personale in divisa delle rispettive polizie comunali, dopo pochi minuti di marcia la testa del corteo viene in contatto con il cordone della celere in tenuta antisommossa.
Tra i manifestanti oltre ai sindaci di 54 dei 57 comuni del cratere c’è sia Massimo Cialente, che ricopre anche l’incarico di Vice commissario per la Ricostruzione, ed il Deputato Aquilano Giovanni Lolli, costoro saranno tra i feriti di una delle inspiegabili cariche della celere, alla fine i feriti saranno tre oltre a Cialente e Lolli che se la caveranno invece con qualche spintone un po’ più vigoroso.
Che la giornata sarebbe stata oltre che lunga anche calda, e non solo per la temperatura, lo sapevamo, ma ora a seguito di questo primo contatto, scopriamo che sarà anche ricca di manganellate di benvenuto, elargite dagli agenti inviati ad accoglierci da questo esecutivo.
Così, noi inermi, armati solo dei stendardi nero-verdi della nostra città, senza casa, lavoro, futuro, venuti a Roma semplicemente per manifestare, come accade da sempre per tutte le vertenze nazionali di questo paese che si dice democratico, ci ritroviamo solo dopo 3 – 4 ore ad essere criminalizzati, ad essere identificati dalla TV di REGIME come appartenenti ai “circoli alternativi”, tutto ciò se non fosse realmente accaduto, poteva essere la trama di un film, ed invece è la realtà dei fatti.
Questa è l’Italia attuale, e gli italiani ancora non lo hanno capito, mentre noi ci rendiamo conto in un baleno di rappresentare un pericolo di enorme portata per questo REGIME MEDIATICO, dove le realtà sono costruite a tavolino da esperti registri. Ci rendiamo conto che rappresentiamo un pericolo, il pericolo della controinformazione, rappresentiamo la verità inequivocabile dei fatti, il popolo di internet, in una sola parola la DEMOCRAZIA.
Ma c’è di più, tra di noi ci sono persone di tutti gli orientamenti politici, tutti uniti sotto la stessa bandiera quella della nostra città.
Ed è proprio questo il pericolo che rappresenta questo movimento, non sono le armi che non abbiamo, ma semplicemente quello che rappresentiamo, che può essere emulato da altri, da molti, e se l’emulazione prende piede il REGIME TRABBALLA, il movimento va quindi stroncato sul nascere.
E’ a questo punto che parte la carica della celere, anche se tra queste persone c’è chi si dissocia, lo potete verificare in rete nei video-clip, mentre i colleghi caricano, c’è chi volta le spalle ai dimostranti, rientra nei ranghi ed esclama “ ma che c….o ………”, come dire ma che stiamo facendo.
ECCO Il PERICOLO CHE INCOMBE SUL REGIME.
Finalmente raggiungiamo il Parlamento, qui dopo poco cominciano a scendere alcuni deputati, Di Pietro, Bersani, Bonino, si tiene una assemblea che dura almeno un paio di ore, parlano i rappresentanti dei comitati, mentre i deputati rilasciano interviste alle televisioni, a tutte le televisioni, poi verso le 13,30 siamo nuovamente in marcia per raggiungere il Senato.
Il destino e la mobilità di Roma impone la strada più breve, che passa per via del Plebiscito, proprio sotto palazzo Grazioli, casa del premier, e qui ancora cordoni di polizia chiudono il passaggio, si inneggia a “L’Aquila … L’Aquila” e poi quando viene chiuso definitivamente il passaggio dalla celere il tenuta antisommossa parte un "Vergogna ….. Vergogna".
Dopo circa 1 ora si decide di raggiungere palazzo Madama seguendo un percorso alternativo, si torna indietro per Piazza Venezia, poi si prosegue per Via delle botteghe scure facendo praticamente il giro di un isolato, ci lasciamo casa di Silvio I° d’Arcore alle spalle, ci dirigiamo verso Piazza Navona, qui l’obbiettivo è il Senato, ma raggiunta la via d’accesso troviamo ancora l’ennesimo cordone di celere in tenuta antisommossa, oltre al senatore Maurizio Scelli che viene subito contestato, "Vai a cena da Bertolaso", "Fuori la mafia dallo Stato", "Servo” .
Quindi, compare quasi per magia una bandiera nero-verde, sono i colori della nostra città, viene issata per sul pennone del Senato ma viene rimossa dopo pochi minuti tra i fischi, verso le 18.00 riprendiamo pacificamente la strada di casa, a piedi per raggiungere i pullman sull’altra sponda del Tevere, nei pressi del Palazzaccio.
Mentre percorrevamo Lungotevere, mi sono chiesto, chi mai poteva aver predisposto la partenza proprio a 100 metri dalla sede nazionale della Protezione Civile, mi è sembrato come se ci fosse la volontà di predisporre i presupposti per un violento scontro finale tra manifestanti e forze antisommossa, con lo scopo di strumentalizzare tutto successivamente.
Intanto siamo arrivati sul ponte che porta verso il Palazzo di Giustizia, e qui scopriamo che i pullman non sono posteggiati a sinistra, verso Via della Conciliazione, ma a destra, proprio sotto la sede della Protezione Civile.
Una cinquantina di noi, tra i quali anche io e mia moglie Anna ci dirigiamo sotto la sede del dipartimento, obbiettivo e quello di contestare il commissario Bertolaso.
Quando alcuni membri dei comitati ricordano il costo al mq del progetto case, inizia la contestazione con un "Ladri …… ladri", continua quando viene ricordato che 18 delle 19 new town sono sotto inchiesta per mafia con un “ Mafiosi ….. mafiosi” e prosegue quando viene ricordato che la commissione grandi rischi aveva detto di stare tranquilli con "Assassini…… assassini", e poi quando si ricordano i faccendieri di palazzo che se la ridevano prosegue con “ 3.32, io non ridevo :…. 3.32, io non ridevo”.
Sotto il portone del dipartimento di protezione civile ci sono solo 4 – 5 agenti, anche male equipaggiati, dopo la nostra iniziativa sono sopraggiunti altri agenti dal vicino Palazzo di Giustizia, ma in tutto non sono più di una dozzina.
Tutto ciò è come un invito all’assalto, da dietro i vetri del palazzo vediamo gli impiegati che se la ridono, intanto, mentre viene chiuso il portone dell'edificio, i manifestanti si sono ammassati, poi, come era iniziato, l’assembramento svanisce da solo al grido di “ Torneremo ……………… torneremo”.
Mentre ci dirigevamo verso i pullman ho pensato a quello che era accaduto durante la giornata, chi era quel che falco che per mantenere l’ordine aveva fatto in modo che un corteo pacifico, addirittura scortato in autostrada dalla volante, probabilmente per evitare infiltrati, poi scortato dal casello di Roma est dalla polizia municipale capitolina fino a destinazione, aveva fatto in modo che per 4 – 5 volte entrasse in contatto con forze dell’ordine in tenuta anti sommossa, e successivamente era stato provocato per 3 volte con cariche che definirei almeno inopportune, per non dire del tutto ingiustificate, operate quando in prima fila c’erano pericolosi black bloc con fascia tricolore, seguiti dai gonfaloni comunali, sorretti dal personale in divisa delle locali polizie municipali.
In un attimo tutto mi è stato chiaro.
Ci è stata tesa una trappola, nella quale non siamo fortunatamente caduti, siamo stati capaci, nella nostra semplicità di comuni cittadini disperati per l’oggettiva situazione, di rigirarla.
Ora erano loro che dovevano giustificare al Paese per quale motivo erano stati presi a manganellate e caricati i Sindaci, le mamme con i loro passeggini, i vecchi ed i studenti fuori sede, colleghi di quei poveracci morti sotto le macerie della casa dello studente, ed i padri di famiglia senza lavoro, e gli artigiani, i commercianti, gli stessi poliziotti aderenti al sindacato di polizia della sezione di L’Aquila.
Ora questa risposta la pretendono in molti.
Un brutto presentimento (Agosto 2010)
Dopo oltre 16 mesi il quartiere di Pettino, il più moderno, quello edificato in cemento armato o che doveva essere in cemento armato, è ancora disabitato.
Lo rimarrà ancora per molto tempo, i danni sono molto evidenti, tanto che per via Antica Arischia stanno demolendo una serie di edifici, proprio quelli davanti alla scuola media Patini, una delle poche scuole che è stato possibile recuperare dopo il sisma del 6 Aprile.
La cosa più sconcertante è che solo a 50 metri dalle demolizioni, stanno costruendo un nuovo edificio, mi domando con quale criterio e con quale sicurezza, e la scuola poi, rimane una cattedrale nel deserto di un quartiere disabitato ormai da molti mesi.
Comunque, il fatto che la scuola sia stata recuperata ed abbia regolarmente aperto già l’anno passato lascerebbe ben sperare per il futuro del quartiere, che non dimentichiamo prima del sisma contava 25.000 abitanti su una popolazione complessiva di oltre 70.000 abitanti. Come dire che il 30% della popolazione di L’Aquila viveva in questo quartiere, popolazione che successivamente, almeno per chi è rientrato, è stata sparpagliata nelle 19 new town sorte intorno alla vecchia città.
Tutti noi siamo in ansia per il futuro, per salvaguardare la citta storica, i monumenti e i palazzi d’epoca, per la sua naturale bellezza medioevale, questo è stato uno degli obiettivi principali dei comitati, così e accaduto che si è perso di vista ed è passato in second’ordine la ricostruzione della città nuova, appunto quella di zone come il quartiere di Pettino.
Non a caso mi sono soffermato su questo quartiere, essendo questo il quartiere più moderno della città, mi sarei aspettato, ma credo che se lo aspettassero tutti i cittadini, di vederlo in poco tempo risorto a nuova vita, invece lo troviamo in uno stato pietoso, di totale abbandono, solo demolizioni e desolazione, un quartiere senza vita, perché?
Le risposte le conosciamo ormai bene, ma se i danni sono così gravi, è evidente che sarà molto difficile che il quartiere potrà essere recuperato in tempi brevi, ne consegue che gli abitanti che ora alloggiano nelle abitazioni provvisorie del progetto CASE rimarranno per molto tempo in quei posti lontani.
Ed è il tempo è il nemico principale della ricostruzione, non bisogna essere sociologi o economisti di livello per capire che è nella natura dell’essere umano stabilire rapporti sociali con i suoi simili, quindi accadrà già nei prossimi mesi o solo con il prossimo anno, che gli abitanti di queste new town che tra loro oggi non hanno nessun rapporto, nessuna relazione, cominceranno a stabilire relazioni sociali, che potranno essere positive o negative, ma che comunque saranno relazioni, ed è da queste che sorgeranno da sole le prerogative per lo sviluppo di una nuova città.
Appunto, nuova città, che non avrà ne potrà avere niente di simile a quello che era L’Aquila come la conoscevamo prima del 6 Aprile 2009, sarà per forza di cose una città nuova, gli ottimisti credono che sarà migliore, i pessimisti invece sono sicuri del contrario, la realtà è una sola non avrà più nulla a che vedere con ciò che era, l’ambiente irrecuperabilmente devastato, assomiglierà sempre di più a una metropoli moderna dove non c’è spazio per le belle cose, dove si corre sempre, per chi e per cosa non è dato sapere.
Quindi rimarrà un sogno di molti, ed anche mio, quello di rivedere la città, L’Aquila come era prima del 6 Aprile, la triste verità, che non è solo un presentimento ma ormai è più di una certezza, è che L’Aquila come la conoscevamo prima è venuta giù con il sisma del 6 Aprile ed è morta per sempre con l’edificazione di quelle maledette 19 new town, e sono stati proprio dei sfollati come me, che hanno certificato la morte definitiva della loro città, proprio nel momento stesso in cui hanno accettato di trasferirsi in quelle definiamole residenze.
Ma non bastano le case per far risorgere una città, questa potrà risorgere solo se di pari passo sarà risorta anche una economia, che non è solo quella dei negozi che una volta si trovavano nel centro storico, che possono essere trasferiti nei pressi di queste new town, ne può essere legata a questo modello di urbanizzazione.
Ma deve essere tale da permettere ai nuclei familiari ivi residenti, di sopravvivere, quindi di vivere, poi di programmare un futuro, che in virtù di questa programmazione porterà inevitabilmente prima verso consumi di prima necessità, poi nuovamente verso il consumismo.
Le prerogative per una nuova rinascita sono dunque legate solo allo sviluppo economico che potrà avere questa città nei prossimi anni, sviluppo che se non parte dai singoli, dalle loro iniziative, deve essere stimolato necessariamente dall’intervento dello Stato, proprio come accadeva alcuni decenni fa, nella prima Repubblica per intenderci.
E’ infatti necessario, se non prioritario, che si insedino in tempi brevi nuove industrie, ad alta tecnologia, che possano assorbire almeno 10.000 unità produttive, e con il loro indotto possano garantire uno sviluppo tale da consentirne altrettante.
Tutto ciò, nel suo insieme può rappresentare per alcuni la base di una nuova rinascita, per altri, per me, rappresenta la fine ingiusta di un mondo, di un’isola felice. La fine di un diverso modo di vivere, voluto ed imposto dall’alto, dal potere di pochi, dagli interessi di molti, a scapito di chi, come me, amava vivere in questa città, cosi come era, e come poteva tornare ad essere se solo ce lo avessero permesso.
Avete distrutto un sogno, il mio sogno, ma anche il sogno di molti altri che nel tempo abbandoneranno questi posti, un tempo meravigliosi.
Lettera al Vescovo Molinari ”Caro Vescovo” (Perdonanza Agosto 2010 )
Siamo alla vigilia della Perdonanza, che a L’Aquila è la festa più importante dell’anno, anche in questa occasione, come è sempre accaduto nel passato, c’è chi approfitta di questo evento per dare risalto a problemi di importanza sociale.
Poiché la città festeggia questa Perdonanza dopo un sisma di proporzioni catastrofiche, vista la latitanza delle istituzioni nell’opera di ricostruzione, i comitati dei cittadini hanno scelto di manifestare il loro dissenso in quest’occasione, con lo scopo d’ottenere una maggiore visibilità dai mezzi d’informazione, in particolare la Tv di Stato TG1 e TG2 che continuano colpevolmente a negarla oscurando la corretta informazione.
Accade quindi, che anche il vescovo Mons. Molinari prende la parola, e trova il modo d’accusare la popolazione aquilana d’ingratitudine verso quel sant’uomo di Silvio Berlusconi, il richiamo del vescovo è talmente forte da avere ampio risalto sulla stampa locale, e questo provoca indignazione tra gli oltre 50.000 terremotati ancora fuori casa.
Tra i tanti indignati dalle parole di Mons. Molinari ci sono anche io che preso dalla rabbia, gli ho dedicato una lettera che ho pubblicato su “Facebook”, questa immancabilmente ha raccolto molte adesioni.
“ Caro Vescovo”
Caro Vescovo, prova una volta a fare il prete e non il politico.
Caro Vescovo, ma che ne sai di come vivono oltre 56.000 sfollati dopo ormai 17 mesi?
Caro Vescovo, parli di ingratitudine, ma ingratitudine verso di chi?
Credi forse che siamo sudditi dell'imperatore Silvio I° d'Arcore?
Caro Vescovo, un suggerimento, pensa a pregare per quei poveracci in Pakistan e lascia perdere la politica, a quella ci pensiamo noi.
Sappiamo noi, se è il caso di essere grati a chi si è fatto i suoi zozzi interessi, a chi ha ideato e permesso l’edificazione del progetto case, a chi ha permesso a gli amici degli amici, la spartizione di 3.000.000.000,00 €, sottratti alla ricostruzione.
Caro Vescovo, Ti interessa tanto il futuro della città e dei cittadini?
Allora è bene che Tu sappia che con quella cifra avremmo potuto rimettere in moto l'economia locale, dare una nuova opportunità di lavoro ad almeno 15.000 dei 18.000 attuali cassaintegrati, dove?
Nell'edilizia e in quello che gli ruota attorno, Come?
Puntando sulla ricostruzione vera, con quei soldi che evidentemente erano veri, proprio quelli che sono stati sperperati nel progetto CASE che ha dato un tetto solo a 14.500 sfollati, in abitazioni di 40 mq, al max di 70 mq.
Vengano pure Berlusconi, Bertolaso e le varie cricche di mafiosi ma non per un WK come l'anno passato ma per viverci 10, 20 anni nelle loro abitazioni.
Caro Vescovo, venga anche Lei nel mio M.A.P., non conosce il significato, glielo traduco Modulo Abitativo Provvisorio, che per la mia famiglia non avrà proprio nulla di provvisorio ma molto di permanente.
Caro Vescovo, venga a vivere in una abitazione di 75 mq. lordi con altre 5 persone per i prossimi 10, 20 anni, e poi trovi un solo motivo per essere riconoscente a questo lestofante che ha ideato e poi costruito il progetto CASE a 2.900,00 €/mq o nei MAP in legno precompresso a 750,00 €/mq.
Caro Vescovo, mi dica francamente di cosa dovrei essere riconoscente, forse dei 17 mesi trascorsi fino ad oggi fuori casa? Forse di aver perso un lavoro? Forse di non essere tra le 308 vittime di questa ennesima strage di Stato, del quale il mandante è proprio quel sant’uomo di Berlusconi con la sua cricca di speculatori?
Caro Vescovo, La informo che per realizzare il progetto Case del quale dovremmo secondo Lei essere grati al monarca, hanno distrutto per sempre l'ambiente che è stato creato proprio dal buon Dio, che lei dovrebbe rappresentare, e che continua a confondere con Berlusconi.
Caro Vescovo, con quei soldi, assumendo per veri i dati rilevabili in qualunque comune del cratere, si potevano sistemare molte abitazioni di questa città.
Caro Vescovo, La informo che con 10.000,00 € si poteva sistemare una A, con 40.000,00 € una B con 50.000,00 € una C, con 150.000,00 € una E.
Caro Vescovo, Lei è troppo preso nel verificare la gratitudine degli aquilani verso il monarca, ed evidentemente non si è potuto documentare, quindi La informo io, nella sola città di L'Aquila le abitazioni classificate A sono oltre 11.000 le B e le C oltre 5.000 e le E oltre 7.000.
Caro Vescovo, questi non sono i dati di un facinoroso comunista ma del D.P.C., ordinanza 3753, che Lei e chi crede ancora nelle sue false e interessate parole, può trovare facilmente sul sito della protezione civile "https://www.protezionecivile.it".
Caro Vescovo, con quei soldi invece di arricchire traffichini, faccendieri mafiosi, amici degli anici e cricche varie nell'edificazione di appena 4.500 alloggi, si potevano sistemare almeno 17.000,00 abitazioni tra quelle danneggiate, dando un tetto definitivo e dignitoso ad almeno 50.000 sfollati ingrati.
Caro Vescovo, ci spieghi dunque di cosa dovremmo essere grati?
E di cosa dovrei essere grato io e la mia famiglia, sfollata, da 17 mesi fuori casa, presa in giro da amministratori incapaci, da delinquenti che hanno messo a repentaglio la mia vita, quella di mia moglie e dei miei figli perché non hanno voluto dare un allarme, per un sisma che era imminente, atteso da decenni?
Di questo dovremmo essere grati a quel sant’uomo di Berlusconi?
Caro Vescovo, e bene che sappia che io e la mia famiglia siamo dei grandi peccatori, perché non intendiamo affatto di essere grati a questa persona, ne tanto meno alla Protezione Civile, badi bene a quella dei superburocrati, a quella per intenderci rappresentata da quell’altro sant’uomo di Bertolaso, e sono, siamo orgogliosi di poter esternare la nostra ingratitudine, perché siamo esseri nati liberi, proprio come ci ha fatti il buon Dio, che Lei, caro Vescovo, continua a confonde con Berlusconi.
Lettera All’ass.re Stefania Pezzopane e al Sindaco Massimo Cialente (Agosto 2010 )
Al Sig. Sindaco Massimo Cialente, all’ On. Ass. Stefania Pezzopane,
Nel 2003 l'allora giunta Regionale presieduta dall'on. Pace decise di de-classificare l'aquilano e la città di L'Aquila da rischio sismico 1 a 2.
Questo è un fatto che tutti conosciamo, come a tutti noi è noto che a seguito di questa de-classificazione le costruzioni edificate a partire da questa data nella migliore delle ipotesi resiste al rischio sismico 2.
Ma cosa significa
Le "Norme tecniche" indicano 4 valori di accelerazioni orizzontali (ag/g) di ancoraggio dello spettro di risposta elastico, e le norme progettuali e costruttive da applicare.
Ciascuna zona, è individuata secondo valori di accelerazione di picco orizzontale del suolo (ag), con probabilità di superamento del 10% in 50 anni, secondo lo schema seguente:
zona |
accelerazione orizzontale con probabilità di superamento pari al 10 % in 50 anni |
accelerazione orizzontale di ancoraggio dello spettro di risposta elastico (Norme Tecniche) |
|
[ag/g] |
[ag/g] |
1 |
>025 |
035 |
2 |
015-025 |
025 |
3 |
005-015 |
015 |
4 |
<005 |
005 |
Accelerazione di Picco , PGA ( Valori in g, Accelerazione di Gravità )
La Carta Mostra i Valori del Picco di Accelerazione al Suolo atteso su RIGIDO Sito di Riferimento (per definizione Vs > 800 m / sec) ; Gli Intervalli (di 0.025g , Pari uno circa 24,5 centimetri / s2) SONO Quelli gres fine porcellanato Marazzi dall'ordinanza 3274 della PCM ai Fini della classificazione sismica del Territorio Italiano.
PGA (valori G )
I valori di picco di accelerazione a terra sono stati calcolati per le condizioni di sito di riferimento (suolo rigido con velocità delle onde di taglio superiore a 800 m / sec). I valori sono stati raggruppati per 0.025g, a seconda delle esigenze del governo italiano il decreto 3274 finalizzata alla formulazione della classificazione sismica del paese.
PGA – Classificazione
La carta mostra i valori di PGA raggruppati secondo i limiti previsti dall’ordinanza 3274 della PCM per l’inserimento dei comuni in una delle quattro zone sismiche. Vale al riguardo la seguente corrispondenza:
- zona 1: PGA > 0.25g
- zona 2: 0.15 - PGA < 0.25g
- zona 3: 0.05 - PGA < 0.15g
- zona 4: PGA < 0.05g
Per la zona 1 (alta sismicità) il valore di ancoraggio degli spettri è fissato a PGA=0.35g. In base a tale criterio le zone del Paese con PGA>0.35g richiederebbero pertanto l’inserimento di una zona 1-super.
Accelerazioni spettrali a 5Hz (0,2 secondi)
Le accelerazioni spettrali si riferiscono ad un valore dello smorzamento critico del 5%; l’ordinata spettrale a 5Hz (0,2 secondi) corrisponde al valore massimo dello spettro fornito dalle leggi di attenuazione Italiane per sito rigido e sismicità media. I valori sono stati raggruppati in funzione del valore assunto dal ramo ad accelerazione costante degli spettri di risposta elastici delle 4 zone sismiche della vigente normativa.
Accelerazioni spettrali 1Hz a ( 1,0 Secondi )
Accelerazioni spettrali 1Hz a ( 1,0 Secondi ) per il 5% dello smorzamento critico , rappresentativi del Ramo dello Spettro uno Velocità Costante.
Accelerazioni spettrali a 1Hz (1,0 secondi)
accelerazioni spettrali per un 5% dello smorzamento critico a 1Hz (1,0 secondi) , i cui valori sono rappresentativi del plateau a velocità costante dello spettro elastico.
In considerazione di quanto descritto, le abitazioni, i palazzi in cemento armato, ammesso che di questo si tratti, reggono ad una accelerazione al suolo denominata “S9”, cioè reggono 0.25 g al suolo. Da allora si sono succedute prima la giunta guidata dall’on. Ottaviano Del Turco, poi l’attuale giunta guidata da L’on. Gianni Chiodi, che oltre al ruolo di Governatore della Regione è anche Commissario del Governo per la Ricostruzione. Ma in questi anni, entrambe non hanno trovato, ne hanno avuto la volontà di trovare il tempo per riportare l’aquilano e L’Aquila al livello di rischio sismico 1, a “S12” per gli esperti in materia.
La cosa non è banale.
Dal rischio sismico 2 a 1 si passa da edifici che resistono a 0,25 g, a edifici che reggono fino a 0,35 g, la differenza Vi assicuro non è poca.
Da quando l’on. Gianni Chiodi ha assunto la carica di Commissario del Governo per la Ricostruzione, sono trascorsi ormai molti mesi, ed il sisma in Abruzzo ha praticamente cancellato la metà della provincia di L’Aquila, sono infatti 47 i comuni della provincia direttamente coinvolti sui 108 che la compongono, un disastro di proporzioni inimmaginabili.
La cosa più grave è appunto che in virtù di quanto è ancora in vigore, la ricostruzione e la costruzione post sisma sta avvenendo seguendo queste direttive, “zona a rischio sismico 2, sicurezza a livello S9, anziché S12”.
Vi domanderete cosa comporta ciò?
Un effetto talmente pericoloso per l’incolumità di chi andrà a risiedere in quegli edifici, da poter essere definito “bomba a orologeria”. Dai dati storici emerge che dal penultimo sisma del 1703 all’ultimo del 2009 sono trascorsi 300 anni, quindi, per il prossimo disastro, sarà solo una questione di tempo.
Entriamo ora nel merito all’ordinanza 3790, con la quale si stabilisce che gli edifici classificati “E”, quelli con gravi danni strutturali, quelli che solo per una serie di circostanze non sono venuti giù, successivamente alla ristrutturazione dovranno garantire 80% della sicurezza antisismica assegnata a quel territorio secondo la classificazione di rischio d’appartenenza.
Ora, se la legge per l’edilizia Regionale prevede che la zona in cui si opera è classificata a rischio sismico 2, il conseguente livello di sicurezza antisismico si attesterà all’80% di questo valore.
Ma in termini più semplici che significa?
80% di 0,25 g, cioè ((0,25 * 80)/100)= 0,20 g, mentre se i comuni del cratere fossero stati riportati alla fascia di rischio “1” sarebbe stato necessario garantire 80% di 0,35 g, cioè ((0,35 * 80)/100)= 0,28 g.
Detto ciò, alla luce delle vigenti disposizioni in materia, a coloro che rientreranno nella propria abitazione non verrà garantita come stabilito nell’ordinanza l’80% della sicurezza antisismica, ma solo il 57% rispetto la classificazione di rischio reale, che dovrebbe essere “1”.
Da tutto ciò emerge che verrà garantita una sicurezza appena superiore alla fascia di rischio sismico 3, che corrisponde a 0,15 g. Stiamo lavorando nella ricostruzione per permettere a 20.000 cittadini di rientrare nelle proprie abitazioni. Se dovesse verificarsi un evento simile a quello del 6 Aprile 2009, molto probabilmente questi rimarranno in trappola in quelle stesse abitazioni dalle quali erano usciti indenni il 6 Aprile 2009.
Ecco, questo è quello che si sta facendo per la prevenzione.
Tutta questa gente non ha ancora aperto gli occhi, non ha ancora preso coscienza, non si è resa conto che in seguito a questa legislazione regionale, quando rientreranno, se mai rientreranno nella propria casa, rientreranno in una trappola.
Stiamo gettando le basi per la prossima strage di Stato annunciata!
E ancora nessuno fa nulla.
Si fa finta di non sapere che in Italia questo territorio è in assoluto, quello ha più alto rischio sismico, e questo non lo dico io, questo è quanto afferma INGV a fine Agosto 2010 successivamente alla ripresa della sequenza sismica nell’alto Aterno.
Tutto ciò mi pare inaccettabile, non possiamo costruire il futuro della nostra città ancora una volta sull’ambiguità.
I crolli di “campo di fossa” sono la conseguenza di una costruzione intensiva su un terreno di riporto, composto dalle macerie dei passati devastanti eventi sismici che hanno interessato la città di L’Aquila. Si è dimostrato, a seguito dei studi condotti dell’Ing. Gaetano De Luca, che questo tipo di terreno ha un effetto amplificatore delle onde sismiche e dell’accelerazione al suolo, come è dimostrato che il sisma del 6 Aprile 2009 a avuto gli effetti di una scossa di magnitudo 6.8, anche se i strumenti hanno registravano una magnitudo di 6.3.
La stessa Commissione Grandi Rischi, quella che il 31 Marzo 2009 si riunì per decidere di non decidere sull’allarme sisma, ha richiamato l’attenzione di tutti su un unico fattore “la sicurezza”, che può essere ampiamente condiviso: “l’unica sicurezza che si può oggi dare alle popolazioni è quella di costruire bene, garantendo quindi il massimo grado sicurezza sismica conosciuto, per tutte le costruzioni” e allora domando:
“Perché dopo ormai 17 mesi L’Aquila e la zona del cratere sismico del 6 Aprile 2009 sono ancora a livello di rischio sismico 2?
Quali interessi dobbiamo ancora coprire?
E le nuove costruzioni che stanno sorgendo a L’Aquila, ad esempio nel quartiere di Pettino, a soli 10 m da edifici che vengono abbattuti, come vengono edificate?
A quale livello di rischio sismico debbono rispondere, livello 1 “S12” o 2 “S9”?
Voglio, esigo, esigiamo delle risposte, immediate, convincenti.
Ma soprattutto esigiamo che la Regione riporti immediatamente la zona del cratere dal livello di rischio 2 a 1 così come era prima del 2003.
Contestualmente, come si è messa giustamente sotto inchiesta la Commissione Grandi Rischi per il mancato allarme, sono a richiedere che a Voi, che amministrate questa città, di farVi promotori per un intervento della magistratura, verso tutti coloro che hanno de-classificato L’Aquila e l’aquilano da 1 a 2.
Ritengo necessario che si indaghi: come, con quali conoscenze tecniche e con quali competenze, degli amministratori abbiano potuto modificare una tabella di sicurezza, di rischio, stilata da tecnici, mettendo con questa delibera a rischio la vita tutti gli abitanti, e determinando la conseguente morte di 308 concittadini, quella che ricorderemo come: “La strage del 6 Aprile 2009”.
Occorre che la magistratura verifichi chi ha potuto godere di questi vantaggi, e persegua, se sono perseguibili, costoro. Stefania, Massimo fate qualcosa per la vostra città prima che sia troppo tardi?
31 Agosto 2010 la terra torna a tremare, 17 mesi dopo torna la paura ( Agosto 2010)
Nella mattina di ieri, “31 Agosto 2010” due scosse di terremoto sono state avvertite nel distretto sismico dei Monti Reatini,
- la prima è avvenuta alle ore 05.00, con magnitudo 3.4°,
- la seconda alle ore 09.12 con magnitudo 3.6°
Colpisce, in particolar modo, la profondità della prima scossa, 3 chilometri appena, mentre la seconda, dopo quattro ore, ha una profondità di 8.6 chilometri. L’epicentro viene individuato tra i comuni di Montereale (L'Aquila), Amatrice (Rieti) e Borbona (Rieti), ma le scosse sono state avvertite anche nella zona ovest dell'Aquila (Pettino).
- Alle 13.45, ancora una scossa questa volta più lieve, 2.3°, che ha anticipato una scossa di 3.3° con profondità di 2.3 chilometri, registrata alle ore 14.06.
A seguito di ciò il sindaco di Cagnano ha chiesto alla Protezione Civile di poter riallestire le tendopoli, la situazione sta evidentemente precipitando, sembra di rivivere un film già vissuto solo 17 mesi fa, anche allora come oggi la frequenza delle scosse aumentò improvvisamente sia di numero che d’intensità, anche allora ci fu una forte scossa premonitrice del 4°.
Forse tutto ciò che segue non è opportuno, ma evidenzio semplicemente una differenza di comportamento delle istituzioni, e mi/Vi pongo una domanda:
Dopo la scossa premonitrice di fine Marzo 2009, del 4.0° su scala richter, ci dissero che non poteva accadere nulla. Oggi, dopo queste ultime scosse, che hanno avuto il picco più alto di 3.6° su scala richter, si lancia, ritengo giustamente, un preallarme?
Questa è una semplice analisi dei fatti, solo per evidenziarVi quanta malafede c'è stata nell’avvenimento sismico che fu registrato a Marzo 2009, esattamente una settimana prima dell'evento distruttivo di L'Aquila.
A seguito di ciò è stata decisa l’immediata chiusura precauzionale per un periodo per ora limitato a due giorni, del centro storico della città di L’Aquila e di tutte le frazioni, comprese le zone che erano state parzialmente riaperte al transito pedonale, inoltre per lo stesso motivo sono stati chiusi anche tutti i cantieri inerenti la ricostruzione, come sono stati chiusi gli asili fino al 5 Settembre.
Ora provocatoriamente domando, ben sapendo la risposta:
Per quale motivo oggi ci si comporta così?
Semplicemente perché questo è quanto previsto dalle vigenti norme di legge, che erano in vigore anche prima del 6 Aprile, ma che allora non vennero prese in considerazione.
Emerge in tutta la sua chiarezza la colpa gravissima della Protezione Civile Regionale, dell’On D. Stati, che se fosse ancora assessore con delega alla Protezione Civile, se non si fosse dovuta dimettere perché coinvolta in un giro d’affari, diciamo solo “poco chiaro”, avrebbe sicuramente qualche cosa da raccontarci in merito.
Emerge altresì la gravissima responsabilità della Protezione Civile Nazionale, che per bocca del suo numero due De Bernardinis, ci suggerì di berci un buon bicchiere di vino, mentre con gli altri membri della Commissione Grandi Rischi si affrettò a perseguire per procurato allarme l’unica persona che aveva avuto buon senso, quel Giampaolo Giuliani, tecnico di laboratorio nell’INFN del Gran Sasso, che indipendentemente da ciò che rilevava con le sue macchine, suggeriva, come oggi, la massima cautela.
Tutto ciò pesa come un macigno, accusa senza attenuanti tutti quei superburocrati della Protezione Civile Nazionale e Regionale oltre ai politici ed i componenti della Commissione Grandi Rischi, tra i quali sedeva anche il prof. Barberi, colui che solo alcuni anni prima aveva stilato il famoso rapporto che prende proprio il suo nome “Rapporto Barberi”, sulla sicurezza e prevenzione sismica in Italia, colui che aveva contribuito a classificare in zona a rischio sismico 1 L’Aquila e l’aquilano, che verranno poi retrocessi dalla giunta Regionale presieduta dall’On. Pace nel 2003, in zona a pericolo sismico 2.
In quella riunione, nessuno tenne conto di ciò che stava accadendo, e invece di allertare la popolazione, colpevolmente si attivo per tranquillizzata.
A questo punto le possibilità sono due.
- O è corretto il comportamento che le istituzioni hanno avuto nel caso della scossa di 4.0° di fine Marzo 2009.
In questo caso, essendo di 3,6° la punta massima fino ad ora registrata, il comportamento delle istituzioni andrebbe perseguito per “procurato allarme”, proprio com’è accaduto nel caso di Giuliani.
- Oppure è corretto il comportamento che le Istituzioni stanno mantenendo ora.
In questo caso balza agli occhi di tutti come sia colpevole il comportamento mantenuto nel 2009.
La realtà per ora è una sola, dopo la scossa di 4.0 di Marzo 2009 c'è stato l'evento del 6 Aprile, mentre oggi, ci auguriamo tutti che non ci sia una replica di un simile evento.
Detto ciò, da questa esperienza ne consegue che è e meglio lanciare un allarme, magari anche ingiustificato, se solo c'è una lontanissima ipotesi che possa verificarsi un evento calamitoso, distruttivo, che rimanere passivi, o peggio, tranquillizzare la popolazione.
Infatti, se come si è detto non è dimostrabile che coloro che sono rimasti sotto le macerie, sono deceduti perché non gli è stato esplicitamente detto di uscirei casa, è vera anche la tesi opposta.
Le istituzioni non avrebbero dovuto tranquillizzare la popolazione, ma dare, come sta accadendo in questi giorni, informazioni corrette, avrebbero dovuto informare come ci si deve comportare simili situazioni di preallarme, predisporre piani di evacuazione e centri di raccolta, questi sono i compiti delle istituzioni.
308 nostri concittadini sono rimasti sotto le macerie, la loro unica colpa è stata quella di aver avuto fiducia nelle istituzioni, ma evidentemente questa era mal riposta.
Tornando ai fatti di questi ultimi giorni, tutto ciò, accadeva nell’imminenza dell’apertura del nuovo anno scolastico.
Ora che nel centro storico ancora interdetto, pieno di macerie, con i militari che controllano gli accessi alla zona rossa, i cittadini cominciavano ad affacciarsi nuovamente, ora che avevano cominciato ad accettare di vivere, li, in mezzo alle macerie, come se tutto fosse normale, arriva questo nuovo sciame sismico proprio nel momento in cui i cittadini, e la città, stavano lentamente tornando ad una normalità, anche se tutti noi eravamo consci del fatto che questa vita, non aveva, e non avrebbe mai potuto avere nulla di normale, vista la situazione in cui versa ancora la città.
Proprio ora doveva riemergere il mostro dalle viscere della terra, portando ancora sgomento e angoscia tra la popolazione.
L’Assegnazione del M.A.P. n.°38 (23 Settembre 2010 - 17 mesi e 19 giorni dopo il 6 Aprile 2009)
Sono trascorsi ormai oltre 17 mesi da quel tragico 6 Aprile 2009, con la famiglia risiediamo ancora nel comune di Isola del Gran Sasso che ci ospita ormai da 11 mesi.
Per noi il grande miracolo aquilano non c’è mai stato.
Anzi, ancora non sappiamo quando arriverà, se mai arriverà l’assegnazione del M.A.P., per ora non abbiamo nessuna notizia, nemmeno una previsione, siamo rimasti solo noi e un gruppo di sfollati ancora assistiti in una struttura alberghiera della frazione di Stiffe.
Per la verità, l’ultimo gruppo di moduli del nostro comune è pronto dal mese di Giugno 2010, è stato edificato nella frazione di Collarano, ma ancora non è stata fatta nessuna assegnazione, sono da completare, anzi sono proprio da realizzare completamente tutte le opere d’urbanizzazione e le relative infrastrutture, mancano le fogne, il gas, la luce, le linee telefoniche oltre a strade asfaltate, marciapiedi e illuminazione stradale.
Praticamente rimane da fare ancora tutto, all’infuori dell’edificazione di queste baracche non c’è nulla che assomiglia a un posto vivibile, inoltre i lavori in questo villaggio dovevano essere conclusi entro il 10 Marzo 2010, come si evince dalla tabella del cantiere, la consegna è in leggerissimo ritardo sul master plan dei lavori, appena cinque mesi di ritardo,
Mi sto rendendo conto che rappresento la testimonianza vivente, in negativo, dei record sbandierati in TV dal nostro premier e dal suo fido Bertolaso, in questi 17 mesi di post-sisma, di parole, di nulla.
Non ne possiamo proprio più, la vita nel residence che ci ospita non è tutto sommato sgradevole, ma ormai la mancanza di un punto di riferimento in città è diventata insostenibile, sono quasi 18 mesi che facciamo i pendolari tutti i giorni, per cui io e mia moglie Anna decidiamo che è giunto il momento d’alzare la schiena, di dire basta a voce alta, di fare valere i nostri diritti civili costituzionalmente garantiti.
Ed è il caso a darmi un grosso e insperato aiuto.
Un mio ex collega di quando lavoravo in Opti.Me.S. oggi ricopre un’importante carica istituzionale, per cui decido, anche se la cosa non fa parte della mia cultura, di rivolgermi a Lui, solo per un consiglio, per avere un’indicazione sul come comportarmi con questa “gente” che continua, a decidere di non decidere, e forse tutto ciò, sperando, che alla fine la decisione la prendiamo noi, andandocene via.
Ma, l’indicazione che cercavo è molto di più di quello che mi aspettavo di poter ottenere, e una volta esposti i fatti, viene immediatamente predisposto un documento da sottoporre alla “Procura della Repubblica di L’Aquila”, nel quale si chiede conto al comune della situazione, firmo, e la procedura si mette in moto.
Non avrei mai immaginato che poteva bastare questo semplice gesto, ma ciò che segue è un dato di fatto.
Dopo quest’avvenimento, di colpo il cantiere si è animato, i lavori che prima procedevano con la velocità di una lumaca, hanno cominciato a procedere più speditamente, il cantiere che prima era deserto, o che al massimo veniva frequentato saltuariamente da qualche operaio, che faceva poco più di una presenza, si è animato di molti operai, pure indaffarati.
Così potevamo verificare con cadenza ormai quasi giornaliera, che dopo avere presentato quel documento in Procura i lavori ora procedevano quasi speditamente, ci accorgevamo chiaramente che nell’ultimo periodo c’era stato un evidente cambiamento, ma non osavamo credere che potesse essere legato direttamente a quella nostra presa di posizione.
Invece, tutto comincia con una telefonata.
Il comune mi convoca per il 23 Settembre 2010 per l’assegnazione del M.A.P..
Prima di andare avanti nel descriverVi quanto accaduto, è bene fare il punto soffermandoci sul del termine “assegnazione”.
Dal dizionario “Hoelpi”:
Assegnare, Dare, attribuire, fissare a favore di qualcuno o di qualcosa: un incarico, un ufficio; un oggetto un valore che non ha. Fissare, stabilire: mi hanno assegnato due giorni per terminare questo lavoro. Affidare: la custodia dei libri è assegnata a me; ho eseguito con attenzione il lavoro che mi è stato assegnato. Destinare: lo hanno assegnato a un altro reparto
Assegnazione, Azione e risultato dell’assegnare: l’assegnazione di un terreno, di un premio di un ufficio a qualcuno
Assegnatario, Colui a cui viene assegnato qualcosa: l’assegnatario del fondo
Sinonimi sono: “attribuzione, aggiudicazione, conferimento, dotazione, consegna, distribuzione”, detto ciò, mi pare che possiamo essere d’accordo se escludiamo come sinonimo o significato il termine “scelta”.
Fatta questa premessa sul significato del termine assegnare, Vi voglio appunto testimoniare come è avvenuta “l’assegnazione” del mio M.A.P..
Io mi ero immaginato questa scena:
Entro in un ufficio dove sono presenti: il Sindaco o chi ne fa le veci, un tecnico comunale che verifica se la mia famiglia ha i requisiti per ottenere il M.A.P., e un funzionario della Protezione Civile che una volta verificati questi requisiti ci assegna su una planimetria un Modulo Abitativo, dopodiché, una serie di raccomandazioni e di divieti, come comportarci in caso di problemi tecnici, ed infine dopo aver sottoscritto il contratto, un appuntamento per la successiva consegna dell’abitazione.
Niente di tutto questo.
Ci troviamo invece in un’assemblea, sono presenti tutte le famiglie che risultano assegnatarie di un M.A.P., dopo circa 10 -15 minuti arriva il Sindaco con un paio d’impiegati comunali, questi sfogliano una grande planimetria su un tavolo, mentre prende la parola il Sindaco.
Già questo inizio mi pare anomalo, visto comunque l’evidente stato di necessità, sono ormai 18 mesi che con la mia famiglia viviamo da sfollati, alloggiati ora qua ora la, decido di frenare l’impulso di ribellione che in quel momento stava per prendere il sopravvento.
Il Sindaco esordisce, informandoci che con quest’ultima assegnazione, tutti nel comune avevano un alloggio provvisorio, dopodiché continua “seguiremo la prassi già utilizzata con successo nelle precedenti occasioni, pertanto come potete vedete sul tavolo c’è, a vostra disposizione, la planimetria dei M.A.P. da 50 e da 70 mq. che dobbiamo assegnare, con calma, cominciamo con chi deve ricevere quello da 50, vi avvicinate e scegliete sulla planimetria quello che vorreste avere, se più famiglie scelgono lo stesso M.A.P. o raggiungono un accordo tra loro o facciamo il solito sorteggio per decidere a chi viene assegnato. capito tutto?, ok procediamo”.
E continua: “prima di cominciare diamo però la precedenza alla Signora …….. (la chiameremo Maria), che essendo la proprietaria del terreno su cui sorgono i M.A.P., credo che siamo tutti d’accordo, nel ritenere giusto, che abbia la precedenza nella scelta”
A questo punto mi si è fatto tutto nero, mi bolliva il sangue dalla rabia per l’assurdità di ciò che avevo ascoltato, avrei voluto intervenire, avrei voluto urlare le mie ragioni:
“Ma come, lo Stato non ha forse requisito per pubblica utilità i terreni, confiscandoli, per permettere l’edificazione del progetto CASE come dei M.A.P.?
E se i terreni sono stati confiscati, ora sono proprietà dello Stato, che c’entra la signora Maria? Per quale motivo dovrebbe avere questo privilegio?
E poi, io sono stato convocato per una assegnazione di un M.A.P., non per la sua scelta?
Se è possibile scegliere, deve anche essere possibile visionare l’oggetto, o gli oggetti della scelta, possibilità che a me non è stata mai resa nota, ne ho mai pensato di visionare, o chiedere di visionare i M.A.P. preventivamente?
E comunque, non sono forse stati pagati questi terreni?, Magari poco, ma comunque pagati?”
mi sono trattenuto ed ho continuato ad assistere a quella penosa farsa.
Perché con quella frase, la Signora “Maria” da quel momento era stata investita di una autorità che nessuno poteva darLe, una autorità che doveva rimanere dell’amministrazione comunale.
Ma quello che segue è pure peggio.
Una volta che la Signora “Maria” ha scelto il suo Modulo, accade che una folla, di poveracci, che evidentemente non si rendevano conto di essere maldestramente usati, si è accalcata intorno al tavolo sul quale era stata distesa la planimetria.
Comincia un caos indegno per un paese che si dice civile, gente che urla, che si accalca per conquistare una posizione migliore, le persone sono uno sopra l’altra, sgomitano per avvicinarsi al tavolo in un pandemonio indescrivibile, questa squallida scena dura due ore, il tempo necessario per assegnare a tutti un M.A.P..
Io e mia moglie Anna, rimaniamo per due ore tranquillamente seduti a gustarci questa squallida scena, fino a che si alza la voce di uno dei due collaboratori del Sindaco “è rimasto da assegnare ancora un M.A.P., e c’è ancora una famiglia, …… la famiglia Torregrossa non ha ancora scelto, signori Torregrossa …….., avvicinatevi, dovete fare la vostra scelta”
risponde mia moglie Anna, “per noi va bene quello che è avanzato!, non c’è nulla da scegliere!, tanto sono tutti uguali, no!
“Allora il vostro M.A.P. è il n.° 38, va bene?” - “Va bene, va bene, noi non abbiamo preferenze”
A questo punto, disgustati per quello a cui avevamo assistito, per le modalità, per le frasi pronunciate dal Sindaco, andiamo via, torniamo verso il nostro residence che si trova dall’altra parte del Gran Sasso, a Isola del Gran Sasso, e in macchina ad alta voce commentiamo:
ci hanno convocato per l’assegnazione del M.A.P., e invece di darci sta benedetta baracca, abbiamo partecipando ad una assemblea, nella quale ha preso la parola il Sindaco, che con le sue frasi di colpo ci ha riporti nel medioevo.
- il paese è paragonabile al feudo, e questo è governato dal suo Signore, che è “il Sindaco”;
- costui investe il suo Vassallo, la sig.ra “Maria” conferendole terre e privilegi;
- la sua corte sono “gli impiegati comunali” che non osano interferire con il loro Signore;
- i suoi fedeli sudditi, “gli sfollati”, che lo hanno acclamano quando gli ha permesso di scegliere “Il M.A.P.”.
Anche per quell’epoca, questa situazione sarebbe stata veramente squallida, e se tutto ciò non lo avessi vissuto in prima persona, se non fossi io che lo sto rappresentando a Voi, sembrerebbe il frutto di una fantasticheria, invece è la realtà.
Ma come hanno potuto ridurci in una simile condizione?
Una riflessione sugli ultimi avvenimenti (Settembre 2010)
Tutto ciò che Vi ho descritto accade nel 2010, in una delle otto maggiori economie mondiali, in un Paese che è membro di quel G8 che si è svolto, nel Luglio del 2009, per volere del nostro primo ministro, proprio in questa città.
Come avrete certamente potuto rilevare dalla lettura di ciò che vi sto proponendo, oggi siamo ridotti in condizioni certamente non confacenti ad una della maggiori economie mondiali. Oggi in questi luoghi, ci stiamo litigando una baracca, in legno precompresso e cartongesso, tutto ciò è veramente assurdo.
Sono riusciti a trasformare delle squallide baracche, perché è inutile girarci intorno con definizioni e nomi altisonanti, di questo si tratta, altro che ville, nell’oggetto del desiderio di tanta povera gente.
Ed i miei compaesani se le sono pure litigate.
Solo per ottenere quella che ritenevano la migliore, solo perché ha un posto auto più accessibile, più vicino, o uno straccio di terreno sassoso e pieno d’erbacce da trasformare con molta fantasia in un orto, piuttosto che posizionarci un gazebo con un barbecue per gli arrosticini.
Non si sono resi conto che le istituzioni hanno sfruttato la loro precaria situazione, per ottenere una gratitudine incondizionata per aver concesso loro ciò che è un diritto, che viene fatto passare come la benevola concessione elargita da un benefattore.
Ma siamo proprio tutti pazzi?, ma ci rendiamo conto di che cosa stiamo parlando?
Quello che questo Paese ha fatto, che questo Governo “del fare” sostiene, è evidentemente falso, infatti, solo una minima parte di ciò che è stato sbandierato ai quattro venti è stato realizzato, anche male, e comunque tutto ciò rientra nei doveri di un Paese che si autodefinisce civile.
Questo Governo che sembra stia facendo enormi sforzi per gestire i diversi avvenimenti calamitosi che continuamente accadono in questo paese, continua a nascondere la verità.
Tutti noi sappiamo che spesso questi avvenimenti trovano origine proprio nell’assoluta mancanza di prevenzione, di tutela del territorio, come siamo a conoscenza che tutto ciò è una competenza di quel Dipartimento di Protezione Civile che dipende dalla Presidenza del Consiglio.
Le colpe, i mandanti dei molti disastri che colpiscono ogni anno l’Italia sappiamo bene di chi sono. Come sappiamo che è uno specifico compito di chi governa, amministrare, gestire e risolvere gli eventi calamitosi che ci colpiscono, utilizzando ad esempio, i tributi che tutti noi versiamo con le tasse, che dovrebbero essere impiegati per la prevenzione, e dove non fosse possibile, come nel caso di un evento naturale quale quello del 6 Aprile, dovrebbero essere impiegati per gestire l’emergenza, predisponendo tutti quei servizi necessari alla collettività.
E allora domando: “non è forse un servizio alla collettività, quello di intervenire in modo adeguato in caso di calamità naturale?”
Ma quale benevola concessione?
State semplicemente dandoci, anzi state solo promettendo di darci, ciò che ci spetta, ed i M.A.P., o meglio le baracche che ancora oggi vengono edificare a 750.00 €/Mq., sono uno di quegli oggetti che lo Stato ha l’obbligo di donare in simili circostanze.
Deve essere chiaro questo concetto, non siamo difronte ad una benevola elargizione di un benefattore, ma difronte a uno specifico dovere di uno Stato verso i suoi cittadini colpiti da una catastrofe naturale.
Il MIRACOLO AQUILANO?
Ma quale miracolo, ma vergognateVi, state speculando sulla vita di 308 vittime, sul dolore di gente che ha perso tutto. Fate proprio schifo.
La Firma del contratto di “comodato d’uso gratuito (7 Ottobre 2010 18 mesi e 1 giorno dopo il 6 Aprile 2009)
Sono passati ormai una decina di giorni da quella squallida assemblea, e di firma di uno straccio di contratto nemmeno l’ombra.
Poi mi arriva una telefonata del mio ex collega di lavoro, mi chiede se c’erano stati sviluppi riguardo la mia situazione, l’informo, e concordiamo che è opportuno ritirare la denuncia inviata alla Procura della Repubblica di L’Aquila.
Dopo qualche giorno, ancora una comunicazione telefonica dal comune, convocazione per il giorno 7 Ottobre 2010 per la firma del contratto, sono passati 14 giorni dall’assegnazione, e 18 mesi da quel 6 Aprile 2009.
Questa volta le cose sembrano svolgersi, almeno inizialmente, in maniera più seria, la firma avviene presso la sede provvisoria del comune, il messo comunale mi sottopone un plico composto da 6 (sei) fogli vidimati con il timbro del comune e mi chiede di apporre n.° 3 firme, quindi mi informa che nel pomeriggio dello stesso giorno verso le ore 14.00 sarà presente l’incaricato della società del Gas per stipulare il nuovo contratto di fornitura.
Firmo, e lascio il comune avviandomi verso la macchina, dove comincio a sfogliare il documento che ho appena firmato per accettazione.
Leggo velocemente, e mi rendo immediatamente conto che mi è stata estorta una delle firme, precisamente quella dell’allegato che indica e riporta l’elenco degli arredi che mi sono consegnati con il M.A.P..
Poi leggendo con più attenzione, mi accorgo di una serie di clausole contrattuali, infilate lì, in quello che “loro”, definiscono contratto.
Sembrano inserite apposta per fregarmi in un momento successivo, come se qualcuno stesse pensando a come incastrarmi, approfittando di uno stato di necessità, dell’euforia di chi è stato deportato per 18 mesi fuori casa e non vede l’ora di poter rientrare, e nel momento che questa occasione si presenta non bada a quello che gli viene richiesto di firmare.
Proprio un comportamento vergognoso, ancora più vergognoso e grave perché perpetrato da quel Dipartimento di Protezione Civile, nel quale tutti, chi più chi meno, ripongono la propria fiducia.
Il fatto è questo:
- Il documento che ho firmato recita così:
a. Articolo 15 “la data di decorrenza è quella dell’apposizione delle firme al presente atto”
Ora l’atto è stato firmato in data 7 ottobre 2010, ma le chiavi del M.A.P. non mi sono state contestualmente consegnate.
Quindi questa clausola è da considerarsi nulla, come può avere valore un contratto, quando l’oggetto stesso del contratto non viene messo a disposizione della parte contraente.
Il comune nel momento che non mi consegna le chiavi, di fatto non rispettata la data di decorrenza del contatto, che deve coincidere con il momento in cui la cosa può essere utilizzata, stando così le cose il comune risulta inadempiente.
Inoltre il mancato possesso della cosa (il MAP), impedisce di verificare lo stato degli arredi che con quello stesso documento vengono assegnati e che con l’apposizione della mia firma ho dichiarato di avere ricevuto e verificato.
b. Articolo 3 “ …… omissis ….. composta da cucina, bagno, camere da letto n.° 3, completa di arredi, come elenco allegato e sottoscritto dalle parti;”
Articolo 5 “Il comodatario è tenuto a conservare la cosa con diligenza del buon padre di famiglia”
Articolo 8 ”Il comodatario esonera il comodante da ogni responsabilità per danni diretti ed indiretti che potessero derivargli dall’uso dell’immobile concesso in comodato d’uso gratuito”
Altra inadempienza, infatti sarebbe buona norma che quando si stipula un contratto, sottolineo il termine contratto, le parti svolgano assieme un sopralluogo per verificarne lo stato della cosa, per verbalizzare le eventuali difformità.
Questo diventa obbligo, se come recita articolo 5 “Il comodatario è tenuto a conservare la cosa con diligenza del buon padre di famiglia”, è evidente che per “conservare con diligenza” è necessario stabilire prima lo stato di conservazione iniziale.
Inoltre in base a quanto stabilito dall’articolo 8 ”Il comodatario esonera il comodante da ogni responsabilità per danni diretti ed indiretti che potessero derivargli dall’uso dell’immobile concesso in comodato d’uso gratuito”, è evidente che diventa prioritario a tal fine verificare lo stato della sicurezza della cosa (il M.A.P.), e degli accessori di arredo, per accertarsi che non esista nessun evidente rischio o pericolo per le persone che vi risiederanno.
c. Articolo 7 “sono a carico del comodatario tutte le spese per servirsi della cosa”
Di per se questo articolo sembra di una linearità sconcertante, se non fosse che all’atto della firma, il messo comunale, sicuramente in buona fede ed eseguendo comunque una disposizione di superiori, mi ha comunicato che nel pomeriggio dello stesso giorno “7 Ottobre 2010”, sarebbe stato presente l’incaricato della società del GAS, per la stipula del contratto di fornitura.
Evidenziandomi che l’incaricato veniva appositamente.
Sottolineo che nelle mie stesse condizioni si trovano 49 famiglie assegnatarie di quest’ultimo gruppo di M.A.P., che quindi come me dovranno sottoscrivere altrettanti contratti di fornitura del gas, e come me sono stati messi a conoscenza di questa opportunità.
Ora, premesso che questa è la stessa compagnia della quale mi servivo prima del sisma, per una mia libera scelta, ritengo che è qui che nasce il problema.
Infatti, secondo quanto recita l’articolo 7, sono a carico del comodatario tutte le spese per servirsi della cosa, e allora è lecito aspettarsi che costui possa scegliere liberamente la società erogatrice per le forniture di Luce, Gas e Telefono.
Invece le cose non sono andate esattamente in questa maniera.
Di fatto non ho potuto esercitare questo diritto, non perché qualcuno l’abbia mai impedito, ma semplicemente perché per ottenere l’accesso al MAP è necessario attivare una fornitura di gas, la maniera più veloce che mi si prospettava era quella d’approfittare di quell’opportunità.
Si è usato questo stato di evidente necessita per costringere di fatto, indiscriminatamente tutti, ha sottoscrivere il contratto di fornitura del gas con questa compagnia, approfittando del fatto che quel pomeriggio era per caso presente il tecnico.
A questo punto emerge un nuovo problema, che è rimasto ben celato fino a quel momento, ma ora emerge, evidenziando la frode perpetrata da questa società ai danni dei sfollati, almeno di tutti coloro che avevano già un contratto di fornitura prima del sisma con questa stessa compagnia.
Mi spiego meglio.
Credo che siamo d’accordo nell’affermare che tutti coloro che hanno avuto in assegnazione un alloggio del progetto CASE o un M.A.P. prima del sisma avevano o un’abitazione di proprietà o in affitto, quindi anche regolari utenze di fornitura per il gas, la luce ed il telefono, ora essendo questi assegnatari di una nuova abitazione, ed avendo ancora in corso di validità i contratti per le vecchie utenze, mi pare evidente che sarebbe bastata una voltura di questi contratti al nuovo contatore, al nuovo indirizzo.
Perché costringere famiglie che hanno già pagato, che hanno già perso tutto ciò che potevano perdere, a stipulare nuovi contratti di fornitura con le stesse compagnie che li servivano prima del sisma?
Immancabilmente la società fornitrice del gas, invece di propormi una voltura, mi ha estorto un nuovo contratto di fornitura, tutto ciò comporta spese di registrazione del contratto e deposito cauzionale, che come recita l’articolo 7, rimangono a carico del comodatario, a mio carico.
Quindi, ricapitolando, dopo la firma del contratto:
- non mi è stato possibile ne prendere possesso del M.A.P., ne verificarne lo stato, per l’evidente mancata consegna delle chiavi d’accesso;
- approfittandosi quindi di una evidente situazione di necessità, mi e stata chiaramente estorta la firma sulla parte del contratto relativa agli arredi;
- sono stato costretto a stipulare un nuovo contratto di fornitura del gas, per poter avere accesso al M.A.P., mentre avrei potuto ottenere una semplice voltura a costo zero.
Per tutti questi motivi, ritengo che i relativi articoli che regolano questo contratto contengano delle clausole che ritengo vessatorie secondo quanto previsto dall’Articolo 33 del codice del consumo “d. lgs. 6 settembre 2005, n. 206”,
le clausole vessatorie sono le clausole presenti nei contratti conclusi tra il consumatore “comodatario” ed il professionista “comodante” che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore “comodatario” un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
Inoltre accade le il mio M.A.P. come tutti gli altri che sono stati assegnati contemporaneamente al mio abbiamo già attiva l’utenza ENEL, senza che nessuno di noi abbia mai sottoscritto un contratto di fornitura con questa società.
Ora, se l’utenza ENEL relativa alla fornitura di energia elettrica rimane a carico del comune o della protezione civile, come avviene per gli alloggi del Progetto Case, la cosa mi pare lineare, ma se come recita il contratto, la fornitura di energia elettrica è a carico del comodatario, domando:
- “Quando mai ho sottoscritto un contratto di fornitura con l’ENEL”
Mi pare evidente l’illegalità di questa azione, ed è evidente che l’ENEL non potrà fatturare a mio nome, ne potrà pretendere la sottoscrizione di un contratto, ne potrà vantare nessun credito nei miei confronti.
Per quanto riguarda la linea telefonica ho invece verificato che il M.A.P. è totalmente sprovvisto di presa telefonica, ma la cosa ancora più grave è che il sito dove sorge questo villaggio non è servito da una cabina per la fornitura di questo servizio, e allora domando:
- “Ma i costi e le opere d’urbanizzazione in cosa consistono?”
- “e le infrastrutture?”
- “ma il telefono non rientra nelle opere d’urbanizzazione, non è forse una infrastruttura?
- “ma chi è che ha deciso che i sfollati non debbono accedere ai servizi telefonici, a internet?”
Mi sorge un dubbio in merito a quest’ultimo punto, facciamo così, io lo espongo, e voi lo giudicate e se credete lo condividete.
“forse qualcuno, lascio a voi ipotizzare chi, in questo modo vuole impedire, censurare in maniera preventiva l’informazione che potrebbe correre liberamente attraverso internet.”
- Siamo d’accordo nel ritenere internet un mezzo di diffusione di massa di grande efficacia;
- Come siamo d’accordo nel ritenerlo un mezzo che può veicolare molto facilmente la controinformazione.
Guarda caso, accade che proprio a chi potrebbe testimoniare particolari situazioni vissute negativamente, sulla propria pelle, situazioni che certo non testimoniano favorevolmente all’eccezionale miracolo aquilano, che da 18 mesi si vuole imporre all’opinione pubblica, a queste persone viene di fatto impedito di accedere a questo specifico servizio, rendendolo di difficile fruizione.
E’ evidente, che testimonianze dirette, di chi questi problemi li sta vivendo in prima persona, possono dare fastidio, o creare problemi ai politici, alla politica, come ai media di Stato, che continuano a veicolare da 18 mesi informazioni che prima vengono verificate, controllate, infine censurate, avendo cura di selezionare e divulgare solo quelle che possono tornare utili.
Credo di poter affermare che tutto ciò mi sembra proprio voluto, e lo reputo molto grave e pericoloso per la democrazia di questo Paese.
d. Infine allegata alla documentazione del contratto, è inserita una nota del comune, protocollo 4023 del 23 Agosto 2010.
Con questo documento che è evidentemente retrodatato “23 Agosto 2010”, si informa che a far data da Lunedì 26 Luglio 2010 è stata modificata la procedura per la richiesta degl’interventi di manutenzione per i MAP in tutti i comuni del cratere.
Inoltre, da quella stessa data è attivo il numero verde di “linea amica”, che provvederà all’inoltro delle richieste d’assistenza alla “direzioni lavori del Dipartimento della Protezione Civile.
Se avete solo un poco di conoscenza di diritto, Vi renderete conto da soli, che l’inserimento di questo documento dentro il contratto stesso lo rende di fatto nullo.
Infatti il contratto viene stipulato tra due parti che sono indicate e denominate rispettivamente comodante “il comune” e comodatario “il titolare del diritto”, ciascun singolo sfollato che riceve in comodato d’uso gratuito il M.A.P., mentre nell’ultima pagina del contratto, con l’inserimento di questa nota, che diventa parte integrante del contratto stesso, intervengono delle figure che nel contratto non sono previste, più precisamente:
- la figura della “direzione lavori” del Dipartimento di protezione Civile;
- la figura del servizio telefonico di “linea amica”
parti che non sono vincolate in alcun modo nel contratto, che viene sottoscritto, tra le uniche due parti stipulanti “comodate e comodatario”.
E’ l’incredibile è, che questo contratto è stato predisposto dallo Stato, dal Dipartimento di Protezione Civile che dipende addirittura dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Ma come è possibile partorire delle mostruosità giuridiche simili?
Lo Stato predispone e costringe a sottoscrive contratti capestro, ai danni dei stessi sfollati che ha l’obbligo di assiste?
Ma in che mondo viviamo?
Ma che razza di Paese è mai questo?
Un simile contratto, se proposto a privati, avrebbe richiesto l’intervento di civilisti a tutela di una delle parti, e non sarebbe stato giudicato valido.
Ora accade che questo stesso contratto, che è predisposto dallo Stato, viene sottoposto alla firma dei naturali contraenti, che sono sfollati, sinistrati scampati ad una catastrofe naturale.
Questa gente invece di essere assistita, invece di ottenere il ripristino di alcuni sacrosanti diritti andati persi, smarriti, a causa degli eventi che li hanno coinvolti, quali: “il diritto allo studio, alla casa, al lavoro, viene volutamente raggirata.
Ma Vi rendete conto che mostruosità?
Ma con queste premesse quando, e come la ricostruiscono L’Aquila?
E gli altri 56 comuni del cratere?
E gli altri 30 comuni che non fanno parte del cratere ma che hanno ugualmente subito danni a causa del sisma?
Chi vuole rispondermi lo faccia a questo indirizzo di posta elettronica fausto.torregrossa@virgilio.it, aspetto con fiducia.
La consegna della baracca n.°38 del campo di prigionia di Collarano (Aq) (18 Ottobre 2010 18 mesi, 12 giorni dopo il 6 Aprile 2009)
Comunque una volta firmato sto benedetto contratto, accade che sabato 16 Ottobre, 23 giorni dopo la cosi detta assegnazione, mentre con mia moglie Anna eravamo in viaggio verso Nettuno, per recuperare un poco di biancheria ed abiti più pesanti, mi è arrivata la solita telefonata dal comune, mi informavano che dalle ore 10.30 di quel sabato erano in consegna le chiavi dei M.A.P., potevo quindi recarmi a ritirare le chiavi del mio M.A.P. n.°38.
Ho fatto presente che mi trovavo fuori regione ed abbiamo concordato la consegna per Lunedì 18 Ottobre.
Non so se essere felice per la notizia appena ricevuta.
Significa che entro il mese di Ottobre, dopo 18 mesi di vita da sfollato, posso rientrare nel mio comune di residenza, che per me, per la mia famiglia equivale al rientro a L’Aquila, abbiamo finalmente finito di viaggiare, tutti i giorni 120 – 150 km, e questa vita è durata 18 mesi, oltre 500 giorni sono trascorsi da quel 6 Aprile 2009.
Questa è la parte buona, della notizia appena ricevuta.
La parte meno buona, è rappresentata dalla preoccupazione per la nuova situazione che dovremo affrontare.
Ricomincia la vita, ma in un posto che non è più quello in cui avevamo vissuto tranquillamente, bene, per oltre 20 anni.
Io lo so perché non ho mai smesso di viverci, tutti i giorni in questi mesi ho fatto il pendolare, ho visto questo territorio agonizzante, distrutto, invivibile, poi ho visto preso d’assalto, terra di conquista di imprenditori lestofanti e faccendieri di palazzo, sotto stato d’assedio durante il G8, poi ho assaporato la speranza di una ripresa mentre venivano smontati i campi profughi, e poi ………………. .
Ormai, questo territorio non è più quello che conoscevamo prima del sisma, non è rimasto neanche un solo punto di riferimento della nostra precedente vita, come era e come lo conoscevamo.
Ora sarà veramente dura, credo che per la mia famiglia comincia adesso la vita da sfollati, una vita che io ho già vissuto solo in parte in questi tristi mesi da pendolare, impegnato nella ricostruzione che non c’è, che non parte per un’assurda burocrazia che interferisce continuamente.
Ma la cosa triste è che dopo 18 mesi, non ci troveremo neanche a rientrare in una nuova città, ma in un caos generale e totale, pure male organizzato, sottoposto a delibere ed ordinanze, che ogni giorno possono intervenire a cambiare vita e le abitudini di chi ci vive, studia e lavora, se mai ci fossero ancora delle abitudini da poter prendere in questa situazione.
E poi mi assale la preoccupazione per i costi che questo rientro ci riserverà. Questo tornare, poi sarà veramente un tornare a vivere?
In questi mesi abbiamo cercato e sperato di poter rientrare nel più breve tempo possibile, ed ora che è alla nostra portata, ci fa paura, come faremo a sopravvivere?
E poi il pensiero al mutuo per una casa che non ho più, che da fine anno dovrò riprendere a onorare, attualmente non ho più ne un lavoro, ne un reddito, l’azienda nella quale svolgevo le mie mansioni prima del sisma ha cessato l’attività, ha chiuso lo stabilimento.
Mi è rimasto solo l’impegno e il lavoro che ne deriva, dall’attività che sto svolgendo riguardo la ricostruzione. Tanto lavoro, che però da 18 mesi non produce nessun reddito, solo spese, che fino ad ora mi sono accollato non avendo altre spese da sostenere per la sopravvivenza, ma ora sorgerà il problema, ora sarà necessario trovare prima possibile una minima fonte di reddito per sopravvivere, un vero lavoro, magari piccolo, che produca un minimo di redito.
Ma a L’Aquila è tutto fermo, a parte qualche iniziativa commerciale, che credo non avrà vita lunga se non riparte la vera economia, industrie, artigianato e terziario, la situazione la vedo proprio brutta.
Intanto la giornata è passa veloce, carichiamo la macchina con tutto ciò che può servire, il piano di recupero dell’abbigliamento si è modificato in corso d’opera, ora ciò che dobbiamo riportare dovrà bastarci per almeno un mese, fino a inizio Dicembre, solo quando ci saremo sistemati nel M.A.P. potremo pensare di riprendere ciò che avevamo portato a Nettuno in quel tragico mese di Aprile 2009.
Caricata la macchina, partiamo alla volta di Isola del Gran Sasso, in macchina commentiamo la nuova situazione che va sviluppandosi, e decidiamo che tutto ciò che si trova in macchina, all’arrivo rimarrà lì, in attesa di poter essere scaricato nel M.A.P. Lunedì, una volta ritirate le chiavi.
Come si dice, la fortuna e cieca, ma la sfiga ci vede benissimo, infatti solo pochi giorni prima, era accaduto che una coppia di amici conosciuti nel residence che ancora ci ospita, trasferitasi in un albergo di L’Aquila già dal mese di Gennaio, era finalmente potuta rientrare nella propria abitazione, ma proprio nel giorno del rientro la signora Annamaria aveva avuto un brutto incidente in casa, a seguito del quale è stato necessario un ricovero ed un successivo intervento chirurgico di ricostruzione del femore rotto.
Tutto ciò ha comportato, e le sta tutt’ora comportando, una totale infermità, che durerà almeno per altri 30 giorni, dopodiché comincerà una la lenta riabilitazione, per questo motivo, non appena è stata dimessa ha chiesto a mia moglie Anna se poteva in qualche modo darle una mano.
Per questo motivo lunedì 18 Ottobre mi reco da solo in comune per il ritiro delle chiavi di “casa”.
Arrivo nel luogo dove hanno edificato il mio M.A.P., comincio a scaricare la macchina, giro per quella che mi hanno venduto come casa, e mi rendo immediatamente conto che l’abitazione, il M.A.P.n.°38 , assomiglia molto di più ad una Baracca che alla Villa a cui si era continuamente riferito il Presidente del Consiglio.
E poi, rispetto a ciò che avevo visto in Tv sui principali canali d’informazione quali TG1, TG2, TG3, TG4, TG5, Studio Aperto e TG La7, non c’era proprio paragone,
- niente spesa per una settimana, il frigo era completamente vuoto;
- niente champagne;
- niente torta per festeggiare;
- niente letterina di benvenuto di Berlusconi e Bertolaso;
ma poi che c ….. o dovrebbero festeggiare coloro che l’hanno trovato torta e champagne?
Forse il fatto che non hanno più casa, o che non hanno più un lavoro, o magari che non sono rimasti sotto le macerie, nonostante fossero stati tranquillizzati proprio da quelle stesse istituzioni che ora affermano di avergli fornito una villa, in sostituzione della casa che non hanno più, oppure dovrebbero brindare per i grandi affari che hanno potuto arricchire le varie cricche che si sono finora susseguite in questa scandalosa, finta ricostruzione.
Insomma, entrato in “casa”, ho avuto la prova provata che anche in questo terremoto, ci sono sfollati di serie A e sfollati di quarta serie.
Dove quelli che ho definito di serie A, sono coloro che sono entrati in questi nuovi alloggi durante i periodi preelettorali, o quando c’erano le TV, che riprendevano l’evento da trasmettere nelle case degli italiani.
Gli altri, quelli di quarta serie, sono tutti coloro che come me, hanno ricevuto questa sudata baracca, definita da sua maestà Silvio I° d’Arcore villa, a fari spenti, quando non c’era nessun che riprendeva, commentava o intervistava.
Così, comincio a fare un giro per le stanze, poso facilmente notare una serie evidenti intollerabili difetti di costruzione, e poi queste “ville” costano 750,00 €/mq, più le opere d’urbanizzazione e le infrastrutture. Tutto ciò fa lievitare il costo fino a 1.200,00 - 1.400,00 €/mq, e anche per questo motivo che ritengo inaccettabili questi difetti costruttivi.
Badate bene non sto parlando di difetti strutturali, ci mancherebbe, ma di tutti quei difetti che contraddistinguono una abitazione costruita per viverci, da una baracca di fortuna, una capanna, un tetto per passarci giusto qualche mese in attesa di una sistemazione definitiva.
Ma la verità la conosciamo tutti.
In quelle baracche, che di casa non hanno nulla, che di funzionale, per viverci non hanno niente, al di fuori di uno scandaloso televisore a cristalli l, messo lì per continuare a propinarci trasmissioni demenziali, come “Il grande fratello, Amici, …..” e tutte le altre, che questa malata democrazia telematica da alcuni anni ci propina, avendo invece cura di nascondere tutta quell’informazione che potrebbe in qualche maniera attivare il cervello o il pensiero dei video-ascoltatori.
Tutto ciò, come se possedere un televisore a cristalli, potesse rappresentare un bisogno impellente per una famiglia di sfollati, di gente che ha perso tutto, che deve ricostruire, ricominciare una vita partendo da sotto zero.
Ma siamo seri.
Chi è che ha potuto partorire simili mostruosità?
Chi è l’ingegnere, l’architetto che in quei moduli ci ha trascorso una sola settimana, e può continuare sostenere che queste sono abitazioni, case?
Il M.A.P. n.° 38 di Collarano (18 Ottobre 2010)
Ma la situazione del mio M.A.P. è del tutto particolare, ecco l’elenco dei difetti e dei problemi emersi dopo una prima veloce ispezione:
- le travi che sostengono il tetto sono tutte spaccate, segno evidente della presenza d’umidità nel legno;
- i pilastri risultano malamente piallati, ne sono levigati e risultano privi di verniciatura di finitura “turapori”, mentre sono evidentemente scheggiati e spaccati, segno di una lavorazione precaria;
- le pareti di cartongesso che delimitano il perimetro delle stanza che compongono l’abitazione non sono ancorati alle pareti perimetrali della struttura in legno precompresso, segno della mancata finitura d’ancoraggio di queste parti con rete;
- a seguito di ogni utilizzo dallo sciacquone del water, parte la caldaia, segno evidente che l’impianto idrico è stato montato in maniera errata, è stata collegata la linea dell’acqua calda allo scarico;
- alcuni scuri esterni delle finestre non si aprono, altri non si chiudono, frutto di un evidente pressapochismo dei montatori degli infissi;
- la porta blindata ha un gioco da terra di almeno 2 -3 cm., segno che è stata montata senza nessuna messa a punto dell’infisso;
- non mi sono state fornite tutte le chiavi della porta blindata, per l’esattezza mancano ancora due delle tre chiavi a corredo;
- il lavabo del bagno è in equilibrio precario, così come il termosifone ballano vistosamente, segno che non sono stati fissati con la dovuta perizia ai muri in cartongesso;
- i mobili sono imbullonati mediante tasselli ai muri in cartongesso e non possono essere rimossi, e comunque rimovendoli è necessario ancorarli nuovamente ai muri perché rimangono sempre in equilibrio precario;
- Il M.A.P. è arredato con due camere da letto matrimoniali, munite di letto, rete e materasso matrimoniale, segno evidente che al momento dell’arredo del modulo non si è preso in considerazione la composizione del nucleo familiare che l’avrebbe abitato;
- L’interno è perfettamente pulito, i mobili sono splendenti, aprendo le finestre si può ammirare un panorama mozzafiato, neanche una di queste affermazioni è vera, il modulo è tutto da pulire sul linoleum c’è del bostik ormai secco, i mobili presentano due dita di polvere, la baracca è circondata da rete oscurata da teli che impediscono qualunque visuale, proprio un campo di prigionia, “la baracca n.°38 del capo di prigionia di Collarano”
- …………………..
A questo punto, con mia moglie Anna abbiamo deciso di chiamare “linea amica”, per chiedere un intervento della Protezione Civile, che per la verità non si è fatto attendere, nel primo pomeriggio sono intervenuti degli operai che hanno svolto, secondo le direttive ricevute, degli interventi, che non mi sembrano molto ben fatti.
Successivamente, sono intervenuti dei tecnici, si sono presentati in divisa e si sono qualificati come ingegnere strutturista, e come progettista direttore dei lavori del villaggio, appartenenti alla Protezione Civile Nazionale.
Alle nostre immediate rimostranze per ciò che avevamo appena ricevuto in assegnazione dopo 18 mesi d’attesa, vissuti da sfollati, da pendolari, sbattuti nelle strutture alberghiere che loro avevano scelto, che ci avevano imposto, hanno prima ribattuto che quello dove ci trovavamo era uno dei migliori M.A.P., poi che le doppie camere matrimoniali erano una scelta atta ad ospitare la famiglia media italiana, che per loro è composta da: una coppia di coniugi con figlio e i genitori di uno dei due coniugi a carico.
Al che si è accesa un’aspra polemica, ci siamo alterati, abbiamo alzato la voce e i toni della discussione.
Abbiamo ribattuto che in quei 18 mesi avevamo partecipato a ben quattro censimenti, e che l’anagrafe del nostro comune conosce benissimo la composizione della famiglia giacché ci stanno mantenendo da 18 mesi ed ha speso fino ad ora oltre 150.000,00 €.
E poi abbiamo continuato, gridandogli in faccia, che tutto ciò era una vergogna, che quei moduli, quel M.A.P. era costato oltre 750,00 €/mq., cioè 60.000,00 €, 120.000.000 £, non potevamo accettare che si potessero spendere tutti quei soldi, sottraendoli alla vera ricostruzione, per ottenere dei manufatti in quelle condizioni.
E loro, a replicare che avevano dovuto costruire in poco tempo, che quella era edilizia economica e popolare, che quindi non erano previste finiture, e non le potevamo pretendere, e aggiungevano che se non ci piaceva il M.A.P. potevamo rinunciarci e passare all’autonoma sistemazione.
E noi, a ribattere che 18 mesi non ci sembravano proprio poco tempo, e poi dove stava scritto che l’edilizia economica e popolare non deve prevedere dei lavori eseguiti a regola d’arte, quelle che avevamo segnalato non erano finiture mancanti, ma solo lavori fatti male, fatti alla meglio, evidentemente da personale inesperto, insomma per dirla in breve tutto arrangiato, e dopo 18 mesi tutto questo non poteva certo essere accettato.
Soprattutto non potevamo ne intendevamo accettare un simile contradittorio che ci veniva proposto proprio dai diretti responsabili di quell’intervento, da coloro che svolgono queste mansioni a nome del Dipartimento di Protezione Civile, pagati da tutti noi.
E per finire, costoro hanno avuto pure l’ardire di lagnarsi, perché loro non hanno alloggiato in albergo come noi, loro in quei 18 mesi erano sati costretti a vivere accampati per assisterci.
Scordando banalmente, che loro forse avevano vissuto in condizioni disagiate, ma solo per cinque giorni a settimana, e per questo motivo percepivano oltre a un lauto stipendio, anche una indennità di trasferta, e comunque quella era la loro professione, il loro lavoro..
Scordando banalmente che trascorsa la settimana lavorativa, il venerdì sera potevano tranquillamente rientrare in una casa, potevano condurre una vita normale con la loro famiglia, mentre noi, che eravamo veramente sfollati, stavamo vivendo, magari in albergo, semplicemente perché una casa, un lavoro, una vita normale non l’avevamo più.
Quel M.A.P. che era diventato argomento di un così aspro dibattito avrebbe rappresentato per noi, per tutta la nostra famiglia, il punto di riferimento per la vita dei nostri prossimi 10 – 20 anni, non potevamo ne permettere, ne accettare, di svendere i nostri diritti, se avessimo ceduto sarebbe stato per sempre, e questo non era giusto non tanto per noi, ormai ultracinquantenni, ma per i nostri figli che avrebbero dovuto condividere con noi quel tipo di vita ancora per diversi anni.
A seguito di ciò, il giorno successivo, il 20 Ottobre 2010, ho presentato un esposto al mio comune, nel quale richiedevo gli interventi di manutenzione necessari, e la fornitura di due letti singoli in sostituzione di una delle due stanze matrimoniali, in modo da poter dare un letto a ciascuno dei miei tre figli.
Ecco questa è la ciliegina sulla torta che questo Governo mi ha regalato dopo questi 18 mesi trascorsi da sfollato deportato.
Grazie Silvio, grazie Bertolaso, Vi siete superati nel portare a termine questo MIRACOLO AQUILANO, solo che io questo miracolo proprio non ci riesco a vederlo, anche se mi sforzo, non c’è, non c’è mai stato e fino che sarete Voi a gestire la nostra, la mia vita, non potrà esserci.
Capitolo secondo : La commissione grandi rischi, il mancato allarme, il caso Giuliani
La commissione grandi rischi (Marzo 2009, una settimana prima del sisma)
A seguito del precipitare degli eventi il sindaco Massimo Cialente richiede la convocazione della Commissione Grandi Rischi, che si riunisce a L’Aquila il 31 Marzo, solo sei giorni prima del tragico evento.
Questa ha provveduto a tranquillizzare la popolazione, affermando: “che nulla di grave poteva accadere” vedi testuali parole tratte dal verbale:
- (Prof. Boschi), “ ……. Improbabile che ci sia a breve una scossa come quella del 1703, pur se non si può escludere in maniera assoluta” aggiunge “ …..Quindi la semplice osservazione di molti piccoli terremoti non costituisce fenomeno precursore. ………. E’ invece noto che il comune di L’Aquila è classificato in zona 2, e comunque è caratterizzato da una sismicità che richiede una particolare attenzione verso le costruzioni, che vanno rafforzate e rese capaci di resistere ai terremoti.”
Le costruzioni, vanno rafforzate? Rese capaci di resistere ai terremoti? Infatti ci si è subito preoccupati di verificare dopo gli innumerevoli allarmi lanciati dai studenti, lo stato della sicurezza della Casa dello Studente, ci si è accorti immediatamente che mancava semplicemente un pilastro.
Mai sentito parlare del “Rapporto Barberi”?
- (Il prof. Calvi)“ aggiunge …… sulla base del documento distribuito dal DPC (Dipartimento Protezione Civile), …..le registrazioni delle scosse sono caratterizzate da forti picchi di accelerazione, ma con spostamenti spettrali molto contenuti, di pochi millimetri, e per ciò difficilmente in grado di produrre danni alle strutture.”
Mai sentito parlare di “Abruzzo Engineering”
Infatti, dopo il sisma, dato che gli spostamenti erano di pochi millimetri, il centro è tutti i borghi storici dei comuni limitrofi sono rasi al suolo.
E fortuna che questi eventi non potevano produrre danni alle strutture.
Il dubbio, che da parte di qualche luminare si sia sottovalutata la situazione, c’è e resta.
Questi luminari, come tutti gli esseri umani, possono commettere errori di valutazione, questo fa parte della professione che si svolge, e non c’è possibilità di evitare simili errori.
La cosa invece veramente grave, è che questi baroni della scienza, si sono permessi di giudicare, di concorrere alla denuncia per procurato allarme verso altri tecnici, che loro, con molta arroganza hanno ritenuto inattendibili e meno qualificati.
Con il loro atteggiamento, nella veste di assoluti e unici studiosi qualificati, hanno gettato discredito su queste persone, che non sono più state prese sul serio, i loro allarmi non sono più stati ascoltati.
Per la stupida presunzione di qualche luminare sono rimaste sotto le macerie 308 persone, che come me, come tutti noi, hanno avuto fiducia nel ruolo istituzionale che rappresentavano.
E questi luminari esprimono, e continueranno ad esprimere opinioni, che equivalgono per tutti noi, a sentenze.
- Continua l’intervento (il prof Barberi) “…. non c’è nessun motivo per cui si possa dire che una sequenza di scosse di bassa magnitudo possa essere considerata precursore di un forte evento.”
Eventi di bassa magnitudo, 4° – 4,5° gradi sulla scala richter, sono eventi di bassa magnitudo, ma per preoccuparsi, per dare un allarme doveva proprio venire giù tutta la città?
Ma professore, il famoso rapporto Barberi, quello che porta proprio il suo nome, si è scordato di averlo redatto proprio Lei?
Di averlo inviato a sindaci, a presidenti di provincia e di regione?
Ma, siamo sicuri di pagare questi luminari, perché con i loro studi, ci aiutino a prevenire eventi calamitosi?
Se non danno l’allarme quando si verificano scosse di questa entità, durante una sequenza sismica che dura da 3 – 4 mesi, quando lo danno sto benedetto allarme?
Forse quando la città e rasa al suolo?
Se è così, possiamo anche mandarli a casa, non c’è motivo di spendere denaro.
Allora, mettiamoci d’accordo, se non è possibile prevedere un terremoto non è neanche possibile smentire che un simile evento si possa verificare.
Ma cari accademici, volete essere coerenti con le vostre stesse affermazioni?
Allora, chi vuole spiegare il motivo per il quale, dopo il sisma del 6 Aprile 2009, per paura di forti scosse la popolazione, anche quella con casa classificata “A, agibile”, è stata allontanata?
Ma le scosse dal dopo sisma, non erano semplici scosse di assestamento, del tutto normali, senza pericoli per la popolazione?
Ma non si era detto che non era possibile una scossa paragonabile a quella del sisma del 1703?
Ancora tutte pu …… te, utilizzate con maestria dai pubblicitari del nostro premier, ma sempre e solo pu ..… te, che sono costate la vita a 308 persone. che si sono fidate delle parole di chi rappresenta le istituzioni.
Infatti solo dopo pochi giorni la grande scossa, l’8 aprile 2010, viene pubblicata l’Intervista a Daniela Pantosti dell’INGV. L’argomento dell’intervista riguarda, guarda caso, proprio la faglia di Paganica, quella per intenderci responsabile del disastro.
Testo dell’Intervista a D. Pantosti:
“la faglia di Paganica”
La mattina stessa del terremoto de L'Aquila del 6 aprile le squadre del Gruppo MERGEO si sono recate in area epicentrale per rilevare gli effetti sull'ambiente naturale prodotti dal terremoto.
EMERGEO: un gruppo di lavoro INGV che ha come scopo il rilievo geologico in caso di evento sismico
In questa mappa oltre alle tracce delle faglie che vediamo qui riportate in nero vedete questi cerchietti colorati che rappresentano tutti i punti di osservazione degli effetti naturali prodotti dal terremoto.
Gli effetti più comuni erano quelli legati comunque alla accelerazione del suolo prodotta dal terremoto come frane, caduta massi, e scoscendimenti in zone alluvionali e pianeggianti.
Molto frequente è stata anche l'osservazione di fratture, come questa in questo campo agricolo con una componente del movimento sia verticale che un'apertura.
Molto spesso queste fratture interessavano anche manufatti chiaramente strade asfaltate e/o anche l'interno di abitazioni, giardini, muretti di recinzione.
Le fratture avevano la caratteristica di essere allineate lungo elementi tettonici preesistenti.
La faglia di Paganica
In particolare quelli riportati qui in rosso lungo la faglia di Paganica sono quelli che consideriamo l'espressione in superficie della deformazione prodotta in profondità dal terremoto.
Qui in particolare vediamo la zona dove le fratture lungo la faglia di Paganica sono le più evidenti e sono quelle che sono considerate direttamente legate al piano in profondità. E in questo piccolo blocco - diagramma potete vedere come, in modo molto schematico, il piano di faglia che raggiunge la superficie praticamente corrisponda nella parte superficiale alle rotture della faglia di Paganica.
Nei mesi successivi al terremoto gli studi geologici si sono concentrati alla caratterizzazione e mappatura di dettaglio delle faglie che caratterizzano la zona epicentrale, ed in particolare la faglia di Paganica.
Questo perché abbiamo visto quanto, sia per il rischio di fagliazione superficiale che per dare un contributo più importante agli studi di pericolosità sismica, sia importante la conoscenza delle faglie attive.
Alla ricerca dei terremoti del passato: gli scavi paleosismologici
Questi studi vengono anche supportati da indagini paleosismologiche.
In pratica si cerca geologicamente di riconoscere le evidenze di terremoti del passato che hanno prodotto come nel 2009 delle rotture in superficie come questa.
Questo è un caso molto bello in cui potete vedere che la rottura in superficie, quindi la frattura lungo la faglia di Paganica, corrisponde in profondità con una faglia geologica che mette a contatto queste brecce bianche con dei depositi olocenici, quindi di circa 10.000 anni, più scuri, più organici.
In questo altro scavo invece, i depositi sono di natura diversa, hanno una matrice organica e la traccia del piano di faglia al di sotto delle rotture del 2009 che sono rappresentate da questo piccolo scalino sono sicuramente più difficili da vedere.
Ma se si seguono questi contatti tra un tacco e l'altro, quindi la linea verde e la linea gialla ed il blu, si può notare che questi contatti mostrano un incremento con l'età del ribassamento di questo settore a destra rispetto quello a sinistra.
Un'analisi attenta di tutti i depositi e dei rapporti strutturali ci ha permesso di riconoscere ben 5 eventi compreso il 2009.
La datazione con radiocarbonio e con dei frammenti di ceramica di epoca storica ci ha permesso anche di datare, quindi dare un'età, ad ognuno di questi tacchi.
Queste informazioni ci hanno permesso di ricostruire - diciamo - una storia sismica di questa faglia, ed in particolare 5 eventi di cui in particolare il 2009 è il più recente, il 1461 è molto probabilmente l'evento precedente, e poi altri 3 eventi più antichi.
Quello da notare è che gli eventi - questo è il ribassamento verticale di ogni evento - sono tutti di entità molto simili al 2009 e anche la loro spaziatura nel tempo sembra abbastanza regolare quindi dell'ordine dei 500 - 800 anni.
Queste informazioni sono molto importanti per gli studi di pericolosità sismica.
Il mancato allarme - Bertolaso io sereno (Gennaio – Marzo 2009)
Articolo tratto da “Il Centro”
di Enrico Nardecchia
Il capo della Protezione civile bacchetta gli enti locali e ammicca al popolo delle carriole
«Abbiamo fatto tanto, ora tocca agli altri. Ma non ci tiriamo indietro. E, se serve, torniamo». Guido Bertolaso è un guerriero ferito dall’inchiesta su appalti e corruzione, che lo vede indagato, e pure dalle intercettazioni telefoniche. Ma all’Aquila, dove prima della bufera giudiziaria era un mito assoluto, sembra ritrovare la forza dei giorni migliori. Qui glissa sulle indagini («Pronto a dare, se richieste, tutte le spiegazioni»), richiama gli enti locali a un maggiore impegno, corregge il tiro sulle carriole, promette soluzioni rapide per le famiglie ancora sulla costa e parla anche del mancato allarme. «Gli esperti qui convocati non hanno evidenziato segnali di pericolo tali da poter programmare piani di evacuazione».
Delle cose fatte all’Aquila, quale racconta per prima?
«Valga per tutte il lavoro sulle scuole. Senza l’avvio dell’anno scolastico, nello scorso settembre, non vi sarebbe stata nessuna possibilità di dare speranza all’Aquila e agli aquilani perché, ovviamente, c’era il rischio che vi fosse una diaspora delle famiglie verso altri centri dove fosse garantita l’educazione dei propri figli. Per noi è stato un investimento, una sfida, un traguardo che a tutti i costi dovevamo raggiungere e l’aver fatto rientrare a scuola, tra fine settembre e primi di ottobre, circa 17mila studenti all’Aquila e nei Comuni del cratere credo sia stato il vero forte segnale che si poteva investire sull’Aquila. Successivamente, le iscrizioni all’Università, che dovevano essere limitatissime, hanno conosciuto, invece, sviluppi e numeri al di là di ogni previsione».
Emergenza casa. Altra Pasqua da esiliati per migliaia di aquilani. Quali soluzioni ci sono?
«Vi siamo sempre vicini e seguiamo con attenzione tutta la problematica dell’assegnazione di alloggi e sistemazioni di quelli che ancora attendono un luogo sicuro. Ci sono sempre i tecnici del Dipartimento insieme a Comune e Regione. Continua quel gioco di squadra che ci consente di poter affermare che, nell’arco delle prossime settimane, anche quei single e quelle coppie in attesa di una sistemazione troveranno un’accoglienza degna in qualche struttura dell’Aquila».
Prima e dopo. È cambiato il vostro impegno qui?
«Piuttosto è cambiato il clima, la situazione. C’è una seconda fase altrettanto complessa e difficile da portare avanti ma, comunque, con la consapevolezza che la stragrande maggioranza degli aquilani si trovano in condizioni confortevoli, dalle quali possono programmare e pianificare l’attività di ricostruzione».
Mancato allarme. È rimasta appesa la sua frase al forum del Centro: “Prima di andare via dirò cosa penso di queste cose”. Che risposte per quei genitori rimasti senza figli?
«Riservatamente e privatamente, a quelli che si sono rivolti a me direttamente, ho risposto in modo articolato, dettagliato, puntuale senza sfuggire di fronte a domande e problemi posti. In questo momento bisogna ancora attendere le attività che sta portando avanti la magistratura. Apprendo dai giornali di un’indagine in corso. Quando ve ne sarà l’occasione e l’opportunità, magari, si parlerà di questo anche in modo più ufficiale e più pubblico».
Davvero non c’erano attività di prevenzione da attuare dopo la commissione Grandi rischi del 31 marzo?
«Quella riunione del 31 marzo mi convinse molto: quella è la nostra struttura tecnico-scientifica nazionale di riferimento. Le indicazioni della commissione le abbiamo seguite. Si parlava soprattutto di cercare di avere un sistema di risposta all’eventuale emergenza che fosse il più efficace possibile. E mi pare che il mondo abbia riconosciuto che questa gestione sia stata indiscutibile. Scienziati di tutto il mondo venuti qui hanno sottolineato che i segnali non erano tali da poter indurre decisioni che comportassero piani di evacuazione o altro. L’informativa della polizia? Non ne so nulla. La documentazione l’abbiamo consegnata da tempo. Se c’è da dare ulteriori chiarimenti siamo a disposizione».
Prima, nell’emergenza, s’è detto: bravo Bertolaso. Oggi, per le magagne, si dice: colpa di Cialente. Gli avete lasciato il cerino in mano?
«Bisogna mettersi d’accordo. Per mesi qualcuno si lamentava che Bertolaso aveva sottratto alle realtà locali e agli amministratori la responsabilità degli interventi e della ricostruzione. Dopodiché, passato il testimone, com’era giusto che fosse, si comincia a temere che le realtà locali non siano messe nelle condizioni di poter svolgere il loro mestiere. Delle due l’una: o era corretto il lavoro che si stava svolgendo prima, oppure bisogna decidere ora chi è che deve portare avanti questa responsabilità. Noi non abbiamo mai, neppure per un istante, sottratto compiti e responsabilità al cosiddetto territorio. Quando c’era il momento delle decisioni rapide, tempestive, urgenti, difficili per dare risposte agli abitanti ci siamo caricati questo genere di compito. Oggi che la situazione può essere portata avanti con maggiore condivisione approfondendo le problematiche e individuando le soluzioni nel lungo periodo lo devono fare le autorità locali. Se poi loro hanno bisogno di una mano, non v’è il minimo dubbio sulla nostra assoluta totale disponibilità».
Ricostruzione e soldi. Ci sono risorse? E quante di queste sono certe?
«Dal punto di vista economico i soldi ci sono. C’è anche una buona e sostanziale somma di un paio di miliardi di euro stanziati dal decreto legge. Invece di continuare a dire “ce la facciamo da soli” o no, “ci abbandonano” o meno, bisogna pensare a rimboccarsi le maniche e ad andare avanti con lo stesso impegno che noi abbiamo garantito nei passati mesi».
Ricostruzione lenta, poche idee. La pensa così?
«Vi erano normative per una ricostruzione e progettazione molto rapide, assicurate nelle mani di proprietari e cittadini, cercando di evitare la burocrazia. Purtroppo non è stato così. Domande con lentezza, parte tecnica oberata di lavoro, imprese con numerosissime richieste. Tutto questo non ha facilitato il compito».
Perché le carriole non le sono simpatiche?
«Non è vero. Le ho usate quand’ero più giovane e in tante altre situazioni. Non vedo nessuna polemica strumentale. Lo interpreto come un segnale di volontà di ricostruire quel centro storico al quale tutti guardiamo con grande speranza».
Bertolaso via senza aver realizzato...
«Da settembre avevamo un progetto per la zona rossa. Se non ricordo male vi fu una certa levata di scudi di alcune autorità locali. Facemmo marcia indietro. Con quella proposta oggi saremmo più avanti...».
Il mancato allarme - Onna denuncia esposto alla commissione Grandi rischi (Gennaio – Marzo 2009)
Articolo tratto da “Il Centro”
di Giampiero Giancarli
In Procura esposto dei residenti contro la commissione Grandi rischi. In mano ai pm studi di sismologi che contraddicono le valutazioni della commissione. Sono oltre cento finora le possibili parti civili pronte a costituirsi nel processo penale
L’AQUILA. Arriva anche da Onna una denuncia contro la commissione Grandi Rischi. Infatti, tempo addietro, un gruppo di cittadini della frazione che ha pagato il più alto tributo di vittime per il sisma, si è rivolto a un legale per fare chiarezza sul mancato allarme.
ONNA. Queste denuncia, come del resto altre segnalazioni alla polizia giudiziaria fatte in precedenza, è stata corredata da interviste rilasciate sia su carta stampata che televisive, con le quali sono state date le incaute rassicurazioni alla gente; ma anche da studi di sismologi secondo i quali forse si doveva prestare maggiore attenzione allo sciame che ha preceduto la tremenda scossa del 6 aprile. L’esposto, nel quale si ipotizza il reato di omicidio colposo plurimo, è stato presentato tramite l'avvocato Fabio Alessandroni.
Onna è stata la frazione aquilana più martoriata dal terremoto: 40 le vittime a fronte di poco meno di quattrocento residenti.
ALTRI ESPOSTI. Finora sono una trentina gli esposti presentati alla procura, tramite i familiari delle vittime, ognuno dei quali contempla molti sottoscrittori. Ne consegue che sono già decine e decine, forse già un centinaio, le parti offese pronte a chiedere la costituzione di parte civile qualora l’indagine, portata avanti dai Pm Alfredo Rossini e Fabio Picuti, dovesse andare molto avanti. Del resto se sono molte già adesso le persone che hanno già avviato decise azioni giudiziarie è prevedibile che altrettante si faranno avanti in futuro visto che il termine per la costituzione di parte civile è quello dell’udienza preliminare: data ancora molto lontana in una inchiesta che deve ancora definire gli indagati.
PRIMA DENUNCIA. L’inchiesta è stata avviata dalla procura aquilana dopo la denuncia presentata il 17 agosto 2009 dall’avvocato Antonio Valentini nella quale si avanzavano grosse perplessità sull’atteggiamento della commissione. Nella stessa denuncia si indicarono sette persone, familiari di altrettante persone decedute, pronte a testimoniare che i loro cari erano restati a casa dopo le prime scosse in seguito alle rassicurazioni date da persone più esperte di loro.
IL NODO. Al di là dei contributi tecnici e dossier forniti a tutto campo dagli autori degli esposti, il punto nodale che accomuna tutte le denunce gira sempre intorno alla stessa domanda: perché sono state rilasciate dichiarazioni rassicuranti da persone autorevoli sulle conseguenze dello sciame sismico precedente al 6 aprile visto che i terremoti non sono prevedibili?.
SVILUPPI. Le indagini, sulle quali il pm Alfredo Rossini, non intende fare alcun commento, sono affidate alla squadra mobile e alla squadra di pg della polizia di Stato che hanno ascoltato circa 50 persone informate sui fatti. Nelle passate settimane il procuratore capo aveva sottolineato che la svolta su questo atteso filone non era imminente. Da fonti interne della procura è poi emerso che i pm avrebbero atteso lo svolgimento delle elezioni per non influenzare il clima politico con una inchiesta i cui esiti avranno risonanza nazionale.
Il mancato allarme - «Ho perso tutto, dissero di stare tranquilli» (Gennaio – Marzo 2009)
Articolo tratto da “Il Centro”
di Roberto Raschiatore
Parla per la prima volta il pediatra medaglia d’oro rimasto senza figli e senza moglie: Chiedo verità e giustizia, del mio condominio in via Campo di Fossa si parla poco malgrado i ventisette morti
Massimo Cinque, medico pediatra, accetta di aprire per la prima volta da un anno la sua pagina del dolore, e di raccontarla. Il 6 aprile 2009 il medico Massimo Cinque ha perso tutto nel crollo della sua abitazione in via Campo di Fossa al civico 6: i figli Matteo e Davide, le sue «piccole pesti» di 9 e 11 anni, sua moglie Daniela Visione, di 43 anni.
L’AQUILA.
Fissa un punto nel vuoto e racconta.
Racconta e si tormenta le mani, rigira la fede rimasta all’anulare, senza più una lacrima da perdere in un futuro che non riserva sogni o conquiste. Racconta con gioia dei suoi figli e della moglie perduti nella terribile notte. Racconta con rabbia del mostro terremoto, degli allarmi inascoltati, delle troppe rassicurazioni traditrici, dei 308 martiri uccisi da sassi e cemento fragile.
Massimo Cinque l’ha risparmiato il destino.
Quella notte di un anno fa era in servizio nell’ospedale di Sulmona, dove lavora da sette anni. «Alle 23,30 mi chiamò mia moglie Daniela», racconta, «mi disse che c’era stata l’ennesima scossa e mi chiese come doveva comportarsi. Non ti preoccupare, le risposi, dormi tranquilla. Le ripetei le parole che ci avevano detto gli esperti. Quella è l’ultima volta che l’ho sentita. Alle 3.32 fui svegliato dal terremoto, ma non mi preoccupai, non so per quale motivo. E tornai a dormire. Due ore dopo le infermiere mi avvisarono che la televisione stava trasmettendo le immagini dell’Aquila distrutta. A quel punto ho capito qual era la gravità, ho provato a contattare i miei, sono partito. Sulla Statale 17, a Castelnuovo, ho avuto un brivido di fronte alla prima casa sventrata. All’Aquila ho trovato e visto l’inferno. Della mia casa in via Campo di Fossa era rimasta solo polvere. Un palazzo sbriciolato. In venti secondi ho perso tutto ciò che un uomo può perdere. Una moglie e una madre esemplare. Matteo e Davide, due bimbi pieni di vita. I vigili del fuoco li hanno trovati nel lettone. Non passa giorno della mia nuova vita senza un pensiero rivolto a loro. Un ricordo sempre vivo. Ringrazio il Signore che mi ha dato la fortuna di averli avuti a fianco, anche se per poco. Li porto nel cuore. Come porto nel cuore i tanti che mi hanno aiutato in questi mesi. Molti amici, i miei suoceri, mio cognato, i miei genitori. Sono stati al mio fianco, le istituzioni no».
Qui il ricordo si fa rabbia. Massimo Cinque, a pochi giorni da questo primo anniversario, ha ricevuto una medaglia d’oro dal ministro della Salute, Ferruccio Fazio. Una medaglia perché il medico è tornato al lavoro subito dopo i funerali e ha prestato la sua opera in favore delle popolazioni colpite dal terremoto. «Ho fatto semplicemente il mio dovere», riprende Cinque, «sono un medico, faccio il pediatra, e ogni giorno devo assumermi delle responsabilità per i miei piccoli pazienti, prendendo decisioni anche immediate. Posso camminare sempre a testa alta, dovunque vada. Altri la testa la devono abbassare.
Sì, sono critico. Il 31 marzo di un anno fa la riunione della commissione Grandi rischi si concluse in venti minuti. Come una riunione di condominio. E senza adottare alcuna decisione. Il vicecapo della Protezione civile De Bernardinis disse di stare tranquilli, di stare in casa e bere una buona bottiglia di vino Montepulciano. Quelle parole sono impresse nella mia mente. Mi sono fidato, ci siamo fidati di persone che ricoprono ruoli di grande responsabilità. Quelle parole le ho ripetute a mia moglie in quell’ultima telefonata: le ripetei di stare tranquilla. Ci dissero che la terra più scarica energia e meglio è. Dovevano invece avvertirci che ci trovavamo in uno stato di allerta, che i terremoti non si possono prevedere ma che non si possono neanche escludere. Bisognava realizzare dei punti raccolta per la popolazione, perché la situazione non era così tranquilla. Quanto è successo è vergognoso e inconcepibile. Ho dubbi atroci, mi pongo tante domande. Perché dopo il 6 aprile tutti gli scienziati che studiano questi fenomeni hanno detto che il terremoto dell’Aquila ha dato ampi segnali, si è fatto annunciare con grande anticipo? Questo mostro bussava alle nostre porte da più di quattro mesi e io quella notte l’ho fatto entrare in casa mia perché qualcuno mi aveva rassicurato. Per questo chiedo verità e giustizia. Le chiedo per mia moglie e i miei due angeli, per tutti i 308 martiri morti quella notte. Martiri perché hanno pagato le colpe di altri. Nel mio palazzo, costruito negli anni Sessanta, sono morte 27 persone, fra le quali due bimbi piccoli e una quindicina di studenti universitari. Non so a che punto sia l’inchiesta della magistratura, però ricordo che non possono esserci morti di serie B. Sarebbe il caso di parlare un po’ di più di questo palazzo in via Campo di Fossa, come si fa per la Casa dello studente o per l’edificio in via D’Annunzio. Ho incontrato il capo della Protezione civile Bertolaso pochi giorni fa, alla presentazione del libro di Roberto Grillo. Una rapida stretta di mano e niente più. Da Bertolaso aspettiamo ancora delle risposte. Il 14 agosto, durante il video forum organizzato dal Centro, il giornalista Giustino Parisse pose la domanda che ci facciamo tutti:
si poteva fare qualcosa prima?
Bertolaso rispose:
parlerò il 31 dicembre nel momento in cui vi saluterò. (ancora aspettiamo i chiarimenti)
Dopo, alla lettera del padre di una giovane vittima pubblicata sempre sul Centro, lo stesso Bertolaso riferì che c’erano state troppe morti, annunciò che alla fine del suo mandato avrebbe detto cose che allora non si potevano dire.
Aspettiamo queste risposte. Le dobbiamo ai nostri martiri. Le pretendo per la mia splendida moglie e per i miei piccoli angeli».
Il caso Giuliani (Aprile – Dicembre 2009, la mancata prevenzione)
Mentre a L’Aquila la terra trema, la Protezione Civile e Bertolaso sono presso l’isola della Maddalena impegnati nelle operazioni di organizzazione del programmato G8.
Quando Bertolaso viene informato che c’è un individuo, un ricercatore che sta lanciando allarmi invece di verificare cosa sta accadendo ritiene giusto denunciare per procurato allarme, il semplice Sig. Giampaolo Giuliani, che ha la sola colpa di essere un tecnico, e come tecnico verifica tutti i suoi esperimenti, e da queste verifiche conclude che un gas che si trova in natura, ha la particolarità di variare la sua concentrazione con un anticipo di circa 6 – 24 h su un successivo evento sismico.
Costui, da dieci anni conduce studi a proprie spese, non è sovvenzionato dallo Stato, come l’I.N.G.V. o come la mirabile macchina istituzionale della Protezione Civile, che dovrebbero occuparsi di prevenzione, invece d’organizzare eventi fieristici per il nostro premier, in difficoltà per la sua condotta, in difficoltà con la stampa, in difficoltà con la di Lui consorte.
Costui dicevo, realizza dei prototipi di macchie denominate PM2 e PM4, che sono oggi in grado, mediante triangolazioni sul territorio, di stabilire l’epicentro di un possibile sisma nelle successive 6 – 24 ore dalla registrazione della variazione della concentrazione di radon, oltre ad indicare la magnitudo espressa in gradi su scala richter con uno scostamento di +- 0,2°.
Ma nessuno ha ritenuto semplicemente utile verificare l’attendibilità di queste macchine.
Perché, quali sono o erano gli interessi in gioco?
Chi ha il coraggio di dare una risposta sensata, accettabile, condivisibile da uno sfollato che ha perso tutto, che ha subito dei lutti, che non ha più un lavoro o la sua attività, che vive o ha vissuto al freddo sotto una tenda e per ottenere il pasto nella mensa del suo campo deve presentare il passi, come se stesse mendicando?
Chi ha il coraggio di dare questa risposta a costoro, che per raggiungere i servizi igienici del campo nel quale sono ospitati, nella migliore delle ipotesi debbono percorrere 500 – 1000 m, sotto l’acqua, nel fango, al freddo o sotto un sole cocente, o a coloro che sono ospitati in una delle meravigliose strutture alberghiere della costa dove debbono sopportare le peggiori vessazioni, e per raggiungere la città per recarsi al lavoro, o solo per portare la scuola i figli, debbono partire entro le 6.00 per essere in città alle 8.00, per rientrare nella struttura che gli ospita alle 21.00, percorrendo mediamente tra andata e ritorno 200 – 250 km/gg..
Su datela questa risposta?
Ma fate i modo che abbia un senso compiuto?
Siamo tutti curiosi di capire quello che ancora oggi ci risulta incomprensibile.
Ma il tempo è sempre il miglior giudice, così può accadere che quello che solo pochi mesi prima pareva un’eresia agli occhi degli esperti, dei superburocrati dell’INGV, si possa trasformare in una grande scoperta scientifica.
Così accade che ad un anno dal sisma apprendiamo dalla TV che l’INGV “Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia” ha condotto e portato a termine una ricerca con l’università “Tor Vergata” di Roma, dalla quale emerge che il radon, guarda caso, proprio lo stesso gas studiato da Giuliani, può essere considerato un precursore di eventi sismici.
Un precursore sismico?
Ma l’INGV non è lo stesso ente di Stato, che per bocca dei suoi superpagati tecnici, ingegneri e vari altri superburocrati, aveva reso di pubblico dominio l’affermazione riguardo l’imprevedibilità dei terremoti?
Questi non sono forse gli stessi tecnici che avevano dichiarato che non esistono precursori sismici?
Che avevano definito Giuliani un imbecille, ed avevano fatto in modo che ricevesse pure un avviso di garanzia per procurato allarme?
Manco a dirlo, anche questa notizia riguardante i risultati di questa importante ricerca, ottenuti solo un anno dopo il sisma di L’Aquila, passa senza ottenere nessuna particolare risonanza dai media.
Il Paese non deve sapere che la previsione di Giuliani aveva un fondamento scientifico, e che questo ora è anche provato da una ricerca universitaria condotta proprio da INGV, la stessa istituzione che Lo aveva denunciato per procurato allarme.
Come non si deve sapere che Giuliani aveva previsto la scossa del 6 Aprile, e che questa notizia era stata raccolta in un intervista la sera di quel 31 Marzo da una troupe Rai, ma quel servizio non andò mai in onda per volere di qualcuno.
Di chi?
Perché?
Che dire, come si fa a commentare serenamente questi fatti, diciamo che sono troppo coinvolto, perché francamente è difficile un commento dopo ciò che è accaduto, ci sono 308 vittime che chiedono giustizia, 308 OMICIDI colposi.
Intanto la magistratura comincia a dare i primi segnali, arrivano i primi avvisi di garanzia, e guarda caso tra gli indagati ci sono i membri di quella Commissione Grandi Rischi, che in 28 minuti di riunione, quel giorno, decise di non decidere.
Dopo tre anni si torna a parlare del terremoto de L’Aquila e delle peripezie subite da tutti i suoi abitanti. Lo fa Fausto Torregrossa tramite il suo "diario", un ’racconto denuncia’ tra ricordi, prove e fatti. Erano le 3:32 del 6 aprile 2009 quando tutto ebbe inizio. O forse no? Il racconto di questa tragica storia italiana non comincia quel giorno. Inizia qualche settimana prima del tragico evento, raccontando le tante omissioni che hanno apportato i loro ulteriori danni, quelle omissioni oscurate da quasi tutti i mezzi d’informazione da quei giorni fino ad oggi. E così, nel silenzio di tutti, il terremoto. Nel silenzio di tutti l’epopea dei tanti aquilani attraverso l’Italia. L’epopea di Fausto costretto da sfollato a viaggiare tra una città e l’altra per poi tornare nel suo paese completamente distrutto, rubato ai suoi abitanti, venduto a tutto il mondo, inghiottito dal G8. Il racconto quindi non basta, arrivano le testimonianze, i dati, i fatti. Un saggio per denunciare le gravissime condizioni in cui erano costretti a vivere i terremotati: alberghi di lusso diventano lager, la vita diventa pubblicità per fare interessi altrui. Si ride e si mangia su L’Aquila. La voglia di riscatto però resta. Dopo tre anni ancora a voce alta si cerca di denunciare tutto. Si urla ancora contro i tanti "Sciacalli!!!".
Francesco Fragnito
Dalla collana : “6 Aprile 2009, una storia italiana”
Il primo libro
“ 6 Aprile 2009 – Il diario di uno sfollato” sterza edizione
Copyright © 2009 Fausto Torregrossa
Per informazioni e ordini
Mail: fausto_torregrossa@alice.it
Cell: 346-0191448
Mi presento
Fausto Torregrossa,
nato a Roma il 16-11-1953, coniugato con Anna Maria Rita Carlino, tre figli Marco, Luca e Chiara.
Fino al 2007, opero nell’industria manifatturiera, prima a Roma in “Autovox” successivamente, una volta trasferito a L’Aquila (1987) in “Opti.Me.S., Rhone-Poulenc Argo, Aventis Crop Science e Agriformula”, occupandomi di logistica di stabilimento (Pianificazione, Programmazione, Controllo avanzamento lavori, Magazzini, Inventari, Movimentazione Materiali, Acquisti) software applicativi per l’industria (C.M. Control Manufacturing – SAP r3 – Diapason 5), Capo Progetto sistemi informatici (MRP1, MRP2, ERP).
Stabilito a L'Aquila dimoro per alcuni mesi nella frazione di Paganica, successivamente mi trasferisco in città nel quartiere di Santa Barbara, dove vi risiedo per 15 anni per poi trasferirmi nel vicino quartiere di Pettino.
Nel 2007 un nuovo trasferimento nel vicino comune di San Demetrio né Vestini, dove risiedo fino a quella tragica notte del 6 Aprile 2009.
Oggi vivo da sfollato con tutta la famiglia, presso il comune di Isola del Gran Sasso (Te), in attesa di ricevere in assegnazione un M.A.P. nel comune di residenza.
Impegnato in attività sindacale fin dalla metà degli anni settanta, prima in FLM poi a seguito della scissione in CGIL-FIOM e successivamente a L’Aquila in CGIL- FILCEM.
Sono attivista di Legambiente, mi occupo, collaborando con alcune aziende del settore, di energie alternative: “Fotovoltaico, Solare termico, Geotermia, Climatizzazione” e costruzioni alternative “Bioedilizia”.
Dal giorno del sisma collaboro con alcune imprese impegnate nella ricostruzione nei 57 comuni del cratere.
Dal Dicembre 2011 svolgo la mia attività come LSU (Lavoratore Socialmente Utile) presso la Corte d’Appello di L’Aquila sez. Penale occupandomi dell’iscrizione dei nuovi fascicoli (processi d’Appello).
Come nasce il libro
Questo volume nasce per caso, inizialmente era un comune diario personale in formato “word”, fatto solo per scaricare la tensione di quei giorni, raccoglieva gli avvenimenti più importanti che accadevano di giorno in giorno, riportava ciò che quotidianamente coinvolgeva me, i miei familiari o chi condivideva quelle stesse esperienze con noi.
Poi, rendendomi conto che ciò che scrivevo, trovava puntuali conferme sui quotidiani, l’ho arricchito con una attenta ricerca, condotta in internet.
Così lentamente si è trasformato in una cartella contenente file di: filmati, interviste e link di collegamento a siti o materiali presenti in internet.
Molti dati e/o avvenimenti riguardavano avvenimenti che giornalmente venivano caricati in internet da altri utenti, come me sfollati, che in quei giorni stavano vivevano le più incredibili vicissitudini, a cui nessuno permetteva di manifestare il proprio disagio, sempre e comunque censurati dai media, costoro avevano come unico mezzo di comunicazione internet.
A ciò ha fatto seguito, l’arricchimento con altro materiale, foto, videoclip, e documenti personali, ed è stata una logica conseguenza la successiva raccolta di tutti questi dati su supporti informatici (DVD).
Solo alcuni mesi dopo, la parte riguardante il diario, si è trasformata con la collaborazione e l’impegno di mia moglie “Anna”, che si è dedica alla correzione delle bozze originali, nell’attuale dimensione di libro.
Ora leggendo queste righe, potrete apprezzare il lavoro da Lei svolto, ricordando che tutto ciò che è viene riportato sono avvenimenti veri, realmente accaduti, raccontati da chi li ha vissuti in prima persona, il tutto come potrete verificare è ampiamente documentato.
PREMESSA
Questo è il secondo volume che compone la collana “6 Aprile 2009, una storia italiana”, allo stato attuale è in lavorazione il terzo volume, ma non è detto che in futuro non c’è ne siano altri.
Il progetto prevede che ciascuno dei tre volumi tratti una parte degli avvenimenti riguardanti il sisma in Abruzzo, con particolare riguardo al capoluogo L’Aquila, i contenuti sono perciò suddivisi nei tre volumi come segue:
- “6 Aprile 2009, il diario di uno sfollato”, gli argomenti trattati sono:
- La vita prima del sisma;
- Il sisma,
- L’emergenza,
- la vita nei campi,
- La vita sulla costa,
- Alcuni episodi di vita vissuta
- Giuliani ed il mancato allarme.
- “6 Aprile 2009, la ricostruzione che non c’è”, gli argomenti trattati sono:
- Il progetto C.A.S.E. e i MAP,
- I ritardi nella costruzione dei nuovi insediamenti,
- La viabilità e il G8,
- L’effetto mediatico dei mezzi d’informazione,
- La burocrazia ostacola la ricostruzione,
- Le possibili alternative ignorate.
- “6 Aprile 2009, e la storia …… continua” gli argomenti trattati sono:
- I veri danni del sisma,
- La “Commissione Grandi Rischi” rinviata a giudizio,
- Il sismologo Gaetano De Luca (INGV) parla,
- Dopo il sisma la Procura indaga,
- Le inchieste,
- Mafie e progetto C.A.S.E.
- Ancora l’effetto mediatico su L’Aquila, “Bertolaso, D. Stati, G. Letta, Studio Aperto”
- Protezione Civile SpA
- Seminario d’urbanistica
Sotto, Roma 07 luglio 2010 manifestazione di protesta degli aquilani
Dopo 15 mesi sono ancora 48.000 i sfollati a L’Aquila. La città è morta, l’economia al collasso, 16.000 i cassaintegrati per i quali non ci sono prospettive mentre i professionisti abbandonano la città. I lavori di recupero nelle abitazioni B e C sono fermi perché mancano i fondi, mentre le E, le abitazioni inagibili, ancora non c’è nessuna possibilità di vero recupero specialmente nelle zone Rosse e nei centri storici sottoposti a tutela. Intanto dal 1° luglio il regime fiscale è tornato quello pre-sisma. Gli aquilani sono qui a manifestare le loro sacrosante rivendicazioni, ed il governo li accoglie schierando la celere in tenuta antisommossa, 5 giorni dopo denuncerà gli organizzatori di una manifestazione autorizzata, scortata da L’Aquila a Piazza Venezia, prima dalla polizia, poi dalla municipale di Roma.
Questa è la fine della “DEMOCRAZIA”.
6 Aprile 2009 – Il diario di uno sfollato
YouTube - Terremoto Abruzzo - TG1 - Edizione straordinaria ore 1300 del 6Aprile2009
Sopra, lo spirito di riscossa del popolo abruzzese dopo il sisma.
6 Aprile 2009 – Il diario di uno sfollato
Sopra, L’Aquila Natale 2010
L’Aquila 6 Marzo 2010 – Per non dimenticare – Un disastro annunciato.
Sopra, il giorno del ricordo
L’Aquila 6 Aprile 2010
25.000 fiaccole, 308 vittime, 308 rintocchi
mentre la città torna ai cittadini
Sopra, L’Aquila la fiaccolata del 6 Aprile 2010
Poche righe per un triste ricordo.
In una città fantasma, dimenticata per un anno dai media che si sono prostrati al volere di chi ha voluto diffondere una verità monca, di parte, nella quale si è dato ampio spazio e luce di riflettori ai nuovi insediamenti del progetto CASE, alle new towns, mentre quegli stessi obiettivi, quei microfoni non sono mai stati concessi ai cittadini, dando spazio alla città. L’Aquila, la città distrutta, presidiata dalle forze dell’ordine e dall’esercito, sottratta da un anno ai suoi abitanti.
La gente non ha mai potuto parlare di se attraverso i media, quella stessa gente che oggi, in questa fredda notte, silenziosa si è radunata per ricordare quel triste evento.
Oggi sono oltre 25.000 i cittadini che si sono spontaneamente raccolti, e sono tanti per una città che prima del sisma contava solo 74.000 anime, e che ancora oggi ha oltre 52.000 abitanti che non hanno casa, assistiti in vario modo dalla Protezione civile.
L’appuntamento alla Fontana Luminosa, quattro grandi cortei partiti da altrettante periferie hanno attraversato la città, oltre 25mila persone hanno sfilato nella grande fiaccolata per le vie, quelle percorribili del centro.
Alle 3,32, lettura dei nomi delle 308 vittime del sisma in una Piazza Duomo gremita di folla.
In precedenza si era tenuto un consiglio comunale all’aperto, durante il quale sono stati letti il messaggio del premier, che tra le righe riporta testualmente: “C'è chi infanga il lavoro del governo, ma noi abbiamo fatto record”, e qui, sull’argomento del “fare” parte una bordata di fischi e rumori che hanno coperto del tutto le parole dell’oratore di turno.
Successivamente, è stata la volta del discorso del Presidente della Repubblica, che in un passaggio dice ”L'Italia seppe unirsi. La Protezione civile si dedichi solo alle calamità. Non si perda in altre direzioni”, e al riferimento del ruolo istituzionale del ruolo che dovrebbe svolgere la Protezione Civile non sono mancati gli applausi.
Intanto in internet sul social network “Facebook” è partito l’evento "Una candela per l'Aquila".
Sopra e Sotto, la grande fiaccolata del 6 Aprile 2010 a L’Aquila.
Sotto, ancora immagini della fiaccolata del 6 Aprile 2010 a L’Aquila.
Sopra, quattro grandi cortei hanno attraversato la città, sono oltre 25.000 persone, sfollati giunti da tutte le parti per la fiaccolata del 6 Aprile 2010 a un anno dal sisma.
Sopra, manifestazione di protesta per la riapertura del centro storico
Sommario
Capitolo primo : Il sisma , gli avvenimenti che lo hanno seguito. 12
La vita prima del sisma (Gennaio - Marzo 2009, prima del sima) 13
Gli eventi (6 Aprile 2009, il sisma) 16
La fuga (6 Aprile 2009, subito dopo il sisma) 20
Roma (i primi 10 giorni dopo il sisma) 22
Nettuno (La vita da sfollati, i primi tre mesi) 24
Ciò che i media non hanno detto (analisi della situazione dopo quattro mesi) 27
I sfollati in tenda (lo smantellamento dei campi, sei mesi dal sisma) 29
La deportazione di massa sulla costa (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa) 31
I° episodio: ”La convivenza forzata” (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa) 32
Il controesodo, gli sfollati si riavvicinano a L’Aquila (riaprono le nuove scuole, i MUSP) 37
La vita ad Isola del Gran Sasso, l’agriturismo lager (Agosto – Ottobre 2009) 38
Le cose possono cambiare, una speranza per il futuro (la situazione dei sfollati dopo nove mesi) 43
Lo sporco uso della propaganda politica - (Marzo 2009) 45
Il giro d’Italia passa per L’Aquila - E la propaganda continua - ( 21 Maggio 2010) 48
Giugno 2010 - ed ancora non è finita - (fino al 6 Giugno 2010) 50
Gli ultimi avvenimenti (Giugno 2010) 52
16 Giugno 2010, il riscatto di L’Aquila e degli aquilani - (inizia la rivolta – Giugno 2010) 55
Ancora una volta a Roma - (07 Luglio 2010) 57
Un brutto presentimento (Agosto 2010) 60
Lettera al Vescovo Molinari ”Caro Vescovo” (Perdonanza Agosto 2010 ) 62
Lettera All’ass.re Stefania Pezzopane e al Sindaco Massimo Cialente (Agosto 2010 ) 64
31 Agosto 2010 la terra torna a tremare, 17 mesi dopo torna la paura ( Agosto 2010) 68
L’Assegnazione del M.A.P. n.°38 (23 Settembre 2010 - 17 mesi e 19 giorni dopo il 6 Aprile 2009) 70
Una riflessione sugli ultimi avvenimenti (Settembre 2010) 73
Il M.A.P. n.° 38 di Collarano (18 Ottobre 2010) 82
Capitolo secondo : La commissione grandi rischi, il mancato allarme, il caso Giuliani 85
La commissione grandi rischi (Marzo 2009, una settimana prima del sisma) 86
Il mancato allarme - Bertolaso io sereno (Gennaio – Marzo 2009) 90
Il mancato allarme - Onna denuncia esposto alla commissione Grandi rischi (Gennaio – Marzo 2009) 92
Il mancato allarme - «Ho perso tutto, dissero di stare tranquilli» (Gennaio – Marzo 2009) 93
Il caso Giuliani (Aprile – Dicembre 2009, la mancata prevenzione) 95
Capitolo primo : Il sisma , gli avvenimenti che lo hanno seguito
La vita prima del sisma (Gennaio - Marzo 2009, prima del sima)
Tutto comincia il 5 Aprile 2009, la situazione economica della città di L’Aquila e dei comuni limitrofi dopo anni di lenta agonia ha raggiunto il livello più basso, siamo alla sopravvivenza.
Sono ormai ricordi gli insediamenti industriali di Italtel, Selenia, Alenia, Res Romoli, Optimes, Calzaturificio Aquilano, Ada, Ravit, Rhone-Poulench Agro, Aventis Crop Science, Agriformula ……….. stabilimenti, che negli anni, avevano permesso una discreta crescita occupazionale nella città e nei comuni limitrofi, tale da richiedere una ampia espansione degli insediamenti urbani sul territorio, al punto da ricercare, destinare e realizzare nuove aree edificabili, nuovi quartieri come il popoloso quartiere di Pettino.
Solo dopo il disastroso evento, scopriremo che è stato edificato sopra una pericolosa faglia.
Poi, vuoi per la crisi economica che ha colpito tutti i paesi occidentali, vuoi per l’incapacità di pseudo industriali, e/o pseudo imprenditori, ai quali si è aggiunta una politica economica ed industriale di un governo incapace, rimasto scollegato dalla realtà del paese, intento solo a creare consensi con proclami elettorali, utilizzando allo scopo, tutti i mezzi di informazione disponibili, confezionando una realtà di parte, virtuale, la situazione economica è precipitata.
Infatti, solo dopo pochi mesi dall’inizio della più grande depressione economica dopo quella degli anni ‘30, tutti quei proclami sbandierati ai quattro venti, si sono spenti uno dopo l’altro, lasciando sulla strada intere famiglie in Italia, e soprattutto in questa provincia.
E a L’Aquila, le cose sono andate anche peggio, così mentre chiudevano uno ad uno tutti gli insediamenti più importanti, quelli che operavano ormai da decenni, la crisi occupazionale ed economica assumeva proporzioni devastanti.
Da ciò possiamo quindi concludere, che la situazione economica del territorio prima del 6 Aprile 2009 non era buona, anzi potremmo definirla agonizzante, all’epoca gli unici insediamenti industriali di un certo livello che ancora andavano discretamente erano quelli ad ovest della città, rappresentati dal polo farmaceutico composto da Sanofi Aventis, Dompè, Menarini, oltre agli impianti ad est, quelli del polo metalmeccanico che comprendevano Otefal e Edimo.
Tutti questi pochi impianti ancora attivi, nel loro complesso, potevano occupare un migliaio di addetti, ben poca cosa al confronto dei quasi cinquemila dipendenti della sola Italtel dei tempi d’oro considerando che la popolazione dell’agglomerato urbano cittadino superava le 70.000 unità
L’Aquila (prima del sisma)
Una città ancora bellissima, ricca di palazzi storici, chiese d’epoca, e beni sottoposti a vincoli ambientali e paesaggistici.
Un centro storico, che di per se è un monumento, immersa fra tre parchi nazionali, nelle regione VERDE d’Europa, dove la vita correva tranquilla, nonostante le già citate difficoltà economiche, dove si poteva ancora vivere bene, dove bastava uscire da casa per fare una passeggiata in centro, oppure, in 30 minuti, dal quartiere Santa Barbara, tra piante e boschi, immersi nella natura, era possibile raggiungere la Madonna Fore, che sovrasta la città, e che solo un anno prima, dei delinquenti avevano bruciato dandole fuoco, piuttosto che raggiungere in macchina la vicina pineta di Roio, sede della facoltà di Ingegneria, una delle migliori d’Italia o ancora andando verso Assergi, percorrendo la strada che collega la città alle sciovie del Gran Sasso “Campo Imperatore”, si incontra sulla destra la chiesetta della Madonna d’Appari, ricca di affreschi di assoluto pregio, e poi i suggestivi borghi del circondario molti dei quali si estendono nei quattro parchi regionali, tre dei quali contornano L’Aquila.
Questi, sono solo alcuni dei posti cari e noti a tutti i cittadini di L’Aquila, posti che solo se saremo fortunati un giorno potremo riavere, e che per ora rimangono ancora solo uno struggente ricordo di un passato che è andato irrimediabilmente perso, distrutto.
Poi, da Novembre 2008, comincia la lunga sequenza sismica, alla quale inizialmente non fa caso nessuno, poi i tremori aumentano di frequenza e intensità, da Gennaio 2009 la sequenza comincia ad avere una dinamica giornaliera, cominciano i primi commenti sulla stampa.
Ma la vita continua, mentre tra la popolazione cresce la preoccupazione, fino ad arrivare all’ultima drammatica settimana prima del sisma, fino alla chiusura forzata di tutte le scuole, imposta e voluta dal sindaco della città Massimo Cialente, fino alla ormai tristemente nota riunione della Commissione Grandi Rischi, tenutasi a L’Aquila quel 31 Marzo, anche questa richiesta è voluta dal sindaco, per arrivare al fatale annuncio dell’assessore regionale On. Daniela Stati, che, successivamente alla riunione della Commissione Grandi Rischi, in TV tranquillizzava la popolazione garantendo che non ci sarebbe potuto essere nessun evento di particolare rilievo.
Invece in quella nella notte drammatica, la terra trema nuovamente, trema prima alle 23.00 del 5 Aprile, poi ancora alle 01.00 del 6 Aprile 2009, sono le avvisaglie dell’imminente distruzione in arrivo.
Alle 3,32, una scossa di magnitudo 6,3 sulla scala richter, distrugge la città di L’Aquila e altri 56 comuni compresi nel cratere, provocando ingenti danni in altri 30 comuni, complessivamente sono coinvolte da questo triste evento circa 170.000 abitanti, per la maggior parte residenti nella provincia di L’Aquila.
Inizia qui il mio diario, da quando solo pochi giorni dopo il disastro comincia l’esodo, poi la fuga, ed infine la triste deportazione di massa di 40.000 abitanti, il 55% della popolazione cittadina, mentre vengono allestiti in tutti i comuni coinvolti, campi d’accoglienza, saranno alla fine 179 e conterranno fino a 20.000 sfollati, che per sette lunghi mesi dovranno vivere in una vergognosa situazione da terzo mondo, saranno oscurati dai media e scordati da tutti.
Infatti, la macchina della propaganda governativa, cavalcando la tragedia, decide di spostare il programmato G8, da l’isola della Maddalena a L’Aquila, raccontando che in questa maniera si sarebbe data maggiore visibilità alla tragedia di L’Aquila.
In realtà, tutto ciò aveva il solo scopo di nascondere la tragicità degli eventi, distogliendo, in quei tre mesi di preparazione dell’evento, l’informazione sulle reali condizioni di vita nei campi profughi e negli alberghi sulla costa, spostandola invece sui preparativi del G8 e sugli argomenti di politica internazionale, che agli occhi dell’opinione pubblica sono apparsi d’importanza mondiale.
Così mentre i problemi dei sfollati venivano oscurati dai media, la macchina della Protezione Civile coperta dagli eventi del G 8, passati in primo piano, cominciava a lavorare alle spalle di tutti noi, allontanati dalla città, dalle nostre case, e poi ingannati, utilizzati, strumentalizzati ed infine traditi.
Così noi delusi dagli eventi, tristi, perché deportati fuori città, allontanati dal nostro ambiente, dalla casa, senza la possibilità di frequentare amici che solo prima del sisma non sopportavamo, ed ora nella nostra solitudine ci mancavano terribilmente, senza riferimenti o luoghi di ritrovo, che da quella tragica notte ci erano preclusi, con la città bombardata come Beirut sotto stato d’assedio, controllata in ogni via, in ogni incrocio dai blindati dell’esercito, e dai servizi di polizia, avevamo perso tutto ciò che avevamo costruito in una vita, in 30 maledetti secondi, per sempre, ma ancora non immaginavamo cosa stava per accadere, ne cosa sarebbe accaduto.
Solo 10 mesi dopo, scopriremo, a seguito di intercettazioni ed inchieste condotte dalla magistratura, quali meccanismi, e quanti affaristi di palazzo si sono arricchiti sulla nostra pelle, sapremo che questo business è servito per permettere ai soliti amici degli amici di fare soldi facilmente.
Apprenderemo, che mentre i vigili del fuoco erano impegnati ad estrarre dalle macerie i sopravvissuti al cataclisma, alcuni delinquenti se la ridevano alle nostre spalle, persone che si sono spacciate per imprenditori, se la ridevano pensando ai ricchi appalti della ricostruzione.
SCIACALLI!!!!!!!!!!
Ci sono stati appelli, si temevano infiltrazioni mafiose nei cantieri della ricostruzione, invece scopriamo faccendieri di palazzo, invischiati con politica e con lo stesso Dipartimento della Protezione Civile nella costruzione dei nuovi quartieri del progetto CASE.
Così, mentre noi eravamo deportati sulla costa o richiusi in qualche campo dal lugubre aspetto, loro studiavano il modo per fare soldi, tanti soldi ed in poco tempo, sulle nostre disgrazie, fuori da qualunque controllo legislativo, coperti da leggi speciali, da ordinanze, che per gestire l’emergenza della situazione permettevano qualunque azione, giusta, pulita, onesta, ingiusta, sporca e disonesta, secondo gli attori che la recitavano.
Si dirà solo dopo, molto tempo dopo, che questo evento è stato il più grave, il più drammatico cataclisma, che ha colpito l’Italia negli ultimi 100 anni.
Gli eventi (6 Aprile 2009, il sisma)
Dopo il sisma delle 3 e 32, appena due ore dopo, la mirabile macchina istituzionale, era già attiva, addirittura in alcuni centri oltre a L’Aquila, erano già presenti le prime colonne di soccorso, mentre quella stessa notte, in città, erano in servizio solo una dozzina di vigili del fuoco.
Come mai?
Si è sbandierato ai quattro venti quest’efficienza, tutti sono rimasti colpiti da ciò, ma nessuno ha avuto il coraggio di formulare una domanda, la sola, che se fosse stata fatta, ed avesse avuto una risposta sensata, avrebbe automaticamente condannato proprio la mirabile macchina dei soccorsi.
Vi spiego:
Per percorrere l’autostrada Roma – L’Aquila, un automobilista che non vuole incorrere nel ritiro della patente o in salatissime multe, mantenendo una velocità di crociera di 110 km/h per tutto il percorso, che comprende viadotti, curve, gallerie e salite, ci può mettere con molte difficoltà 1 h, se non ci credete, provate.
Ora, chi è in grado di spiegarci, come, una colonna, composta da mezzi di soccorso, mezzi pesanti, che viaggia tutta assieme, con una vettura in avanguardia per rilevare lo stato della percorribilità della strada, riesce a raggiungere L’Aquila, partendo da Roma in appena due ore?
La cosa non sarebbe stata possibile, neanche se tutti i mezzi di soccorso, si fossero trovati pronti a partire al casello di Roma.
Quindi, è evidente, che c’è qualche elemento che non combacia con la realtà dei fatti.
Forse qualcuno sapeva e ha taciuto?
Forse qualcuno aveva previsto?
O semplicemente, vista l’anomala sequenza sismica che interessava il territorio da alcuni mesi, aveva allertato i soccorsi, trasferendoli in luoghi vicino alle zone poi colpite, con una precisione che ha del profetico?
Tutto ciò, considerando che solo il 31 di Marzo, sei giorni prima, la commissione grandi rischi che si era riunita a L’Aquila, aveva concluso i lavori in 30 minuti, dichiarato che tecnicamente era impossibile prevedere terremoti, e che comunque era da escludersi la possibilità di un terremoto disastroso, simile per intenderci a quello del 1703.
Ma quale grande macchina organizzativa, ma quale efficienza, chi credete possa realmente credere alla storia dei soccorsi efficienti.
La verità è davanti agli occhi di tutti, ufficialmente si è detto che nulla si poteva prevedere, che non esistono strumenti tecnici scientificamente attendibili, si è esclusa la possibilità di un sisma catastrofico simile a quello del 1703, ma la realtà è che subito dopo quella riunione è cominciato un monitoraggio a tappeto degli avvenimenti, che fino a quella data erano stati sottovalutati.
La verità è che già alla scossa delle 23.00, mentre alla popolazione non è stato dato nessun preallarme, questo veniva dato alla macchina dei soccorsi, che si è immediatamente allertata, la verità è che i mezzi di soccorso della Protezione Civile provenienti da tutta l’Italia, già si trovavano nei pressi dell’aquilano, quindi è stato facile intervenire in poco tempo.
Direte Voi, ma come, per essere pronti a gestire una possibile emergenza, il preallarme è stato talmente efficiente da riuscire a rispondere al momento del bisogno, in tempi da record, e Vi lamentate.
Si che ci lamentiamo, ci lamentiamo perché questo insensato comportamento, è stato la concausa di 308 vittime, persone che hanno avuto la sola colpa di credere, di fidarsi delle istituzioni che le tranquillizzavano, mentre non avevano preso in seria considerazione, ciò che stava ormai accadendo da tre mesi.
Oggi, nel dopo sisma, si vuole fare passare l’idea, che la colpa di questo disastro, sia da attribuire solo a quei costruttori, a quei tecnici che hanno edificato o permesso l’edificazione di abitazioni che di antisismico non hanno neanche il nome, o a quei politici, che hanno reso edificabili aree da interdire, aree attraversate da pericolose faglie.
Se tutto ciò è indiscutibilmente vero, come emerge dalle indagini della magistratura, è altresì vero ed evidente il concorso di colpa di chi doveva informare la popolazione e non lo ha fatto, di chi ha tranquillizzato la popolazione per paura del panico che si poteva generare dando un allarme o semplicemente un allerta, di chi non sapendo gestire gli avvenimenti di quei giorni ha preferito rischiare, giocando con la nostra pelle e quella di 308 vittime innocenti.
Infatti, a seguito di ciò, la magistratura a fine Marzo 2010, esattamente un anno dopo dalla famosa riunione della Commissione Grandi Rischi, che il 31 Marzo 2009 in soli 28 minuti, decise di non decidere, ha aperto un fascicolo a carico di una decina fra tecnici dell’INGV e di responsabili della Protezione Civile che diedero colpevolmente, informazioni tranquillizzanti attraverso i media alle popolazioni.
Domando, ma il Dipartimento delle Protezione Civile “D.P.C.”, da cosa ci ha protetto?
E, chi ha protetto?
E, come ha protetto?
Avanti, voglio risposte, che non siano però i soliti giochi di parole, risposte vere, da dare a chi ha avuto lutti, ai genitori di quei poveri ragazzi rimasti sotto le macerie della casa dello studente, o del convitto per esempio.
Il D.P.C. si è semplicemente limitato, ad intervenire dopo l’evento calamitoso, portando, si, generi di conforto, tende, coperte, ma anche bare e sacchi per recuperare le salme delle vittime di questa catastrofe, in totale 12.000 pezzi, 3.000 bare e 9.000 sacchi, ma per questo lugubre lavoro di recupero, bastavano i vigili del fuoco, l’esercito, il genio ed i servizi di onoranze funebri.
E allora mi domando e Vi domando, come mai la Protezione Civile si è presentata con un così considerevole numero di strumenti per il recupero delle possibili vittime?
Esisteva forse una previsione sulle consegue di una simile evenienza?
E allora, perché non si è fatto nulla per diminuire questo rischio, visto che le avvisaglie c’erano da alcuni mesi?
Forse il D.P.C., serve semplicemente per giustificare i stipendi di funzionari, dirigenti, superburocrati o portaborse del politico di turno, che operano alle spalle di quei giovani ragazzi, che credono di svolgere un’opera di volontariato, un’opera sicuramente ammirevole, svolta con impegno e dedizione, che loro, i superburocrati, sbandierano ai quattro venti, vantandosi dei risultati raggiunti, per i quali loro non danno, ne hanno mai dato un contribuito, un valore aggiunto, si sono semplicemente attribuiti meriti non loro.
Non tutti però sono a conoscenza, che una legge impone a tutti i comuni di avere un piano di emergenza, di evacuazione, che prevede delle aree già attrezzate con campi d’accoglienza, impone di predisporre nel tempo esercitazioni tra i civili per verificare l’efficienza di questi piani, e per metterne a punto di nuovi, più efficienti.
Ricorderete che solo alcuni anni fa, nel comune di L’Aquila venne simulato il terremoto, che piazza d’Armi fu trasformata in tendopoli, proprio come poi doveva tristemente accadere nella realtà.
Ora domando, ma dopo tre mesi di continue scosse, e soprattutto dopo la scossa del 4° registrata il 30 Marzo, possibile che nessuno, nel Dipartimento di Protezione Civile, ha ritenuto semplicemente utile montare questi campi, verificare il piano d’emergenza del comune, dare istruzioni alla popolazione civile, monitorare tutti quegli edifici che Abruzzo Engineering aveva segnalato pericolosi in caso di sisma?
No, questo non si poteva fare, c’era il rischio di creare allarmismo tra la popolazione, ma uno slogan pubblicitario, che è andato in onda anche sulle reti del nostro premier, non diceva che prevenire è meglio che curare?
Ed allora, un Dipartimento che ha come sua definizione “la Protezione dei Civili”, non dovrebbe forse fare prevenzione?
E non è forse prevenzione, dare istruzioni precise alla popolazione, montare qualche tendopoli, qualche ospedale da campo, qualche cucina da campo, al limite evacuare zone a rischio, com’era già accaduto in passato alcuni anni prima, quando proprio per un allarme sismico fu evacuato un comune intero.
Era già accaduto, poteva quindi essere evacuata anche una città intera, se solo c’era la possibilità di un simile evento, si dovevano dare informazioni dettagliate, precise, si doveva fare qualche cosa per prevenire danni ai civili al verificarsi di un simile evento catastrofico.
In questi casi, chi ha queste responsabilità, non dovrebbe pensare alla poltrona che occupa, ma alla professione che svolge, al ruolo che ricopre, al fatto che ogni sua mossa, ogni sua decisione, raccoglie la fiducia di tutta la popolazione.
Prima di denunciare il povero Sig. Giampaolo Giuliani, tecnico di laboratorio del I.N.F.N. del Gran Sasso, per procurato allarme, non sarebbe stato più saggio verificare il protocollo del funzionamento delle sue macchine, semplicemente testarle, vista la particolare situazione che si stava preparando a L’Aquila e dintorni.
Protezione Civile, ma se un ente che ha questo nome, non ci protegge da possibili eventi catastrofici come quello del sisma in Abruzzo, a che serve, quale utilità ha per la comunità?
Oggi, apprendiamo che il governo ha predisposto la trasformazione del Dipartimento della Protezione Civile in “Protezione Civile Spa”, e che questa si occuperà di tutti i grandi eventi.
E allora, ecco spiegato il perché, di come sono andate e stanno andando le cose.
Vigliacchi, avete approfittato di questa possibile disgrazia, avete sperato che questo evento ci fosse, solo per i vostri sporchi comodi, solo per fare un business, solo per i vostri zozzi guadagni.
Sono passati molti mesi da quella notte del 6 Aprile 2009.
Quella che viene descritta è un’analisi fatta a freddo, dopo una serie di avvenimenti, di scelte, che per i più vengono considerate eccellenti, quanto di meglio si poteva fare.
Probabilmente leggendo queste righe Vi renderete conto che forse la verità non è quella che è stata rappresentata dai media ufficiali, o almeno apprenderete che esiste anche un’altra verità, come in tutte le cose c’è sempre l’altra faccia della medaglia, quella che in questo caso specifico si è voluto e si vuole mantenere nascosta all’opinione pubblica.
Nessuno ha mai avuto, fino ad ora, la possibilità di contestare, criticare, o semplicemente esprimere un’opinione dissonante dal coro estasiato di genti che ancora oggi si dicono felici e riconoscenti.
L’obiettivo di quanto leggerete è appunto quello di dare voce ai dissidenti, senza sterili polemiche, senza pregiudizi, ma basandosi su dati reali, ben visibili e riscontrabili da chiunque, dati che anche Voi se vorrete potrete ricercare sulla rete, dati forniti e prelevati dai siti ufficiali della Protezione Civile e dai quotidiani che li hanno raccolti.
Iniziamo con una domanda. Si è detto, popolazioni felici e riconoscenti, per cosa e di cosa?
Da qui, da questa domanda inizia la mia, la nostra storia di sfollati.
La fuga (6 Aprile 2009, subito dopo il sisma)
Quella notte la terra aveva già tremato alle 23.00, io in quel momento ero già a letto, ed i figli si trovavano tutti in casa nelle loro stanze, dirò poi fortunatamente, mentre mia moglie stava finendo di sistemare la cucina.
Ricordo ancora il grido di Luca, che di corsa entra in cucina allarmato, preoccupato per la violenta botta e per la presenza di fronte alla sua camera, di un rudere malfermo, pericolante, sicuramente pericoloso per l’ambiente circostante.
Non abbiamo dato peso a tutto ciò, lo abbiamo tranquillizzato con le stesse parole che pochi giorni prima i portavoce della commissione grandi rischi avevano utilizzato per tranquillizzare la popolazione, sminuendo il rischio e la gravità della situazione che si andava delineando, solo dopo ci siamo resi conto del pericolo a cui ci eravamo esposti e avevamo esposto i figli.
Siamo andati quindi tutti a dormire, nella più assoluta tranquillità, certi che nulla poteva accadere.
Invece alle 3 e 32 la terra a tremato di nuovo, violentemente, tanto violentemente, al punto di svegliarci tutti, ricordo le grida di mia moglie Anna “Fausto il terremoto,… il terremoto …”, ricordo che ho cercato di tranquillizzarla con un abbraccio, ricordo, che mentre tremava la terra e ballava il letto sono andato con la mente ai figli, cosa stavano facendo? Cosa stava accadendo nelle altre stanze della casa, una casa del ‘600, in pietra, con i solai a volta, di per se pericolosa ……. ?
Poi la terra si è fermata, siamo corsi fuori dalla camera da letto, verso le stanze dei figli che avevano percorso la strada in senso opposto al nostro, ci siamo tutti ritrovati in cucina, e come per magia, sono partiti una serie di ordini perentori, in sequenza, a ciascuno di noi un compito, come se avessimo provato centinaia di volte un piano d’emergenza, la fortuna vuole che tutti i figli sono ex scout e noi abbiamo frequentato quell’ambiente per almeno 10 anni, quindi il panico non ha avuto il sopravvento sulla ragione.
Così mentre Marco usciva per spostare la sua autovettura, io prendevo documenti, soldi e chiavi della macchina, Luca e Chiara recuperavano qualcosa per coprirsi ed Anna terrorizzata, usciva da casa andando incontro ai nostri vicini, gridavano, parlavano ma non capivo di che, siamo fuggiti da casa, ci siamo salvati.
Tempo pochi minuti e siamo tutti in macchina, decidiamo prima di andare verso il comune, ma raggiunta metà strada la troviamo già interdetta per il crollo della chiesa del paese, allora decidiamo di spostarci verso L’Aquila, ma ci rendiamo conto che da tutti i paesi limitrofi alla città si è messo in moto un lungo corteo di macchine di sfollati.
L’unica soluzione che mi pare praticabile, e che viene condivisa subito da tutti in famiglia è quella di rimanere in zona, in macchina, possibilmente in un terreno sicuro, lontano da costruzioni o linee elettriche, in attesa del giorno e/o di istruzioni e soccorsi, quindi ci dirigiamo verso il posteggio del nuovo capannone Edimo, che poi sarebbe divenuto uno dei più importanti fornitori del ben noto progetto CASE.
Qui ci rifugiamo tutti in una sola macchina, con il riscaldamento acceso, perché a L’Aquila ad Aprile è ancora inverno e normalmente fa freddo, ma quella notte il freddo per ovvie ragioni era proprio tanto.
Intanto decidiamo di spegnere tutti i telefonini, meno uno quello di Marco, in modo da preservare la carica delle batterie consentendoci di avere per più tempo la possibilità di mantenere contatti telefoni con eventuali soccorsi, o per comunicare con i nostri familiari, tutti residenti a Roma e provincia, che credevamo in pena, scopriremo invece tranquilli fino alle notizie del giornale radio delle 7.30.
Proviamo ad avere notizie di ciò che è successo via radio, ma tutte le stazioni sono saltate e l’unica che riusciamo a sintonizzare trasmette solo musica classica, proviamo continuamente a telefonare sia a parenti che ai più stretti amici, ma il telefono rimane muto, intanto la terra continua a tremare una, due, tre, quattro volte, sempre forte, la macchina balla da paura, le scosse non le conto più, Anna non ha più voce, ad ogni scossa e un urlo, io e Marco cerchiamo di mantenere i nervi saldi, dando coraggio a tutti, ma nel nostro intimo abbiamo anche noi paura, e ci rendiamo conto che la situazione è estremamente seria.
Poi verso le 5.00 vediamo che dalla statale per Popoli scende una lunga colonna di mezzi, siamo distanti quindi non possiamo capire di quali mezzi si tratta, ma rimane nella nostra convinzione che si trattasse di mezzi di soccorso, di vigili del fuoco, protezione civile, chissà…………..
Siamo tutti colpiti da questo efficientismo, già ci assalgono i primi dubbi, già ci poniamo le prime domande, quelle che ancora oggi non hanno trovato risposta.
Come è possibile che solo dopo 1,30 h siano giunti i primi soccorsi provenienti da Pescara, percorrendo almeno 30 km di statale, oltre all’asse attrezzato e l’autostrada?
Intanto si è fatto mattina, il sole è sorto, torniamo verso casa, incontriamo una pattuglia dei carabinieri della locale stazione che ci informa sui danni in paese, e sulle prime cinque vittime accertate, incontriamo anche i vicini, siamo tutti annichiliti, sembriamo dei zombi, siamo assonnati, rimbambiti, impauriti, non trovo altri aggettivi, la vicina nota che Anna è uscita di casa in pantofole e senza calze, quindi le offre un paio delle sue.
Decidiamo di andare via da San Demetrio, non sappiamo per quanto tempo saremo fuori, prendiamo a casa poche cose, recuperiamo Leo, il gattino di Chiara, e partiamo.
La prima tappa è trovare una pompa per fare rifornimento, ma per ora manca la corrente, sono le 8,30, tutte le pompe sono ancora chiuse, intanto dalla radio apprendiamo che la scossa delle 3.32 a provocato ingenti danni a L’Aquila e che le autostrade A24 e A25 sono state chiuse al traffico per verificare la stabilità dei viadotti, anche la SS Tiburtina ha subito la stessa sorte, scopriremo solo più tardi che l’unica strada ancora percorribile per Roma e la SS 17 fino ad Antrodoco per poi proseguire sulla Salaria fino a Roma nord.
Riusciamo a rifornirci di carburante, e via, si parte fra la disperazione che ci assale percorrendo la Statale per L’Aquila, all’altezza di Onna, ancora siamo all’oscuro della distruzione del paese e del numero delle vittime che ci sono state, vediamo una folla di sfollati si è riunita nel posteggio CRAI, solo dopo capiremo che erano gli abitanti di Onna e Paganica scampati alla distruzione, da quel punto inizia una lunga colonna di vetture che procede verso L’Aquila.
Dopo almeno un’ora di fila raggiungiamo e superiamo il bivio per l’Altopiano delle Rocche, arrivati nei pressi della salita di Collemaggio, la polizia ci blocca, l’acceso in città e precluso, per Roma si deve passare per la Mausonia percorrere il traforo di Roio e quindi riuscire sulla SS 17 all’altezza della Motorizzazione, da qui fino ad Antrodoco per poi proseguire per la via Salaria.
Ci dirigiamo verso Roma, durante il viaggio continuiamo ad ascoltare per radio le frammentate prime notizie sul sisma, ancora non sappiamo cosa è accaduto in realtà, non abbiamo ancora visto nulla, il peggio lo avremmo appreso una volta giunti a Roma, dai primi telegiornali, dalle prime immagini e dal conteggio delle vittime, che di ora in ora aumenta.
Roma (i primi 10 giorni dopo il sisma)
Siamo giunti a Roma, decidiamo di andare verso casa del suocero, che proprio quel Lunedì 6 Aprile 2009 usciva da un ricovero in ospedale. A dire il vero, per quel giorno, era comunque previsto che Anna sarebbe andata a Roma, e si sarebbe occupata del padre che veniva dimesso dall’ospedale, visto che i fratelli erano tutti impegnati per lavoro.
Giunti in casa, ci accolgono le sorelle ed i cognati di Anna, che inizialmente sembrano interessati ad avere notizie aggiornate, su quanto è accaduto a L’Aquila, invece nel tempo verrà alla luce tutta l’ipocrisia delle cose dette e fatte solo per circostanza, la falsità di facciata, che tutti noi abbiamo e non vogliamo ammettere di avere.
Così nel tempo, tra i parenti ci sarà chi avrà le più infelici uscite, ci sarà chi affermerà, che i terremoti come le guerre servono all’economia del paese, perché creano opportunità di lavoro e guadagno. Proprio quelle stesse parole, quei stessi concetti che verranno intercettati, quei stessi dialoghi tra imprenditori senza scrupoli che se la ridevano immaginando i guadagni che avrebbero avuto con la ricostruzione.
E poi, ci sarà anche chi avrà la sfrontatezza di proporci in affitto l’abitazione libera di un congiunto, abitazione, che fino a quel momento aveva rappresentato un costo, solo spese e tasse, mentre offrendola in affitto a sfollati, a canone concordato, magari pagato dalla Protezione Civile, così come previsto dalle successive ordinanze in materia, si sarebbe trasformata da un costo in una rendita, fatto veramente spregevole, perché proposto da uno stretto parente, operato sulla nostra pelle, esattamente come doveva accadere alcuni mesi dopo a tanti altri sfollati.
Ma anche i miei di parenti, avranno modo di mettersi in luce, questi infatti pure essendo tecnici delle costruzioni, pure essendo imprenditori nell’ambito delle costruzioni e delle componenti costruttive, mi proporranno di tornare a San Demetrio per verificare la situazione della casa, non avranno poi neanche il coraggio di salire le scale semplicemente per entrare in casa, per visionarla, e darmi quel conforto che in quei momenti poteva fare solo bene, anche se fosse stato solo di circostanza.
Una volta in casa, mi permetteranno di recuperare solo la poca biancheria intima trasportabile, quindi mi porteranno a visitare il comune di Rocca di Mezzo, per verificare, questa volta veramente da vicino, lo stato di agibilità delle seconde case.
A seguito di ciò, potevo rendermi conto quale fosse il reale motivo di questo viaggio.
Dopo soli tre giorni dal sisma, credendo di fare bella figura, i miei fratelli si erano offerti d’accompagnarmi a casa a prendere quelle poche cose strettamente necessarie alla sopravvivenza, ma mi rendevo conto che erano interessati solo a verificare i propri interessi, mentre loro non si rendevano conto della grande delusione che mi stavano dando, non mi sarei mai aspettato tanto cinismo.
E, mentre noi eravamo sconvolti dalle notizie dei danni, e delle vittime che di ora in ora, di giorno in giorno aumentavano, mentre seguivamo in TV l’immagini che continuavano a mostrare la distruzione di Onna, dell’ospedale regionale di Pettino, della Prefettura di L’Aquila, della Casa dello Studente, di Collemaggio, c’era chi tra i familiari “siamo nella Settimana Santa”, approfittando della nostra presenza a Roma, trovava comodo sbolognare i propri figli per essere libero per le proprie faccende, fregandosene allegramente della nostra situazione oggettiva di sfollati.
Poi è arrivata Pasqua, per noi questa non è stata una festa, bensì un triste lutto, dove tutto ci ricordava, casa, gli amici, il concerto che Chiara, con il coro delle voci bianche della “Barattelli”, avrebbe dovuto fare come tutti gli anni nella chiesa delle Anime Sante che avevamo visto in TV distrutta dal sisma, e poi il pensiero agli amici che da quella notte ancora non avevamo potuto contattare, mentre loro, i familiari, banchettavano in allegria con il nostro agnello, che non soddisfa il loro fine palato.
Credo che tutti noi, sfollati, sopravvissuti alla catastrofe, a seguito di quanto è accaduto, a seguito del comportamento che amici, parenti e familiari hanno avuto nei nostri riguardi abbiamo rivisto la nostra personale scala di valori, l’importanza delle cose, delle amicizie, e poi la degli affetti, anche quelli più stretti, anche quelli familiari, anche quelli dei genitori, fratelli e sorelle, riclassificando tutto secondo altre priorità.
Dopo sole 2 settimane trascorse a Roma, ci siamo resi conto che sarebbe stato impossibile convivere in quello stato, ci siamo resi conto che rimanendo più a lungo tra i parenti saremmo andati incontro a violente discussioni con tutti loro, quindi abbiamo deciso di trasferirci a Nettuno nella casa al mare dei miei.
Questo terremoto ha reso trasparenti le persone, ci ha permesso di rivedere molti giudizi sui conoscenti, gli amici, i familiari, ci ha permesso di dare importanza a valori scordati nel tempo.
Nettuno (La vita da sfollati, i primi tre mesi)
Cosi, dopo sole due settimane dal sisma possiamo già tirare una riga, fare un bilancio della situazione.
Allora, non abbiamo più una casa, scuola, lavoro, e poi non c’è più una città, non ci sono gli amici, i ritrovi, i riferimenti, le associazioni che frequentavamo, nulla.
Una volta trasferiti a Nettuno, dopo che con i miei fratelli e Marco avevamo riportato da San Demetrio tutto quello che si poteva prendere, la prima cosa che emerge è che l’abitazione non è attrezzata per viverci, ormai dopo anni di quasi abbandono, è solo una casa per le vacanze, manca tutto ciò che occorre in una casa per condurre una vita normale.
Inoltre la casa che avevamo appena lasciato era al massimo dell’efficienza e della vivibilità, tutti elettrodomestici nuovi in classe A+, mobili nuovi, 4 kw di impianto fotovoltaico da montare, e poi doccia idromassaggio, caldaia a condensazione, librerie, un comodo divano in sala, tutto arredato in modo confortevole ispirato alla massima efficienza energetica, avevamo messo su proprio una bella e confortevole casa, tutti avevano la loro bella stanza, non le comuni stanze delle costruzioni moderne, ma quelle di una volta, con spazi per tutti, con volte alte anche 4 m, stanze ben isolate con muri di oltre 60 cm di spessore, talmente spessi che Anna aveva dovuto attrezzare in cucina una campana per chiamarci tutti a pranzo.
Visto che, solo dopo un mese trascorso fuori casa, avevamo capito che il rientro sarebbe avvenuto in tempi lunghi, e che ci eravamo altresì resi conto che la casa che ci ospitava era carente in tutto, ed oltre ad offrirci un tetto, cosa da non sottovalutare viste le condizioni dei molti sfollati sotto le tende, non poteva offrirci nulla di più, abbiamo preso la decisione di migliorare la vivibilità dell’abitazione, almeno dove era possibile.
Quindi, per poter tornare a un livello decente e soprattutto per non fare pesare ulteriormente la situazione ai figli, abbiamo deciso di correre al riparo, acquistando nell’ordine: una nuova camera da letto completa di reti, materassi, armadio 4 stagioni e comò, un secondo armadio 4 stagioni e due scrivanie per i computer di Marco e Luca, un letto completo di materasso e una libreria per Chiara, e poi ancora un armadio per asciugamani, accappatoi, prodotti d’igiene e accessori da bagno, ed ancora un armadio per l’esterno per detersivi e accessori per la casa, quindi una macchina a gas per la cucina, un congelatore, una lavatrice e un condizionatore, avevamo di fatto arredato completamente la casa al mare, ora almeno ci si poteva almeno vivere nella normalità.
Per liberare gli spazzi occupati dai vecchi ed inutilizzabili mobili, li abbiamo smontati, avendo cura di depositarli per un loro eventuale impiego nel momento che ce ne fossimo tornati nella nostra abitazione.
Il bilancio, dopo aver trascorso solo un mese fuori casa, è questo: abbiamo speso circa 8.000,00 € nella speranza di poter iniziare una nuova vita, almeno per il tempo che saremmo rimasti in quell’abitazione di fortuna, di poter tornare vivere degnamente, ma ci illudevamo e molto presto ci saremo resi conto che il tempo da trascorrere in quella casa si sarebbe misurato in anni, e non in mesi come voleva farci credere l’informazione ufficiale, l’informazione di Stato che ci bombardava di notizie attraverso i media.
Ma in quel periodo ancora storditi dagli avvenimenti, credevamo anche noi alle favole, solo alcuni mesi dopo ci saremo resi conto della gravità della situazione.
Comunque, fatto sta, che dopo un mese ci ritroviamo a circa 250 km da casa, in un comune che si trova a 60 km da Roma, immersi in un ambiente che ormai non ci appartiene più, anche se siamo nati e abbiamo vissuto per oltre 35 anni a Roma e dintorni.
Nettuno, era per me il luogo delle vacanze fin da quando ero bambino, il paese lo conoscevo molto bene, pensavo che non sarebbe stato difficile integrarsi, ma non consideravo che ormai avevamo vissuto per 23 anni a L’Aquila, che in quegli anni avevamo imparato a vivere, mentre qui, come in gran parte dell’Italia, si doveva sopravvivere.
Infatti, come era da immaginare, non ci siamo più ritrovati in questo ambiente, tutto ciò che accadeva ci portava sempre al confronto con quello che era ormai, il nostro naturale ambiente, il nostro vivere quotidiano, facevamo continuamente riferimento all’ambiente ed alla città che non avevamo più, coglievamo in tutte le più svariate occasioni che si presentavano sempre e solo i lati negativi, probabilmente perché i lati positivi non c’erano.
Stavamo facendo senza rendercene conto, le stesse valutazioni che avevamo fatto 23 anni prima, quando trasferiti da Roma per lavoro a L’Aquila, non riuscivamo a capire, ad inserirci in un ambiente che ci pareva composto da marziani.
Ora una volta inseriti in quell’ambiente, una volta fatto nostro quel sistema di vita, che ovviamente in una metropoli, in una città come Roma o come qualunque altra città di simili dimensioni, non poteva emergere, una volta cambiato uno stile di vita, ci accorgevamo che tornare all’origine non era più possibile, in quei 40 tragici secondi avevamo perso per sempre una parte di noi, ma questo dopo tutti questi mesi ancora nessuno lo ha capito.
Nessuno tra i parenti, tra i familiari ha compreso, ne poteva comprenderlo, loro da sempre avevano vissuto in quello ritenevano che in assoluto fosse il migliore stile di vita, non avevano avuto la fortuna di sperimentare come noi l’esistenza d’altri modi di vivere, loro non sapevano, ne lo potranno mai sapere, che si può vivere diversamente e meglio.
Presi dall’angoscia cominciamo a cercare informazioni sulle reali condizioni di L’Aquila attraverso la stampa, poi telefonando agli amici che erano ancora nelle tende, ci accorgiamo che ormai non ci basta avere notizie in questo modo, passiamo a cercare notizie su internet, visitando i siti dei comitati, e poi una, due, tre volte a settimana partiamo da Nettuno alla volta di L’Aquila, qualunque scusa e buona per tornare in città, per vivere poche ore soffrendo nella ormai sempre più nostra amata città.
Andata e ritorno circa 500 - 520 km in un giorno, uno stress che emergerà in poche settimane con un violento impatto sulla nostra salute.
Spostamenti massacranti, non solo per il viaggio in se stesso, ma per quello a cui dovevamo assistere ogni volta, sull’autostrada Roma – L’Aquila gli unici mezzi che si incontravano erano quelli dei vigili del fuoco, della Protezione Civile, e poi in città sempre ed ovunque mezzi dell’esercito, blindati, e polizia di stato, finanza, carabinieri, che in quel periodo di preparazione al G8, erano presenti ovunque e sempre in assetto antisommossa.
Ogni volta appena usciti dal casello Aquila-Ovest avevamo la sensazione di entrare in una città che sembrava appena conquistata dopo una estenuante battaglia condotta casa per casa, porta per porta, sembravano le immagini che molto spesso ci erano giunte in TV, quando ci mostravano le notizie che arrivavano da Beirut, prima sottoposta a spietati bombardamenti, e poi occupata dall’esercito.
E poi le manifestazioni, abbiamo partecipato da Nettuno a quasi tutte le manifestazioni che si tenevano a L’Aquila, organizzate di volta in volta da un comitato di cittadini, ad ogni manifestazione la triste conta delle presenze, notare che i giovani erano sempre pochi, troppo pochi per sperare di conquistare visibilità, e la Digos infiltrata tra di noi come fossimo i studenti ribelli del ’68, e quasi tutti eravamo irriducibili ex sessantottini con pochi capelli che tendevano impietosamente al bianco, vecchi cinquantenni ancora una volta fronteggiati da polizia e carabinieri in assetto antisommossa, per noi sessantottini d’allora e cinquantenni d’oggi la vita è stata proprio impietosa.
Cose indescrivibili, e difficili da comprendere per chi non le ha vissute sulla propria pelle.
Alla fine, logica conseguenza di questo stillicidio al quale ci siamo sottoposti per nostra scelta, è stata quella di ammalarci, la pressione è andata alle stelle, la notte non dormivamo più, avevamo continui attacchi di depressione, il medico che ci seguiva a Nettuno, ci aveva dato un tale numero di pillole da assumere giornalmente, che avevamo riempito un intero cassetto.
A questa situazione non proprio salubre, si sono andate ad aggiungere le notizie da gossip, che in quel periodo apparivano su tutti i quotidiani, ci rendevamo conto che si stavano spegnendo i riflettori su L’Aquila, spostandosi ancora una volta, tristemente sulla vita di quel personaggio, che definire ambiguo è poco.
Notizie che ci narravano le sue avventure con la minorenne di turno, o con la escort procurata da qualche imprenditore senza scrupoli, o faccendiere di palazzo, per ottenere favori dal consumatore finale, giusto per usare le parole dell’On. Avv. Ghedini.
Avventure, che non avremmo mai immaginato, potessero poi essere in qualche maniera replicate a L’Aquila, da altri imprenditori e funzionari dello Stato, coinvolti a vario titolo nella pseudo ricostruzione della città.
Intanto, ogni giorno che passa, prendiamo coscienza cosa abbiamo perso, ci rendiamo conto che il nostro disagio, la nostra situazione, non è capita da nessuno, neanche dai più stretti familiari, ed è a causa di ciò che i rapporti sono ormai ai ferri corti, per cui dopo tre mesi trascorsi in quella maniera, decidiamo che è giunto il momento di prendere una decisione.
La prima decisione che matura, valutata la nostra situazione, valutata l’oggettiva situazione nazionale, è quella di lasciare l’Italia, emigrare, ma dove?
Dopo una attenta analisi della situazione, ci sembra che la soluzione Svezia, possa in fin dei conti essere quella ottimale, e allora ci siamo buttati in internet alla ricerca di informazioni più aggiornate, siamo già a conoscenza che la Svezia è una democrazia socialista del baltico portata ad esempio per l’efficienza dello stato sociale. Siamo talmente convinti di questa possibile scelta che decidiamo di verificare il costo della vita, così apprendiamo che è paragonabile al nostro, fatto salvo che la loro moneta, la corona, vale 1/11 dell’euro, ed io avendo ancora a disposizione una parte della liquidazione la potrei investire in una attività o nell’acquisto di una casa.
Optiamo per la casa, dopo una nuova ricerca in internet, scopriamo che con l’equivalente di 55.000,00 € si può acquistare una signora casa, prendiamo accordi e contemporaneamente contatti con l’Ambasciata di Svezia in Italia che ci invita ad effettuare un viaggio per prendere contatti con il consolato italiano.
Per il mese di Giugno programmiamo il viaggio, dobbiamo prima verificare con i figli, in particolare con Marco questa evenienza, ma mentre Luca e Chiara sono entusiasti, Marco è contrario, non vuole lasciare l’Italia ne tanto meno L’Aquila.
La discussione diventa serrata, alla fine è Marco che ha la meglio, a questo punto, anche se l’idea di emigrare all’estero è stata accantonata, e certo che noi non intendiamo rimanere a Nettuno, l’unica alternativa che rimane è quella di riavvicinarci a L’Aquila.
E’ giunto il momento di tornare nel nostro mondo, dobbiamo essere noi a prenderci carico del nostro destino, del nostro futuro, prima che ci cada irrimediabilmente addosso dall’alto.
Così, contattiamo il nostro comune, chiediamo di rientrare, di trovarci una qualunque sistemazione, anche una tenda, siamo disposti a tutto pur di tornare nel nostro mondo, tra chi ha come noi ha vissuto quei tragici momenti, tra chi può capire i nostri sentimenti e il profondo l’attaccamento per quei posti ormai distrutti.
Dopo soli due giorni di attesa, ci informano che ci hanno sistemato in albergo a Roseto, il tempo di preparare poche cose e partiamo.
Inizia da questo momento la nostra avventura da sfollati, avventura che ancora oggi stiamo vivendo, e che ci rendiamo conto durerà molto, ma molto tempo ancora.
Ciò che i media non hanno detto (analisi della situazione dopo quattro mesi)
Ricordate i primi giorni dopo il sisma?
Dalle riprese fatte per lo più dall’alto, si mostrava si una città danneggiata, ma quello che si distingueva chiaramente, erano i centri storici dei piccoli borghi e comuni limitrofi, dove le abitazioni in pietra erano rovinosamente venute giù, dove si potevano vedere chiaramente gli edifici scoperchiati.
Mentre le visioni di insieme, prese dall’alto mostravano il resto della città senza evidenti danni, le periferie, il quartiere di Pettino, quello più nuovo e popolato, essendo nella sua totalità edificato in cemento armato, sembra non aver subito danni.
Il messaggio che è passato sui media è stato questo: “la parte vecchia della città, i monumenti, e le vecchie chiese, sono venute giù a causa dell’età e del tipo di costruzione in pietra. Nei borghi ci sono danni per lo stesso motivo, il resto della città, come evidenziato dalle immagini televisive dall’alto, non mostra danni evidenti, eccetto qualche edificio che si precisa costruito malamente come la Casa dello Studente”.
Tutto sommato poteva andare peggio, in fin dei conti ci sono state solo 308 vittime, disprezzando le vite di quei poveri innocenti rimasti sotto le macerie della città, delle frazioni, dei borghi e di tutti i comuni coinvolti nel catastrofico evento.
Allora cominciamo con un poco di vecchia e sana controinformazione, andiamo a vedere i palazzi in cemento armato da vicino.
Quello che dall’alto sembra una zona sicura, si rivela un disastro, i pilastri dei primi piani hanno quasi tutti collassato, palazzi di tre, quattro piani sono letteralmente scesi di un piano, quelle che prima erano cantine, box o garage, non esistono più, i primi piani sono divenuti piano terra.
Tutto ciò dall’alto, con le riprese fatte dagli elicotteri, non è, e non può essere visibile. Le immagini vere, reali, non sono mai andate in onda, nessuna rete televisiva nazionale si è curata di ciò.
Solo pochi giorni dopo il sisma era iniziato il controllo sull’informazione, mentendo alla nazione che da subito è stata privata della verità, mentre le sole informazioni che passavano erano quelle che avrebbero fatto comodo, che sarebbero tornate utili ai politicanti di turno.
L’informazione dei media si è soffermata sulla evidente totale distruzione di Onna, dove in riferimento agli abitanti c’è stato il maggior numero di vittime. Utilizzando ad arte questi lutti, il dolore e la paura della gente, si è strumentalizzato il messaggi che veniva inviato alla nazione.
Onna contava circa 300 abitanti, L’Aquila nel suo insieme ne contava oltre 70.000, la differenza è evidente, quella che agli occhi di tutti è la distruzione di un centro abitato, di una periferia, è ancora più evidente nelle foto della città che non sono mai state rese di pubblico dominio.
Non si è detta la verità sulla catastrofe, non sono stati raccontati gli avvenimenti prima di quel 6 Aprile, nessuno ha passato l’informazione relativa ai messaggi tranquillizzanti lanciati dai mezzi d’informazione fino ad una settima prima del disastro.
L’informazione è stata strumentalizzata, usata con sapienza per inviare i messaggi che interessava inviare, con i contenuti di volta in volta più convenienti al caso, dimenticando di dire che la città di L’Aquila, che tutto il suo vastissimo centro storico, dove pulsava l’economia cittadina, era composto da edifici medioevali, d’epoca, tutelati ancora oggi per la maggior parte dalla sovrintendenza, che questi, per le loro caratteristiche, non potevano certo essere paragonati per grado di sicurezza ad edifici in cemento armato, che erano per la maggior parte edifici in pietra, adeguati nel tempo alle leggi sull’edilizia risalenti a 50 – 60 anni fa.
Non si è detto, che in considerazione di ciò che stava accadendo da oltre tre mesi, era il caso di verificarne la stabilità, non si è detto che le istituzioni, le stesse osannate per l’efficienza dei soccorsi, non si erano assolutamente preoccupate colpevolmente di ciò, non si è detto che uno studio condotto dal fisico Gaetano De Luca e successivamente dalla Regione Abruzzo, aveva indicato alcuni anni prima, il rischio sismico degli edifici istituzionali della città, quegli stessi edifici che sono poi rovinosamente venuti giù.
E se il sisma delle 3,32 ci fosse stato alle 8,32?
Quando tutti i palazzi istituzionali erano in piena attività, quando tutte le scuole di ogni ordine e grado erano piene di studenti e insegnanti, quando le aule dell’università di L’Aquila erano complete con oltre 24.000 studenti, ci rendiamo conto quale disastro? Che proporzione avrebbe assunto questo evento?
Non si è detto che la zona interessata dal sisma era stata declassata da zona sismica a livello di rischio 1 in 2.
Non si è detto ……………………………. ma si sapeva già tutto.
Detto questo, fatte queste premesse, emerge automaticamente, che un sisma di magnitudo 6,3° su edifici di questo tipo poteva solo essere devastante, come è stato.
Il centro cittadino, oggi che alcune vie cominciano ad essere percorribili, risulta agli occhi di tutti noi devastato e raso al suolo, emerge così, tutta la gravità della situazione, emerge, come oggi sia economicamente difficoltoso, progettare un modello di recupero del centro storico, come le varie ordinanze della Protezione Civile, risultino del tutto inadeguate per affrontare la specifica problematica, emerge, come la direttiva governativa n.° 39 convertita in legge n.° 77 del Giugno 2009, quella che prevede la ricostruzione delle sole prime case sia del tutto inefficace alla ricostruzione del centro storico e dei borghi dei comuni interessati dal sisma.
A seguito della legge n.° 77, le successive emanazioni, scelte, strategie, ci renderemo conto, come queste siano costruite per andare in una direzione opposta alla ricostruzione, che sempre di più porta ad una sola triste conclusione:
“L’Aquila, il suo centro storico, rimarrà per sempre una rovina, diverrà come Pompei, con una sola differenza, nel frattempo sono passati 2000 anni, e, tristemente si deve ammettere che non abbiamo imparato nulla dalla storia”.
I sfollati in tenda (lo smantellamento dei campi, sei mesi dal sisma)
Immediatamente dopo il sisma del 6 Aprile, mentre 40.000 sfollati vengono spostati verso la costa, facendo loro credere che avrebbero alloggiato nelle moderne e confortevoli strutture alberghiere della costa, solo per i mesi necessari alla costruzione/ricostruzione della città, altri 20.000 sfollati rimasti in città vengono ricoverati nei 179 campi allestiti in tutti i comuni del cratere.
Questi hanno dovuto sopportare prima il freddo del dopo terremoto nei mesi di Aprile e Maggio, poi il caldo torrido nei mesi estivi di Giugno, Luglio ed Agosto, quindi il periodo delle piogge autunnali del mese di Settembre, fino alle prime nevicate del mese di Ottobre.
Tutto ciò con mirabile abnegazione, nel miraggio di ottenere la casa promessa per il mese di Settembre 2009, ottenendo dopo 6 – 7 mesi di vita in tenda, solo una nuova destinazione, sulla costa o nell’entroterra, imposta da qualche luminare, scordando sbadatamente di rivolgersi a sfollati, a scampati al tragico evento che pochi mesi prima aveva commosso e mobilitato l’Italia, scordando di rivolgersi a cittadini ITALIANI, quest’ultima parola scritta a chiare lettere maiuscole e in grassetto ROSSO, colore indigesto all’ imperatore Silvio I° d’Arcore.
Tutto ciò, esattamente come avviene da alcuni mesi per gli immigrati, che sprovvisti del permesso di soggiorno, con l’introduzione del reato di immigrazione clandestina ricevono il FOGLIO di VIA.
Scordando che questi poveracci, sono Italiani per cittadinanza, Italiani per essere onesti lavoratori, Italiani per le tasse e le imposte che loro hanno sempre versato, Italiani perché con le loro imposte hanno consentito a questo Paese, che sembra dimenticarli, di fronteggiare nel tempo, le emergenze delle popolazioni che hanno subito altri disastri simili, come: il Vajont, l’alluvione di Firenze, il sisma in Friuli, in Irpinia, in Umbria nelle Marche….. ed oggi, colpiti dalla più grande catastrofe degli ultimi 100 anni, vengono trattati come clandestini in patria.
Dico solo “VERGOGNA!!!!!” .
Dico inoltre che non si è voluto considerare, che molti dei 20.000 sfollati che non hanno voluto abbandonare la loro città, o il loro paese, che non ha scelto di andare sulla costa, che sono rimasti, accettando di vivere per sette lunghi mesi una vita così disagiata e promiscua, accettando le più incredibili umiliazioni, lo ha fatto per amore della propria terra, per motivi di lavoro, nella speranza o convinzione che restando, continuando a svolgere il proprio lavoro, avrebbero contribuito ad una più veloce ed immediata ripresa, ed un altrettanto veloce ritorno alla normalità.
Mentre, utilizzando questa condizione di evidente disagio, si è voluto perfidamente dividere, indebolire e strumentalizzare le proteste delle popolazioni colpite, mettendo di fatto gli sfollati assistiti nelle tendopoli contro quelli assistiti negli alberghi della costa.
Ed è in questa maniera, che la mirabile macchina istituzionale, ha fatto passare le peggiori porcate, norme, decisioni e ordinanze, come atti necessari per la gestione dell’emergenza, questo senza incontrare nessuna opposizione, strumentalizzando una tragedia di proporzioni apocalittiche, per una sporca propaganda di regime, facendo credere lucciole per lanterne, raccontando attraverso i media la loro verità, una verità di Stato come accade nelle peggiori dittature.
Ma domando, chi ricorda le manifestazioni cittadine di protesta, quando solo 100, 500, fino a 2.500 – 3.000 sfollati partecipavano alla protesta, su una popolazione di 20.000 sfollati in tenda e 40.000 sulla costa.
- Quando i cortei passavano davanti alle tendopoli, e si chiamava a raccolta a gran voce gli ospiti che non potevano uscire, perché presiediate dalle forze dell’ordine;
- quando nei campi era vietato introdurre volantini informativi o di protesta dei comitati cittadini;
- quando la Presidente della Provincia di L’Aquila, per entrare nella tendopoli di Piazza d’Armi, ha dovuto identificarsi, come un qualsiasi estraneo, anche se in veste istituzionale;
- quando nei campi se gruppi di sfollati si riunivano per discutere dei loro problemi quotidiani intervenivano i carabinieri;
- quando per mangiare occorreva presentare il passi;
- quando, per salutare un amico ospitato in una tendopoli diversa da quella d’appartenenza, veniva impedito l’ingresso;
- quando durante il G 8 la città è stata blindata per tre mesi, con Esercito, Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e Digos in borghese, che controllavano tutto e tutti.
Quale TV ha raccontato queste verità?
Quale media ha fatto vera informazione in questi lunghi mesi?
La deportazione di massa sulla costa (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa)
Ma vogliamo parlare anche della vita nelle moderne e confortevoli strutture alberghiere della costa?
Io non mi sono fatto mancare proprio nulla, ho avuto l’abitazione classificata “E”, e dopo tre mesi di autonoma sistemazione sulla costa laziale, sono stato alloggiato sulla costa abruzzese con tutta la famiglia, precisamente nel comune di ROSETO (Te).
Bene, vi posso, e voglio raccontare alcuni episodi accaduti in due mesi di vacanza pagata dai contribuenti italiani, lasciando a voi la libertà di esprimere un giudizio finale.
Premetto che gli avvenimenti che Vi illustrerò sono del tutto veri, realmente accaduti, sono documentati da fotografie, oltre dalle possibili testimonianze degli ospiti, che spero, non vorranno ancora oggi, dopo essere stati raggirati e portati in giro, mantenere ancora il loro atteggiamento omertoso, che ha permesso di raccontare solo falsità.
Allora, cominciamo con quanto previsto dalla Delibera n.° 582 del 12 ottobre 2009, varata della Giunta Regionale d’Abruzzo, riguardo le modalità e le norme di assistenza alle popolazione sfollate accolte negli alberghi.
Cominciamo con il trattamento offertoci presso l’Hotel che mi ospitava con la famiglia, che è composta da cinque persone, me, mia moglie Anna e tre figli Marco, Luca e Chiara, rispettivamente di anni 25, 23 e 15.
Appena arrivato a destinazione ci viene assegnato un appartamento composto da una stanza con il seguente arredo, un letto matrimoniale per me e mia moglie, un letto a castello per Marco e Luca, due comodini, un armadio basso due ante per contenere gli indumenti di cinque persone, quattro adulti ed una ragazza, oltre a uno stanzino con finestra attrezzato con un letto singolo per Chiara, e per finire un bagno con doccia, il tutto forse in 25 mq. scarsi.
Dopo solo una mezza giornata già cominciavo a pensare ai containers di triste memoria, come ad una eccellente soluzione, visto che le meravigliose strutture alberghiere che ci stavano offrendo ospitalità, erano paragonabili proprio a dei container, che avrebbero però avuto un costo infinitamente minore per la collettività, e un impatto ambientale prossimo a zero, inoltre non sarebbe stata necessaria la deportazione di 40.000 individui sulla costa in quanto potevano essere impiegati sul posto, in città, a L’Aquila .
Poi, subito dopo questo flashback, torno nella realtà per pormi alcune consequenziali domande:
Ma le norme di sicurezza, la 626, che fine ha fatto?
E dire che si opera attraverso la protezione civile, ma qui non si rispettano neanche le più elementari leggi sulla sicurezza?
Ma siamo seri!!!
E’ inutile aggiungere che per due mesi, oltre a vivere lo stato di sfollato, oltre al disagio di vivere forzatamente fuori della mia città, la mia abitazione del ‘600 che si componeva di 225 mq, deportato fuori casa, ho anche fatto, forzatamente, per ovvi motivi logistici, voto di castità.
Anche se non più giovani, capite bene, che solo coppie molto legate possono superare questi difficili momenti, fortunatamente noi siamo cresciuti assieme dall’età di 15 anni, non abbiamo subito contraccolpi di questo tipo, ci siamo però ammalati di ipertensione, per dormire abbiamo dovuto fare uso di pillole di ogni tipo, sono stati sicuramente due mesi duri da superare.
Veniamo dunque ad alcuni episodi emblematici:
I° episodio: ”La convivenza forzata” (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa)
Ma, questa situazione, è stata ancora di più dura da superare, per le giovani coppie, costrette a convivere con genitori, parenti e anziani.
Infatti, come volevasi dimostrare, accade che accanto al nostro per cosi dire appartamento, era stipata una giovane coppia con neonato, oltre ai genitori ultra ottantenni di entrambi i coniugi, ben sette sfollati, sei adulti di cui quattro ultraottantenni ed un neonato in un appartamento di meno di 25 mq.
Alla faccia della delibera regionale n.°582.
Ed io aggiungo, alla faccia del G8, e del ruolo di vertice che proprio in quei mesi l’Italia aveva. Per dare più lustro all’avvenimento era stato spostato da l’isola Maddalena a L’Aquila, per mostrare al mondo le capacità del paese, di una delle otto grandi economie mondiali.
Proprio una oscenità.
Ritengo che chi a permesso tutto ciò, andrebbe giudicato dalla “suprema corte di giustizia EUROPEA”, invece, viene dipinto, come il magnifico capo, della mirabile macchina istituzionale, che tutta l’EUROPA ci invidia, viene indicato come l’uomo più amato dagli Italiani, per chi non avesse capito, o avesse frainteso, mi riferisco al colui che è al vertice della Protezione Civile.
La promiscuità di vita che conducevano i nostri vicini da oltre 3 – 4 mesi, ha portato i vecchi (probabilmente già si era manifestato) all’alcolismo, a seguito di ciò, in più di una occasione questa forzata convivenza e sfociata in risse familiari, sedate dalle forze dell’ordine, dall’intervento del 118 e della protezione civile, che si è limitata, dopo un breve soggiorno in ospedale dei feriti/malati, nel rinviare gli stessi sfollati, nello stesso hotel, alle stesse condizioni, nella stessa stanza.
Tutto ciò, senza preoccuparsi minimamente delle motivazioni di quello che accadeva, del disagio psicofisico delle persone coinvolte, delle norme di sicurezza eluse da un imprenditore che definire aguzzino è poco.
Ma dove stavano gli addetti ai controlli?
Ed il Comune, il Sindaco, la Polizia Municipale, oltre alla Polizia di Stato, Carabinieri e la Guardia di Finanza, dove erano?
Che facevano?
Di cosa si stavano occupando?
La risposta è semplice, erano tutti impegnati ad assistere la Protezione Civile nell’organizzazione del G8 dentro la città distrutta, per garantire la sicurezza dei grandi della TERRA, in barba ai calpestati diritti costituzionali degli sfollati.
Ma questo è solo un anticipo di ciò che è stato riservato ai sfollati, di ciò che ho potuto costatare con i miei occhi, in quei due mesi di lussuosa vacanza.
II° episodio: “La discriminazione nelle confortevoli strutture alberghiere della costa” (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa)
La mensa come lo stabilimento balneare dell’hotel che ci ospitava vennero divisi.
Così, mentre i tavoli riservati ai sfollati non erano muniti di segnaposto ed erano apparecchiati con miseri tovaglioli di carta, quelli che ospitavano, o avrebbe ospitato i turisti, gli stranieri, i villeggianti erano ben apparecchiati e tutti muniti di segnaposto con l’indicazione del numero della camera.
Lo stabilimento venne invece diviso fisicamente, con tanto di indicazioni ben visibili anche dal lungomare, queste proponevano ai residenti dell’albergo due distinte zone di arenile, una riservata ai turisti, e l’altra riservata ai sfollati che in quel periodo erano ben oltre le 250 unità.
E fin qui, anche se di cattivo gusto, ci poteva anche stare, poteva sembrare un modo forse poco elegante per mantenere uniti i legami tra una comunità che aveva condiviso le stesse tristi recenti esperienze, una comunità provata da un unico comune drammatico evento, che quindi stando unita poteva curarsi da sola le proprie ferite, poteva trovare in se stessa la forza per reagire a quegli avvenimenti ancora troppo recenti.
Se non fosse che la parte riservata ai sfollati, si trovava nella zona di spiaggia completamente sassosa, sprovvista di arenile, sporca ed in prossimità di scarichi i dubbia provenienza, mentre quella riservata ai turisti risultava pulita, sabbiosa e ben curata, proprio il giorno e la notte.
In quei mesi c’è stata di fatto una evidente discriminazione fra gli assistiti dalla protezione civile “i sfollati”, ed i paganti, “turisti, stranieri, villeggianti”.
I titolari della struttura alberghiera che ci ospitava, si sono comportati come se fossero loro a pagare il soggiorno ai sfollati, che ospitavano per una loro scelta, per una disponibilità offerta alla protezione civile solo per un tornaconto economico di dimensioni inimmaginabili.
Facciamo un giochino con i numeri, vediamo quanto noi sfollati, rendevamo ai titolari della struttura alberghiera che ci ospitava.
Fatti due conti, risulta l’imbarazzante cifra di (250 sfollati * 64,00 € tariffa giornaliera * 30 giorni/mese) = 480.000,00 €/mese, che non mi sembra proprio una miseria per un hotel tre stelle.
E questa rendita parte dal mese di Aprile, che non mi pare proprio “alta stagione”.
Considerando poi, che questa forma d’assistenza si è protratta per sette mesi, il fatturato totale assume la dimensione veramente imbarazzante di (480.000,00 € * 7 mesi =) 3.360.000,00 €, oltre i 6.000.000,000,00 di vecchie £.
E dobbiamo considerare che questo calcolo si riferisce ad una sola struttura alberghiera, ci rendiamo conto delle dimensioni dell’affare?
Ma quale assistenza ai sfollati, ma quale piano per evitare i container, ma quale efficienza.
E’ stata fatta una scelta di carattere economico, che ha permesso ai gestori di aziende ridotte ad un imminente prossimo fallimento, d’ottenere un occulto finanziamento di stato a costo zero, senza nessun tipo di interesse, senza dover offrire nessuna garanzia o credenziale in banca, pagato con il contributo di tutti gli onesti lavoratori italiani.
Si è voluta favorire ancora una volta una lobby di potere, si sono trasferiti soldi dalle tasche degli italiani agli operatori turistici, facendo credere che ciò serviva per gestire l’emergenza sisma, per sottrarre i sfollati dai container, strumentalizzando i sentimenti degli italiani, che hanno ingenuamente creduto a questa versione dei fatti, e ancora oggi in molti continuano ancora a crederci.
E la conferma di ciò, l’abbiamo nella guerra che in quei mesi si facevano le strutture alberghiere della costa, quando si litigavano letteralmente l’opportunità di alloggiare sfollati, che poi trattavano immancabilmente come bestie, non c’era infatti la necessità di fidelizzare il cliente/sfollato, ma solo la necessità di avere un numero sempre maggiore di ospiti sfollati, in quanto a ciascuno di essi corrispondeva un compenso di 64,00 €/gg.
Per strutture a tre stelle, prossime al fallimento, strangolate da una grave crisi economica, vantare (480.000,00 € * 3 mesi)= 1.440.000,00 € di credito con lo Stato, maturato in un periodo compreso tra Aprile e Giugno, è molto più di una boccata d’ossigeno, è un vero terno all’otto, un colpo, un guadagno insperato, che può risolvere i tantissimi problemi che molti in quel periodo avevano.
Si è fatto passare il soggiorno estivo dei sfollati sulla costa, come il brillante risultato della gestione dell’emergenza, si è voluto enfatizzare che per la prima volta, a seguito di un evento di proporzioni catastrofiche, come quello che ha colpito l’Abruzzo, non si sia ricorso ai containers.
Si è fatta ancora una volta della sporca speculazione politica, perché se è vero come lo è, che non si sono utilizzati i container per ospitare i sfollati, è altrettanto vero che nessuno si è curato di verificare come questi fossero trattati nelle confortevoli strutture alberghiere della costa.
Ci si è scordati banalmente che i cosiddetti sfollati, sono prima di tutto esseri umani che hanno avuto lutti, che hanno perso casa, lavoro, vincoli sociali, amici, luoghi di ritrovo, che non hanno più una città o il piccolo borgo di montagna dove tranquillamente risiedevano.
Non si è considerato che in quelle condizioni, del tutto particolari, tutto ciò che accadeva intorno a queste persone veniva enormemente amplificato, veniva tendenzialmente vissuto sempre in maniera negativa, le cose più piccole, quelle insignificanti, quelle che in una condizione normale al massimo ci fanno sorridere, assumono in queste situazioni un peso, ed un valore scatenante, che può sfociare in reazioni incontrollate ed imprevedibili.
Si è voluto far passare questo tipo d’intervento, come il migliore risultato raggiunto da un paese occidentale, addirittura lo si è voluto paragonare con quanto rimaneva ancora da fare negli U.S.A. dopo la disastra dell’alluvione di New Orleans.
Se non è strumentalizzazione questa?
III° Episodio “Lo sfollato single di San Gregorio” (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa)
Vediamo ora a quali nefandezze è stato sottoposto il povero amico ……. che chiamerò Antonio, sfollato single, proveniente dal comune di San Gregorio.
Costui, come molti di noi ha perso tutto, unico suo avere, la sua vetturetta, l’unica vettura che non è andata distrutta in tutta San Gregorio, immortalata su Internet, e recuperata con un’operazione di mirabile tecnica dai Vigili del Fuoco.
Dicevo, costui, ospitato nel mio stesso hotel, più precisamente alloggiato sotto il mio sontuoso appartamento, in una cantina, priva di finestra, con un semplice lucernario, che si affacciava sotto il balcone della mia camera da letto, faccio presente che i fatti si svolgono nel periodo Luglio – Agosto, con 30° di temperatura fissa, in un locale pieno di scarafaggi, non adatto all’uso previsto nella delibera regionale n.° 582, è stato, per la sua semplicità, per la sua bontà d’animo, raggirato, ingannato, usato vigliaccamente dal titolare dell’hotel.
Gli si è fatto credere che per la sua peculiarità di single non avesse diritto all’assistenza della Protezione Civile, che se avesse accettato le condizioni stabilite dal titolare del hotel, sarebbe stato ugualmente ospitato e alloggiato in segreto, che in questa maniera avrebbe ottenuto lo stesso trattamento degli altri sfollati, in cambio avrebbe dovuto semplicemente svolgere alcuni lavoretti di manutenzione, ottenendo per questo anche un rimborso spese.
Nulla di più meschino e falso, per pagarsi questo alloggio ed il conseguente mantenimento che gli spettava di diritto, lo si è costretto a lavorare in condizioni di schiavitù, per ottenere il faraonico rimborso di 100,00 €/mese, ed oltre alle varie incombenze riguardanti l’albergo lo si è costretto a mettere a disposizione anche la propria vettura, spesso a proprie spese, per gli spostamenti dei titolari.
Il povero Antonio ha dovuto subire queste vessazioni, senza che nessuno intervenisse.
Ma dove erano i super pagati Funzionari, e le ispezioni della Protezione Civile?
A seguito della precaria situazione a cui era sottoposto, una villeggiante, fece una denuncia dettagliata in Comune.
Così accade che il giorno 14 Agosto si presentano per gli accertamenti del caso guardie comunali in divisa, e atro personale in borghese non identificabile, per eseguire le verifiche del caso con le seguenti modalità:
ispezione nella hall dell’hotel, dove questi accertatori ricevono, guarda caso in dono e senza che avessero condotto ancora alcuna verifica, un enorme vassoio di pesce.
Immediatamente dopo si conclude l’indagine, che per uno strano caso, non da corso a nessuna constatazione di illecito, e quindi a nessun tipo di sanzione, contrariamente a quanto previsto nella delibera Regionale n.° 582 che per questi casi prevede l’immediata sospensione della convenzione.
Ma non è finita, vi racconto ancora un episodio che contraddistingue l’accoglienza riservata ai sfollati nelle meravigliose strutture alberghiere:
una sera, all’ora di cena il titolare dell’hotel si è rifiutato di servire la cena ai sfollati, perché a suo dire si erano comportati in modo disdicevole per una struttura che ospita turisti.
Ha quindi imposto, per accedere al ristorante dell’hotel, che i sfollati si dovessero pagare il pasto che reclamavano e che spettava loro.
Che dire, non ci sono veramente parole, e questi fatti sono stati riportati anche dalla stampa locale il giorno dopo, ma manco a dirlo, non è accaduto nulla.
E ancora:
le telecamere che controllavano, spiavano i sfollati, in ogni loro azione sia nell’area di proprietà dell’hotel, che negli spazi comuni, nelle strade pubbliche e sull’arenile.
Come vogliamo definire questi comportamenti? semplicemente scandalosi, ma mi pare ancora troppo poco.
Tutto quanto descritto, evidenzia ancora una volta come si siano voluti premiare, finanziare, arricchire i soliti speculatori senza scrupolo, con la scusa della gestione dell’emergenza, dell’assistenza offerta ai sfollati, senza verificare minimamente quali fossero i servizi che realmente venivano offerti, permettendo a questi, come li vogliamo chiamare “imprenditori”, le più incredibili vessazioni verso chi era già stato duramente colpito dalla natura, e in alcuni casi tragicamente colpito.
Tutto ciò, è stato fatto passare attraverso i mezzi di informazione, i media, come una meravigliosa villeggiatura offerta da quell’ipocrita di primo ministro che in quel periodo, in quei tragici giorni, con cinismo aveva nell’ordine, e con una sfacciataggine che ha dell’incredibile, dichiarato:
- che avrebbe messo a disposizione dei sfollati le sue ville, “20 per l’esattezza”,
- successivamente a proposto crociere per i sfollati,
- quindi ha dichiarato di voler passare le ferie estive in tenda, con gli sfollati, di volere casa a L’Aquila, per poi definire le tendopoli camping
- poi …………
Di esseri spregevoli, che usano a proprio piacimento le sventure per costruirci abilmente sopra una notizia, una carriera, al mondo ce ne sono sicuramente molti, ma costui si è veramente superato, costui è stato capace non solo di rivoltare la verità, è stato capace di inventare, divulgare, far credete reale, vera, una realtà virtuale, costruita con la capacità dei suoi personali mezzi d’informazione.
Dire che costui è un essere spregevole è sicuramente riduttivo, ma la cosa grave e contemporaneamente triste è che costui ci governa.
Se ha usato i suoi mezzi personali per costruire finte realtà da diffondere tra la gente che governa solo per ottenere consensi politici, cosa sarà mai capace di fare, se e quando si dovesse trovare coinvolto in affari poco chiari che lo dovessero interessare direttamente?
Meditate gente, meditate.
Quello che è accaduto, che sta accadendo a L’Aquila e nei restanti comuni del cratere, in una prossima occasione potrebbe vederVi come protagonisti.
Il controesodo, gli sfollati si riavvicinano a L’Aquila (riaprono le nuove scuole, i MUSP)
Dopo i mesi trascorsi da deportati nelle meravigliose strutture alberghiere della costa, i più lungimiranti in previsione dell’imminente inizio dell’anno scolastico, hanno capito che era necessario riavvicinarsi alla città, la soluzione offerta agli sfollati è stata quella di rivolgersi al COI della zona di riferimento.
Per me e la famiglia, che ci trovavamo ospiti nel comune di Roseto, il riferimento è stato il COI di Giulianova, qui i volontari della Protezione Civile su richiesta di ciascuna famiglia che si presentava, si attivano per cercare soluzioni alternative al soggiorno sulla costa.
Ma, come era da immaginarsi, essendo appunto volontari, non avevano molta conoscenza del territorio, le soluzioni offerte, si sono rilevate, agli occhi di chi questi luoghi li conosce, improponibili, per lo più fuori luogo rispetto la necessità rappresentate.
In considerazione di quanto sopra descritto, posso evidenziarvi la mia personale esperienza.
Per avvicinarci alla città, il COI di Giulianova, ci ha proposto nell’ordine i comuni di Lucoli, Campo Felice, Rocca di Mezzo, evidentemente, non rendendosi conto, delle distanze ne della precaria viabilità di quei luoghi verso la città.
Ora, chi come noi conosce questi luoghi, chi conosce le distanze e le condizioni della viabilità già prima del sisma, chi conosce la meteorologia di quei luoghi d’invero, comprenderà, che queste sistemazioni, non potevano rappresentare la soluzione per avere un accesso più agevole agli istituti scolastici della città, di quello che avrebbero potuto avere rimanendo sulla costa.
Quindi, come moltissimi altri sfollati, non abbiamo potuto accettare questo tipo d’offerta, ma diversamente da altri, abbiamo insistito che verificassero ancora la disponibilità di soluzioni alternative, e, come per magia, è uscito fuori un agriturismo a Trignano.
Ora, per chi non è di questi luoghi, Trignano è una frazione del comune di Isola del Gran Sasso, un comune che si affaccia sul versate teramano del Gran Sasso, la frazione si trova a 2 km dal casello autostradale di San Gabriele - Colledara, e a solo 35 km dal casello di L’Aquila est, la zona che ospita la maggior parte degli istituti superiori della città disastrata.
Questa soluzione, per le distanze, e per il tipo di strada di collegamento, è tutta autostrada, ci è sembrata immediatamente la migliore, così, seguendo le indicazione che ci sono state date al COI, abbiamo fatto immediatamente visita ai gestori di questo agriturismo, ed abbiamo concordato che ci saremmo trasferiti da loro nel giro di una settimana.
Quindi a metà Agosto inizia nuova avventura in questo agriturismo, durerà tre mesi, poi, come avrò modo di illustrarvi, si risolverà nel peggiore dei modi, ma l’avventura nell’entro terra tremano continuerà e ancora continua, presso un’altra struttura dello stesso comune.
La vita ad Isola del Gran Sasso, l’agriturismo lager (Agosto – Ottobre 2009)
Ricordate, le vessazioni di Roseto, bene in questo agriturismo, le cose se volete, sono andate pure peggio.
Ma cominciamo dall’inizio.
A prima vista il posto, la sistemazione e l’ambiente, potevano apparire migliori di quello lasciato sulla costa, ma ben presto, man mano che sono sopraggiunti nuovi sfollati la realtà si è rivelata.
Nel breve volgere di 10 – 15 giorni ci siamo ritrovati a raggiungere il ragguardevole numero di 30 – 35 presenze, che per una struttura, non proprio alberghiera, nata come agriturismo, come residenza diciamo di fortuna per viaggiatori o vacanzieri mordi e fuggi, si è ben presto rilevata ingestibile.
Mi pongo subito la prima domanda:
ma nella meravigliosa macchina istituzionale, chi, aveva il compito verificare l’accoglienza e la capacità logistica di ciascuna struttura, ammesso che ci fosse qualcuno preposto a questi controlli?
Comunque, questa situazione si è ben presto rilevata ingestibile, soprattutto perché, come è emerso immediatamente dopo pochi giorni di soggiorno, i titolari hanno mostrato tutto il loro pressappochismo, tutta la loro più assoluta incapacità ed incompetenza nella gestione, che è andata sempre più peggiorando con l’aumentare degli ospiti.
Così è emerso:
- che nel passato questa struttura non aveva mai offerto pasti agli ospiti, ma si era limitata a fornire solo l’alloggio;
- che in questa struttura, non operava, ne aveva mai operato personale addetto alla gestione dei servizi;
- che quindi, per fare fronte alla delibera regionale 582, nella struttura, venivano impiegati parenti e amici dei gestori, che via via si sono improvvisati nelle attività di cucina, pulizia, amministrazione, con evidenti disservizi per gli ospiti;
- poi sono venute alla luce le carenze tecniche della struttura stessa, quali:
- inadeguatezza di un impianto di riscaldamento negli alloggi, che non essendo autonomo ma centralizzato, non era adeguato a coprire le singole necessità degli ospiti,
- e successivamente, l’inefficienza dell’impianto elettrico, che erogando una bassa potenza, non copriva l’esigenza di un cosi elevato numero di ospiti, saltando ad ogni banale sovraccarico;
- infine, emergevano tutte le carenze, e lacune derivanti dall’utilizzo nella gestione della struttura, di parenti e amici, che svolgendo nella vita altre professioni, non erano in grado di coprire gli orari imposti dai gestori, divenuti rigidissimi per i pasti;
così, accadeva sistematicamente che i tavoli venivano sparecchiati al volo, si mangiava con l’imbuto per stare nei tempi che i gestori avevano imposto ai sfollati, e a questo personale del tutto atipico;
finiti i pasti, il locale mensa e la cucina venivano chiusi a chiave dai titolari, che nel giro di 30 minuti lasciavano la struttura, e gli ospiti rimanevano fuori dall’unico locale della struttura caldo e coperto;
non rimaneva un luogo di ritrovo, un tavolo, una sedia, nulla per scambiare due parole, per socializzare, neanche ai carcerati viene negata l’ora d’aria;
- così accadeva che, dopo mangiato, nel periodo in cui il tempo lo ha consentito, Agosto metà Settembre, per scambiare due parole, ci incontravamo all’aperto, seduti sui ciglio di un marciapiedi, e poi via nelle nostre stanze;
una vita sempre più difficile da sopportare, scandita solo dagli orari della mensa, colazione, pranzo, cena. Il resto del tempo ogni famiglia lo passava chiuso nella propria stanza, senza nessun rapporto sociale.
Da sfollati deportati, ora ci sentivamo, ed eravamo, prigionieri di questi aguzzini, mia moglie Anna. diceva di sentirsi come in un carcere di massima sicurezza, come a “Le Costarelle”, il carcere di L’Aquila, senza che avesse commesso nessun reato. E questa descrizione, mi accorgevo che calzava a pennello con la situazione che stavamo vivendo in quel periodo.
Ma la situazione, con l’inizio dell’anno scolastico sarebbe ancora precipitata.
Tutti gli sfollati, che nel periodo Agosto – Settembre, si erano spostati dalla costa nell’entroterra, ed in particolare, tutti noi che ci trovavamo ospiti in quel campo di concentramento di Trignano, lo eravamo fatto con l’obiettivo di poter raggiungere le scuole in maniera più agevole, più comoda, senza l’assillo degli orari d’albergo.
Oltre a quanti di noi, avendo ancora un lavoro, speravano di potersi muovere meglio, di poter raggiungere il luogo di lavoro più agevolmente.
Niente di più sbagliato.
La viabilità della città, in quel periodo era ulteriormente peggiorata, vista la contemporanea presenza di cantieri del progetto CASE, di cantieri per la realizzazione dei MUSP (moduli uso scolastico provvisori), cantieri per la viabilità, le famose rotatorie, considerando tutto ciò, i tempi di percorrenza, da e per L’Aquila, erano divenuti ormai imprevedibili.
In aggiunta a quanto descritto, si aggiungeva la problematica di una turnazione caotica dei figli a scuola, vuoi per la precarietà degli edifici scolastici, molti dei quali ancora in costruzione, vuoi per le assenze imprevedibili degli insegnati, e poi gli allarmi sisma ed i conseguenti sgombri improvvisi ad ogni più piccolo evento sismico, e la successiva nevrosi che a tutti noi genitori ci ha assalito, il timore e la preoccupazione per i figli, che ogni giorno lasciavamo, nella speranza che tutto andasse a buon fine.
Insomma per dirla in breve una vita d’inferno.
Solo noi che abbiamo vissuto questi eventi, possiamo descrivere, capire questa situazione di precarietà, che strisciando si andava ad annidare nella nostra vita, trasformandosi in una situazione di normalità, che nulla aveva di normale.
Tutti noi, abbiamo cominciato ad accumulare ritardi su ritardi, non siamo più stati nelle condizioni di rispettare uno solo degli orari stabiliti dai conduttori, o meglio dagli aguzzini dell’agriturismo che ci ospitava, perché ciò era impossibile, vista la precaria situazione della città.
Quindi, si sono venute a creare delle situazioni molto particolari.
Alcune famiglie, come quella dell’amico Gianfranco, composta da quattro persone, lui, la moglie e due dei quattro figli, per una serie di problemi, si è trovata ben presto in difficoltà più degli altri, e nell’occhio del ciclone.
Infatti, come tutti noi, anche Gianfranco aveva la necessita di accompagnare a scuola Mauro, il figlio più piccolo, mentre, come molti di noi, doveva recarsi tutti i giorni al lavoro, ma in più doveva rispettare orari e turnazioni di lavoro, ben presto si è trovato in difficoltà nel coniugarli con gli imprevedibili orari scolastici, inoltre, anche Sara, la figlia che lavorava a Teramo, dovendo anche lei rispondere a turnazioni di lavoro, si è trovata naturalmente nelle condizioni di non poter offrire nessun appoggio alla famiglia, anzi ben presto è stata una degli ospiti più penalizzati.
Per fare fronte a tutti questi problemi, la famiglia di Gianfranco, ad esclusione della figlia, è stata costretta dagli eventi, ad organizzare la giornata autonomamente, quindi la mattina presto con in bocca ancora il sapore di un caffè bevuto di corsa, erano in macchina per rientrare la sera dopo le 20,00 – 20,30 trafelati da una caotica giornata di lavoro, nella vana speranza di potersi rifocillare con tranquillità, di scambiare due parole, di staccare la spina, invece proprio da qui sono iniziate le più scandalose vessazioni.
Sembrava che i conduttori della struttura lo facessero apposta, la cena veniva servita sempre prima, arrivando a servirla alle 19.00 – 19,30. La cattiveria dei conduttori della struttura, non si limitata nel servire loro i pasti sempre più freddi, immangiabili, hanno saputo fare di più, si sono superati, hanno cominciato a servire al tavolo non più nei piatti ma su vassoio.
E fin qui non ci sarebbe nulla di strano, se non fosse che la struttura essendo appunto un agriturismo non aveva un vero locale mensa, questo era stato ricavato da un locale attiguo alla cucina, dove erano sistemati tre tavoli nei quali sedevano per forza di cose tuti gli ospiti della struttura, più nuclei familiari nello stesso tavolo.
A seguito della modifica introdotta, accadeva sistematicamente che la loro parte veniva consumata dagli altri commensali, senza che i conduttori si curassero se ne rimaneva a sufficienza per loro, che quindi rimanevano sempre più spesso senza mangiare, o nella migliore delle ipotesi con le porzioni contate, sempre più ridotte.
Addirittura spesso quando tornavano, trovavano già sparecchiato e dovevano consumare la cena in stanza, cosa che accadeva con regolarità alla povera Sara, che tornando da Teramo doveva sempre mangiare freddo, in stanza, accontentandosi di quel poco che restava.
Una sera, i conduttori dell’agriturismo, sono stati capaci di lasciare il minestrone che era stato servito per cena, fuori dal locale mensa già chiuso a chiave, dentro un pentolone, con piatti, rigorosamente in plastica, e posate, forchette e coltelli, ma senza cucchiai, il tutto rigorosamente freddo, ci troviamo a fine Settembre, e da queste parti come a L’Aquila in questo periodo non è caldo, anzi cominciano le prime notti fredde, e dopo una giornata di lavoro, avrebbe fatto piacere un piatto caldo scambiando due parole.
Una cattiveria che ha dell’inverosimile, dell’immotivato, un comportamento da “Gestapo”, esattamente ciò che imponeva la delibera regionale n.° 582.
Ed i controlli direte, manco a dirlo, neppure l’ombra.
E le cose sono precipitate ancora di più, quando, con l’arrivo di un ultima famiglia, i titolari hanno completamente mollato quel minimo di gestione della struttura che formalmente, malamente, ancora avevano mantenuto, permettendo a questa famiglia, composta da sei persone, di prendere il sopravvento su di essi e su tutti noi.
Così questi nuovi sfollati, hanno potuto in poco tempo imporre i loro tempi, le loro esigenze, il loro modo di vivere a tutti noi.
Cosi è accaduto che la mamma, si è sostituita al personale dell’agriturismo, prendendo di fatto possesso della cucina, imponendo a tutti noi i gusti dei figli.
Una cucina, che se fosse stata sana, poteva anche essere accettata, ma invece si è rilevata disgustosa, fatta solo di porcherie adatte a bambini viziati, quindi abbiamo cominciato a mangiare tutti i giorni, solo ciò che mangiavano queste piccole pesti, roba fritta, congelata, surgelata, e poi dolci improponibili.
Infine, con molto poco buon gusto, questi signori con i loro comportamenti hanno fatto in modo di far trapelare una palese differenza sociale, che evidentemente non c’era, ne poteva esserci, vista la situazione di sfollati che ci accomunava.
Tutto ciò evidentemente frutto di un latente complesso d’inferiorità, che in queste precarie condizioni di sfollati, emerge come un muro a difesa dell’integrità della famiglia, muro e complesso, che probabilmente in una situazione normale, sarebbe stato represso o non si sarebbe manifestato.
Così, mentre noi ci sorbivamo i loro disgustosi gusti, è accaduto che sulla loro tavola si è materializzata una cucina del tutto particolare, sono apparse anche delle “aragoste”, alimenti certamente fuori luogo con l’emergenza di quei giorni, mentre a noi continuavamo ad essere serviti i soliti pasti.
Tutto ciò, di per se, anche se rimaneva di cattivo gusto, sarebbe anche stato accettato per quieto vivere, se la cosa non avesse trovato l’appoggio dei titolari, che praticamente avevano mollato la gestione, consentendo loro:
- prima l’accesso nel locale mensa,
- poi alla cucina,
- a seguire la scelta e l’imposizione dei generi alimentari,
- per finire la gestione dei fornelli.
Tutto ciò che invece a noi era precluso, interdetto, e che nel tempo, ha creato una situazione conflittuale tra le famiglie.
Così tra gli sfollati è cominciata prima la disapprovazione, poi con il tempo sono sorte le prime discussioni nelle quali si sono fatte notare e pesare queste situazioni sgradevoli, quindi le discussioni si sono trasformate in litigate, a volte anche furiose, per finire anche alle mani.
A questo punto, posso affermare che avevamo proprio toccato il fondo. Ho capito che era necessario riportare ordine, visto che quanto accadeva era in contrasto con i più elementari principi di convivenza, e con quanto previsto dall’ordinanza regionale n.° 582.
Così abbiamo cominciato ad indagare, abbiamo scoperto che il personale che svolgeva i compiti di cucina, pulizia e amministrazione non era assolutamente in regola, non era segnato, erano per lo più amici e parenti dei conduttori, veniva retribuito a nero, e non aveva le necessarie autorizzazioni sanitarie, ne aveva indumenti idonei a svolgere il lavoro, sia dal punto di vista della sicurezza, che dal punto di vista igienico sanitario.
Ma, a seguito di questi controlli, la cosa più grave che emergeva, e che questa struttura non avendo il personale in regola, era inadempiente con i versamenti INPS e INAIL.
Di conseguenza, se ci fossero stati dei controlli adeguati, non sarebbe stata in regola neanche con il relativo “DURC”, per cui non avrebbe potuto ottenere la convenzione con la Regione per la somministrazione dell’assistenza ai sfollati.
E allora mi domando ancora una volta:
Ma chi è che doveva fare questi controlli?
E perché non sono stati mai fatti?
E quante altre strutture hanno operato in questa maniera?
E tutti questi denari pubblici che si sono riversati su queste strutture, non sono forse un finanziamento illecito di attività fuori legge?
Ci sarà mai qualcuno che interverrà su questi temi?
Intanto i titolari, che avevano completamente perso il controllo della situazione, hanno cavalcato la situazione conflittuale tra le persone, aggiungendo benzina al fuoco, la situazione è ben presto divenuta esplosiva in vivibile.
Così, nel giro di 20 giorni i 35 sfollati ospitati nella struttura si sono volatilizzati, ogni famiglia è andata via, ha trovato una nuova sistemazione per proprio conto attraverso il COI di Giulianova, lasciando quel posto dove eravamo tutti divenuti prigionieri di questi aguzzini, nelle nostre stanze, dalle quali non uscivamo più neanche per mangiare, per evitare d’incontrarci.
Anche noi, che abbiamo cercato di rimanere il più possibile fuori da qualunque discussione, che abbiamo cercato sempre, in tutti i modi di evitare qualunque possibilità di attrito, alla fine, nostro malgrado, siamo stati coinvolti, ed ha quel punto, nel giro di due giorni, come gli altri abbiamo cambiato aria, trasferendoci in un’altra struttura alberghiera sempre nel comune di Isola del Gran Sasso nello stesa struttura dove l’amico Gianfranco ci aveva preceduto solo la settimana prima.
Ma mentre traslocavamo per l’ennesima volta, mi ponevo ancora una domanda:
“Ma come poteva essere possibile che il COI di Giulianova non inviasse una ispezione in quel posto?”
Non poteva essere normale che tutti i 35 sfollati assisti in quella struttura avessero chiesto contemporaneamente un trasferimento nel giro di una settimana. Mi sembrava evidente che l’anomalia facesse nascere un sospetto.
Ma a chi non frega nulla della situazione che vivono dei semplici numeri, o peggio, a chi è colluso con queste persone non può, ne deve dare nessun segnale.
Questo è stato per me il primo campanello d’allarme, quello che ha dato la definitiva conferma alle mie convinzioni, da questo ennesimo episodio che si andava a sommare a quelli vissuti a Roseto, ho capito che stava iniziando una nuova tangentopoli.
Solo molti mesi dopo ci sarà la conferma di questi fatti, quando apprenderemo che mentre L’Aquila tremava alcune carogne se la ridevano.
Questo è proprio un paese che non ci merita, l’idea di andarcene in Svezia era la più giusta, ma per ora avevo deciso con me stesso di non gettare benzina sul braciere, questa triste idea l’avrei condivisa solo con me stesso.
Le cose possono cambiare, una speranza per il futuro (la situazione dei sfollati dopo nove mesi)
Venivamo da una serie di esperienze tutte assolutamente negative.
Riepilogando: Roma, problemi di convivenza con i familiari, Nettuno, ambiente e luogo in vivibile, Roseto, le vessazioni dei titolari della struttura alberghiera, Trignano, il lager, l’incapacità e le vessazioni dei gestori.
Capirete bene che, dopo queste esperienze fatte sulla nostra pelle, in soli sette mesi vissuti da sfollati, errando da una struttura all’altra, eravamo pronti a reagire alla minima intolleranza, non eravamo certo nello spirito di subire ancora vessazioni, eravamo proprio inc…..ti neri, pronti ad andare allo scontro non appena si fosse presentata l’occasione.
Invece, accade qualche cosa di nuovo, di positivo, e nel tempo ci renderemo conto di molto positivo, la struttura che ci ospita è un Residence di Isola del Gran Sasso, dove ritroviamo l’amico Gianfranco, la sua famiglia che ci aveva preceduti una settimana prima.
Il luogo e bello, pulito, ordinato, ci sono altri sfollati, e tra questi c’è anche una famiglia che era con noi nell’hotel di Roseto, lascerà il residence per rientrare a L’Aquila, solo pochi giorni dopo il nostro arrivo.
L’Ambiente e bello, cordiale, quasi familiare, abbiamo subito modo di costatare come i conduttori di questa bella struttura, una deliziosa coppia avanti con gli anni, siano dei grandissimi lavoratori, gente veramente per bene.
Io e Gianfranco, ben presto catturiamo l’amicizia del titolare, il sig., Sergio, che ci racconta e aggiorna su alcuni avvenimenti che lo hanno coinvolto:
- i lavori, e le spese sostenute di tasca propria, per rendere da subito agibile la struttura danneggiata dal sisma, ci mostra i segni che non sono stati del tutto cancellati;
- successivamente a questi lavori l’immediata disponibilità data al COI di Giulianova per ospitare gli sfollati;
- l’attesa che il COI provvedesse ad inviare sfollati per tutto il mese di Agosto e per metà di Settembre 2009, mentre la struttura rimaneva vuota, ed i turisti erano stati respinti in attesa di quei sfollati che non arrivavano;
Così, mentre noi, tribolavamo a Trignano in quel lager, mentre in quei mesi molti sfollati che volevano avvicinarsi venivano inviati dal COI di Giulianova nella provincia di L’Aquila, nei comuni di Lucoli, Campo Felice, Rocca di Mezzo, in zone veramente improponibili, questa bella ed efficientissima struttura rimaneva vuota.
Perché?
Ci siamo risposti, quando un pomeriggio di fine Gennaio, io e Gianfranco abbiamo accompagnato il sig. Sergio al COI di Giulianova, per informarli che la struttura aveva alcuni appartamenti liberi, e ci siamo sentiti rispondere dal personale addetto che:
- l’obiettivo della Protezione Civile, era ora quello di spostare tutti gli sfollati dalla costa, in Provincia di L’Aquila;
- e che i sfollati rifiutavano la destinazione di Isola del Gran Sasso, preferendo le località della provincia aquilana, che venivano loro proposte.
Se volevamo sentire delle barzellette, questa in assoluto, viste le condizioni della città, e veramente la migliore, solo più tardi avemmo trovato una risposta a quel commento, quando mia moglie Anna incontrò per Isola del Gran Sasso uno sfollato, e il caso vuole che costui fosse il nonno di un ex compagno di scuola di nostro figlio Marco.
Dopo i convenevoli del caso costui informa Anna di essere alloggiato ad Isola proprio nel nostro vecchio Agriturismo, il lager di Trignano, assieme ad altri 15 – 16 sfollati tutti provenienti dalla costa che si erano appena sistemati da una settimana.
Ma come, il COI di Giulianova ci aveva detto solo pochi giorni prima che nessun sfollato accettava la sistemazione ad Isola del Gran Sasso?
Ci aveva informato che le direttive della Protezione Civile erano di fare rientrare tutti gli sfollati che erano sulla costa, nella provincia di L’Aquila?
L’offerta del sig. Sergio con molta gentilezza, era stata respinta?
E dopo due settimane vengono spostati 15 sfollati alloggiati sulla costa a Isola, e vengono tutti sistemati nell’Agriturismo lager di Trignano, quello stesso agriturismo dal quale la mia famiglia, quella di Gianfranco e altri 26 sfollati eravamo fuggiti perché divenuto invivibile, ed al COI di Giulianova che era a conoscenza di tutto ciò perché lo spostamento tra le varie strutture alberghiere poteva avvenire solo previo la loro autorizzazione, questi movimenti non avevano destato sospetti, e mentre il Residence di Sergio continuava a rimanere con le camere disponibili per i sfollati questi venivano tranquillamente indirizzati solo in quell’agriturismo.
Ma vuoi vedere che anche qui c’è qualche colluso?
Qualche interesse poco chiaro?
Intanto le attenzioni di questa deliziosa coppia verso di noi sono veramente esemplari, al punto che la sig.ra Tea aspetta tutti i giorni, l’arrivo dei studenti da L’Aquila, che con il bus riescono ad essere in tavola non prima della 15,00 – 15,30 per servire loro sempre un pasto caldo.
Ma fa anche di più, la mattina è sempre in piedi alle cinque per preparare una colazione calda a tutti noi, e le merende per i ragazzi che vanno a scuola.
Sergio, il marito, si impegna al massimo per rendere confortevole il soggiorno a ciascuno di noi, si preoccupa se non mangiamo, se stiamo male o indisposti, si fa in quattro per inventare ogni giorno un menù nuovo, si è addirittura attrezzato di tutto punto per servire i famosi arrosticini, con un braciere a motore, realizzato secondo le sue indicazioni, da un artigiano.
Durante il nostro soggiorno, veniamo a conoscenza del giorno in cui questa meravigliosa coppia compie l’anniversario di matrimonio. Io Anna e la famiglia di Gianfranco, anche per testimoniare la nostra riconoscenza a tutte le loro attenzioni nei nostri confronti, come quelle di tutti gli altri ospiti, decidiamo di offrigli un piccolo pensierino, un semplice ricordo dei giorni trascorsi finalmente in serenità nella loro accogliente struttura, una cosa molto semplice, per nulla impegnativa.
Tutto ciò ci ha legati ancora di più a loro, al punto che quando ci ha chiamato il sindaco del nostro comune per informarci che si erano creati i presupposti per un nostro trasferimento in una struttura alberghiera nei pressi di Stiffe, abbiamo trovato, perché comunque c’erano tute le prerogative, un modo cortese per rinunciare al trasferimento.
Sono ormai molti mesi che ci troviamo nella struttura del Sig. Sergio e della Sig. Tea, e crediamo che fino a quando non ci verrà offerta la possibilità di rientrare nel nostro comune, nei MAP, rimarremo se sarà possibile qui.
Lo sporco uso della propaganda politica - (Marzo 2009)
Durante questo lungo anno da sfollato errante per l’Italia, ho potuto assistere a tutto ciò che è nell’immaginabile di ciascuno di noi, mi sono quindi reso conto che al peggio non c’è limite, quanto affermo è supportato da quanto di seguito Vi descrivo, premettendo che questi sono tutti fatti veri e documentati.
Dunque, in questo periodo ho potuto assistere a quanti si sono potuti impunemente permettere di strumentalizzare la tragica situazione del dopo sisma, per qualunque fine, anche i più spregevoli.
Non poteva quindi mancare la politica, ed i vari politicanti di turno, venuti tra di noi, tre la gente, tra le macerie, a raccogliere il loro momento di gloria, manifestando una falsa solidarietà che nascondeva sempre e solo sporchi interessi propagandistici, quando non nascondeva i più squallidi interessi economici.
Ora, che il nostro premier ha utilizzato gli avvenimenti in Abruzzo, ed in particolare la distruzione di L’Aquila per un suo personale uso è ormai noto a tutti. Ma cosa vogliamo dire dell’uso volgare, sporco, irrispettoso delle 308 vittime del sisma e dei loro familiari, fatto in occasione della recente campagna elettorale per le elezioni provinciali di L’Aquila.
Lo sento come un dovere civico, debbo in qualche maniera documentarVi su quanto è accaduto in questo mese di Marzo 2010, proprio alla vigilia di quella triste data del 6 Aprile, divenuta giornata di lutto, per volere dei cittadini.
Dunque, come detto siamo alla vigilia delle elezioni provinciali di L’Aquila, la candidata del centrosinistra, la presidente in carica, l’On. Stefania Pezzopane, è data per vincente, infatti, da un sondaggio pubblicato solo poche settimane prima, risulta essere la presidente di provincia più amata dagli italiani, e sicuramente tra gli aquilani ed i sfollati.
Il centrodestra, specialmente a L’Aquila, dopo le recenti manifestazioni del popolo delle carriole, dopo gli scandali che si sono abbattuti su funzionari dello stato coinvolgendo i massimi vertici della Protezione Civile, è in condizioni critiche, serve evidentemente un guizzo per richiamare a raccolta i fedelissimi, per tentare di strappare questa importate provincia, divenuta strategica, per legittimare una politica nazionale di consensi costruita strumentalmente proprio sulla gestione del dopo sisma.
Allora, colpo di genio, qualche spregiudicato politicante di bassissimo spessore politico, pesca su internet una foto pubblicata ben 13 anni prima sui quotidiani dell’epoca, risalente al terremoto in Umbria, quest’immagine, indubbiamente riprende un campo profughi, dove sono immortalati dei container, ed è ben visibile che in questo campo c’è vita, sono ritratte persone in attività quotidiane, si vede chiaramente il campo con le vie d’accesso illuminate, come si vedono le luci in alcuni container, inoltre ci sono le serrande di alcune finestre alzate, segno evidente di vita.
Fin qui nulla di strano, si evidenzia semplicemente una immagine, uno fotogramma, uno scatto di alcuni anni fa, nulla di particolare, ma ecco il colpo di genio, l’idea delle idee, la foto viene mirabilmente tagliata, quindi viene composto un montaggio tra questo nuovo fotogramma ed una foto recentissima, che riprende uno degli edifici realizzati nei nuovi quartieri, le new town del progetto CASE, e voilà il gioco è fatto.
Ora al genio, basta aggiungere una didascalia a siffatta composizione, del tipo “Umbria e Marche 1997, governo Prodi, ad oggi container per famiglie-Abruzzo 2009, governo Berlusconi, ad oggi case antisismiche per le famiglie” il messaggio è forte, chiaro e di sicuro impatto sulle menti di chi ha subito un così devastante trauma da poco meno di un anno.
In questa maniera si e voluto mettere in contrapposizione il tragico passato delle popolazioni colpite dal sisma in Umbria, lasciate dopo 13 anni al loro destino, con le nuove costruzioni realizzate da questo esecutivo. Per rimarcare questo concetto basta aggiungere una frase, ed il gioco è fatto “il governo dei fatti, la differenza che conta”, strumentalizzando tutto ciò per fini propagandistici ed elettorali.
Questa analisi, che è del tutto soggettiva, risulta incompleta, manca infatti un’analisi del fatto che rappresenta, non viene indicato il luogo dove è stata scattata la foto, ne a quando risale il fatto documentato, il tutto poi non è suffragato da riferimenti giornalistici, non ci sono interviste o dichiarazioni rese dai residenti ritratti, ne degli amministratori locali, c’è semplicemente una foto con l’aggiunta di alcune didascalie.
Da questo fotogramma si può semplicemente affermare, innegabilmente, ciò che con questa immagine viene documentato, cioè un avvenimento che sicuramente è accaduto ma di per sé non dice nulla di più, non ci sono elementi per giudicare, sembra piuttosto un evidente uso strumentale e spregevole, di una innegabile situazione di disaggio di una comunità.
Del resto, per suffragare l’uso strumentale della politica basta andare indietro nel tempo, solo di pochi giorni, in occasione della programmata manifestazione di Roma, voluta dal premier, quando il coordinatore nazionale del Pdl, Denis Verdini, aveva invitato agli aquilani a partecipare in massa in segno di gratitudine al governo.
Costui scrive, ma mostra di non conoscere nulla di ciò che è accaduto in Abruzzo, di ciò che è stato fatto o non fatto a L’Aquila. Costui non sa neanche cosa sostiene di aver fatto il suo stesso governo, non conosce neanche i dati diffusi dalle fonti istituzionali ufficiali, pubblicate in internet, non sa quanti sono gli alloggi edificati con il progetto case, arriva addirittura a dichiarare che sono state consegnate case a 40.000 sfollati.
Ma come crede di sistemarli 40.000 sfollati in 4.500 alloggi, che hanno una superficie compresa tra i 40 ed i 75 mq lordi?
Sistemare 40.000 sfollati in 4.500 alloggi del progetto CASE sarebbe come dire, che in ogni abitazione ci infiliamo (40.000 / 4.500 =) 8,8 diciamo, 9 sfollati, ma vogliamo scherzare?
Ma il sig. Verdini dove caspita vive?
E poi, conosce le norme di sicurezza?
Sa che per ciascuna persona, in un alloggio spettano per legge 15 mq di superficie?
Come crede di stipare nove sfollati in 75 mq?
E’ questo sarebbe il miracolo Aquilano?
Questo è il governo del fare?
Stiamo messi proprio di m…a !!!!!!!!! (scusate)
Ed hanno pure la presunzione di fare raffronti con l’uso dei container nei terremoti in Umbria e nelle Marche, in quale triste occasione passata sono state stipate 9 persone in un container, in una baracca, in un alloggio?
E poi la gratitudine verso il governo?
E la popolazione beneficiata dalla straordinaria azione di Berlusconi?
Forse, la stampa becera e comunista, ha fatto in modo che non si sapesse, che il piccolo cavaliere a contribuito di tasca propria alla devastazione del territorio, per la realizzazione di interi quartieri, o meglio le new town, su terreni agricoli, spianando colline verdi e ricche di vegetazione nel “parco nazionale del gran sasso e monti della laga” ?
Ma che significa ciò?
Non siamo forse cittadini come tutti?
Non abbiamo anche noi diritti sanciti dalla costituzione?
Sui nostri stipendi, come su quelli di tutti coloro che percepiscono un reddito fisso, forse non grava fino a un decennio fa il contributo relativo alla voce GESCAL, che i giovani forse non conoscono, ma chi ha qualche capello bianco come me, conosce benissimo, sa che questa tassa serviva a finanziare l’edilizia economica e popolare.
Domando, tutti questi soldi, si parla di 2,4 miliardi di €, che fine hanno fatto?
dove sono le case popolari realizzate con i contributi dei lavoratori?
Ma lo vogliamo dire, le meravigliose new town antisismiche volute da questo governo contro i pareri di tutti, cittadini, enti locali, amministrazioni, tecnici, architetti, urbanisti sono state edificate con i nostri soldi, con i soldi di tutti gli onesti lavoratori italiani, e allora, per quale straordinario motivo dovremmo essere riconoscenti a un despota, che, come dichiara Verdini nella sua missiva, ha agito solo per i suoi interessi.
All’on, D. Verdini sfugge un dettaglio, il popolo ha una dignità.
Il popolo non si deve inchinare a nessun monarca o presunto tale, se le popolazioni locali sono in debito di riconoscenza, lo sono certamente verso il corpo dei vigili del fuoco, verso i volontari che hanno prestato la loro opera per mesi, mentre altri se la ridevano allegramente.
Sicuramente il popolo, gli sfollati non sono in debito di gratitudine con il piccolo cavaliere, che dopo quest’ultima uscita del coordinatore PdL on. Verdini, è ancora più piccolo del solito.
Sciacalli!!!!!!!!!!!
Il giro d’Italia passa per L’Aquila - E la propaganda continua - ( 21 Maggio 2010)
E la propaganda, continua.
In occasione del passaggio del giro d’Italia, per alcuni dei centri colpiti dal sisma del 6 Aprile 2009, mentre ancora oggi la circolazione in città, come in periferia, rimane caotica, mentre la maggior parte delle strade risulta essere ancora in uno stato pietoso, con vie dissestate, piene di buche e mancanti di segnaletica orizzontale o insufficiente, con i cantieri ancora all’opera per realizzare delle inutili rotatorie, che per ora hanno il solo merito di peggiorare la circolazione, gli organizzatori del giro d’Italia, mirabilmente, trovano conveniente tracciare un percorso, che guarda caso costeggia alcune delle 19 new town.
Forse tutto ciò non è proprio un caso, il sospetto che questo percorso sia stato studiato a tavolino, per permettere riprese televisive che per puro caso, inquadrassero al passare dei corridori proprio queste opere, proprio quelle 19 new town tanto chiacchierate in questi giorni, sembra lecito, infatti il percorso negli ultimi chilometri passa, sempre per una strana coincidenza, per San Gregorio, Onna, Paganica, Bazzano, Sant’Elia, proseguendo per Porta Napoli, per poi concludersi alla Villa Comunale.
E sempre il caso, vuole che in quelle stesse zone sorgano alcune delle 19 new town, proprio quelle dove le opere d’urbanizzazione sono state portate a termine, quelle che comunque si trovano in zone già integrate e servite da infrastrutture preesistenti nel tessuto urbano, nelle località di Paganica, Bazzano e Sant’Elia.
A Onna, fa bella figura il nuovo insediamento di Villette, perfettamente funzionante, che nulla ha a che vedere con i M.A.P. della Protezione Civile, queste sono state donate dalla provincia autonoma di Trento, realizzate dai tedeschi con i soldi della croce rossa, mentre il villaggio costruito e a San Gregorio è sopra un colle, quindi non è ben visibile dalla strada, anche questa è una casualità.
Tutto ciò accade sempre per uno strano disegno del destino, ad un anno dal sisma, in concomitanza a quanto sta venendo alla luce in questi ultimi mesi, proprio in coincidenza con la fine dello stato d’emergenza, con la fine del periodo nel quale i diritti civili delle popolazioni colpite dal sisma sono stati congelati, ma che dico, sono stati proprio sospesi da una dittatura imposta dai vertici, della Protezione Civile, che ha suon di ordinanze ha chiuso le popolazioni in un cordone invalicabile, un vero bavaglio alla libera informazione.
Tutto ciò dicevo, proprio quando cominciano ad emergere i vari intrallazzi di alcuni personaggi molto vicini ai vertici della Protezione Civile, e dello Stato.
Si è voluto evidenziare, mandando un messaggio televisivo subliminale, ancora una volta che a L’Aquila tutto è risolto, non ci sono più problemi, che la popolazione può tranquillamente esultare al passaggio dei ciclisti, e per rendere ancora più credibile la cosa, le strade percorse dai ciclisti hanno avuto una manutenzione preventiva del tutto speciale.
Infatti:
- si è provveduto prima a pulire i bordi dalle erbacce, mentre tutti noi sappiamo come sta ad esempio la scalinata di San Bernardino;
- si è rifatto il manto stradale solo delle strade percorse dai ciclisti, mentre rimane in uno stato pietoso nel resto della città;
- è stata completamente rifatta tutta la segnaletica orizzontale e si sono sostituiti i guard-rail;
avendo cura di effettuare questi lavori solo la dove si trovavano le telecamere fisse, che riprendevano o potevano riprendere l’avvenimento.
Nulla di più falso si poteva strumentalmente organizzare, e sono i comitati a testimoniare questo dissenso con striscioni e scritte, così comparivano lungo il percorso frasi del tipo, “Con + Chiodi sulla strada le bici vanno Cia-Lente”, e ancora “All’Aquila è tutto prefetto” che richiama l’ex prefetto Gabrielli, ed infine, prima dell’ultima curva, in prossimità di Porta Napoli, nei pressi dell’arrivo alla villa comunale “Noi 4 cialtroni voi 40 ladroni”.
Ma magia, la sospensione dei diritti civili continua, accade che il questore dà lo stop, la censura del terzo millennio si fa con la vernice nera, e viene tutto nascosto alle telecamere, il messaggio preconfezionato che si voleva dare agli italiani arriverà così come era stato preconfezionato dai media, senza contestazioni, apparrà tutto tranquillo e in ordine.
L’intervento dei cancellatori specializzati è stato immediato ed a ristabilito l’informazione di Stato, gli ordini del capo della questura Stefano Cecere sono stati eseguiti alla lettera e costui più tardi spiegherà: «È stata una disposizione nostra, ispirata da ragioni di opportunità. Si trattava, infatti, di frasi non riguardanti la manifestazione e, inoltre, poco opportune in una giornata di festa.
Una giornata di festa?
Ma il dr. S. Cecere cosa pensa che abbiano da festeggiare 49.000 cittadini che ancora vivono assistiti dalla Protezione Civile?
Questa giornata, che cade solo 45 giorni dopo la celebrazione del primo anniversario di quel 6 Aprile 2010, era secondo Lui da considerare “una giornata di festa”?
Ma stabilita da chi?
Per festeggiare cosa?
E chi?
Ma fortunatamente la fantasia del popolo delle carriole, non si esaurisce con le scritte sui muri o sull’asfalto, infatti vengo approntati dei striscioni, tutti con messaggi riguardanti la ricostruzione che non c’è e la situazione economica nella città devastata, con scritte del tipo “A maggio in rosa, da luglio al verde per tasse, mutui e prestiti” ed ancora, “L’Aquila, 15.000 nelle Case, 30.000 senza casa e senza lavoro”.
Questo è il vero miracolo aquilano!!!!!!!!!
Ma gli italiani non lo debbono sapere, il potere vuole che passi il messaggio preconfezionato, “tutto è stato risolto”.
Tra alcuni anni, ci troveremo ancora a parlare del sisma in Abruzzo, esattamente come ci troviamo ancora oggi a parlare dell’Irpinia, con la differenza che tra i due avvenimenti sono passati 30 anni, ma come potrete verificare non è cambiato nulla, non abbiamo capito niente dalla storia.
Ecco, questo è tutto, rimaniamo in attesa della prossima manifestazione di grido da convocare a L’Aquila, inutile, come lo è stato la prima, quel G8 che ci avrebbe dovuto portare tanto denaro per la ricostruzione, che avrebbe dovuto accendere i riflettori su L’aquila, ed invece ha permesso ai soliti noti, le ruberie di cui già oggi nessuno più parla.
Ci avete tolto anche il diritto di ricordare una tragedia, di onorare le vittime innocenti di un disastro che avete voluto, che avete atteso e cercato, solo per i vostri sporchi interessi economici, solo per utilizzare questa catastrofe per permettere al premier di ricostruirsi una VERGINITA’ con gli elettori e con la chiesa.
Giugno 2010 - ed ancora non è finita - (fino al 6 Giugno 2010)
Non mi rimane che aggiornarVi sugli ultimi avvenimenti compresi tra la fine di Maggio 2010 ed i primi giorni di Giugno 2010.
Allora andiamo con ordine.
- Il Prefetto F. Gabrielli, dalla prefettura di L’Aquila è passato ai vertici della Protezione Civile, per ora è il vice di Bertolaso, che ha invece assunto incarichi nel governo, ma è destinato a sostituirlo;
- la giunta regionale d’Abruzzo intanto sta scippando 47.000.000,00 € una parte dei fondi destinati alla ricostruzione di L’Aquila, quelli relativi all’assicurazione dell’ospedale S. Salvatore, che verrebbero utilizzati per coprire buchi in altre voci di bilancio;
- come previsto dal decreto Abruzzo, convertito in legge, è stato confermato che dal 30 Giugno riprende la gestione della normale tassazione, cominceranno ad esse restituite al fisco il 100% delle tasse non versate in questi 14 mesi, in 60 comode rate mensili;
- ripartiranno anche i mutui sulle abitazioni, anche per quelle distrutte, inagibili classificate E;
- e poi si ricomincia con il pagamento di ICI, TARSU, BOLLO AUTO, CANONE TV, e bollette arretrate di Energia elettrica, Acqua, e Gas;
- mentre rimangono detassati fino al 20 Dicembre 2010, i soli lavoratori autonomi con un giro d’affari compreso in un tetto massimo di 200.000,00 €;
- mentre, anche se ancora in attesa d’approvazione dall’Europa, viene varata la tanto attesa ed inutile “Zona Franca”, che è riconosciuta al solo comune di L’Aquila, escludendo quindi tutti i rimanenti 56 comuni del cratere, determinandone la morte economica, e lo spopolamento delle già poche giovani generazioni ancora ivi presenti;
- ma non è finita, intanto proseguono le indagini legate alla corruzione negli ambiti della Protezione Civile, così accade che anche quel sant’uomo di Bertolaso, cosi è stato dipinto fino ad oggi dai media, oltre a subire a sua insaputa le gentili attenzioni di signorine che si preoccupavano del suo stato di stress psicofisico accumulato nello svolgimento delle sue innumerevoli mansioni e missioni, ha avuto in dono, anche lui a sua insaputa, da quello stesso sig. Anemone di recente triste memoria, un appartamento;
- e che dire della Commissione Grandi Rischi, che il 31 di Marzo 2009, ci aveva tranquillizzato ed invitato per bocca di De Bernardinis, a berci un buon bicchiere di vino, dopo essere stata indagata riceve anche un bell’avviso di garanzia ed il successivo rinvio a giudizio, proprio per il mancato allarme.
Ma non è finita, ci stiamo dimenticando dei sfollati che ancora risiedono fuori di L’Aquila, di coloro che hanno avuto la sfacciataggine di concedersi una lunga vacanza di 14 - 15 mesi, fuori casa, a spese dello Stato, alle spalle di quel sant’uomo di Silvio I° d’Arcore, nelle meravigliose strutture alberghiere messe a loro disposizione.
Ma la giustizia per questi incalliti delinquenti, per questi profittatori esiste.
La grandiosa macchina di controllo e repressione dei crimini, istituita dal Governo e gestita dal “Commissario per la Ricostruzione”, di cosa non è ancora chiaro, attraverso l’ultimo censimento, utilizzando le fiamme gialle è riuscita finalmente a scovarLi.
Così, Voi Italiani che pagate sempre e puntualmente le tasse.
O voi altri, che a vostra insaputa vi siete ritrovati i risparmi di una vita custoditi in una banca a San Marino, piuttosto che in Svizzera, e con i risparmi lontano dall’Italia non avete potuto donare all’erario una parte dei vostri averi, e perciò siete ingiustamente accusati di evasione.
Cosi tutti Voi avete finalmente ottenuto giustizia, finalmente coloro che hanno causato il dissesto delle finanze pubbliche del Paese sono stati scovati, da oggi potrete vivere più sereni e tranquilli.
Così questi lestofanti una volta scovati hanno confessato. Per questi spregevoli individui che hanno finto di aver subito un cataclisma il gioco è finalmente giunto al termine, e come previsto da una delle ultime ordinanze a firma del nostro amatissimo primo ministro, che impone l’immediato rientro in città o in alternativa il pagamento a proprie spese del vitto a partire dal 1° Maggio 2010, sono iniziati i controlli a tappeto in tutte le strutture ricettive che hanno offerto i propri servizi, finalmente è stata scritta la parola fine a questo scempio.
“Lo confessiamo, siamo residenti nel comune di L’Aquila”, scopriremo in seguito che sono oltre 60.000 i lestofanti, sicuramente affiliati a qualche gruppo mafioso o camorristico che approfittando della notte del 6 Aprile 2009, si siamo fatti passare per sfollati, “abbiamo fatto in modo che ci fosse concessa a spese della Protezione Civile, ospitalità prima al mare, a Roseto, poi stanchi del mare abbiamo preferito un poco di vacanza in montagna, quindi abbiamo scelto i meravigliosi monti del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, ed abbiamo ottenuto di trasferirci ad Isola del Gran Sasso, in un meraviglioso Agriturismo lager, ma verso natale in previsione di una stagione più pungente abbiamo optato per un Residence con tutti i confort, e pensando di trattenerci fino a primavera, abbiamo selezionato con cura una struttura con piscina, in previsione dei meravigliosi bagni e del sole che ci saremmo potuti concedere nel ponte compreso tra la Pasqua ed il primo Maggio, mai avremmo potuto pensare di essere scoperti”
A seguito di questa confessione resa dai lestofanti che sono stati segnalati alle autorità, si è dato corso all’immediato rientro forzato nella fiorente e ospitale città di L’Aquila, dove sconteranno la pena loro inflitta.
Ma che film avete visto?, Ma che avete fumato?, Ma tornate a servirvi dal vostro pusher di fiducia, che il nuovo vi da roba che fa schifo!!
Gli ultimi avvenimenti (Giugno 2010)
Torniamo con i piedi per terra, per favore e raccontiamo gli avvenimenti come stanno accadendo.
La mia famiglia e quella dell’amico Gianfranco, con cui ho condiviso almeno 9 – 10 mesi da sfollato, e con il quale oggi condivido e subisco anche questa angheria, “come non bastassero quelle subite fino ad ora”, dopo aver partecipato all’ennesimo censimento, “per dire la verità questo è il terzo censimento in 14 mesi”, nel quale abbiamo dovuto dichiarare di non possedere altre abitazioni, come se ci potesse essere qualche persona di buon senso, che avendo una seconda abitazione di proprietà, agibile e disponibile, nel proprio comune di residenza o nelle vicinanze della città, possa preferire per 14 mesi la vita da sfollato, la vita che abbiamo e stiamo conducendo, che vi sto descrivendo.
Ma guarda come è strana la vita in Italia, noi sfollati, sopravvissuti alla catastrofe dobbiamo dichiarare di non avere altre abitazioni, mentre chi possiede yacht di oltre 10 m può impunemente, essere nullatenente per il fisco italiano.
In questi casi le fiamme gialle non vengono immediatamente mobilitate per scovare gli evasori, e se per merito di qualche diligente funzionario di Stato si scopre l’evasore, questo ha la facoltà, con i suoi avvocati, di concordare con lo Stato una ammenda, che corrisponde a un decimo del dovuto, per cancellare il reato.
Ma suvvia qualche persona seria in questo Paese c’è?
Dicevo, noi sfollati, trattati come biglie, da un posto all’altro, da un comune all’altro, dalla costa sul mare, all’interno fra le montagne, secondo quanto poteva partorire il cervello fuso di qualche burocrate, che comodamente seduto alla sua scrivania a Roma, si trastullava tra i confort extralusso a lui concessi, e aveva l’ardire di decidere del nostro futuro, scrivendo incomprensibili ordinanze che disponevano dei nostri diritti civili e della nostra vita, che nel giro di poche ore venivano poi sottoposte alla firma del sempre vigile e presente on. Silvio Berlusconi.
Cosi, in questi mesi abbiamo fatto i birilli tra L’Aquila ed il comune di Isola del Gran Sasso, vuoi per lavoro, vuoi per accompagnare e riprendere i figli da scuola, in attesa di eventi, che ogni giorno, ogni settimana e poi ogni mese, venivano rimandati da una burocrazia, messa in piedi al solo scopo di giustificare, di coprire tutte le inefficienze, soprattutto il grande bluff della ricostruzione, senza l’ombra di un quattrino.
Così, mentre la famiglia di Gianfranco, che fortunatamente, per quanto si possa utilizzare questo termine per descrivere questa situazione, ha avuto un’abitazione classificata B, rimaneva in attesa di poter iniziare i lavori che qualche deficiente, con un’ordinanza scritta in corso d’opera ne aveva modificato la tempistica legandola alla conclusione dei lavori condominiali.
Io e la mia famiglia, che abbiamo invece avuto l’abitazione classificata E, rimanevamo ancora in attesa che qualche burocrate si ricordasse di scrivere l’ordinanza e i decreti attuativi riguardanti la gestione dei consorzi obbligatori, e che si preoccupasse di trovare i fondi per la ricostruzione.
E nel frattempo accadeva che la ditta che aveva avuto l’incarico per i lavori condominiali di Gianfranco, dopo l’inoltro della documentazione, riceveva nel mese di Gennaio 2010 la richiesta di integrazione per una differenza di soli 3.000,00 €, in conseguenza di ciò i lavori rimanevano bloccati per 5 mesi, per cui l’intera famiglia di Gianfranco è stata costretta ad una snervante attesa, aspettando che il burocrate di turno desse il via libera prima ai lavori condominiali e poi a quelli nella sua abitazione.
In conclusione, la stupenda macchina burocratica messa in piedi da questo efficientissimo esecutivo del fare, per essere efficiente su quei 3.000,00 € di differenza, che pure andavano verificati e sanzionati, ha causato per ora allo Stato la modica spesa aggiuntiva di (4s*64€*30gg*4m)= 30.720,00 €.
Ci rendiamo conto?
A causa di questi sacrosanti controlli, la spesa aggiuntiva che lo Stato si è accollato per il mantenimento in albergo della famiglia di Gianfranco è stata 10 volte superiore al valore della differenza riscontrata, proprio un eccellente sevizio reso alla comunità, e ad oggi Gianfranco e la famiglia ancora non sono rientrati.
Quanto altro ci costerà la burocrazia?
E, se come pare, nel caso specifico, l’errore è della ditta esecutrice i lavori, perché le spese di soggiorno non sono loro addebitate, invece di gravare sulla collettività? .
Ancora domande senza risposta, ma continuiamo.
Oggi, un altro burocrate si sveglia, si rende conto che ci sono troppe spese, quindi per porvi rimedio, sempre nel più assoluto menefreghismo, senza considerare che una sua disposizione potrà influire sulla vita di esseri umani, decide.
E decide che per Gianfranco è ora di rientrare in città, ma controllando la pratica si accorge che sua abitazione è una “B”, e che non è ancora chiuso il cantiere del condominio, quindi non può ottenere la parziale abitabilità e non può rientrare.
Ma il burocrate decide, e senza interpellare nessuno sposta tutta la famiglia da Isola del Gran Sasso in una struttura alberghiera di L’Aquila.
Questa operazione, voluta dal solito imbecille di turno, costa all’erario esattamente la stessa cifra spesa fino al giorno prima per ospitare la stessa famiglia la dove si trovava.
Non ci sarebbe stata nessuna necessità di creare ulteriori problemi, traslochi e stress a persone che ormai da 15 mesi già vivevano in una situazione di disaggio, e che continueranno a vivere in questo stato ancora per molto tempo.
Perché questa cattiveria?
Ma che ca…o di gente è questa?
Ma lo sanno che si stanno occupando di essere umani, di sfollati ancora senza casa?
Ma si rendono conto di quello che dicono e che fanno?
In questi mesi, anche per la mia famiglia i disagi non sono mancati.
Da quella notte del ricordo, da quel 6 Aprile 2010 quando si sono ricordate le vittime a un anno dal sisma, è accaduto che mia figlia Chiara, al secondo superiore, con un eccellente curriculum scolastico, è entrata e uscita dagli ospedali di Teramo e di L’Aquila per almeno quattro volte, prima che le fosse diagnosticata una gastrite dovuta alla stressante vita condotta in quei mesi, sballottata attraversato l’Italia centrale da costa a costa, da Nettuno (RM) a Roseto (TE) e poi tutti i giorni da Isola del Gran Sasso (Te) a L’Aquila per raggiungere la scuola.
Lo stress cominciava dalla mattina quando per essere in orario, specialmente nel primo periodo, tra la fine di Settembre e metà Novembre, quando L’Aquila era un cantiere, quando noi sfollati fuori città ospitati nei comuni della provincia di Teramo, al casello di Aquila est dovevano fare 45 minuti di coda per entrare in città.
Al casello ci veniva richiesto di compilare un modulo prestampato che era rilasciato solo al momento, poi veniva verificato il documento di identità del proprietario dell’autoveicolo per accertare l’effettiva residenza in uno dei comuni del cratere, e tutto ciò, per avvalerci dell’esenzione autostradale, fino a quando balenò a qualche mente illuminata, la sconvolgente idea di fornire di una semplice viacard prepagata agli aventi diritto.
Poi, uandoQper rientrare da L’Aquila a Isola del Gran Sasso, l’unico pullman transitava, se rispettava l’orario, alle 14.00, ma molto spesso si presentava con 30 minuti di ritardo.
Il pullman che lasciava Chiara all’uscita del casello autostradale di Colledara-San Gabriele arrivava tra 15,00 – 15,30 ma a volte accadeva che arrivasse anche alle 16,00, e lì ad aspettarla c’era Anna che la riportava al residence.
Un boccone, che Tea preparava sempre caldo, quindi 15 minuti di svago davanti la TV, e poi i compiti del giorno dopo, e alle 20,00 – 20,30 dopo 3 – 4 ore di compiti, cena e a letto, stanca, con il mangiare sullo stomaco, perché la mattina dopo alle 6,00 si doveva essere nuovamente in piedi per ricominciare questa routine, e cosi via per sei giorni la settimana fino alla fine della scuola.
Che bella vita, tranquilla e piena di svaghi, così i mesi si sono succeduti ed è stato inevitabile un crollo finale che è appunto coinciso con l’anniversario di quel triste 6 Aprile, portando Chiara ai ricoveri prima a Teramo poi a L’Aquila.
Ma anche mia moglie Anna ha avuto delle conseguenze da questa stressante vita, così mentre lei si imbottiva di antidepressivi per riuscire almeno a riposare la notte, io non riuscivo a fare di meglio che procurarmi una Ischemia, direi leggera, che però mi ha bloccato per un periodo la deambulazione alla gamba sinistra, ed i movimenti del braccio sinistro.
Fortunatamente per me, il recupero è stato velocissimo, ho riacquistato il controllo degli arti, per ora camino e muovo il braccio, l’unica conseguenza una mezza dozzina di pillole, per mantenere sotto controllo una pressione che rimane alta, e non torna sotto controllo.
A questo punto penserete:
si, avete avuto alcuni problemi, ma di cosa vi lamentate?
Ma che cosa pretendete ancora?
In quelle condizioni d’emergenza, non si poteva certo fare di più?
Se ci sono state delle disfunzioni, sono la conseguenza logica di uno stato d’emergenza?
Provate voi a dover gestire un’emergenza simile, provate a fare di meglio quando sono coinvolte oltre 70.000 sfollati e 57 comuni?
La risposta è molto semplice, chi è stato chiamato a gestire questa emergenza, è stato semplicemente chiamato a svolgere il suo lavoro, non esiste quindi nessuna giustificazione alle inefficienze.
Mi spiego meglio, chi fa per mestiere il fornaio, deve saper fare bene il pane, a prescindere da quanto pane gli verrà richiesto di panificare il giorno dopo, alla stessa maniera, chi si occupa di Protezione Civile deve svolgere bene il suo lavoro, a prescindere da quanti saranno i sfollati che dovrà assistere il giorno dopo o da quanti comuni potranno essere coinvolti nell’emergenza.
Se a tutto, questo ci aggiungiamo che:
- invece dell’emergenza ci si è preoccupati per i primi tre mesi dell’organizzazione del G8;
- poi per i successivi sei sette mesi dell’edificazione del piano case e delle relative assegnazioni;
- e finalmente, quando ci siamo scrollati di dosso la Protezione Civile, sono emerse tutte le porcate architettate alle nostre spalle.
Emerge con tutta l’evidenza del caso, che non ci sono giustificazioni, che i sfollati hanno diritto di esporre i fatti, cosi come li hanno vissuti e/o come li stanno vivendo, e tutti debbono conoscere queste verità, che sono assolute e incontestabili.
16 Giugno 2010, il riscatto di L’Aquila e degli aquilani - (inizia la rivolta – Giugno 2010)
Abbiamo appreso solo da pochi giorni, che Sua Eccellenza il ministro delle finanze, l’on. Tremonti, ricordate, quello:
- della contabilità creativa;
- dell’abolizione dell’ICI;
- dello scudo fiscale agli evasori, ai criminali, a coloro che hanno depositato i proventi dei loro loschi affari all’estero, che gli ha permesso di ripulirli attraverso le banche, coperti dal segreto bancario, versando per questa operazione, per la pulizia di questi denari una tangente del 5% allo Stato.
Tutto ciò, mentre un artigiano, un operaio, un impiegato o un qualunque altro onesto lavoratore versa da sempre all’erario almeno il 27% sui propri redditi lordi.
Costui, ha stabilito che i cittadini del cratere dovranno restituire le tasse congelate nel periodo compreso tra Aprile 2009 e Giugno 2010, al 100%, cominciando dal 16 Giugno con INPS, proseguendo con gli altri balzelli di Stato.
Questo esecutivo,
- dopo aver permesso a presunti tecnici di essere impunemente compartecipi al disastro annunciato;
- dopo aver coperto la commissione grandi rischi indagata per il mancato allarme;
- dopo aver minacciato una intera cittadinanza, ma anzi è più corretto dire una intera provincia, rea semplicemente di chiedere giustizia, termine evidentemente ostico a costoro;
- dopo aver sconvolto e distrutto irrimediabilmente l’ambiente del circondario di L’Aquila, che non dobbiamo dimenticare si trova immersa tra tre parchi;
- ha concesso ai soliti noti, travestiti da soccorritori di fare i propri sporchi affari sulla nostra pelle,
ora, ritiene giusto che questa popolazione, restituisca l’elemosina loro concessa per un periodo di 15 mesi, a partire dal 16 Giugno con i contributi INPS, per proseguire con la restituzione di tutte le altre agevolazioni concesse, a partire dal 1° Luglio 2010.
Mentre in tutte le altre simili tristi occasioni, si è provveduto :
- per prima cosa a stilare una legge che permettesse il finanziamento della ricostruzione, la cosi detta tassa di scopo, ma evidentemente anche il termine ”tassa” rimane ostico a questo esecutivo;
- poi, come nei recenti casi dei sisma in Umbria e nelle Marche si è concessa una lunga sospensione delle tasse, in questi ultimi casi è stata addirittura per 12 anni, e solo quest’anno è ripresa la tassazione con il recupero del 40% del pregresso dilazionato in 120 mesi
A seguito di ciò, tutti i movimenti dei cittadini, le associazioni di categoria, i sindacati, i sindaci di tutti i comuni del cratere senza distinzione di schieramento politico, ed i cittadini, tanti mai cosi numerosi, se non nella triste ricorrenza del 6 Aprile, sono scesi compatti in piazza per fare sentire la loro voce di protesta, culminata con l’occupazione della tratta autostradale L’Aquila Ovest – L’Aquila Est.
Ma l’informazione, quella più seguita, quella di massa, ancora una volta decide di non intervenire, sia le reti Mediaset, di proprietà del premier, che le testate giornalistiche del TG1 e TG2 ignorato del tutto l’evento che ha sollevato un certo clamore, se è vero che ben 20.000 erano i manifestanti e di questi 5.000 hanno invaso il tratto autostradale Roma-L’Aquila-Teramo.
Conclusa la manifestazione ci si è dati un nuovo appuntamento, a Roma, sotto il Senato per un consiglio comunale aperto ai cittadini, ma il Senato era chiuso ed il popolo aquilano è stato tranquillamente snobbato dai politici di palazzo,.
A seguito di ciò il sindaco di L’Aquila On. Massimo Cialente, ha invitato tutti i direttori dei giornali a visitare la città a 15 mesi dal disastro, ma ancora una volta sia le testate Mediaset che quelle di Rai 1 e Rai 2 hanno mancato l’appuntamento, non hanno inviato nessuno, neanche uno straccio di reporter, come dire, ci sono cose più importanti che quattro straccioni aquilani.
E quando a Roma, i manifestanti che avevano seguito i consiglieri comunali, hanno deciso di andare a manifestare il loro dissenso sotto la sede Rai, “Scodinzolini” non si è fatto trovare, aveva ancora una volta un altro improrogabile impegno.
A seguito di ciò, è stata indetta per il giorno 7 Luglio 2010, una manifestazione a Roma, con partenza da Piazza Venezia alle 10,00 e concentramento sotto il Parlamento, ci attende ancora un giorno di lotta per la difesa dei nostri diritti.
Ancora una volta a Roma - (07 Luglio 2010)
Siamo ancora una volta in partenza per Roma, per manifestare il nostro dissenso contro una legge iniqua, e che non considera assolutamente la gravissima situazione economica del territorio e dei comuni colpiti dal sisma del 6 Aprile 2009.
Inoltre emerge ormai chiaramente anche per ammissione dello stesso on. M. Cialente, che oltre a ricoprire la carica di sindaco del comune di L’Aquila, ricopre anche la carica di Vice Commissario per la Ricostruzione, che senza una legge organica, che dia certezza su quali e quante risorse si può contare, con quali tempi, la ricostruzione rimarrà solo una aspettativa, una speranza, una pia illusione
Allora si comincia con il fissare la partenza in alcuni punti di ritrovo, i più rappresentativi in una città distrutta ed allo sbando, ore 7,00 partenza dai punti di ritrovo fissati dai comitati “Centi Colella, Acquasanta, Terminal di Collemaggio”, mentre altri mezzi partiranno da diverse frazioni della città e da alcuni comuni del cratere, inoltre molte aziende private hanno predisposto loro pullman per i dipendenti.
Per noi, che siamo sfollati ad Isola del Gran Sasso, la partenza è invece fissata per ovvie ragioni alle 6,00 – 6,15 max, dobbiamo percorrere almeno 35 – 40 km di autostrada per raggiungere il casello di Aquila Est, punto di ritrovo per gli abitati ed i molti sfollati che entrano in città da est.
Perciò alzataccia ancora una volta, ma in cuor nostro sappiamo di fare ciò per la città, per noi stessi, quindi alle 5,00 siamo in piedi, un caffè, una tazza di latte, due biscotti e via in macchina, nelle speranza di essere ancora una volta in molti.
Ma dal 6 Aprile 2010, da quando si è celebrato un anno dalla distruzione, le cose in città e tra i cittadini sono totalmente cambiate, quello che possono vedere con i nostri occhi, quello che possiamo documentare ha dell’incredibile per una piccola città di provincia nelle tragiche condizioni in cui si trova.
I comitati dei cittadini, solo dal nostro punto di ritrovo hanno organizzato la partenza di ben 13 pullman, moltissime sono le persone di mezza età come me e mia moglie Anna, ma ci sono anche mamme con i loro piccoli in passeggino, e poi ci sono i giovani, questa è la cosa più bella, tanti giovani con noi, questo ci fa credere ancora di più in noi stessi e in un futuro per la città, con i giovani, con i studenti universitari fuori sede, con i lavoratori in cassaintegrazione o in mobilità, con i sindacati, le organizzazioni di categoria, gli ordini professionali, con loro c’è la possiamo fare, L’Aquila se continuiamo a crederci ha ancora la speranza di tornare a vivere.
Partenza da Acqusanta alle 7,20, appena giunti all’autostrada, sorpresa, siamo scortati dalle pantere della Polizia di Stato, e la loro scorta continuerà per tutto il percorso fino al casello di Roma est.
Giunti e superato il casello della barriera di Roma est, possiamo verificare lo straordinario successo di partecipazione, i pullman, solo quelli dei comitati sono 46 a questi si aggiungono 5 pullman della CGIL, poi ci sono quelli delle altre sigle sindacali, tutte non manca neanche l’UGL, e poi Confindustria, e i comuni del cratere sono 54 su 57, quelli dei stabilimenti industriali, Senofi Aventis in testa, e tutte le rimanenti associazioni di categoria e professionali, non manca neanche la curia, ed un mezzo del sindacato di polizia, per dirla in breve, è rappresentata tutta la città in tutte le sue componenti sociali.
A Roma ci aspettano i motociclisti della polizia urbana della capitale, che ci scortano chiudendo al nostro passaggio tutte le strade fino all’arrivo a Piazza Venezia, facendoci fare un lunghissimo giro turistico, prima fuori le mura, poi dentro la città.
Alle 10,45 – 11,00 siamo a Via dei Fori Imperiali, poco prima di Piazza Venezia, qui lasciamo la lunghissima fila di pullman e ci dirigiamo con tutto il lungo corteo verso Via Del Corso.
Sapremo solo molte ore dopo, quando già il TG1 aveva annunciato la presenza di 500 appartenenti ai circoli antagonisti che si stavano scontrando con le forze dell’ordine, che siamo invece oltre 5.000, che per una città di 74.000 è già un enorme successo, ma per una città terremotata, distrutta, dove gli abitanti sono sparpagliati:
- 15.000 nelle new town;
- 3.000 nei MAP sparsi per 57 comuni;
- 1.000 nelle caserme della GdF e dei Carristi;
- 28.000 in autonome sistemazione sparsi in tutta l’Italia centrale;
- 3.800 negli alberghi sulla costa o nell’entroterra;
tutto ciò è qualcosa di veramente straordinario.
Il corteo è autorizzato, come il percorso, quindi ci dirigiamo tranquilli verso Via del Corso per raggiungere come programmato il Parlamento, ma qui inspiegabilmente troviamo ad attenderci un cordone di celere e carabinieri in tenuta antisommossa, capiamo subito che questa non sarà proprio una passeggiata, ed i fatti ci daranno purtroppo ragione.
Passano alcuni minuti, il caldo a Roma lo sappiamo io ed Anna in questo periodo è soffocante, poi c’è il traffico che per la nostra presenza all’imbocco di Via del Corso è impazzito, ed al caldo della giornata si aggiunge quello dei motori delle vetture ferme, alla testa del corteo ci sono i sindaci con tanto di fasce tricolori e stendardi comunali, sorretti dal personale in divisa delle rispettive polizie comunali, dopo pochi minuti di marcia la testa del corteo viene in contatto con il cordone della celere in tenuta antisommossa.
Tra i manifestanti oltre ai sindaci di 54 dei 57 comuni del cratere c’è sia Massimo Cialente, che ricopre anche l’incarico di Vice commissario per la Ricostruzione, ed il Deputato Aquilano Giovanni Lolli, costoro saranno tra i feriti di una delle inspiegabili cariche della celere, alla fine i feriti saranno tre oltre a Cialente e Lolli che se la caveranno invece con qualche spintone un po’ più vigoroso.
Che la giornata sarebbe stata oltre che lunga anche calda, e non solo per la temperatura, lo sapevamo, ma ora a seguito di questo primo contatto, scopriamo che sarà anche ricca di manganellate di benvenuto, elargite dagli agenti inviati ad accoglierci da questo esecutivo.
Così, noi inermi, armati solo dei stendardi nero-verdi della nostra città, senza casa, lavoro, futuro, venuti a Roma semplicemente per manifestare, come accade da sempre per tutte le vertenze nazionali di questo paese che si dice democratico, ci ritroviamo solo dopo 3 – 4 ore ad essere criminalizzati, ad essere identificati dalla TV di REGIME come appartenenti ai “circoli alternativi”, tutto ciò se non fosse realmente accaduto, poteva essere la trama di un film, ed invece è la realtà dei fatti.
Questa è l’Italia attuale, e gli italiani ancora non lo hanno capito, mentre noi ci rendiamo conto in un baleno di rappresentare un pericolo di enorme portata per questo REGIME MEDIATICO, dove le realtà sono costruite a tavolino da esperti registri. Ci rendiamo conto che rappresentiamo un pericolo, il pericolo della controinformazione, rappresentiamo la verità inequivocabile dei fatti, il popolo di internet, in una sola parola la DEMOCRAZIA.
Ma c’è di più, tra di noi ci sono persone di tutti gli orientamenti politici, tutti uniti sotto la stessa bandiera quella della nostra città.
Ed è proprio questo il pericolo che rappresenta questo movimento, non sono le armi che non abbiamo, ma semplicemente quello che rappresentiamo, che può essere emulato da altri, da molti, e se l’emulazione prende piede il REGIME TRABBALLA, il movimento va quindi stroncato sul nascere.
E’ a questo punto che parte la carica della celere, anche se tra queste persone c’è chi si dissocia, lo potete verificare in rete nei video-clip, mentre i colleghi caricano, c’è chi volta le spalle ai dimostranti, rientra nei ranghi ed esclama “ ma che c….o ………”, come dire ma che stiamo facendo.
ECCO Il PERICOLO CHE INCOMBE SUL REGIME.
Finalmente raggiungiamo il Parlamento, qui dopo poco cominciano a scendere alcuni deputati, Di Pietro, Bersani, Bonino, si tiene una assemblea che dura almeno un paio di ore, parlano i rappresentanti dei comitati, mentre i deputati rilasciano interviste alle televisioni, a tutte le televisioni, poi verso le 13,30 siamo nuovamente in marcia per raggiungere il Senato.
Il destino e la mobilità di Roma impone la strada più breve, che passa per via del Plebiscito, proprio sotto palazzo Grazioli, casa del premier, e qui ancora cordoni di polizia chiudono il passaggio, si inneggia a “L’Aquila … L’Aquila” e poi quando viene chiuso definitivamente il passaggio dalla celere il tenuta antisommossa parte un "Vergogna ….. Vergogna".
Dopo circa 1 ora si decide di raggiungere palazzo Madama seguendo un percorso alternativo, si torna indietro per Piazza Venezia, poi si prosegue per Via delle botteghe scure facendo praticamente il giro di un isolato, ci lasciamo casa di Silvio I° d’Arcore alle spalle, ci dirigiamo verso Piazza Navona, qui l’obbiettivo è il Senato, ma raggiunta la via d’accesso troviamo ancora l’ennesimo cordone di celere in tenuta antisommossa, oltre al senatore Maurizio Scelli che viene subito contestato, "Vai a cena da Bertolaso", "Fuori la mafia dallo Stato", "Servo” .
Quindi, compare quasi per magia una bandiera nero-verde, sono i colori della nostra città, viene issata per sul pennone del Senato ma viene rimossa dopo pochi minuti tra i fischi, verso le 18.00 riprendiamo pacificamente la strada di casa, a piedi per raggiungere i pullman sull’altra sponda del Tevere, nei pressi del Palazzaccio.
Mentre percorrevamo Lungotevere, mi sono chiesto, chi mai poteva aver predisposto la partenza proprio a 100 metri dalla sede nazionale della Protezione Civile, mi è sembrato come se ci fosse la volontà di predisporre i presupposti per un violento scontro finale tra manifestanti e forze antisommossa, con lo scopo di strumentalizzare tutto successivamente.
Intanto siamo arrivati sul ponte che porta verso il Palazzo di Giustizia, e qui scopriamo che i pullman non sono posteggiati a sinistra, verso Via della Conciliazione, ma a destra, proprio sotto la sede della Protezione Civile.
Una cinquantina di noi, tra i quali anche io e mia moglie Anna ci dirigiamo sotto la sede del dipartimento, obbiettivo e quello di contestare il commissario Bertolaso.
Quando alcuni membri dei comitati ricordano il costo al mq del progetto case, inizia la contestazione con un "Ladri …… ladri", continua quando viene ricordato che 18 delle 19 new town sono sotto inchiesta per mafia con un “ Mafiosi ….. mafiosi” e prosegue quando viene ricordato che la commissione grandi rischi aveva detto di stare tranquilli con "Assassini…… assassini", e poi quando si ricordano i faccendieri di palazzo che se la ridevano prosegue con “ 3.32, io non ridevo :…. 3.32, io non ridevo”.
Sotto il portone del dipartimento di protezione civile ci sono solo 4 – 5 agenti, anche male equipaggiati, dopo la nostra iniziativa sono sopraggiunti altri agenti dal vicino Palazzo di Giustizia, ma in tutto non sono più di una dozzina.
Tutto ciò è come un invito all’assalto, da dietro i vetri del palazzo vediamo gli impiegati che se la ridono, intanto, mentre viene chiuso il portone dell'edificio, i manifestanti si sono ammassati, poi, come era iniziato, l’assembramento svanisce da solo al grido di “ Torneremo ……………… torneremo”.
Mentre ci dirigevamo verso i pullman ho pensato a quello che era accaduto durante la giornata, chi era quel che falco che per mantenere l’ordine aveva fatto in modo che un corteo pacifico, addirittura scortato in autostrada dalla volante, probabilmente per evitare infiltrati, poi scortato dal casello di Roma est dalla polizia municipale capitolina fino a destinazione, aveva fatto in modo che per 4 – 5 volte entrasse in contatto con forze dell’ordine in tenuta anti sommossa, e successivamente era stato provocato per 3 volte con cariche che definirei almeno inopportune, per non dire del tutto ingiustificate, operate quando in prima fila c’erano pericolosi black bloc con fascia tricolore, seguiti dai gonfaloni comunali, sorretti dal personale in divisa delle locali polizie municipali.
In un attimo tutto mi è stato chiaro.
Ci è stata tesa una trappola, nella quale non siamo fortunatamente caduti, siamo stati capaci, nella nostra semplicità di comuni cittadini disperati per l’oggettiva situazione, di rigirarla.
Ora erano loro che dovevano giustificare al Paese per quale motivo erano stati presi a manganellate e caricati i Sindaci, le mamme con i loro passeggini, i vecchi ed i studenti fuori sede, colleghi di quei poveracci morti sotto le macerie della casa dello studente, ed i padri di famiglia senza lavoro, e gli artigiani, i commercianti, gli stessi poliziotti aderenti al sindacato di polizia della sezione di L’Aquila.
Ora questa risposta la pretendono in molti.
Un brutto presentimento (Agosto 2010)
Dopo oltre 16 mesi il quartiere di Pettino, il più moderno, quello edificato in cemento armato o che doveva essere in cemento armato, è ancora disabitato.
Lo rimarrà ancora per molto tempo, i danni sono molto evidenti, tanto che per via Antica Arischia stanno demolendo una serie di edifici, proprio quelli davanti alla scuola media Patini, una delle poche scuole che è stato possibile recuperare dopo il sisma del 6 Aprile.
La cosa più sconcertante è che solo a 50 metri dalle demolizioni, stanno costruendo un nuovo edificio, mi domando con quale criterio e con quale sicurezza, e la scuola poi, rimane una cattedrale nel deserto di un quartiere disabitato ormai da molti mesi.
Comunque, il fatto che la scuola sia stata recuperata ed abbia regolarmente aperto già l’anno passato lascerebbe ben sperare per il futuro del quartiere, che non dimentichiamo prima del sisma contava 25.000 abitanti su una popolazione complessiva di oltre 70.000 abitanti. Come dire che il 30% della popolazione di L’Aquila viveva in questo quartiere, popolazione che successivamente, almeno per chi è rientrato, è stata sparpagliata nelle 19 new town sorte intorno alla vecchia città.
Tutti noi siamo in ansia per il futuro, per salvaguardare la citta storica, i monumenti e i palazzi d’epoca, per la sua naturale bellezza medioevale, questo è stato uno degli obiettivi principali dei comitati, così e accaduto che si è perso di vista ed è passato in second’ordine la ricostruzione della città nuova, appunto quella di zone come il quartiere di Pettino.
Non a caso mi sono soffermato su questo quartiere, essendo questo il quartiere più moderno della città, mi sarei aspettato, ma credo che se lo aspettassero tutti i cittadini, di vederlo in poco tempo risorto a nuova vita, invece lo troviamo in uno stato pietoso, di totale abbandono, solo demolizioni e desolazione, un quartiere senza vita, perché?
Le risposte le conosciamo ormai bene, ma se i danni sono così gravi, è evidente che sarà molto difficile che il quartiere potrà essere recuperato in tempi brevi, ne consegue che gli abitanti che ora alloggiano nelle abitazioni provvisorie del progetto CASE rimarranno per molto tempo in quei posti lontani.
Ed è il tempo è il nemico principale della ricostruzione, non bisogna essere sociologi o economisti di livello per capire che è nella natura dell’essere umano stabilire rapporti sociali con i suoi simili, quindi accadrà già nei prossimi mesi o solo con il prossimo anno, che gli abitanti di queste new town che tra loro oggi non hanno nessun rapporto, nessuna relazione, cominceranno a stabilire relazioni sociali, che potranno essere positive o negative, ma che comunque saranno relazioni, ed è da queste che sorgeranno da sole le prerogative per lo sviluppo di una nuova città.
Appunto, nuova città, che non avrà ne potrà avere niente di simile a quello che era L’Aquila come la conoscevamo prima del 6 Aprile 2009, sarà per forza di cose una città nuova, gli ottimisti credono che sarà migliore, i pessimisti invece sono sicuri del contrario, la realtà è una sola non avrà più nulla a che vedere con ciò che era, l’ambiente irrecuperabilmente devastato, assomiglierà sempre di più a una metropoli moderna dove non c’è spazio per le belle cose, dove si corre sempre, per chi e per cosa non è dato sapere.
Quindi rimarrà un sogno di molti, ed anche mio, quello di rivedere la città, L’Aquila come era prima del 6 Aprile, la triste verità, che non è solo un presentimento ma ormai è più di una certezza, è che L’Aquila come la conoscevamo prima è venuta giù con il sisma del 6 Aprile ed è morta per sempre con l’edificazione di quelle maledette 19 new town, e sono stati proprio dei sfollati come me, che hanno certificato la morte definitiva della loro città, proprio nel momento stesso in cui hanno accettato di trasferirsi in quelle definiamole residenze.
Ma non bastano le case per far risorgere una città, questa potrà risorgere solo se di pari passo sarà risorta anche una economia, che non è solo quella dei negozi che una volta si trovavano nel centro storico, che possono essere trasferiti nei pressi di queste new town, ne può essere legata a questo modello di urbanizzazione.
Ma deve essere tale da permettere ai nuclei familiari ivi residenti, di sopravvivere, quindi di vivere, poi di programmare un futuro, che in virtù di questa programmazione porterà inevitabilmente prima verso consumi di prima necessità, poi nuovamente verso il consumismo.
Le prerogative per una nuova rinascita sono dunque legate solo allo sviluppo economico che potrà avere questa città nei prossimi anni, sviluppo che se non parte dai singoli, dalle loro iniziative, deve essere stimolato necessariamente dall’intervento dello Stato, proprio come accadeva alcuni decenni fa, nella prima Repubblica per intenderci.
E’ infatti necessario, se non prioritario, che si insedino in tempi brevi nuove industrie, ad alta tecnologia, che possano assorbire almeno 10.000 unità produttive, e con il loro indotto possano garantire uno sviluppo tale da consentirne altrettante.
Tutto ciò, nel suo insieme può rappresentare per alcuni la base di una nuova rinascita, per altri, per me, rappresenta la fine ingiusta di un mondo, di un’isola felice. La fine di un diverso modo di vivere, voluto ed imposto dall’alto, dal potere di pochi, dagli interessi di molti, a scapito di chi, come me, amava vivere in questa città, cosi come era, e come poteva tornare ad essere se solo ce lo avessero permesso.
Avete distrutto un sogno, il mio sogno, ma anche il sogno di molti altri che nel tempo abbandoneranno questi posti, un tempo meravigliosi.
Lettera al Vescovo Molinari ”Caro Vescovo” (Perdonanza Agosto 2010 )
Siamo alla vigilia della Perdonanza, che a L’Aquila è la festa più importante dell’anno, anche in questa occasione, come è sempre accaduto nel passato, c’è chi approfitta di questo evento per dare risalto a problemi di importanza sociale.
Poiché la città festeggia questa Perdonanza dopo un sisma di proporzioni catastrofiche, vista la latitanza delle istituzioni nell’opera di ricostruzione, i comitati dei cittadini hanno scelto di manifestare il loro dissenso in quest’occasione, con lo scopo d’ottenere una maggiore visibilità dai mezzi d’informazione, in particolare la Tv di Stato TG1 e TG2 che continuano colpevolmente a negarla oscurando la corretta informazione.
Accade quindi, che anche il vescovo Mons. Molinari prende la parola, e trova il modo d’accusare la popolazione aquilana d’ingratitudine verso quel sant’uomo di Silvio Berlusconi, il richiamo del vescovo è talmente forte da avere ampio risalto sulla stampa locale, e questo provoca indignazione tra gli oltre 50.000 terremotati ancora fuori casa.
Tra i tanti indignati dalle parole di Mons. Molinari ci sono anche io che preso dalla rabbia, gli ho dedicato una lettera che ho pubblicato su “Facebook”, questa immancabilmente ha raccolto molte adesioni.
“ Caro Vescovo”
Caro Vescovo, prova una volta a fare il prete e non il politico.
Caro Vescovo, ma che ne sai di come vivono oltre 56.000 sfollati dopo ormai 17 mesi?
Caro Vescovo, parli di ingratitudine, ma ingratitudine verso di chi?
Credi forse che siamo sudditi dell'imperatore Silvio I° d'Arcore?
Caro Vescovo, un suggerimento, pensa a pregare per quei poveracci in Pakistan e lascia perdere la politica, a quella ci pensiamo noi.
Sappiamo noi, se è il caso di essere grati a chi si è fatto i suoi zozzi interessi, a chi ha ideato e permesso l’edificazione del progetto case, a chi ha permesso a gli amici degli amici, la spartizione di 3.000.000.000,00 €, sottratti alla ricostruzione.
Caro Vescovo, Ti interessa tanto il futuro della città e dei cittadini?
Allora è bene che Tu sappia che con quella cifra avremmo potuto rimettere in moto l'economia locale, dare una nuova opportunità di lavoro ad almeno 15.000 dei 18.000 attuali cassaintegrati, dove?
Nell'edilizia e in quello che gli ruota attorno, Come?
Puntando sulla ricostruzione vera, con quei soldi che evidentemente erano veri, proprio quelli che sono stati sperperati nel progetto CASE che ha dato un tetto solo a 14.500 sfollati, in abitazioni di 40 mq, al max di 70 mq.
Vengano pure Berlusconi, Bertolaso e le varie cricche di mafiosi ma non per un WK come l'anno passato ma per viverci 10, 20 anni nelle loro abitazioni.
Caro Vescovo, venga anche Lei nel mio M.A.P., non conosce il significato, glielo traduco Modulo Abitativo Provvisorio, che per la mia famiglia non avrà proprio nulla di provvisorio ma molto di permanente.
Caro Vescovo, venga a vivere in una abitazione di 75 mq. lordi con altre 5 persone per i prossimi 10, 20 anni, e poi trovi un solo motivo per essere riconoscente a questo lestofante che ha ideato e poi costruito il progetto CASE a 2.900,00 €/mq o nei MAP in legno precompresso a 750,00 €/mq.
Caro Vescovo, mi dica francamente di cosa dovrei essere riconoscente, forse dei 17 mesi trascorsi fino ad oggi fuori casa? Forse di aver perso un lavoro? Forse di non essere tra le 308 vittime di questa ennesima strage di Stato, del quale il mandante è proprio quel sant’uomo di Berlusconi con la sua cricca di speculatori?
Caro Vescovo, La informo che per realizzare il progetto Case del quale dovremmo secondo Lei essere grati al monarca, hanno distrutto per sempre l'ambiente che è stato creato proprio dal buon Dio, che lei dovrebbe rappresentare, e che continua a confondere con Berlusconi.
Caro Vescovo, con quei soldi, assumendo per veri i dati rilevabili in qualunque comune del cratere, si potevano sistemare molte abitazioni di questa città.
Caro Vescovo, La informo che con 10.000,00 € si poteva sistemare una A, con 40.000,00 € una B con 50.000,00 € una C, con 150.000,00 € una E.
Caro Vescovo, Lei è troppo preso nel verificare la gratitudine degli aquilani verso il monarca, ed evidentemente non si è potuto documentare, quindi La informo io, nella sola città di L'Aquila le abitazioni classificate A sono oltre 11.000 le B e le C oltre 5.000 e le E oltre 7.000.
Caro Vescovo, questi non sono i dati di un facinoroso comunista ma del D.P.C., ordinanza 3753, che Lei e chi crede ancora nelle sue false e interessate parole, può trovare facilmente sul sito della protezione civile "https://www.protezionecivile.it".
Caro Vescovo, con quei soldi invece di arricchire traffichini, faccendieri mafiosi, amici degli anici e cricche varie nell'edificazione di appena 4.500 alloggi, si potevano sistemare almeno 17.000,00 abitazioni tra quelle danneggiate, dando un tetto definitivo e dignitoso ad almeno 50.000 sfollati ingrati.
Caro Vescovo, ci spieghi dunque di cosa dovremmo essere grati?
E di cosa dovrei essere grato io e la mia famiglia, sfollata, da 17 mesi fuori casa, presa in giro da amministratori incapaci, da delinquenti che hanno messo a repentaglio la mia vita, quella di mia moglie e dei miei figli perché non hanno voluto dare un allarme, per un sisma che era imminente, atteso da decenni?
Di questo dovremmo essere grati a quel sant’uomo di Berlusconi?
Caro Vescovo, e bene che sappia che io e la mia famiglia siamo dei grandi peccatori, perché non intendiamo affatto di essere grati a questa persona, ne tanto meno alla Protezione Civile, badi bene a quella dei superburocrati, a quella per intenderci rappresentata da quell’altro sant’uomo di Bertolaso, e sono, siamo orgogliosi di poter esternare la nostra ingratitudine, perché siamo esseri nati liberi, proprio come ci ha fatti il buon Dio, che Lei, caro Vescovo, continua a confonde con Berlusconi.
Lettera All’ass.re Stefania Pezzopane e al Sindaco Massimo Cialente (Agosto 2010 )
Al Sig. Sindaco Massimo Cialente, all’ On. Ass. Stefania Pezzopane,
Nel 2003 l'allora giunta Regionale presieduta dall'on. Pace decise di de-classificare l'aquilano e la città di L'Aquila da rischio sismico 1 a 2.
Questo è un fatto che tutti conosciamo, come a tutti noi è noto che a seguito di questa de-classificazione le costruzioni edificate a partire da questa data nella migliore delle ipotesi resiste al rischio sismico 2.
Ma cosa significa
Le "Norme tecniche" indicano 4 valori di accelerazioni orizzontali (ag/g) di ancoraggio dello spettro di risposta elastico, e le norme progettuali e costruttive da applicare.
Ciascuna zona, è individuata secondo valori di accelerazione di picco orizzontale del suolo (ag), con probabilità di superamento del 10% in 50 anni, secondo lo schema seguente:
zona |
accelerazione orizzontale con probabilità di superamento pari al 10 % in 50 anni |
accelerazione orizzontale di ancoraggio dello spettro di risposta elastico (Norme Tecniche) |
|
[ag/g] |
[ag/g] |
1 |
>025 |
035 |
2 |
015-025 |
025 |
3 |
005-015 |
015 |
4 |
<005 |
005 |
Accelerazione di Picco , PGA ( Valori in g, Accelerazione di Gravità )
La Carta Mostra i Valori del Picco di Accelerazione al Suolo atteso su RIGIDO Sito di Riferimento (per definizione Vs > 800 m / sec) ; Gli Intervalli (di 0.025g , Pari uno circa 24,5 centimetri / s2) SONO Quelli gres fine porcellanato Marazzi dall'ordinanza 3274 della PCM ai Fini della classificazione sismica del Territorio Italiano.
PGA (valori G )
I valori di picco di accelerazione a terra sono stati calcolati per le condizioni di sito di riferimento (suolo rigido con velocità delle onde di taglio superiore a 800 m / sec). I valori sono stati raggruppati per 0.025g, a seconda delle esigenze del governo italiano il decreto 3274 finalizzata alla formulazione della classificazione sismica del paese.
PGA – Classificazione
La carta mostra i valori di PGA raggruppati secondo i limiti previsti dall’ordinanza 3274 della PCM per l’inserimento dei comuni in una delle quattro zone sismiche. Vale al riguardo la seguente corrispondenza:
- zona 1: PGA > 0.25g
- zona 2: 0.15 - PGA < 0.25g
- zona 3: 0.05 - PGA < 0.15g
- zona 4: PGA < 0.05g
Per la zona 1 (alta sismicità) il valore di ancoraggio degli spettri è fissato a PGA=0.35g. In base a tale criterio le zone del Paese con PGA>0.35g richiederebbero pertanto l’inserimento di una zona 1-super.
Accelerazioni spettrali a 5Hz (0,2 secondi)
Le accelerazioni spettrali si riferiscono ad un valore dello smorzamento critico del 5%; l’ordinata spettrale a 5Hz (0,2 secondi) corrisponde al valore massimo dello spettro fornito dalle leggi di attenuazione Italiane per sito rigido e sismicità media. I valori sono stati raggruppati in funzione del valore assunto dal ramo ad accelerazione costante degli spettri di risposta elastici delle 4 zone sismiche della vigente normativa.
Accelerazioni spettrali 1Hz a ( 1,0 Secondi )
Accelerazioni spettrali 1Hz a ( 1,0 Secondi ) per il 5% dello smorzamento critico , rappresentativi del Ramo dello Spettro uno Velocità Costante.
Accelerazioni spettrali a 1Hz (1,0 secondi)
accelerazioni spettrali per un 5% dello smorzamento critico a 1Hz (1,0 secondi) , i cui valori sono rappresentativi del plateau a velocità costante dello spettro elastico.
In considerazione di quanto descritto, le abitazioni, i palazzi in cemento armato, ammesso che di questo si tratti, reggono ad una accelerazione al suolo denominata “S9”, cioè reggono 0.25 g al suolo. Da allora si sono succedute prima la giunta guidata dall’on. Ottaviano Del Turco, poi l’attuale giunta guidata da L’on. Gianni Chiodi, che oltre al ruolo di Governatore della Regione è anche Commissario del Governo per la Ricostruzione. Ma in questi anni, entrambe non hanno trovato, ne hanno avuto la volontà di trovare il tempo per riportare l’aquilano e L’Aquila al livello di rischio sismico 1, a “S12” per gli esperti in materia.
La cosa non è banale.
Dal rischio sismico 2 a 1 si passa da edifici che resistono a 0,25 g, a edifici che reggono fino a 0,35 g, la differenza Vi assicuro non è poca.
Da quando l’on. Gianni Chiodi ha assunto la carica di Commissario del Governo per la Ricostruzione, sono trascorsi ormai molti mesi, ed il sisma in Abruzzo ha praticamente cancellato la metà della provincia di L’Aquila, sono infatti 47 i comuni della provincia direttamente coinvolti sui 108 che la compongono, un disastro di proporzioni inimmaginabili.
La cosa più grave è appunto che in virtù di quanto è ancora in vigore, la ricostruzione e la costruzione post sisma sta avvenendo seguendo queste direttive, “zona a rischio sismico 2, sicurezza a livello S9, anziché S12”.
Vi domanderete cosa comporta ciò?
Un effetto talmente pericoloso per l’incolumità di chi andrà a risiedere in quegli edifici, da poter essere definito “bomba a orologeria”. Dai dati storici emerge che dal penultimo sisma del 1703 all’ultimo del 2009 sono trascorsi 300 anni, quindi, per il prossimo disastro, sarà solo una questione di tempo.
Entriamo ora nel merito all’ordinanza 3790, con la quale si stabilisce che gli edifici classificati “E”, quelli con gravi danni strutturali, quelli che solo per una serie di circostanze non sono venuti giù, successivamente alla ristrutturazione dovranno garantire 80% della sicurezza antisismica assegnata a quel territorio secondo la classificazione di rischio d’appartenenza.
Ora, se la legge per l’edilizia Regionale prevede che la zona in cui si opera è classificata a rischio sismico 2, il conseguente livello di sicurezza antisismico si attesterà all’80% di questo valore.
Ma in termini più semplici che significa?
80% di 0,25 g, cioè ((0,25 * 80)/100)= 0,20 g, mentre se i comuni del cratere fossero stati riportati alla fascia di rischio “1” sarebbe stato necessario garantire 80% di 0,35 g, cioè ((0,35 * 80)/100)= 0,28 g.
Detto ciò, alla luce delle vigenti disposizioni in materia, a coloro che rientreranno nella propria abitazione non verrà garantita come stabilito nell’ordinanza l’80% della sicurezza antisismica, ma solo il 57% rispetto la classificazione di rischio reale, che dovrebbe essere “1”.
Da tutto ciò emerge che verrà garantita una sicurezza appena superiore alla fascia di rischio sismico 3, che corrisponde a 0,15 g. Stiamo lavorando nella ricostruzione per permettere a 20.000 cittadini di rientrare nelle proprie abitazioni. Se dovesse verificarsi un evento simile a quello del 6 Aprile 2009, molto probabilmente questi rimarranno in trappola in quelle stesse abitazioni dalle quali erano usciti indenni il 6 Aprile 2009.
Ecco, questo è quello che si sta facendo per la prevenzione.
Tutta questa gente non ha ancora aperto gli occhi, non ha ancora preso coscienza, non si è resa conto che in seguito a questa legislazione regionale, quando rientreranno, se mai rientreranno nella propria casa, rientreranno in una trappola.
Stiamo gettando le basi per la prossima strage di Stato annunciata!
E ancora nessuno fa nulla.
Si fa finta di non sapere che in Italia questo territorio è in assoluto, quello ha più alto rischio sismico, e questo non lo dico io, questo è quanto afferma INGV a fine Agosto 2010 successivamente alla ripresa della sequenza sismica nell’alto Aterno.
Tutto ciò mi pare inaccettabile, non possiamo costruire il futuro della nostra città ancora una volta sull’ambiguità.
I crolli di “campo di fossa” sono la conseguenza di una costruzione intensiva su un terreno di riporto, composto dalle macerie dei passati devastanti eventi sismici che hanno interessato la città di L’Aquila. Si è dimostrato, a seguito dei studi condotti dell’Ing. Gaetano De Luca, che questo tipo di terreno ha un effetto amplificatore delle onde sismiche e dell’accelerazione al suolo, come è dimostrato che il sisma del 6 Aprile 2009 a avuto gli effetti di una scossa di magnitudo 6.8, anche se i strumenti hanno registravano una magnitudo di 6.3.
La stessa Commissione Grandi Rischi, quella che il 31 Marzo 2009 si riunì per decidere di non decidere sull’allarme sisma, ha richiamato l’attenzione di tutti su un unico fattore “la sicurezza”, che può essere ampiamente condiviso: “l’unica sicurezza che si può oggi dare alle popolazioni è quella di costruire bene, garantendo quindi il massimo grado sicurezza sismica conosciuto, per tutte le costruzioni” e allora domando:
“Perché dopo ormai 17 mesi L’Aquila e la zona del cratere sismico del 6 Aprile 2009 sono ancora a livello di rischio sismico 2?
Quali interessi dobbiamo ancora coprire?
E le nuove costruzioni che stanno sorgendo a L’Aquila, ad esempio nel quartiere di Pettino, a soli 10 m da edifici che vengono abbattuti, come vengono edificate?
A quale livello di rischio sismico debbono rispondere, livello 1 “S12” o 2 “S9”?
Voglio, esigo, esigiamo delle risposte, immediate, convincenti.
Ma soprattutto esigiamo che la Regione riporti immediatamente la zona del cratere dal livello di rischio 2 a 1 così come era prima del 2003.
Contestualmente, come si è messa giustamente sotto inchiesta la Commissione Grandi Rischi per il mancato allarme, sono a richiedere che a Voi, che amministrate questa città, di farVi promotori per un intervento della magistratura, verso tutti coloro che hanno de-classificato L’Aquila e l’aquilano da 1 a 2.
Ritengo necessario che si indaghi: come, con quali conoscenze tecniche e con quali competenze, degli amministratori abbiano potuto modificare una tabella di sicurezza, di rischio, stilata da tecnici, mettendo con questa delibera a rischio la vita tutti gli abitanti, e determinando la conseguente morte di 308 concittadini, quella che ricorderemo come: “La strage del 6 Aprile 2009”.
Occorre che la magistratura verifichi chi ha potuto godere di questi vantaggi, e persegua, se sono perseguibili, costoro. Stefania, Massimo fate qualcosa per la vostra città prima che sia troppo tardi?
31 Agosto 2010 la terra torna a tremare, 17 mesi dopo torna la paura ( Agosto 2010)
Nella mattina di ieri, “31 Agosto 2010” due scosse di terremoto sono state avvertite nel distretto sismico dei Monti Reatini,
- la prima è avvenuta alle ore 05.00, con magnitudo 3.4°,
- la seconda alle ore 09.12 con magnitudo 3.6°
Colpisce, in particolar modo, la profondità della prima scossa, 3 chilometri appena, mentre la seconda, dopo quattro ore, ha una profondità di 8.6 chilometri. L’epicentro viene individuato tra i comuni di Montereale (L'Aquila), Amatrice (Rieti) e Borbona (Rieti), ma le scosse sono state avvertite anche nella zona ovest dell'Aquila (Pettino).
- Alle 13.45, ancora una scossa questa volta più lieve, 2.3°, che ha anticipato una scossa di 3.3° con profondità di 2.3 chilometri, registrata alle ore 14.06.
A seguito di ciò il sindaco di Cagnano ha chiesto alla Protezione Civile di poter riallestire le tendopoli, la situazione sta evidentemente precipitando, sembra di rivivere un film già vissuto solo 17 mesi fa, anche allora come oggi la frequenza delle scosse aumentò improvvisamente sia di numero che d’intensità, anche allora ci fu una forte scossa premonitrice del 4°.
Forse tutto ciò che segue non è opportuno, ma evidenzio semplicemente una differenza di comportamento delle istituzioni, e mi/Vi pongo una domanda:
Dopo la scossa premonitrice di fine Marzo 2009, del 4.0° su scala richter, ci dissero che non poteva accadere nulla. Oggi, dopo queste ultime scosse, che hanno avuto il picco più alto di 3.6° su scala richter, si lancia, ritengo giustamente, un preallarme?
Questa è una semplice analisi dei fatti, solo per evidenziarVi quanta malafede c'è stata nell’avvenimento sismico che fu registrato a Marzo 2009, esattamente una settimana prima dell'evento distruttivo di L'Aquila.
A seguito di ciò è stata decisa l’immediata chiusura precauzionale per un periodo per ora limitato a due giorni, del centro storico della città di L’Aquila e di tutte le frazioni, comprese le zone che erano state parzialmente riaperte al transito pedonale, inoltre per lo stesso motivo sono stati chiusi anche tutti i cantieri inerenti la ricostruzione, come sono stati chiusi gli asili fino al 5 Settembre.
Ora provocatoriamente domando, ben sapendo la risposta:
Per quale motivo oggi ci si comporta così?
Semplicemente perché questo è quanto previsto dalle vigenti norme di legge, che erano in vigore anche prima del 6 Aprile, ma che allora non vennero prese in considerazione.
Emerge in tutta la sua chiarezza la colpa gravissima della Protezione Civile Regionale, dell’On D. Stati, che se fosse ancora assessore con delega alla Protezione Civile, se non si fosse dovuta dimettere perché coinvolta in un giro d’affari, diciamo solo “poco chiaro”, avrebbe sicuramente qualche cosa da raccontarci in merito.
Emerge altresì la gravissima responsabilità della Protezione Civile Nazionale, che per bocca del suo numero due De Bernardinis, ci suggerì di berci un buon bicchiere di vino, mentre con gli altri membri della Commissione Grandi Rischi si affrettò a perseguire per procurato allarme l’unica persona che aveva avuto buon senso, quel Giampaolo Giuliani, tecnico di laboratorio nell’INFN del Gran Sasso, che indipendentemente da ciò che rilevava con le sue macchine, suggeriva, come oggi, la massima cautela.
Tutto ciò pesa come un macigno, accusa senza attenuanti tutti quei superburocrati della Protezione Civile Nazionale e Regionale oltre ai politici ed i componenti della Commissione Grandi Rischi, tra i quali sedeva anche il prof. Barberi, colui che solo alcuni anni prima aveva stilato il famoso rapporto che prende proprio il suo nome “Rapporto Barberi”, sulla sicurezza e prevenzione sismica in Italia, colui che aveva contribuito a classificare in zona a rischio sismico 1 L’Aquila e l’aquilano, che verranno poi retrocessi dalla giunta Regionale presieduta dall’On. Pace nel 2003, in zona a pericolo sismico 2.
In quella riunione, nessuno tenne conto di ciò che stava accadendo, e invece di allertare la popolazione, colpevolmente si attivo per tranquillizzata.
A questo punto le possibilità sono due.
- O è corretto il comportamento che le istituzioni hanno avuto nel caso della scossa di 4.0° di fine Marzo 2009.
In questo caso, essendo di 3,6° la punta massima fino ad ora registrata, il comportamento delle istituzioni andrebbe perseguito per “procurato allarme”, proprio com’è accaduto nel caso di Giuliani.
- Oppure è corretto il comportamento che le Istituzioni stanno mantenendo ora.
In questo caso balza agli occhi di tutti come sia colpevole il comportamento mantenuto nel 2009.
La realtà per ora è una sola, dopo la scossa di 4.0 di Marzo 2009 c'è stato l'evento del 6 Aprile, mentre oggi, ci auguriamo tutti che non ci sia una replica di un simile evento.
Detto ciò, da questa esperienza ne consegue che è e meglio lanciare un allarme, magari anche ingiustificato, se solo c'è una lontanissima ipotesi che possa verificarsi un evento calamitoso, distruttivo, che rimanere passivi, o peggio, tranquillizzare la popolazione.
Infatti, se come si è detto non è dimostrabile che coloro che sono rimasti sotto le macerie, sono deceduti perché non gli è stato esplicitamente detto di uscirei casa, è vera anche la tesi opposta.
Le istituzioni non avrebbero dovuto tranquillizzare la popolazione, ma dare, come sta accadendo in questi giorni, informazioni corrette, avrebbero dovuto informare come ci si deve comportare simili situazioni di preallarme, predisporre piani di evacuazione e centri di raccolta, questi sono i compiti delle istituzioni.
308 nostri concittadini sono rimasti sotto le macerie, la loro unica colpa è stata quella di aver avuto fiducia nelle istituzioni, ma evidentemente questa era mal riposta.
Tornando ai fatti di questi ultimi giorni, tutto ciò, accadeva nell’imminenza dell’apertura del nuovo anno scolastico.
Ora che nel centro storico ancora interdetto, pieno di macerie, con i militari che controllano gli accessi alla zona rossa, i cittadini cominciavano ad affacciarsi nuovamente, ora che avevano cominciato ad accettare di vivere, li, in mezzo alle macerie, come se tutto fosse normale, arriva questo nuovo sciame sismico proprio nel momento in cui i cittadini, e la città, stavano lentamente tornando ad una normalità, anche se tutti noi eravamo consci del fatto che questa vita, non aveva, e non avrebbe mai potuto avere nulla di normale, vista la situazione in cui versa ancora la città.
Proprio ora doveva riemergere il mostro dalle viscere della terra, portando ancora sgomento e angoscia tra la popolazione.
L’Assegnazione del M.A.P. n.°38 (23 Settembre 2010 - 17 mesi e 19 giorni dopo il 6 Aprile 2009)
Sono trascorsi ormai oltre 17 mesi da quel tragico 6 Aprile 2009, con la famiglia risiediamo ancora nel comune di Isola del Gran Sasso che ci ospita ormai da 11 mesi.
Per noi il grande miracolo aquilano non c’è mai stato.
Anzi, ancora non sappiamo quando arriverà, se mai arriverà l’assegnazione del M.A.P., per ora non abbiamo nessuna notizia, nemmeno una previsione, siamo rimasti solo noi e un gruppo di sfollati ancora assistiti in una struttura alberghiera della frazione di Stiffe.
Per la verità, l’ultimo gruppo di moduli del nostro comune è pronto dal mese di Giugno 2010, è stato edificato nella frazione di Collarano, ma ancora non è stata fatta nessuna assegnazione, sono da completare, anzi sono proprio da realizzare completamente tutte le opere d’urbanizzazione e le relative infrastrutture, mancano le fogne, il gas, la luce, le linee telefoniche oltre a strade asfaltate, marciapiedi e illuminazione stradale.
Praticamente rimane da fare ancora tutto, all’infuori dell’edificazione di queste baracche non c’è nulla che assomiglia a un posto vivibile, inoltre i lavori in questo villaggio dovevano essere conclusi entro il 10 Marzo 2010, come si evince dalla tabella del cantiere, la consegna è in leggerissimo ritardo sul master plan dei lavori, appena cinque mesi di ritardo,
Mi sto rendendo conto che rappresento la testimonianza vivente, in negativo, dei record sbandierati in TV dal nostro premier e dal suo fido Bertolaso, in questi 17 mesi di post-sisma, di parole, di nulla.
Non ne possiamo proprio più, la vita nel residence che ci ospita non è tutto sommato sgradevole, ma ormai la mancanza di un punto di riferimento in città è diventata insostenibile, sono quasi 18 mesi che facciamo i pendolari tutti i giorni, per cui io e mia moglie Anna decidiamo che è giunto il momento d’alzare la schiena, di dire basta a voce alta, di fare valere i nostri diritti civili costituzionalmente garantiti.
Ed è il caso a darmi un grosso e insperato aiuto.
Un mio ex collega di quando lavoravo in Opti.Me.S. oggi ricopre un’importante carica istituzionale, per cui decido, anche se la cosa non fa parte della mia cultura, di rivolgermi a Lui, solo per un consiglio, per avere un’indicazione sul come comportarmi con questa “gente” che continua, a decidere di non decidere, e forse tutto ciò, sperando, che alla fine la decisione la prendiamo noi, andandocene via.
Ma, l’indicazione che cercavo è molto di più di quello che mi aspettavo di poter ottenere, e una volta esposti i fatti, viene immediatamente predisposto un documento da sottoporre alla “Procura della Repubblica di L’Aquila”, nel quale si chiede conto al comune della situazione, firmo, e la procedura si mette in moto.
Non avrei mai immaginato che poteva bastare questo semplice gesto, ma ciò che segue è un dato di fatto.
Dopo quest’avvenimento, di colpo il cantiere si è animato, i lavori che prima procedevano con la velocità di una lumaca, hanno cominciato a procedere più speditamente, il cantiere che prima era deserto, o che al massimo veniva frequentato saltuariamente da qualche operaio, che faceva poco più di una presenza, si è animato di molti operai, pure indaffarati.
Così potevamo verificare con cadenza ormai quasi giornaliera, che dopo avere presentato quel documento in Procura i lavori ora procedevano quasi speditamente, ci accorgevamo chiaramente che nell’ultimo periodo c’era stato un evidente cambiamento, ma non osavamo credere che potesse essere legato direttamente a quella nostra presa di posizione.
Invece, tutto comincia con una telefonata.
Il comune mi convoca per il 23 Settembre 2010 per l’assegnazione del M.A.P..
Prima di andare avanti nel descriverVi quanto accaduto, è bene fare il punto soffermandoci sul del termine “assegnazione”.
Dal dizionario “Hoelpi”:
Assegnare, Dare, attribuire, fissare a favore di qualcuno o di qualcosa: un incarico, un ufficio; un oggetto un valore che non ha. Fissare, stabilire: mi hanno assegnato due giorni per terminare questo lavoro. Affidare: la custodia dei libri è assegnata a me; ho eseguito con attenzione il lavoro che mi è stato assegnato. Destinare: lo hanno assegnato a un altro reparto
Assegnazione, Azione e risultato dell’assegnare: l’assegnazione di un terreno, di un premio di un ufficio a qualcuno
Assegnatario, Colui a cui viene assegnato qualcosa: l’assegnatario del fondo
Sinonimi sono: “attribuzione, aggiudicazione, conferimento, dotazione, consegna, distribuzione”, detto ciò, mi pare che possiamo essere d’accordo se escludiamo come sinonimo o significato il termine “scelta”.
Fatta questa premessa sul significato del termine assegnare, Vi voglio appunto testimoniare come è avvenuta “l’assegnazione” del mio M.A.P..
Io mi ero immaginato questa scena:
Entro in un ufficio dove sono presenti: il Sindaco o chi ne fa le veci, un tecnico comunale che verifica se la mia famiglia ha i requisiti per ottenere il M.A.P., e un funzionario della Protezione Civile che una volta verificati questi requisiti ci assegna su una planimetria un Modulo Abitativo, dopodiché, una serie di raccomandazioni e di divieti, come comportarci in caso di problemi tecnici, ed infine dopo aver sottoscritto il contratto, un appuntamento per la successiva consegna dell’abitazione.
Niente di tutto questo.
Ci troviamo invece in un’assemblea, sono presenti tutte le famiglie che risultano assegnatarie di un M.A.P., dopo circa 10 -15 minuti arriva il Sindaco con un paio d’impiegati comunali, questi sfogliano una grande planimetria su un tavolo, mentre prende la parola il Sindaco.
Già questo inizio mi pare anomalo, visto comunque l’evidente stato di necessità, sono ormai 18 mesi che con la mia famiglia viviamo da sfollati, alloggiati ora qua ora la, decido di frenare l’impulso di ribellione che in quel momento stava per prendere il sopravvento.
Il Sindaco esordisce, informandoci che con quest’ultima assegnazione, tutti nel comune avevano un alloggio provvisorio, dopodiché continua “seguiremo la prassi già utilizzata con successo nelle precedenti occasioni, pertanto come potete vedete sul tavolo c’è, a vostra disposizione, la planimetria dei M.A.P. da 50 e da 70 mq. che dobbiamo assegnare, con calma, cominciamo con chi deve ricevere quello da 50, vi avvicinate e scegliete sulla planimetria quello che vorreste avere, se più famiglie scelgono lo stesso M.A.P. o raggiungono un accordo tra loro o facciamo il solito sorteggio per decidere a chi viene assegnato. capito tutto?, ok procediamo”.
E continua: “prima di cominciare diamo però la precedenza alla Signora …….. (la chiameremo Maria), che essendo la proprietaria del terreno su cui sorgono i M.A.P., credo che siamo tutti d’accordo, nel ritenere giusto, che abbia la precedenza nella scelta”
A questo punto mi si è fatto tutto nero, mi bolliva il sangue dalla rabia per l’assurdità di ciò che avevo ascoltato, avrei voluto intervenire, avrei voluto urlare le mie ragioni:
“Ma come, lo Stato non ha forse requisito per pubblica utilità i terreni, confiscandoli, per permettere l’edificazione del progetto CASE come dei M.A.P.?
E se i terreni sono stati confiscati, ora sono proprietà dello Stato, che c’entra la signora Maria? Per quale motivo dovrebbe avere questo privilegio?
E poi, io sono stato convocato per una assegnazione di un M.A.P., non per la sua scelta?
Se è possibile scegliere, deve anche essere possibile visionare l’oggetto, o gli oggetti della scelta, possibilità che a me non è stata mai resa nota, ne ho mai pensato di visionare, o chiedere di visionare i M.A.P. preventivamente?
E comunque, non sono forse stati pagati questi terreni?, Magari poco, ma comunque pagati?”
mi sono trattenuto ed ho continuato ad assistere a quella penosa farsa.
Perché con quella frase, la Signora “Maria” da quel momento era stata investita di una autorità che nessuno poteva darLe, una autorità che doveva rimanere dell’amministrazione comunale.
Ma quello che segue è pure peggio.
Una volta che la Signora “Maria” ha scelto il suo Modulo, accade che una folla, di poveracci, che evidentemente non si rendevano conto di essere maldestramente usati, si è accalcata intorno al tavolo sul quale era stata distesa la planimetria.
Comincia un caos indegno per un paese che si dice civile, gente che urla, che si accalca per conquistare una posizione migliore, le persone sono uno sopra l’altra, sgomitano per avvicinarsi al tavolo in un pandemonio indescrivibile, questa squallida scena dura due ore, il tempo necessario per assegnare a tutti un M.A.P..
Io e mia moglie Anna, rimaniamo per due ore tranquillamente seduti a gustarci questa squallida scena, fino a che si alza la voce di uno dei due collaboratori del Sindaco “è rimasto da assegnare ancora un M.A.P., e c’è ancora una famiglia, …… la famiglia Torregrossa non ha ancora scelto, signori Torregrossa …….., avvicinatevi, dovete fare la vostra scelta”
risponde mia moglie Anna, “per noi va bene quello che è avanzato!, non c’è nulla da scegliere!, tanto sono tutti uguali, no!
“Allora il vostro M.A.P. è il n.° 38, va bene?” - “Va bene, va bene, noi non abbiamo preferenze”
A questo punto, disgustati per quello a cui avevamo assistito, per le modalità, per le frasi pronunciate dal Sindaco, andiamo via, torniamo verso il nostro residence che si trova dall’altra parte del Gran Sasso, a Isola del Gran Sasso, e in macchina ad alta voce commentiamo:
ci hanno convocato per l’assegnazione del M.A.P., e invece di darci sta benedetta baracca, abbiamo partecipando ad una assemblea, nella quale ha preso la parola il Sindaco, che con le sue frasi di colpo ci ha riporti nel medioevo.
- il paese è paragonabile al feudo, e questo è governato dal suo Signore, che è “il Sindaco”;
- costui investe il suo Vassallo, la sig.ra “Maria” conferendole terre e privilegi;
- la sua corte sono “gli impiegati comunali” che non osano interferire con il loro Signore;
- i suoi fedeli sudditi, “gli sfollati”, che lo hanno acclamano quando gli ha permesso di scegliere “Il M.A.P.”.
Anche per quell’epoca, questa situazione sarebbe stata veramente squallida, e se tutto ciò non lo avessi vissuto in prima persona, se non fossi io che lo sto rappresentando a Voi, sembrerebbe il frutto di una fantasticheria, invece è la realtà.
Ma come hanno potuto ridurci in una simile condizione?
Una riflessione sugli ultimi avvenimenti (Settembre 2010)
Tutto ciò che Vi ho descritto accade nel 2010, in una delle otto maggiori economie mondiali, in un Paese che è membro di quel G8 che si è svolto, nel Luglio del 2009, per volere del nostro primo ministro, proprio in questa città.
Come avrete certamente potuto rilevare dalla lettura di ciò che vi sto proponendo, oggi siamo ridotti in condizioni certamente non confacenti ad una della maggiori economie mondiali. Oggi in questi luoghi, ci stiamo litigando una baracca, in legno precompresso e cartongesso, tutto ciò è veramente assurdo.
Sono riusciti a trasformare delle squallide baracche, perché è inutile girarci intorno con definizioni e nomi altisonanti, di questo si tratta, altro che ville, nell’oggetto del desiderio di tanta povera gente.
Ed i miei compaesani se le sono pure litigate.
Solo per ottenere quella che ritenevano la migliore, solo perché ha un posto auto più accessibile, più vicino, o uno straccio di terreno sassoso e pieno d’erbacce da trasformare con molta fantasia in un orto, piuttosto che posizionarci un gazebo con un barbecue per gli arrosticini.
Non si sono resi conto che le istituzioni hanno sfruttato la loro precaria situazione, per ottenere una gratitudine incondizionata per aver concesso loro ciò che è un diritto, che viene fatto passare come la benevola concessione elargita da un benefattore.
Ma siamo proprio tutti pazzi?, ma ci rendiamo conto di che cosa stiamo parlando?
Quello che questo Paese ha fatto, che questo Governo “del fare” sostiene, è evidentemente falso, infatti, solo una minima parte di ciò che è stato sbandierato ai quattro venti è stato realizzato, anche male, e comunque tutto ciò rientra nei doveri di un Paese che si autodefinisce civile.
Questo Governo che sembra stia facendo enormi sforzi per gestire i diversi avvenimenti calamitosi che continuamente accadono in questo paese, continua a nascondere la verità.
Tutti noi sappiamo che spesso questi avvenimenti trovano origine proprio nell’assoluta mancanza di prevenzione, di tutela del territorio, come siamo a conoscenza che tutto ciò è una competenza di quel Dipartimento di Protezione Civile che dipende dalla Presidenza del Consiglio.
Le colpe, i mandanti dei molti disastri che colpiscono ogni anno l’Italia sappiamo bene di chi sono. Come sappiamo che è uno specifico compito di chi governa, amministrare, gestire e risolvere gli eventi calamitosi che ci colpiscono, utilizzando ad esempio, i tributi che tutti noi versiamo con le tasse, che dovrebbero essere impiegati per la prevenzione, e dove non fosse possibile, come nel caso di un evento naturale quale quello del 6 Aprile, dovrebbero essere impiegati per gestire l’emergenza, predisponendo tutti quei servizi necessari alla collettività.
E allora domando: “non è forse un servizio alla collettività, quello di intervenire in modo adeguato in caso di calamità naturale?”
Ma quale benevola concessione?
State semplicemente dandoci, anzi state solo promettendo di darci, ciò che ci spetta, ed i M.A.P., o meglio le baracche che ancora oggi vengono edificare a 750.00 €/Mq., sono uno di quegli oggetti che lo Stato ha l’obbligo di donare in simili circostanze.
Deve essere chiaro questo concetto, non siamo difronte ad una benevola elargizione di un benefattore, ma difronte a uno specifico dovere di uno Stato verso i suoi cittadini colpiti da una catastrofe naturale.
Il MIRACOLO AQUILANO?
Ma quale miracolo, ma vergognateVi, state speculando sulla vita di 308 vittime, sul dolore di gente che ha perso tutto. Fate proprio schifo.
La Firma del contratto di “comodato d’uso gratuito (7 Ottobre 2010 18 mesi e 1 giorno dopo il 6 Aprile 2009)
Sono passati ormai una decina di giorni da quella squallida assemblea, e di firma di uno straccio di contratto nemmeno l’ombra.
Poi mi arriva una telefonata del mio ex collega di lavoro, mi chiede se c’erano stati sviluppi riguardo la mia situazione, l’informo, e concordiamo che è opportuno ritirare la denuncia inviata alla Procura della Repubblica di L’Aquila.
Dopo qualche giorno, ancora una comunicazione telefonica dal comune, convocazione per il giorno 7 Ottobre 2010 per la firma del contratto, sono passati 14 giorni dall’assegnazione, e 18 mesi da quel 6 Aprile 2009.
Questa volta le cose sembrano svolgersi, almeno inizialmente, in maniera più seria, la firma avviene presso la sede provvisoria del comune, il messo comunale mi sottopone un plico composto da 6 (sei) fogli vidimati con il timbro del comune e mi chiede di apporre n.° 3 firme, quindi mi informa che nel pomeriggio dello stesso giorno verso le ore 14.00 sarà presente l’incaricato della società del Gas per stipulare il nuovo contratto di fornitura.
Firmo, e lascio il comune avviandomi verso la macchina, dove comincio a sfogliare il documento che ho appena firmato per accettazione.
Leggo velocemente, e mi rendo immediatamente conto che mi è stata estorta una delle firme, precisamente quella dell’allegato che indica e riporta l’elenco degli arredi che mi sono consegnati con il M.A.P..
Poi leggendo con più attenzione, mi accorgo di una serie di clausole contrattuali, infilate lì, in quello che “loro”, definiscono contratto.
Sembrano inserite apposta per fregarmi in un momento successivo, come se qualcuno stesse pensando a come incastrarmi, approfittando di uno stato di necessità, dell’euforia di chi è stato deportato per 18 mesi fuori casa e non vede l’ora di poter rientrare, e nel momento che questa occasione si presenta non bada a quello che gli viene richiesto di firmare.
Proprio un comportamento vergognoso, ancora più vergognoso e grave perché perpetrato da quel Dipartimento di Protezione Civile, nel quale tutti, chi più chi meno, ripongono la propria fiducia.
Il fatto è questo:
- Il documento che ho firmato recita così:
a. Articolo 15 “la data di decorrenza è quella dell’apposizione delle firme al presente atto”
Ora l’atto è stato firmato in data 7 ottobre 2010, ma le chiavi del M.A.P. non mi sono state contestualmente consegnate.
Quindi questa clausola è da considerarsi nulla, come può avere valore un contratto, quando l’oggetto stesso del contratto non viene messo a disposizione della parte contraente.
Il comune nel momento che non mi consegna le chiavi, di fatto non rispettata la data di decorrenza del contatto, che deve coincidere con il momento in cui la cosa può essere utilizzata, stando così le cose il comune risulta inadempiente.
Inoltre il mancato possesso della cosa (il MAP), impedisce di verificare lo stato degli arredi che con quello stesso documento vengono assegnati e che con l’apposizione della mia firma ho dichiarato di avere ricevuto e verificato.
b. Articolo 3 “ …… omissis ….. composta da cucina, bagno, camere da letto n.° 3, completa di arredi, come elenco allegato e sottoscritto dalle parti;”
Articolo 5 “Il comodatario è tenuto a conservare la cosa con diligenza del buon padre di famiglia”
Articolo 8 ”Il comodatario esonera il comodante da ogni responsabilità per danni diretti ed indiretti che potessero derivargli dall’uso dell’immobile concesso in comodato d’uso gratuito”
Altra inadempienza, infatti sarebbe buona norma che quando si stipula un contratto, sottolineo il termine contratto, le parti svolgano assieme un sopralluogo per verificarne lo stato della cosa, per verbalizzare le eventuali difformità.
Questo diventa obbligo, se come recita articolo 5 “Il comodatario è tenuto a conservare la cosa con diligenza del buon padre di famiglia”, è evidente che per “conservare con diligenza” è necessario stabilire prima lo stato di conservazione iniziale.
Inoltre in base a quanto stabilito dall’articolo 8 ”Il comodatario esonera il comodante da ogni responsabilità per danni diretti ed indiretti che potessero derivargli dall’uso dell’immobile concesso in comodato d’uso gratuito”, è evidente che diventa prioritario a tal fine verificare lo stato della sicurezza della cosa (il M.A.P.), e degli accessori di arredo, per accertarsi che non esista nessun evidente rischio o pericolo per le persone che vi risiederanno.
c. Articolo 7 “sono a carico del comodatario tutte le spese per servirsi della cosa”
Di per se questo articolo sembra di una linearità sconcertante, se non fosse che all’atto della firma, il messo comunale, sicuramente in buona fede ed eseguendo comunque una disposizione di superiori, mi ha comunicato che nel pomeriggio dello stesso giorno “7 Ottobre 2010”, sarebbe stato presente l’incaricato della società del GAS, per la stipula del contratto di fornitura.
Evidenziandomi che l’incaricato veniva appositamente.
Sottolineo che nelle mie stesse condizioni si trovano 49 famiglie assegnatarie di quest’ultimo gruppo di M.A.P., che quindi come me dovranno sottoscrivere altrettanti contratti di fornitura del gas, e come me sono stati messi a conoscenza di questa opportunità.
Ora, premesso che questa è la stessa compagnia della quale mi servivo prima del sisma, per una mia libera scelta, ritengo che è qui che nasce il problema.
Infatti, secondo quanto recita l’articolo 7, sono a carico del comodatario tutte le spese per servirsi della cosa, e allora è lecito aspettarsi che costui possa scegliere liberamente la società erogatrice per le forniture di Luce, Gas e Telefono.
Invece le cose non sono andate esattamente in questa maniera.
Di fatto non ho potuto esercitare questo diritto, non perché qualcuno l’abbia mai impedito, ma semplicemente perché per ottenere l’accesso al MAP è necessario attivare una fornitura di gas, la maniera più veloce che mi si prospettava era quella d’approfittare di quell’opportunità.
Si è usato questo stato di evidente necessita per costringere di fatto, indiscriminatamente tutti, ha sottoscrivere il contratto di fornitura del gas con questa compagnia, approfittando del fatto che quel pomeriggio era per caso presente il tecnico.
A questo punto emerge un nuovo problema, che è rimasto ben celato fino a quel momento, ma ora emerge, evidenziando la frode perpetrata da questa società ai danni dei sfollati, almeno di tutti coloro che avevano già un contratto di fornitura prima del sisma con questa stessa compagnia.
Mi spiego meglio.
Credo che siamo d’accordo nell’affermare che tutti coloro che hanno avuto in assegnazione un alloggio del progetto CASE o un M.A.P. prima del sisma avevano o un’abitazione di proprietà o in affitto, quindi anche regolari utenze di fornitura per il gas, la luce ed il telefono, ora essendo questi assegnatari di una nuova abitazione, ed avendo ancora in corso di validità i contratti per le vecchie utenze, mi pare evidente che sarebbe bastata una voltura di questi contratti al nuovo contatore, al nuovo indirizzo.
Perché costringere famiglie che hanno già pagato, che hanno già perso tutto ciò che potevano perdere, a stipulare nuovi contratti di fornitura con le stesse compagnie che li servivano prima del sisma?
Immancabilmente la società fornitrice del gas, invece di propormi una voltura, mi ha estorto un nuovo contratto di fornitura, tutto ciò comporta spese di registrazione del contratto e deposito cauzionale, che come recita l’articolo 7, rimangono a carico del comodatario, a mio carico.
Quindi, ricapitolando, dopo la firma del contratto:
- non mi è stato possibile ne prendere possesso del M.A.P., ne verificarne lo stato, per l’evidente mancata consegna delle chiavi d’accesso;
- approfittandosi quindi di una evidente situazione di necessità, mi e stata chiaramente estorta la firma sulla parte del contratto relativa agli arredi;
- sono stato costretto a stipulare un nuovo contratto di fornitura del gas, per poter avere accesso al M.A.P., mentre avrei potuto ottenere una semplice voltura a costo zero.
Per tutti questi motivi, ritengo che i relativi articoli che regolano questo contratto contengano delle clausole che ritengo vessatorie secondo quanto previsto dall’Articolo 33 del codice del consumo “d. lgs. 6 settembre 2005, n. 206”,
le clausole vessatorie sono le clausole presenti nei contratti conclusi tra il consumatore “comodatario” ed il professionista “comodante” che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore “comodatario” un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
Inoltre accade le il mio M.A.P. come tutti gli altri che sono stati assegnati contemporaneamente al mio abbiamo già attiva l’utenza ENEL, senza che nessuno di noi abbia mai sottoscritto un contratto di fornitura con questa società.
Ora, se l’utenza ENEL relativa alla fornitura di energia elettrica rimane a carico del comune o della protezione civile, come avviene per gli alloggi del Progetto Case, la cosa mi pare lineare, ma se come recita il contratto, la fornitura di energia elettrica è a carico del comodatario, domando:
- “Quando mai ho sottoscritto un contratto di fornitura con l’ENEL”
Mi pare evidente l’illegalità di questa azione, ed è evidente che l’ENEL non potrà fatturare a mio nome, ne potrà pretendere la sottoscrizione di un contratto, ne potrà vantare nessun credito nei miei confronti.
Per quanto riguarda la linea telefonica ho invece verificato che il M.A.P. è totalmente sprovvisto di presa telefonica, ma la cosa ancora più grave è che il sito dove sorge questo villaggio non è servito da una cabina per la fornitura di questo servizio, e allora domando:
- “Ma i costi e le opere d’urbanizzazione in cosa consistono?”
- “e le infrastrutture?”
- “ma il telefono non rientra nelle opere d’urbanizzazione, non è forse una infrastruttura?
- “ma chi è che ha deciso che i sfollati non debbono accedere ai servizi telefonici, a internet?”
Mi sorge un dubbio in merito a quest’ultimo punto, facciamo così, io lo espongo, e voi lo giudicate e se credete lo condividete.
“forse qualcuno, lascio a voi ipotizzare chi, in questo modo vuole impedire, censurare in maniera preventiva l’informazione che potrebbe correre liberamente attraverso internet.”
- Siamo d’accordo nel ritenere internet un mezzo di diffusione di massa di grande efficacia;
- Come siamo d’accordo nel ritenerlo un mezzo che può veicolare molto facilmente la controinformazione.
Guarda caso, accade che proprio a chi potrebbe testimoniare particolari situazioni vissute negativamente, sulla propria pelle, situazioni che certo non testimoniano favorevolmente all’eccezionale miracolo aquilano, che da 18 mesi si vuole imporre all’opinione pubblica, a queste persone viene di fatto impedito di accedere a questo specifico servizio, rendendolo di difficile fruizione.
E’ evidente, che testimonianze dirette, di chi questi problemi li sta vivendo in prima persona, possono dare fastidio, o creare problemi ai politici, alla politica, come ai media di Stato, che continuano a veicolare da 18 mesi informazioni che prima vengono verificate, controllate, infine censurate, avendo cura di selezionare e divulgare solo quelle che possono tornare utili.
Credo di poter affermare che tutto ciò mi sembra proprio voluto, e lo reputo molto grave e pericoloso per la democrazia di questo Paese.
d. Infine allegata alla documentazione del contratto, è inserita una nota del comune, protocollo 4023 del 23 Agosto 2010.
Con questo documento che è evidentemente retrodatato “23 Agosto 2010”, si informa che a far data da Lunedì 26 Luglio 2010 è stata modificata la procedura per la richiesta degl’interventi di manutenzione per i MAP in tutti i comuni del cratere.
Inoltre, da quella stessa data è attivo il numero verde di “linea amica”, che provvederà all’inoltro delle richieste d’assistenza alla “direzioni lavori del Dipartimento della Protezione Civile.
Se avete solo un poco di conoscenza di diritto, Vi renderete conto da soli, che l’inserimento di questo documento dentro il contratto stesso lo rende di fatto nullo.
Infatti il contratto viene stipulato tra due parti che sono indicate e denominate rispettivamente comodante “il comune” e comodatario “il titolare del diritto”, ciascun singolo sfollato che riceve in comodato d’uso gratuito il M.A.P., mentre nell’ultima pagina del contratto, con l’inserimento di questa nota, che diventa parte integrante del contratto stesso, intervengono delle figure che nel contratto non sono previste, più precisamente:
- la figura della “direzione lavori” del Dipartimento di protezione Civile;
- la figura del servizio telefonico di “linea amica”
parti che non sono vincolate in alcun modo nel contratto, che viene sottoscritto, tra le uniche due parti stipulanti “comodate e comodatario”.
E’ l’incredibile è, che questo contratto è stato predisposto dallo Stato, dal Dipartimento di Protezione Civile che dipende addirittura dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Ma come è possibile partorire delle mostruosità giuridiche simili?
Lo Stato predispone e costringe a sottoscrive contratti capestro, ai danni dei stessi sfollati che ha l’obbligo di assiste?
Ma in che mondo viviamo?
Ma che razza di Paese è mai questo?
Un simile contratto, se proposto a privati, avrebbe richiesto l’intervento di civilisti a tutela di una delle parti, e non sarebbe stato giudicato valido.
Ora accade che questo stesso contratto, che è predisposto dallo Stato, viene sottoposto alla firma dei naturali contraenti, che sono sfollati, sinistrati scampati ad una catastrofe naturale.
Questa gente invece di essere assistita, invece di ottenere il ripristino di alcuni sacrosanti diritti andati persi, smarriti, a causa degli eventi che li hanno coinvolti, quali: “il diritto allo studio, alla casa, al lavoro, viene volutamente raggirata.
Ma Vi rendete conto che mostruosità?
Ma con queste premesse quando, e come la ricostruiscono L’Aquila?
E gli altri 56 comuni del cratere?
E gli altri 30 comuni che non fanno parte del cratere ma che hanno ugualmente subito danni a causa del sisma?
Chi vuole rispondermi lo faccia a questo indirizzo di posta elettronica fausto.torregrossa@virgilio.it, aspetto con fiducia.
La consegna della baracca n.°38 del campo di prigionia di Collarano (Aq) (18 Ottobre 2010 18 mesi, 12 giorni dopo il 6 Aprile 2009)
Comunque una volta firmato sto benedetto contratto, accade che sabato 16 Ottobre, 23 giorni dopo la cosi detta assegnazione, mentre con mia moglie Anna eravamo in viaggio verso Nettuno, per recuperare un poco di biancheria ed abiti più pesanti, mi è arrivata la solita telefonata dal comune, mi informavano che dalle ore 10.30 di quel sabato erano in consegna le chiavi dei M.A.P., potevo quindi recarmi a ritirare le chiavi del mio M.A.P. n.°38.
Ho fatto presente che mi trovavo fuori regione ed abbiamo concordato la consegna per Lunedì 18 Ottobre.
Non so se essere felice per la notizia appena ricevuta.
Significa che entro il mese di Ottobre, dopo 18 mesi di vita da sfollato, posso rientrare nel mio comune di residenza, che per me, per la mia famiglia equivale al rientro a L’Aquila, abbiamo finalmente finito di viaggiare, tutti i giorni 120 – 150 km, e questa vita è durata 18 mesi, oltre 500 giorni sono trascorsi da quel 6 Aprile 2009.
Questa è la parte buona, della notizia appena ricevuta.
La parte meno buona, è rappresentata dalla preoccupazione per la nuova situazione che dovremo affrontare.
Ricomincia la vita, ma in un posto che non è più quello in cui avevamo vissuto tranquillamente, bene, per oltre 20 anni.
Io lo so perché non ho mai smesso di viverci, tutti i giorni in questi mesi ho fatto il pendolare, ho visto questo territorio agonizzante, distrutto, invivibile, poi ho visto preso d’assalto, terra di conquista di imprenditori lestofanti e faccendieri di palazzo, sotto stato d’assedio durante il G8, poi ho assaporato la speranza di una ripresa mentre venivano smontati i campi profughi, e poi ………………. .
Ormai, questo territorio non è più quello che conoscevamo prima del sisma, non è rimasto neanche un solo punto di riferimento della nostra precedente vita, come era e come lo conoscevamo.
Ora sarà veramente dura, credo che per la mia famiglia comincia adesso la vita da sfollati, una vita che io ho già vissuto solo in parte in questi tristi mesi da pendolare, impegnato nella ricostruzione che non c’è, che non parte per un’assurda burocrazia che interferisce continuamente.
Ma la cosa triste è che dopo 18 mesi, non ci troveremo neanche a rientrare in una nuova città, ma in un caos generale e totale, pure male organizzato, sottoposto a delibere ed ordinanze, che ogni giorno possono intervenire a cambiare vita e le abitudini di chi ci vive, studia e lavora, se mai ci fossero ancora delle abitudini da poter prendere in questa situazione.
E poi mi assale la preoccupazione per i costi che questo rientro ci riserverà. Questo tornare, poi sarà veramente un tornare a vivere?
In questi mesi abbiamo cercato e sperato di poter rientrare nel più breve tempo possibile, ed ora che è alla nostra portata, ci fa paura, come faremo a sopravvivere?
E poi il pensiero al mutuo per una casa che non ho più, che da fine anno dovrò riprendere a onorare, attualmente non ho più ne un lavoro, ne un reddito, l’azienda nella quale svolgevo le mie mansioni prima del sisma ha cessato l’attività, ha chiuso lo stabilimento.
Mi è rimasto solo l’impegno e il lavoro che ne deriva, dall’attività che sto svolgendo riguardo la ricostruzione. Tanto lavoro, che però da 18 mesi non produce nessun reddito, solo spese, che fino ad ora mi sono accollato non avendo altre spese da sostenere per la sopravvivenza, ma ora sorgerà il problema, ora sarà necessario trovare prima possibile una minima fonte di reddito per sopravvivere, un vero lavoro, magari piccolo, che produca un minimo di redito.
Ma a L’Aquila è tutto fermo, a parte qualche iniziativa commerciale, che credo non avrà vita lunga se non riparte la vera economia, industrie, artigianato e terziario, la situazione la vedo proprio brutta.
Intanto la giornata è passa veloce, carichiamo la macchina con tutto ciò che può servire, il piano di recupero dell’abbigliamento si è modificato in corso d’opera, ora ciò che dobbiamo riportare dovrà bastarci per almeno un mese, fino a inizio Dicembre, solo quando ci saremo sistemati nel M.A.P. potremo pensare di riprendere ciò che avevamo portato a Nettuno in quel tragico mese di Aprile 2009.
Caricata la macchina, partiamo alla volta di Isola del Gran Sasso, in macchina commentiamo la nuova situazione che va sviluppandosi, e decidiamo che tutto ciò che si trova in macchina, all’arrivo rimarrà lì, in attesa di poter essere scaricato nel M.A.P. Lunedì, una volta ritirate le chiavi.
Come si dice, la fortuna e cieca, ma la sfiga ci vede benissimo, infatti solo pochi giorni prima, era accaduto che una coppia di amici conosciuti nel residence che ancora ci ospita, trasferitasi in un albergo di L’Aquila già dal mese di Gennaio, era finalmente potuta rientrare nella propria abitazione, ma proprio nel giorno del rientro la signora Annamaria aveva avuto un brutto incidente in casa, a seguito del quale è stato necessario un ricovero ed un successivo intervento chirurgico di ricostruzione del femore rotto.
Tutto ciò ha comportato, e le sta tutt’ora comportando, una totale infermità, che durerà almeno per altri 30 giorni, dopodiché comincerà una la lenta riabilitazione, per questo motivo, non appena è stata dimessa ha chiesto a mia moglie Anna se poteva in qualche modo darle una mano.
Per questo motivo lunedì 18 Ottobre mi reco da solo in comune per il ritiro delle chiavi di “casa”.
Arrivo nel luogo dove hanno edificato il mio M.A.P., comincio a scaricare la macchina, giro per quella che mi hanno venduto come casa, e mi rendo immediatamente conto che l’abitazione, il M.A.P.n.°38 , assomiglia molto di più ad una Baracca che alla Villa a cui si era continuamente riferito il Presidente del Consiglio.
E poi, rispetto a ciò che avevo visto in Tv sui principali canali d’informazione quali TG1, TG2, TG3, TG4, TG5, Studio Aperto e TG La7, non c’era proprio paragone,
- niente spesa per una settimana, il frigo era completamente vuoto;
- niente champagne;
- niente torta per festeggiare;
- niente letterina di benvenuto di Berlusconi e Bertolaso;
ma poi che c ….. o dovrebbero festeggiare coloro che l’hanno trovato torta e champagne?
Forse il fatto che non hanno più casa, o che non hanno più un lavoro, o magari che non sono rimasti sotto le macerie, nonostante fossero stati tranquillizzati proprio da quelle stesse istituzioni che ora affermano di avergli fornito una villa, in sostituzione della casa che non hanno più, oppure dovrebbero brindare per i grandi affari che hanno potuto arricchire le varie cricche che si sono finora susseguite in questa scandalosa, finta ricostruzione.
Insomma, entrato in “casa”, ho avuto la prova provata che anche in questo terremoto, ci sono sfollati di serie A e sfollati di quarta serie.
Dove quelli che ho definito di serie A, sono coloro che sono entrati in questi nuovi alloggi durante i periodi preelettorali, o quando c’erano le TV, che riprendevano l’evento da trasmettere nelle case degli italiani.
Gli altri, quelli di quarta serie, sono tutti coloro che come me, hanno ricevuto questa sudata baracca, definita da sua maestà Silvio I° d’Arcore villa, a fari spenti, quando non c’era nessun che riprendeva, commentava o intervistava.
Così, comincio a fare un giro per le stanze, poso facilmente notare una serie evidenti intollerabili difetti di costruzione, e poi queste “ville” costano 750,00 €/mq, più le opere d’urbanizzazione e le infrastrutture. Tutto ciò fa lievitare il costo fino a 1.200,00 - 1.400,00 €/mq, e anche per questo motivo che ritengo inaccettabili questi difetti costruttivi.
Badate bene non sto parlando di difetti strutturali, ci mancherebbe, ma di tutti quei difetti che contraddistinguono una abitazione costruita per viverci, da una baracca di fortuna, una capanna, un tetto per passarci giusto qualche mese in attesa di una sistemazione definitiva.
Ma la verità la conosciamo tutti.
In quelle baracche, che di casa non hanno nulla, che di funzionale, per viverci non hanno niente, al di fuori di uno scandaloso televisore a cristalli l, messo lì per continuare a propinarci trasmissioni demenziali, come “Il grande fratello, Amici, …..” e tutte le altre, che questa malata democrazia telematica da alcuni anni ci propina, avendo invece cura di nascondere tutta quell’informazione che potrebbe in qualche maniera attivare il cervello o il pensiero dei video-ascoltatori.
Tutto ciò, come se possedere un televisore a cristalli, potesse rappresentare un bisogno impellente per una famiglia di sfollati, di gente che ha perso tutto, che deve ricostruire, ricominciare una vita partendo da sotto zero.
Ma siamo seri.
Chi è che ha potuto partorire simili mostruosità?
Chi è l’ingegnere, l’architetto che in quei moduli ci ha trascorso una sola settimana, e può continuare sostenere che queste sono abitazioni, case?
Il M.A.P. n.° 38 di Collarano (18 Ottobre 2010)
Ma la situazione del mio M.A.P. è del tutto particolare, ecco l’elenco dei difetti e dei problemi emersi dopo una prima veloce ispezione:
- le travi che sostengono il tetto sono tutte spaccate, segno evidente della presenza d’umidità nel legno;
- i pilastri risultano malamente piallati, ne sono levigati e risultano privi di verniciatura di finitura “turapori”, mentre sono evidentemente scheggiati e spaccati, segno di una lavorazione precaria;
- le pareti di cartongesso che delimitano il perimetro delle stanza che compongono l’abitazione non sono ancorati alle pareti perimetrali della struttura in legno precompresso, segno della mancata finitura d’ancoraggio di queste parti con rete;
- a seguito di ogni utilizzo dallo sciacquone del water, parte la caldaia, segno evidente che l’impianto idrico è stato montato in maniera errata, è stata collegata la linea dell’acqua calda allo scarico;
- alcuni scuri esterni delle finestre non si aprono, altri non si chiudono, frutto di un evidente pressapochismo dei montatori degli infissi;
- la porta blindata ha un gioco da terra di almeno 2 -3 cm., segno che è stata montata senza nessuna messa a punto dell’infisso;
- non mi sono state fornite tutte le chiavi della porta blindata, per l’esattezza mancano ancora due delle tre chiavi a corredo;
- il lavabo del bagno è in equilibrio precario, così come il termosifone ballano vistosamente, segno che non sono stati fissati con la dovuta perizia ai muri in cartongesso;
- i mobili sono imbullonati mediante tasselli ai muri in cartongesso e non possono essere rimossi, e comunque rimovendoli è necessario ancorarli nuovamente ai muri perché rimangono sempre in equilibrio precario;
- Il M.A.P. è arredato con due camere da letto matrimoniali, munite di letto, rete e materasso matrimoniale, segno evidente che al momento dell’arredo del modulo non si è preso in considerazione la composizione del nucleo familiare che l’avrebbe abitato;
- L’interno è perfettamente pulito, i mobili sono splendenti, aprendo le finestre si può ammirare un panorama mozzafiato, neanche una di queste affermazioni è vera, il modulo è tutto da pulire sul linoleum c’è del bostik ormai secco, i mobili presentano due dita di polvere, la baracca è circondata da rete oscurata da teli che impediscono qualunque visuale, proprio un campo di prigionia, “la baracca n.°38 del capo di prigionia di Collarano”
- …………………..
A questo punto, con mia moglie Anna abbiamo deciso di chiamare “linea amica”, per chiedere un intervento della Protezione Civile, che per la verità non si è fatto attendere, nel primo pomeriggio sono intervenuti degli operai che hanno svolto, secondo le direttive ricevute, degli interventi, che non mi sembrano molto ben fatti.
Successivamente, sono intervenuti dei tecnici, si sono presentati in divisa e si sono qualificati come ingegnere strutturista, e come progettista direttore dei lavori del villaggio, appartenenti alla Protezione Civile Nazionale.
Alle nostre immediate rimostranze per ciò che avevamo appena ricevuto in assegnazione dopo 18 mesi d’attesa, vissuti da sfollati, da pendolari, sbattuti nelle strutture alberghiere che loro avevano scelto, che ci avevano imposto, hanno prima ribattuto che quello dove ci trovavamo era uno dei migliori M.A.P., poi che le doppie camere matrimoniali erano una scelta atta ad ospitare la famiglia media italiana, che per loro è composta da: una coppia di coniugi con figlio e i genitori di uno dei due coniugi a carico.
Al che si è accesa un’aspra polemica, ci siamo alterati, abbiamo alzato la voce e i toni della discussione.
Abbiamo ribattuto che in quei 18 mesi avevamo partecipato a ben quattro censimenti, e che l’anagrafe del nostro comune conosce benissimo la composizione della famiglia giacché ci stanno mantenendo da 18 mesi ed ha speso fino ad ora oltre 150.000,00 €.
E poi abbiamo continuato, gridandogli in faccia, che tutto ciò era una vergogna, che quei moduli, quel M.A.P. era costato oltre 750,00 €/mq., cioè 60.000,00 €, 120.000.000 £, non potevamo accettare che si potessero spendere tutti quei soldi, sottraendoli alla vera ricostruzione, per ottenere dei manufatti in quelle condizioni.
E loro, a replicare che avevano dovuto costruire in poco tempo, che quella era edilizia economica e popolare, che quindi non erano previste finiture, e non le potevamo pretendere, e aggiungevano che se non ci piaceva il M.A.P. potevamo rinunciarci e passare all’autonoma sistemazione.
E noi, a ribattere che 18 mesi non ci sembravano proprio poco tempo, e poi dove stava scritto che l’edilizia economica e popolare non deve prevedere dei lavori eseguiti a regola d’arte, quelle che avevamo segnalato non erano finiture mancanti, ma solo lavori fatti male, fatti alla meglio, evidentemente da personale inesperto, insomma per dirla in breve tutto arrangiato, e dopo 18 mesi tutto questo non poteva certo essere accettato.
Soprattutto non potevamo ne intendevamo accettare un simile contradittorio che ci veniva proposto proprio dai diretti responsabili di quell’intervento, da coloro che svolgono queste mansioni a nome del Dipartimento di Protezione Civile, pagati da tutti noi.
E per finire, costoro hanno avuto pure l’ardire di lagnarsi, perché loro non hanno alloggiato in albergo come noi, loro in quei 18 mesi erano sati costretti a vivere accampati per assisterci.
Scordando banalmente, che loro forse avevano vissuto in condizioni disagiate, ma solo per cinque giorni a settimana, e per questo motivo percepivano oltre a un lauto stipendio, anche una indennità di trasferta, e comunque quella era la loro professione, il loro lavoro..
Scordando banalmente che trascorsa la settimana lavorativa, il venerdì sera potevano tranquillamente rientrare in una casa, potevano condurre una vita normale con la loro famiglia, mentre noi, che eravamo veramente sfollati, stavamo vivendo, magari in albergo, semplicemente perché una casa, un lavoro, una vita normale non l’avevamo più.
Quel M.A.P. che era diventato argomento di un così aspro dibattito avrebbe rappresentato per noi, per tutta la nostra famiglia, il punto di riferimento per la vita dei nostri prossimi 10 – 20 anni, non potevamo ne permettere, ne accettare, di svendere i nostri diritti, se avessimo ceduto sarebbe stato per sempre, e questo non era giusto non tanto per noi, ormai ultracinquantenni, ma per i nostri figli che avrebbero dovuto condividere con noi quel tipo di vita ancora per diversi anni.
A seguito di ciò, il giorno successivo, il 20 Ottobre 2010, ho presentato un esposto al mio comune, nel quale richiedevo gli interventi di manutenzione necessari, e la fornitura di due letti singoli in sostituzione di una delle due stanze matrimoniali, in modo da poter dare un letto a ciascuno dei miei tre figli.
Ecco questa è la ciliegina sulla torta che questo Governo mi ha regalato dopo questi 18 mesi trascorsi da sfollato deportato.
Grazie Silvio, grazie Bertolaso, Vi siete superati nel portare a termine questo MIRACOLO AQUILANO, solo che io questo miracolo proprio non ci riesco a vederlo, anche se mi sforzo, non c’è, non c’è mai stato e fino che sarete Voi a gestire la nostra, la mia vita, non potrà esserci.
Capitolo secondo : La commissione grandi rischi, il mancato allarme, il caso Giuliani
La commissione grandi rischi (Marzo 2009, una settimana prima del sisma)
A seguito del precipitare degli eventi il sindaco Massimo Cialente richiede la convocazione della Commissione Grandi Rischi, che si riunisce a L’Aquila il 31 Marzo, solo sei giorni prima del tragico evento.
Questa ha provveduto a tranquillizzare la popolazione, affermando: “che nulla di grave poteva accadere” vedi testuali parole tratte dal verbale:
- (Prof. Boschi), “ ……. Improbabile che ci sia a breve una scossa come quella del 1703, pur se non si può escludere in maniera assoluta” aggiunge “ …..Quindi la semplice osservazione di molti piccoli terremoti non costituisce fenomeno precursore. ………. E’ invece noto che il comune di L’Aquila è classificato in zona 2, e comunque è caratterizzato da una sismicità che richiede una particolare attenzione verso le costruzioni, che vanno rafforzate e rese capaci di resistere ai terremoti.”
Le costruzioni, vanno rafforzate? Rese capaci di resistere ai terremoti? Infatti ci si è subito preoccupati di verificare dopo gli innumerevoli allarmi lanciati dai studenti, lo stato della sicurezza della Casa dello Studente, ci si è accorti immediatamente che mancava semplicemente un pilastro.
Mai sentito parlare del “Rapporto Barberi”?
- (Il prof. Calvi)“ aggiunge …… sulla base del documento distribuito dal DPC (Dipartimento Protezione Civile), …..le registrazioni delle scosse sono caratterizzate da forti picchi di accelerazione, ma con spostamenti spettrali molto contenuti, di pochi millimetri, e per ciò difficilmente in grado di produrre danni alle strutture.”
Mai sentito parlare di “Abruzzo Engineering”
Infatti, dopo il sisma, dato che gli spostamenti erano di pochi millimetri, il centro è tutti i borghi storici dei comuni limitrofi sono rasi al suolo.
E fortuna che questi eventi non potevano produrre danni alle strutture.
Il dubbio, che da parte di qualche luminare si sia sottovalutata la situazione, c’è e resta.
Questi luminari, come tutti gli esseri umani, possono commettere errori di valutazione, questo fa parte della professione che si svolge, e non c’è possibilità di evitare simili errori.
La cosa invece veramente grave, è che questi baroni della scienza, si sono permessi di giudicare, di concorrere alla denuncia per procurato allarme verso altri tecnici, che loro, con molta arroganza hanno ritenuto inattendibili e meno qualificati.
Con il loro atteggiamento, nella veste di assoluti e unici studiosi qualificati, hanno gettato discredito su queste persone, che non sono più state prese sul serio, i loro allarmi non sono più stati ascoltati.
Per la stupida presunzione di qualche luminare sono rimaste sotto le macerie 308 persone, che come me, come tutti noi, hanno avuto fiducia nel ruolo istituzionale che rappresentavano.
E questi luminari esprimono, e continueranno ad esprimere opinioni, che equivalgono per tutti noi, a sentenze.
- Continua l’intervento (il prof Barberi) “…. non c’è nessun motivo per cui si possa dire che una sequenza di scosse di bassa magnitudo possa essere considerata precursore di un forte evento.”
Eventi di bassa magnitudo, 4° – 4,5° gradi sulla scala richter, sono eventi di bassa magnitudo, ma per preoccuparsi, per dare un allarme doveva proprio venire giù tutta la città?
Ma professore, il famoso rapporto Barberi, quello che porta proprio il suo nome, si è scordato di averlo redatto proprio Lei?
Di averlo inviato a sindaci, a presidenti di provincia e di regione?
Ma, siamo sicuri di pagare questi luminari, perché con i loro studi, ci aiutino a prevenire eventi calamitosi?
Se non danno l’allarme quando si verificano scosse di questa entità, durante una sequenza sismica che dura da 3 – 4 mesi, quando lo danno sto benedetto allarme?
Forse quando la città e rasa al suolo?
Se è così, possiamo anche mandarli a casa, non c’è motivo di spendere denaro.
Allora, mettiamoci d’accordo, se non è possibile prevedere un terremoto non è neanche possibile smentire che un simile evento si possa verificare.
Ma cari accademici, volete essere coerenti con le vostre stesse affermazioni?
Allora, chi vuole spiegare il motivo per il quale, dopo il sisma del 6 Aprile 2009, per paura di forti scosse la popolazione, anche quella con casa classificata “A, agibile”, è stata allontanata?
Ma le scosse dal dopo sisma, non erano semplici scosse di assestamento, del tutto normali, senza pericoli per la popolazione?
Ma non si era detto che non era possibile una scossa paragonabile a quella del sisma del 1703?
Ancora tutte pu …… te, utilizzate con maestria dai pubblicitari del nostro premier, ma sempre e solo pu ..… te, che sono costate la vita a 308 persone. che si sono fidate delle parole di chi rappresenta le istituzioni.
Infatti solo dopo pochi giorni la grande scossa, l’8 aprile 2010, viene pubblicata l’Intervista a Daniela Pantosti dell’INGV. L’argomento dell’intervista riguarda, guarda caso, proprio la faglia di Paganica, quella per intenderci responsabile del disastro.
Testo dell’Intervista a D. Pantosti:
“la faglia di Paganica”
La mattina stessa del terremoto de L'Aquila del 6 aprile le squadre del Gruppo MERGEO si sono recate in area epicentrale per rilevare gli effetti sull'ambiente naturale prodotti dal terremoto.
EMERGEO: un gruppo di lavoro INGV che ha come scopo il rilievo geologico in caso di evento sismico
In questa mappa oltre alle tracce delle faglie che vediamo qui riportate in nero vedete questi cerchietti colorati che rappresentano tutti i punti di osservazione degli effetti naturali prodotti dal terremoto.
Gli effetti più comuni erano quelli legati comunque alla accelerazione del suolo prodotta dal terremoto come frane, caduta massi, e scoscendimenti in zone alluvionali e pianeggianti.
Molto frequente è stata anche l'osservazione di fratture, come questa in questo campo agricolo con una componente del movimento sia verticale che un'apertura.
Molto spesso queste fratture interessavano anche manufatti chiaramente strade asfaltate e/o anche l'interno di abitazioni, giardini, muretti di recinzione.
Le fratture avevano la caratteristica di essere allineate lungo elementi tettonici preesistenti.
La faglia di Paganica
In particolare quelli riportati qui in rosso lungo la faglia di Paganica sono quelli che consideriamo l'espressione in superficie della deformazione prodotta in profondità dal terremoto.
Qui in particolare vediamo la zona dove le fratture lungo la faglia di Paganica sono le più evidenti e sono quelle che sono considerate direttamente legate al piano in profondità. E in questo piccolo blocco - diagramma potete vedere come, in modo molto schematico, il piano di faglia che raggiunge la superficie praticamente corrisponda nella parte superficiale alle rotture della faglia di Paganica.
Nei mesi successivi al terremoto gli studi geologici si sono concentrati alla caratterizzazione e mappatura di dettaglio delle faglie che caratterizzano la zona epicentrale, ed in particolare la faglia di Paganica.
Questo perché abbiamo visto quanto, sia per il rischio di fagliazione superficiale che per dare un contributo più importante agli studi di pericolosità sismica, sia importante la conoscenza delle faglie attive.
Alla ricerca dei terremoti del passato: gli scavi paleosismologici
Questi studi vengono anche supportati da indagini paleosismologiche.
In pratica si cerca geologicamente di riconoscere le evidenze di terremoti del passato che hanno prodotto come nel 2009 delle rotture in superficie come questa.
Questo è un caso molto bello in cui potete vedere che la rottura in superficie, quindi la frattura lungo la faglia di Paganica, corrisponde in profondità con una faglia geologica che mette a contatto queste brecce bianche con dei depositi olocenici, quindi di circa 10.000 anni, più scuri, più organici.
In questo altro scavo invece, i depositi sono di natura diversa, hanno una matrice organica e la traccia del piano di faglia al di sotto delle rotture del 2009 che sono rappresentate da questo piccolo scalino sono sicuramente più difficili da vedere.
Ma se si seguono questi contatti tra un tacco e l'altro, quindi la linea verde e la linea gialla ed il blu, si può notare che questi contatti mostrano un incremento con l'età del ribassamento di questo settore a destra rispetto quello a sinistra.
Un'analisi attenta di tutti i depositi e dei rapporti strutturali ci ha permesso di riconoscere ben 5 eventi compreso il 2009.
La datazione con radiocarbonio e con dei frammenti di ceramica di epoca storica ci ha permesso anche di datare, quindi dare un'età, ad ognuno di questi tacchi.
Queste informazioni ci hanno permesso di ricostruire - diciamo - una storia sismica di questa faglia, ed in particolare 5 eventi di cui in particolare il 2009 è il più recente, il 1461 è molto probabilmente l'evento precedente, e poi altri 3 eventi più antichi.
Quello da notare è che gli eventi - questo è il ribassamento verticale di ogni evento - sono tutti di entità molto simili al 2009 e anche la loro spaziatura nel tempo sembra abbastanza regolare quindi dell'ordine dei 500 - 800 anni.
Queste informazioni sono molto importanti per gli studi di pericolosità sismica.
Il mancato allarme - Bertolaso io sereno (Gennaio – Marzo 2009)
Articolo tratto da “Il Centro”
di Enrico Nardecchia
Il capo della Protezione civile bacchetta gli enti locali e ammicca al popolo delle carriole
«Abbiamo fatto tanto, ora tocca agli altri. Ma non ci tiriamo indietro. E, se serve, torniamo». Guido Bertolaso è un guerriero ferito dall’inchiesta su appalti e corruzione, che lo vede indagato, e pure dalle intercettazioni telefoniche. Ma all’Aquila, dove prima della bufera giudiziaria era un mito assoluto, sembra ritrovare la forza dei giorni migliori. Qui glissa sulle indagini («Pronto a dare, se richieste, tutte le spiegazioni»), richiama gli enti locali a un maggiore impegno, corregge il tiro sulle carriole, promette soluzioni rapide per le famiglie ancora sulla costa e parla anche del mancato allarme. «Gli esperti qui convocati non hanno evidenziato segnali di pericolo tali da poter programmare piani di evacuazione».
Delle cose fatte all’Aquila, quale racconta per prima?
«Valga per tutte il lavoro sulle scuole. Senza l’avvio dell’anno scolastico, nello scorso settembre, non vi sarebbe stata nessuna possibilità di dare speranza all’Aquila e agli aquilani perché, ovviamente, c’era il rischio che vi fosse una diaspora delle famiglie verso altri centri dove fosse garantita l’educazione dei propri figli. Per noi è stato un investimento, una sfida, un traguardo che a tutti i costi dovevamo raggiungere e l’aver fatto rientrare a scuola, tra fine settembre e primi di ottobre, circa 17mila studenti all’Aquila e nei Comuni del cratere credo sia stato il vero forte segnale che si poteva investire sull’Aquila. Successivamente, le iscrizioni all’Università, che dovevano essere limitatissime, hanno conosciuto, invece, sviluppi e numeri al di là di ogni previsione».
Emergenza casa. Altra Pasqua da esiliati per migliaia di aquilani. Quali soluzioni ci sono?
«Vi siamo sempre vicini e seguiamo con attenzione tutta la problematica dell’assegnazione di alloggi e sistemazioni di quelli che ancora attendono un luogo sicuro. Ci sono sempre i tecnici del Dipartimento insieme a Comune e Regione. Continua quel gioco di squadra che ci consente di poter affermare che, nell’arco delle prossime settimane, anche quei single e quelle coppie in attesa di una sistemazione troveranno un’accoglienza degna in qualche struttura dell’Aquila».
Prima e dopo. È cambiato il vostro impegno qui?
«Piuttosto è cambiato il clima, la situazione. C’è una seconda fase altrettanto complessa e difficile da portare avanti ma, comunque, con la consapevolezza che la stragrande maggioranza degli aquilani si trovano in condizioni confortevoli, dalle quali possono programmare e pianificare l’attività di ricostruzione».
Mancato allarme. È rimasta appesa la sua frase al forum del Centro: “Prima di andare via dirò cosa penso di queste cose”. Che risposte per quei genitori rimasti senza figli?
«Riservatamente e privatamente, a quelli che si sono rivolti a me direttamente, ho risposto in modo articolato, dettagliato, puntuale senza sfuggire di fronte a domande e problemi posti. In questo momento bisogna ancora attendere le attività che sta portando avanti la magistratura. Apprendo dai giornali di un’indagine in corso. Quando ve ne sarà l’occasione e l’opportunità, magari, si parlerà di questo anche in modo più ufficiale e più pubblico».
Davvero non c’erano attività di prevenzione da attuare dopo la commissione Grandi rischi del 31 marzo?
«Quella riunione del 31 marzo mi convinse molto: quella è la nostra struttura tecnico-scientifica nazionale di riferimento. Le indicazioni della commissione le abbiamo seguite. Si parlava soprattutto di cercare di avere un sistema di risposta all’eventuale emergenza che fosse il più efficace possibile. E mi pare che il mondo abbia riconosciuto che questa gestione sia stata indiscutibile. Scienziati di tutto il mondo venuti qui hanno sottolineato che i segnali non erano tali da poter indurre decisioni che comportassero piani di evacuazione o altro. L’informativa della polizia? Non ne so nulla. La documentazione l’abbiamo consegnata da tempo. Se c’è da dare ulteriori chiarimenti siamo a disposizione».
Prima, nell’emergenza, s’è detto: bravo Bertolaso. Oggi, per le magagne, si dice: colpa di Cialente. Gli avete lasciato il cerino in mano?
«Bisogna mettersi d’accordo. Per mesi qualcuno si lamentava che Bertolaso aveva sottratto alle realtà locali e agli amministratori la responsabilità degli interventi e della ricostruzione. Dopodiché, passato il testimone, com’era giusto che fosse, si comincia a temere che le realtà locali non siano messe nelle condizioni di poter svolgere il loro mestiere. Delle due l’una: o era corretto il lavoro che si stava svolgendo prima, oppure bisogna decidere ora chi è che deve portare avanti questa responsabilità. Noi non abbiamo mai, neppure per un istante, sottratto compiti e responsabilità al cosiddetto territorio. Quando c’era il momento delle decisioni rapide, tempestive, urgenti, difficili per dare risposte agli abitanti ci siamo caricati questo genere di compito. Oggi che la situazione può essere portata avanti con maggiore condivisione approfondendo le problematiche e individuando le soluzioni nel lungo periodo lo devono fare le autorità locali. Se poi loro hanno bisogno di una mano, non v’è il minimo dubbio sulla nostra assoluta totale disponibilità».
Ricostruzione e soldi. Ci sono risorse? E quante di queste sono certe?
«Dal punto di vista economico i soldi ci sono. C’è anche una buona e sostanziale somma di un paio di miliardi di euro stanziati dal decreto legge. Invece di continuare a dire “ce la facciamo da soli” o no, “ci abbandonano” o meno, bisogna pensare a rimboccarsi le maniche e ad andare avanti con lo stesso impegno che noi abbiamo garantito nei passati mesi».
Ricostruzione lenta, poche idee. La pensa così?
«Vi erano normative per una ricostruzione e progettazione molto rapide, assicurate nelle mani di proprietari e cittadini, cercando di evitare la burocrazia. Purtroppo non è stato così. Domande con lentezza, parte tecnica oberata di lavoro, imprese con numerosissime richieste. Tutto questo non ha facilitato il compito».
Perché le carriole non le sono simpatiche?
«Non è vero. Le ho usate quand’ero più giovane e in tante altre situazioni. Non vedo nessuna polemica strumentale. Lo interpreto come un segnale di volontà di ricostruire quel centro storico al quale tutti guardiamo con grande speranza».
Bertolaso via senza aver realizzato...
«Da settembre avevamo un progetto per la zona rossa. Se non ricordo male vi fu una certa levata di scudi di alcune autorità locali. Facemmo marcia indietro. Con quella proposta oggi saremmo più avanti...».
Il mancato allarme - Onna denuncia esposto alla commissione Grandi rischi (Gennaio – Marzo 2009)
Articolo tratto da “Il Centro”
di Giampiero Giancarli
In Procura esposto dei residenti contro la commissione Grandi rischi. In mano ai pm studi di sismologi che contraddicono le valutazioni della commissione. Sono oltre cento finora le possibili parti civili pronte a costituirsi nel processo penale
L’AQUILA. Arriva anche da Onna una denuncia contro la commissione Grandi Rischi. Infatti, tempo addietro, un gruppo di cittadini della frazione che ha pagato il più alto tributo di vittime per il sisma, si è rivolto a un legale per fare chiarezza sul mancato allarme.
ONNA. Queste denuncia, come del resto altre segnalazioni alla polizia giudiziaria fatte in precedenza, è stata corredata da interviste rilasciate sia su carta stampata che televisive, con le quali sono state date le incaute rassicurazioni alla gente; ma anche da studi di sismologi secondo i quali forse si doveva prestare maggiore attenzione allo sciame che ha preceduto la tremenda scossa del 6 aprile. L’esposto, nel quale si ipotizza il reato di omicidio colposo plurimo, è stato presentato tramite l'avvocato Fabio Alessandroni.
Onna è stata la frazione aquilana più martoriata dal terremoto: 40 le vittime a fronte di poco meno di quattrocento residenti.
ALTRI ESPOSTI. Finora sono una trentina gli esposti presentati alla procura, tramite i familiari delle vittime, ognuno dei quali contempla molti sottoscrittori. Ne consegue che sono già decine e decine, forse già un centinaio, le parti offese pronte a chiedere la costituzione di parte civile qualora l’indagine, portata avanti dai Pm Alfredo Rossini e Fabio Picuti, dovesse andare molto avanti. Del resto se sono molte già adesso le persone che hanno già avviato decise azioni giudiziarie è prevedibile che altrettante si faranno avanti in futuro visto che il termine per la costituzione di parte civile è quello dell’udienza preliminare: data ancora molto lontana in una inchiesta che deve ancora definire gli indagati.
PRIMA DENUNCIA. L’inchiesta è stata avviata dalla procura aquilana dopo la denuncia presentata il 17 agosto 2009 dall’avvocato Antonio Valentini nella quale si avanzavano grosse perplessità sull’atteggiamento della commissione. Nella stessa denuncia si indicarono sette persone, familiari di altrettante persone decedute, pronte a testimoniare che i loro cari erano restati a casa dopo le prime scosse in seguito alle rassicurazioni date da persone più esperte di loro.
IL NODO. Al di là dei contributi tecnici e dossier forniti a tutto campo dagli autori degli esposti, il punto nodale che accomuna tutte le denunce gira sempre intorno alla stessa domanda: perché sono state rilasciate dichiarazioni rassicuranti da persone autorevoli sulle conseguenze dello sciame sismico precedente al 6 aprile visto che i terremoti non sono prevedibili?.
SVILUPPI. Le indagini, sulle quali il pm Alfredo Rossini, non intende fare alcun commento, sono affidate alla squadra mobile e alla squadra di pg della polizia di Stato che hanno ascoltato circa 50 persone informate sui fatti. Nelle passate settimane il procuratore capo aveva sottolineato che la svolta su questo atteso filone non era imminente. Da fonti interne della procura è poi emerso che i pm avrebbero atteso lo svolgimento delle elezioni per non influenzare il clima politico con una inchiesta i cui esiti avranno risonanza nazionale.
Il mancato allarme - «Ho perso tutto, dissero di stare tranquilli» (Gennaio – Marzo 2009)
Articolo tratto da “Il Centro”
di Roberto Raschiatore
Parla per la prima volta il pediatra medaglia d’oro rimasto senza figli e senza moglie: Chiedo verità e giustizia, del mio condominio in via Campo di Fossa si parla poco malgrado i ventisette morti
Massimo Cinque, medico pediatra, accetta di aprire per la prima volta da un anno la sua pagina del dolore, e di raccontarla. Il 6 aprile 2009 il medico Massimo Cinque ha perso tutto nel crollo della sua abitazione in via Campo di Fossa al civico 6: i figli Matteo e Davide, le sue «piccole pesti» di 9 e 11 anni, sua moglie Daniela Visione, di 43 anni.
L’AQUILA.
Fissa un punto nel vuoto e racconta.
Racconta e si tormenta le mani, rigira la fede rimasta all’anulare, senza più una lacrima da perdere in un futuro che non riserva sogni o conquiste. Racconta con gioia dei suoi figli e della moglie perduti nella terribile notte. Racconta con rabbia del mostro terremoto, degli allarmi inascoltati, delle troppe rassicurazioni traditrici, dei 308 martiri uccisi da sassi e cemento fragile.
Massimo Cinque l’ha risparmiato il destino.
Quella notte di un anno fa era in servizio nell’ospedale di Sulmona, dove lavora da sette anni. «Alle 23,30 mi chiamò mia moglie Daniela», racconta, «mi disse che c’era stata l’ennesima scossa e mi chiese come doveva comportarsi. Non ti preoccupare, le risposi, dormi tranquilla. Le ripetei le parole che ci avevano detto gli esperti. Quella è l’ultima volta che l’ho sentita. Alle 3.32 fui svegliato dal terremoto, ma non mi preoccupai, non so per quale motivo. E tornai a dormire. Due ore dopo le infermiere mi avvisarono che la televisione stava trasmettendo le immagini dell’Aquila distrutta. A quel punto ho capito qual era la gravità, ho provato a contattare i miei, sono partito. Sulla Statale 17, a Castelnuovo, ho avuto un brivido di fronte alla prima casa sventrata. All’Aquila ho trovato e visto l’inferno. Della mia casa in via Campo di Fossa era rimasta solo polvere. Un palazzo sbriciolato. In venti secondi ho perso tutto ciò che un uomo può perdere. Una moglie e una madre esemplare. Matteo e Davide, due bimbi pieni di vita. I vigili del fuoco li hanno trovati nel lettone. Non passa giorno della mia nuova vita senza un pensiero rivolto a loro. Un ricordo sempre vivo. Ringrazio il Signore che mi ha dato la fortuna di averli avuti a fianco, anche se per poco. Li porto nel cuore. Come porto nel cuore i tanti che mi hanno aiutato in questi mesi. Molti amici, i miei suoceri, mio cognato, i miei genitori. Sono stati al mio fianco, le istituzioni no».
Qui il ricordo si fa rabbia. Massimo Cinque, a pochi giorni da questo primo anniversario, ha ricevuto una medaglia d’oro dal ministro della Salute, Ferruccio Fazio. Una medaglia perché il medico è tornato al lavoro subito dopo i funerali e ha prestato la sua opera in favore delle popolazioni colpite dal terremoto. «Ho fatto semplicemente il mio dovere», riprende Cinque, «sono un medico, faccio il pediatra, e ogni giorno devo assumermi delle responsabilità per i miei piccoli pazienti, prendendo decisioni anche immediate. Posso camminare sempre a testa alta, dovunque vada. Altri la testa la devono abbassare.
Sì, sono critico. Il 31 marzo di un anno fa la riunione della commissione Grandi rischi si concluse in venti minuti. Come una riunione di condominio. E senza adottare alcuna decisione. Il vicecapo della Protezione civile De Bernardinis disse di stare tranquilli, di stare in casa e bere una buona bottiglia di vino Montepulciano. Quelle parole sono impresse nella mia mente. Mi sono fidato, ci siamo fidati di persone che ricoprono ruoli di grande responsabilità. Quelle parole le ho ripetute a mia moglie in quell’ultima telefonata: le ripetei di stare tranquilla. Ci dissero che la terra più scarica energia e meglio è. Dovevano invece avvertirci che ci trovavamo in uno stato di allerta, che i terremoti non si possono prevedere ma che non si possono neanche escludere. Bisognava realizzare dei punti raccolta per la popolazione, perché la situazione non era così tranquilla. Quanto è successo è vergognoso e inconcepibile. Ho dubbi atroci, mi pongo tante domande. Perché dopo il 6 aprile tutti gli scienziati che studiano questi fenomeni hanno detto che il terremoto dell’Aquila ha dato ampi segnali, si è fatto annunciare con grande anticipo? Questo mostro bussava alle nostre porte da più di quattro mesi e io quella notte l’ho fatto entrare in casa mia perché qualcuno mi aveva rassicurato. Per questo chiedo verità e giustizia. Le chiedo per mia moglie e i miei due angeli, per tutti i 308 martiri morti quella notte. Martiri perché hanno pagato le colpe di altri. Nel mio palazzo, costruito negli anni Sessanta, sono morte 27 persone, fra le quali due bimbi piccoli e una quindicina di studenti universitari. Non so a che punto sia l’inchiesta della magistratura, però ricordo che non possono esserci morti di serie B. Sarebbe il caso di parlare un po’ di più di questo palazzo in via Campo di Fossa, come si fa per la Casa dello studente o per l’edificio in via D’Annunzio. Ho incontrato il capo della Protezione civile Bertolaso pochi giorni fa, alla presentazione del libro di Roberto Grillo. Una rapida stretta di mano e niente più. Da Bertolaso aspettiamo ancora delle risposte. Il 14 agosto, durante il video forum organizzato dal Centro, il giornalista Giustino Parisse pose la domanda che ci facciamo tutti:
si poteva fare qualcosa prima?
Bertolaso rispose:
parlerò il 31 dicembre nel momento in cui vi saluterò. (ancora aspettiamo i chiarimenti)
Dopo, alla lettera del padre di una giovane vittima pubblicata sempre sul Centro, lo stesso Bertolaso riferì che c’erano state troppe morti, annunciò che alla fine del suo mandato avrebbe detto cose che allora non si potevano dire.
Aspettiamo queste risposte. Le dobbiamo ai nostri martiri. Le pretendo per la mia splendida moglie e per i miei piccoli angeli».
Il caso Giuliani (Aprile – Dicembre 2009, la mancata prevenzione)
Mentre a L’Aquila la terra trema, la Protezione Civile e Bertolaso sono presso l’isola della Maddalena impegnati nelle operazioni di organizzazione del programmato G8.
Quando Bertolaso viene informato che c’è un individuo, un ricercatore che sta lanciando allarmi invece di verificare cosa sta accadendo ritiene giusto denunciare per procurato allarme, il semplice Sig. Giampaolo Giuliani, che ha la sola colpa di essere un tecnico, e come tecnico verifica tutti i suoi esperimenti, e da queste verifiche conclude che un gas che si trova in natura, ha la particolarità di variare la sua concentrazione con un anticipo di circa 6 – 24 h su un successivo evento sismico.
Costui, da dieci anni conduce studi a proprie spese, non è sovvenzionato dallo Stato, come l’I.N.G.V. o come la mirabile macchina istituzionale della Protezione Civile, che dovrebbero occuparsi di prevenzione, invece d’organizzare eventi fieristici per il nostro premier, in difficoltà per la sua condotta, in difficoltà con la stampa, in difficoltà con la di Lui consorte.
Costui dicevo, realizza dei prototipi di macchie denominate PM2 e PM4, che sono oggi in grado, mediante triangolazioni sul territorio, di stabilire l’epicentro di un possibile sisma nelle successive 6 – 24 ore dalla registrazione della variazione della concentrazione di radon, oltre ad indicare la magnitudo espressa in gradi su scala richter con uno scostamento di +- 0,2°.
Ma nessuno ha ritenuto semplicemente utile verificare l’attendibilità di queste macchine.
Perché, quali sono o erano gli interessi in gioco?
Chi ha il coraggio di dare una risposta sensata, accettabile, condivisibile da uno sfollato che ha perso tutto, che ha subito dei lutti, che non ha più un lavoro o la sua attività, che vive o ha vissuto al freddo sotto una tenda e per ottenere il pasto nella mensa del suo campo deve presentare il passi, come se stesse mendicando?
Chi ha il coraggio di dare questa risposta a costoro, che per raggiungere i servizi igienici del campo nel quale sono ospitati, nella migliore delle ipotesi debbono percorrere 500 – 1000 m, sotto l’acqua, nel fango, al freddo o sotto un sole cocente, o a coloro che sono ospitati in una delle meravigliose strutture alberghiere della costa dove debbono sopportare le peggiori vessazioni, e per raggiungere la città per recarsi al lavoro, o solo per portare la scuola i figli, debbono partire entro le 6.00 per essere in città alle 8.00, per rientrare nella struttura che gli ospita alle 21.00, percorrendo mediamente tra andata e ritorno 200 – 250 km/gg..
Su datela questa risposta?
Ma fate i modo che abbia un senso compiuto?
Siamo tutti curiosi di capire quello che ancora oggi ci risulta incomprensibile.
Ma il tempo è sempre il miglior giudice, così può accadere che quello che solo pochi mesi prima pareva un’eresia agli occhi degli esperti, dei superburocrati dell’INGV, si possa trasformare in una grande scoperta scientifica.
Così accade che ad un anno dal sisma apprendiamo dalla TV che l’INGV “Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia” ha condotto e portato a termine una ricerca con l’università “Tor Vergata” di Roma, dalla quale emerge che il radon, guarda caso, proprio lo stesso gas studiato da Giuliani, può essere considerato un precursore di eventi sismici.
Un precursore sismico?
Ma l’INGV non è lo stesso ente di Stato, che per bocca dei suoi superpagati tecnici, ingegneri e vari altri superburocrati, aveva reso di pubblico dominio l’affermazione riguardo l’imprevedibilità dei terremoti?
Questi non sono forse gli stessi tecnici che avevano dichiarato che non esistono precursori sismici?
Che avevano definito Giuliani un imbecille, ed avevano fatto in modo che ricevesse pure un avviso di garanzia per procurato allarme?
Manco a dirlo, anche questa notizia riguardante i risultati di questa importante ricerca, ottenuti solo un anno dopo il sisma di L’Aquila, passa senza ottenere nessuna particolare risonanza dai media.
Il Paese non deve sapere che la previsione di Giuliani aveva un fondamento scientifico, e che questo ora è anche provato da una ricerca universitaria condotta proprio da INGV, la stessa istituzione che Lo aveva denunciato per procurato allarme.
Come non si deve sapere che Giuliani aveva previsto la scossa del 6 Aprile, e che questa notizia era stata raccolta in un intervista la sera di quel 31 Marzo da una troupe Rai, ma quel servizio non andò mai in onda per volere di qualcuno.
Di chi?
Perché?
Che dire, come si fa a commentare serenamente questi fatti, diciamo che sono troppo coinvolto, perché francamente è difficile un commento dopo ciò che è accaduto, ci sono 308 vittime che chiedono giustizia, 308 OMICIDI colposi.
Intanto la magistratura comincia a dare i primi segnali, arrivano i primi avvisi di garanzia, e guarda caso tra gli indagati ci sono i membri di quella Commissione Grandi Rischi, che in 28 minuti di riunione, quel giorno, decise di non decidere.
Dopo tre anni si torna a parlare del terremoto de L’Aquila e delle peripezie subite da tutti i suoi abitanti. Lo fa Fausto Torregrossa tramite il suo "diario", un ’racconto denuncia’ tra ricordi, prove e fatti. Erano le 3:32 del 6 aprile 2009 quando tutto ebbe inizio. O forse no? Il racconto di questa tragica storia italiana non comincia quel giorno. Inizia qualche settimana prima del tragico evento, raccontando le tante omissioni che hanno apportato i loro ulteriori danni, quelle omissioni oscurate da quasi tutti i mezzi d’informazione da quei giorni fino ad oggi. E così, nel silenzio di tutti, il terremoto. Nel silenzio di tutti l’epopea dei tanti aquilani attraverso l’Italia. L’epopea di Fausto costretto da sfollato a viaggiare tra una città e l’altra per poi tornare nel suo paese completamente distrutto, rubato ai suoi abitanti, venduto a tutto il mondo, inghiottito dal G8. Il racconto quindi non basta, arrivano le testimonianze, i dati, i fatti. Un saggio per denunciare le gravissime condizioni in cui erano costretti a vivere i terremotati: alberghi di lusso diventano lager, la vita diventa pubblicità per fare interessi altrui. Si ride e si mangia su L’Aquila. La voglia di riscatto però resta. Dopo tre anni ancora a voce alta si cerca di denunciare tutto. Si urla ancora contro i tanti "Sciacalli!!!".
Francesco Fragnito
Dalla collana : “6 Aprile 2009, una storia italiana”
Il primo libro
“ 6 Aprile 2009 – Il diario di uno sfollato” sterza edizione
Copyright © 2009 Fausto Torregrossa
Per informazioni e ordini
Mail: fausto_torregrossa@alice.it
Cell: 346-0191448
Mi presento
Fausto Torregrossa,
nato a Roma il 16-11-1953, coniugato con Anna Maria Rita Carlino, tre figli Marco, Luca e Chiara.
Fino al 2007, opero nell’industria manifatturiera, prima a Roma in “Autovox” successivamente, una volta trasferito a L’Aquila (1987) in “Opti.Me.S., Rhone-Poulenc Argo, Aventis Crop Science e Agriformula”, occupandomi di logistica di stabilimento (Pianificazione, Programmazione, Controllo avanzamento lavori, Magazzini, Inventari, Movimentazione Materiali, Acquisti) software applicativi per l’industria (C.M. Control Manufacturing – SAP r3 – Diapason 5), Capo Progetto sistemi informatici (MRP1, MRP2, ERP).
Stabilito a L'Aquila dimoro per alcuni mesi nella frazione di Paganica, successivamente mi trasferisco in città nel quartiere di Santa Barbara, dove vi risiedo per 15 anni per poi trasferirmi nel vicino quartiere di Pettino.
Nel 2007 un nuovo trasferimento nel vicino comune di San Demetrio né Vestini, dove risiedo fino a quella tragica notte del 6 Aprile 2009.
Oggi vivo da sfollato con tutta la famiglia, presso il comune di Isola del Gran Sasso (Te), in attesa di ricevere in assegnazione un M.A.P. nel comune di residenza.
Impegnato in attività sindacale fin dalla metà degli anni settanta, prima in FLM poi a seguito della scissione in CGIL-FIOM e successivamente a L’Aquila in CGIL- FILCEM.
Sono attivista di Legambiente, mi occupo, collaborando con alcune aziende del settore, di energie alternative: “Fotovoltaico, Solare termico, Geotermia, Climatizzazione” e costruzioni alternative “Bioedilizia”.
Dal giorno del sisma collaboro con alcune imprese impegnate nella ricostruzione nei 57 comuni del cratere.
Dal Dicembre 2011 svolgo la mia attività come LSU (Lavoratore Socialmente Utile) presso la Corte d’Appello di L’Aquila sez. Penale occupandomi dell’iscrizione dei nuovi fascicoli (processi d’Appello).
Come nasce il libro
Questo volume nasce per caso, inizialmente era un comune diario personale in formato “word”, fatto solo per scaricare la tensione di quei giorni, raccoglieva gli avvenimenti più importanti che accadevano di giorno in giorno, riportava ciò che quotidianamente coinvolgeva me, i miei familiari o chi condivideva quelle stesse esperienze con noi.
Poi, rendendomi conto che ciò che scrivevo, trovava puntuali conferme sui quotidiani, l’ho arricchito con una attenta ricerca, condotta in internet.
Così lentamente si è trasformato in una cartella contenente file di: filmati, interviste e link di collegamento a siti o materiali presenti in internet.
Molti dati e/o avvenimenti riguardavano avvenimenti che giornalmente venivano caricati in internet da altri utenti, come me sfollati, che in quei giorni stavano vivevano le più incredibili vicissitudini, a cui nessuno permetteva di manifestare il proprio disagio, sempre e comunque censurati dai media, costoro avevano come unico mezzo di comunicazione internet.
A ciò ha fatto seguito, l’arricchimento con altro materiale, foto, videoclip, e documenti personali, ed è stata una logica conseguenza la successiva raccolta di tutti questi dati su supporti informatici (DVD).
Solo alcuni mesi dopo, la parte riguardante il diario, si è trasformata con la collaborazione e l’impegno di mia moglie “Anna”, che si è dedica alla correzione delle bozze originali, nell’attuale dimensione di libro.
Ora leggendo queste righe, potrete apprezzare il lavoro da Lei svolto, ricordando che tutto ciò che è viene riportato sono avvenimenti veri, realmente accaduti, raccontati da chi li ha vissuti in prima persona, il tutto come potrete verificare è ampiamente documentato.
PREMESSA
Questo è il secondo volume che compone la collana “6 Aprile 2009, una storia italiana”, allo stato attuale è in lavorazione il terzo volume, ma non è detto che in futuro non c’è ne siano altri.
Il progetto prevede che ciascuno dei tre volumi tratti una parte degli avvenimenti riguardanti il sisma in Abruzzo, con particolare riguardo al capoluogo L’Aquila, i contenuti sono perciò suddivisi nei tre volumi come segue:
- “6 Aprile 2009, il diario di uno sfollato”, gli argomenti trattati sono:
- La vita prima del sisma;
- Il sisma,
- L’emergenza,
- la vita nei campi,
- La vita sulla costa,
- Alcuni episodi di vita vissuta
- Giuliani ed il mancato allarme.
- “6 Aprile 2009, la ricostruzione che non c’è”, gli argomenti trattati sono:
- Il progetto C.A.S.E. e i MAP,
- I ritardi nella costruzione dei nuovi insediamenti,
- La viabilità e il G8,
- L’effetto mediatico dei mezzi d’informazione,
- La burocrazia ostacola la ricostruzione,
- Le possibili alternative ignorate.
- “6 Aprile 2009, e la storia …… continua” gli argomenti trattati sono:
- I veri danni del sisma,
- La “Commissione Grandi Rischi” rinviata a giudizio,
- Il sismologo Gaetano De Luca (INGV) parla,
- Dopo il sisma la Procura indaga,
- Le inchieste,
- Mafie e progetto C.A.S.E.
- Ancora l’effetto mediatico su L’Aquila, “Bertolaso, D. Stati, G. Letta, Studio Aperto”
- Protezione Civile SpA
- Seminario d’urbanistica
Sotto, Roma 07 luglio 2010 manifestazione di protesta degli aquilani
Dopo 15 mesi sono ancora 48.000 i sfollati a L’Aquila. La città è morta, l’economia al collasso, 16.000 i cassaintegrati per i quali non ci sono prospettive mentre i professionisti abbandonano la città. I lavori di recupero nelle abitazioni B e C sono fermi perché mancano i fondi, mentre le E, le abitazioni inagibili, ancora non c’è nessuna possibilità di vero recupero specialmente nelle zone Rosse e nei centri storici sottoposti a tutela. Intanto dal 1° luglio il regime fiscale è tornato quello pre-sisma. Gli aquilani sono qui a manifestare le loro sacrosante rivendicazioni, ed il governo li accoglie schierando la celere in tenuta antisommossa, 5 giorni dopo denuncerà gli organizzatori di una manifestazione autorizzata, scortata da L’Aquila a Piazza Venezia, prima dalla polizia, poi dalla municipale di Roma.
Questa è la fine della “DEMOCRAZIA”.
6 Aprile 2009 – Il diario di uno sfollato
YouTube - Terremoto Abruzzo - TG1 - Edizione straordinaria ore 1300 del 6Aprile2009
Sopra, lo spirito di riscossa del popolo abruzzese dopo il sisma.
6 Aprile 2009 – Il diario di uno sfollato
Sopra, L’Aquila Natale 2010
L’Aquila 6 Marzo 2010 – Per non dimenticare – Un disastro annunciato.
Sopra, il giorno del ricordo
L’Aquila 6 Aprile 2010
25.000 fiaccole, 308 vittime, 308 rintocchi
mentre la città torna ai cittadini
Sopra, L’Aquila la fiaccolata del 6 Aprile 2010
Poche righe per un triste ricordo.
In una città fantasma, dimenticata per un anno dai media che si sono prostrati al volere di chi ha voluto diffondere una verità monca, di parte, nella quale si è dato ampio spazio e luce di riflettori ai nuovi insediamenti del progetto CASE, alle new towns, mentre quegli stessi obiettivi, quei microfoni non sono mai stati concessi ai cittadini, dando spazio alla città. L’Aquila, la città distrutta, presidiata dalle forze dell’ordine e dall’esercito, sottratta da un anno ai suoi abitanti.
La gente non ha mai potuto parlare di se attraverso i media, quella stessa gente che oggi, in questa fredda notte, silenziosa si è radunata per ricordare quel triste evento.
Oggi sono oltre 25.000 i cittadini che si sono spontaneamente raccolti, e sono tanti per una città che prima del sisma contava solo 74.000 anime, e che ancora oggi ha oltre 52.000 abitanti che non hanno casa, assistiti in vario modo dalla Protezione civile.
L’appuntamento alla Fontana Luminosa, quattro grandi cortei partiti da altrettante periferie hanno attraversato la città, oltre 25mila persone hanno sfilato nella grande fiaccolata per le vie, quelle percorribili del centro.
Alle 3,32, lettura dei nomi delle 308 vittime del sisma in una Piazza Duomo gremita di folla.
In precedenza si era tenuto un consiglio comunale all’aperto, durante il quale sono stati letti il messaggio del premier, che tra le righe riporta testualmente: “C'è chi infanga il lavoro del governo, ma noi abbiamo fatto record”, e qui, sull’argomento del “fare” parte una bordata di fischi e rumori che hanno coperto del tutto le parole dell’oratore di turno.
Successivamente, è stata la volta del discorso del Presidente della Repubblica, che in un passaggio dice ”L'Italia seppe unirsi. La Protezione civile si dedichi solo alle calamità. Non si perda in altre direzioni”, e al riferimento del ruolo istituzionale del ruolo che dovrebbe svolgere la Protezione Civile non sono mancati gli applausi.
Intanto in internet sul social network “Facebook” è partito l’evento "Una candela per l'Aquila".
Sopra e Sotto, la grande fiaccolata del 6 Aprile 2010 a L’Aquila.
Sotto, ancora immagini della fiaccolata del 6 Aprile 2010 a L’Aquila.
Sopra, quattro grandi cortei hanno attraversato la città, sono oltre 25.000 persone, sfollati giunti da tutte le parti per la fiaccolata del 6 Aprile 2010 a un anno dal sisma.
Sopra, manifestazione di protesta per la riapertura del centro storico
Sommario
Capitolo primo : Il sisma , gli avvenimenti che lo hanno seguito. 12
La vita prima del sisma (Gennaio - Marzo 2009, prima del sima) 13
Gli eventi (6 Aprile 2009, il sisma) 16
La fuga (6 Aprile 2009, subito dopo il sisma) 20
Roma (i primi 10 giorni dopo il sisma) 22
Nettuno (La vita da sfollati, i primi tre mesi) 24
Ciò che i media non hanno detto (analisi della situazione dopo quattro mesi) 27
I sfollati in tenda (lo smantellamento dei campi, sei mesi dal sisma) 29
La deportazione di massa sulla costa (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa) 31
I° episodio: ”La convivenza forzata” (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa) 32
Il controesodo, gli sfollati si riavvicinano a L’Aquila (riaprono le nuove scuole, i MUSP) 37
La vita ad Isola del Gran Sasso, l’agriturismo lager (Agosto – Ottobre 2009) 38
Le cose possono cambiare, una speranza per il futuro (la situazione dei sfollati dopo nove mesi) 43
Lo sporco uso della propaganda politica - (Marzo 2009) 45
Il giro d’Italia passa per L’Aquila - E la propaganda continua - ( 21 Maggio 2010) 48
Giugno 2010 - ed ancora non è finita - (fino al 6 Giugno 2010) 50
Gli ultimi avvenimenti (Giugno 2010) 52
16 Giugno 2010, il riscatto di L’Aquila e degli aquilani - (inizia la rivolta – Giugno 2010) 55
Ancora una volta a Roma - (07 Luglio 2010) 57
Un brutto presentimento (Agosto 2010) 60
Lettera al Vescovo Molinari ”Caro Vescovo” (Perdonanza Agosto 2010 ) 62
Lettera All’ass.re Stefania Pezzopane e al Sindaco Massimo Cialente (Agosto 2010 ) 64
31 Agosto 2010 la terra torna a tremare, 17 mesi dopo torna la paura ( Agosto 2010) 68
L’Assegnazione del M.A.P. n.°38 (23 Settembre 2010 - 17 mesi e 19 giorni dopo il 6 Aprile 2009) 70
Una riflessione sugli ultimi avvenimenti (Settembre 2010) 73
Il M.A.P. n.° 38 di Collarano (18 Ottobre 2010) 82
Capitolo secondo : La commissione grandi rischi, il mancato allarme, il caso Giuliani 85
La commissione grandi rischi (Marzo 2009, una settimana prima del sisma) 86
Il mancato allarme - Bertolaso io sereno (Gennaio – Marzo 2009) 90
Il mancato allarme - Onna denuncia esposto alla commissione Grandi rischi (Gennaio – Marzo 2009) 92
Il mancato allarme - «Ho perso tutto, dissero di stare tranquilli» (Gennaio – Marzo 2009) 93
Il caso Giuliani (Aprile – Dicembre 2009, la mancata prevenzione) 95
Capitolo primo : Il sisma , gli avvenimenti che lo hanno seguito
La vita prima del sisma (Gennaio - Marzo 2009, prima del sima)
Tutto comincia il 5 Aprile 2009, la situazione economica della città di L’Aquila e dei comuni limitrofi dopo anni di lenta agonia ha raggiunto il livello più basso, siamo alla sopravvivenza.
Sono ormai ricordi gli insediamenti industriali di Italtel, Selenia, Alenia, Res Romoli, Optimes, Calzaturificio Aquilano, Ada, Ravit, Rhone-Poulench Agro, Aventis Crop Science, Agriformula ……….. stabilimenti, che negli anni, avevano permesso una discreta crescita occupazionale nella città e nei comuni limitrofi, tale da richiedere una ampia espansione degli insediamenti urbani sul territorio, al punto da ricercare, destinare e realizzare nuove aree edificabili, nuovi quartieri come il popoloso quartiere di Pettino.
Solo dopo il disastroso evento, scopriremo che è stato edificato sopra una pericolosa faglia.
Poi, vuoi per la crisi economica che ha colpito tutti i paesi occidentali, vuoi per l’incapacità di pseudo industriali, e/o pseudo imprenditori, ai quali si è aggiunta una politica economica ed industriale di un governo incapace, rimasto scollegato dalla realtà del paese, intento solo a creare consensi con proclami elettorali, utilizzando allo scopo, tutti i mezzi di informazione disponibili, confezionando una realtà di parte, virtuale, la situazione economica è precipitata.
Infatti, solo dopo pochi mesi dall’inizio della più grande depressione economica dopo quella degli anni ‘30, tutti quei proclami sbandierati ai quattro venti, si sono spenti uno dopo l’altro, lasciando sulla strada intere famiglie in Italia, e soprattutto in questa provincia.
E a L’Aquila, le cose sono andate anche peggio, così mentre chiudevano uno ad uno tutti gli insediamenti più importanti, quelli che operavano ormai da decenni, la crisi occupazionale ed economica assumeva proporzioni devastanti.
Da ciò possiamo quindi concludere, che la situazione economica del territorio prima del 6 Aprile 2009 non era buona, anzi potremmo definirla agonizzante, all’epoca gli unici insediamenti industriali di un certo livello che ancora andavano discretamente erano quelli ad ovest della città, rappresentati dal polo farmaceutico composto da Sanofi Aventis, Dompè, Menarini, oltre agli impianti ad est, quelli del polo metalmeccanico che comprendevano Otefal e Edimo.
Tutti questi pochi impianti ancora attivi, nel loro complesso, potevano occupare un migliaio di addetti, ben poca cosa al confronto dei quasi cinquemila dipendenti della sola Italtel dei tempi d’oro considerando che la popolazione dell’agglomerato urbano cittadino superava le 70.000 unità
L’Aquila (prima del sisma)
Una città ancora bellissima, ricca di palazzi storici, chiese d’epoca, e beni sottoposti a vincoli ambientali e paesaggistici.
Un centro storico, che di per se è un monumento, immersa fra tre parchi nazionali, nelle regione VERDE d’Europa, dove la vita correva tranquilla, nonostante le già citate difficoltà economiche, dove si poteva ancora vivere bene, dove bastava uscire da casa per fare una passeggiata in centro, oppure, in 30 minuti, dal quartiere Santa Barbara, tra piante e boschi, immersi nella natura, era possibile raggiungere la Madonna Fore, che sovrasta la città, e che solo un anno prima, dei delinquenti avevano bruciato dandole fuoco, piuttosto che raggiungere in macchina la vicina pineta di Roio, sede della facoltà di Ingegneria, una delle migliori d’Italia o ancora andando verso Assergi, percorrendo la strada che collega la città alle sciovie del Gran Sasso “Campo Imperatore”, si incontra sulla destra la chiesetta della Madonna d’Appari, ricca di affreschi di assoluto pregio, e poi i suggestivi borghi del circondario molti dei quali si estendono nei quattro parchi regionali, tre dei quali contornano L’Aquila.
Questi, sono solo alcuni dei posti cari e noti a tutti i cittadini di L’Aquila, posti che solo se saremo fortunati un giorno potremo riavere, e che per ora rimangono ancora solo uno struggente ricordo di un passato che è andato irrimediabilmente perso, distrutto.
Poi, da Novembre 2008, comincia la lunga sequenza sismica, alla quale inizialmente non fa caso nessuno, poi i tremori aumentano di frequenza e intensità, da Gennaio 2009 la sequenza comincia ad avere una dinamica giornaliera, cominciano i primi commenti sulla stampa.
Ma la vita continua, mentre tra la popolazione cresce la preoccupazione, fino ad arrivare all’ultima drammatica settimana prima del sisma, fino alla chiusura forzata di tutte le scuole, imposta e voluta dal sindaco della città Massimo Cialente, fino alla ormai tristemente nota riunione della Commissione Grandi Rischi, tenutasi a L’Aquila quel 31 Marzo, anche questa richiesta è voluta dal sindaco, per arrivare al fatale annuncio dell’assessore regionale On. Daniela Stati, che, successivamente alla riunione della Commissione Grandi Rischi, in TV tranquillizzava la popolazione garantendo che non ci sarebbe potuto essere nessun evento di particolare rilievo.
Invece in quella nella notte drammatica, la terra trema nuovamente, trema prima alle 23.00 del 5 Aprile, poi ancora alle 01.00 del 6 Aprile 2009, sono le avvisaglie dell’imminente distruzione in arrivo.
Alle 3,32, una scossa di magnitudo 6,3 sulla scala richter, distrugge la città di L’Aquila e altri 56 comuni compresi nel cratere, provocando ingenti danni in altri 30 comuni, complessivamente sono coinvolte da questo triste evento circa 170.000 abitanti, per la maggior parte residenti nella provincia di L’Aquila.
Inizia qui il mio diario, da quando solo pochi giorni dopo il disastro comincia l’esodo, poi la fuga, ed infine la triste deportazione di massa di 40.000 abitanti, il 55% della popolazione cittadina, mentre vengono allestiti in tutti i comuni coinvolti, campi d’accoglienza, saranno alla fine 179 e conterranno fino a 20.000 sfollati, che per sette lunghi mesi dovranno vivere in una vergognosa situazione da terzo mondo, saranno oscurati dai media e scordati da tutti.
Infatti, la macchina della propaganda governativa, cavalcando la tragedia, decide di spostare il programmato G8, da l’isola della Maddalena a L’Aquila, raccontando che in questa maniera si sarebbe data maggiore visibilità alla tragedia di L’Aquila.
In realtà, tutto ciò aveva il solo scopo di nascondere la tragicità degli eventi, distogliendo, in quei tre mesi di preparazione dell’evento, l’informazione sulle reali condizioni di vita nei campi profughi e negli alberghi sulla costa, spostandola invece sui preparativi del G8 e sugli argomenti di politica internazionale, che agli occhi dell’opinione pubblica sono apparsi d’importanza mondiale.
Così mentre i problemi dei sfollati venivano oscurati dai media, la macchina della Protezione Civile coperta dagli eventi del G 8, passati in primo piano, cominciava a lavorare alle spalle di tutti noi, allontanati dalla città, dalle nostre case, e poi ingannati, utilizzati, strumentalizzati ed infine traditi.
Così noi delusi dagli eventi, tristi, perché deportati fuori città, allontanati dal nostro ambiente, dalla casa, senza la possibilità di frequentare amici che solo prima del sisma non sopportavamo, ed ora nella nostra solitudine ci mancavano terribilmente, senza riferimenti o luoghi di ritrovo, che da quella tragica notte ci erano preclusi, con la città bombardata come Beirut sotto stato d’assedio, controllata in ogni via, in ogni incrocio dai blindati dell’esercito, e dai servizi di polizia, avevamo perso tutto ciò che avevamo costruito in una vita, in 30 maledetti secondi, per sempre, ma ancora non immaginavamo cosa stava per accadere, ne cosa sarebbe accaduto.
Solo 10 mesi dopo, scopriremo, a seguito di intercettazioni ed inchieste condotte dalla magistratura, quali meccanismi, e quanti affaristi di palazzo si sono arricchiti sulla nostra pelle, sapremo che questo business è servito per permettere ai soliti amici degli amici di fare soldi facilmente.
Apprenderemo, che mentre i vigili del fuoco erano impegnati ad estrarre dalle macerie i sopravvissuti al cataclisma, alcuni delinquenti se la ridevano alle nostre spalle, persone che si sono spacciate per imprenditori, se la ridevano pensando ai ricchi appalti della ricostruzione.
SCIACALLI!!!!!!!!!!
Ci sono stati appelli, si temevano infiltrazioni mafiose nei cantieri della ricostruzione, invece scopriamo faccendieri di palazzo, invischiati con politica e con lo stesso Dipartimento della Protezione Civile nella costruzione dei nuovi quartieri del progetto CASE.
Così, mentre noi eravamo deportati sulla costa o richiusi in qualche campo dal lugubre aspetto, loro studiavano il modo per fare soldi, tanti soldi ed in poco tempo, sulle nostre disgrazie, fuori da qualunque controllo legislativo, coperti da leggi speciali, da ordinanze, che per gestire l’emergenza della situazione permettevano qualunque azione, giusta, pulita, onesta, ingiusta, sporca e disonesta, secondo gli attori che la recitavano.
Si dirà solo dopo, molto tempo dopo, che questo evento è stato il più grave, il più drammatico cataclisma, che ha colpito l’Italia negli ultimi 100 anni.
Gli eventi (6 Aprile 2009, il sisma)
Dopo il sisma delle 3 e 32, appena due ore dopo, la mirabile macchina istituzionale, era già attiva, addirittura in alcuni centri oltre a L’Aquila, erano già presenti le prime colonne di soccorso, mentre quella stessa notte, in città, erano in servizio solo una dozzina di vigili del fuoco.
Come mai?
Si è sbandierato ai quattro venti quest’efficienza, tutti sono rimasti colpiti da ciò, ma nessuno ha avuto il coraggio di formulare una domanda, la sola, che se fosse stata fatta, ed avesse avuto una risposta sensata, avrebbe automaticamente condannato proprio la mirabile macchina dei soccorsi.
Vi spiego:
Per percorrere l’autostrada Roma – L’Aquila, un automobilista che non vuole incorrere nel ritiro della patente o in salatissime multe, mantenendo una velocità di crociera di 110 km/h per tutto il percorso, che comprende viadotti, curve, gallerie e salite, ci può mettere con molte difficoltà 1 h, se non ci credete, provate.
Ora, chi è in grado di spiegarci, come, una colonna, composta da mezzi di soccorso, mezzi pesanti, che viaggia tutta assieme, con una vettura in avanguardia per rilevare lo stato della percorribilità della strada, riesce a raggiungere L’Aquila, partendo da Roma in appena due ore?
La cosa non sarebbe stata possibile, neanche se tutti i mezzi di soccorso, si fossero trovati pronti a partire al casello di Roma.
Quindi, è evidente, che c’è qualche elemento che non combacia con la realtà dei fatti.
Forse qualcuno sapeva e ha taciuto?
Forse qualcuno aveva previsto?
O semplicemente, vista l’anomala sequenza sismica che interessava il territorio da alcuni mesi, aveva allertato i soccorsi, trasferendoli in luoghi vicino alle zone poi colpite, con una precisione che ha del profetico?
Tutto ciò, considerando che solo il 31 di Marzo, sei giorni prima, la commissione grandi rischi che si era riunita a L’Aquila, aveva concluso i lavori in 30 minuti, dichiarato che tecnicamente era impossibile prevedere terremoti, e che comunque era da escludersi la possibilità di un terremoto disastroso, simile per intenderci a quello del 1703.
Ma quale grande macchina organizzativa, ma quale efficienza, chi credete possa realmente credere alla storia dei soccorsi efficienti.
La verità è davanti agli occhi di tutti, ufficialmente si è detto che nulla si poteva prevedere, che non esistono strumenti tecnici scientificamente attendibili, si è esclusa la possibilità di un sisma catastrofico simile a quello del 1703, ma la realtà è che subito dopo quella riunione è cominciato un monitoraggio a tappeto degli avvenimenti, che fino a quella data erano stati sottovalutati.
La verità è che già alla scossa delle 23.00, mentre alla popolazione non è stato dato nessun preallarme, questo veniva dato alla macchina dei soccorsi, che si è immediatamente allertata, la verità è che i mezzi di soccorso della Protezione Civile provenienti da tutta l’Italia, già si trovavano nei pressi dell’aquilano, quindi è stato facile intervenire in poco tempo.
Direte Voi, ma come, per essere pronti a gestire una possibile emergenza, il preallarme è stato talmente efficiente da riuscire a rispondere al momento del bisogno, in tempi da record, e Vi lamentate.
Si che ci lamentiamo, ci lamentiamo perché questo insensato comportamento, è stato la concausa di 308 vittime, persone che hanno avuto la sola colpa di credere, di fidarsi delle istituzioni che le tranquillizzavano, mentre non avevano preso in seria considerazione, ciò che stava ormai accadendo da tre mesi.
Oggi, nel dopo sisma, si vuole fare passare l’idea, che la colpa di questo disastro, sia da attribuire solo a quei costruttori, a quei tecnici che hanno edificato o permesso l’edificazione di abitazioni che di antisismico non hanno neanche il nome, o a quei politici, che hanno reso edificabili aree da interdire, aree attraversate da pericolose faglie.
Se tutto ciò è indiscutibilmente vero, come emerge dalle indagini della magistratura, è altresì vero ed evidente il concorso di colpa di chi doveva informare la popolazione e non lo ha fatto, di chi ha tranquillizzato la popolazione per paura del panico che si poteva generare dando un allarme o semplicemente un allerta, di chi non sapendo gestire gli avvenimenti di quei giorni ha preferito rischiare, giocando con la nostra pelle e quella di 308 vittime innocenti.
Infatti, a seguito di ciò, la magistratura a fine Marzo 2010, esattamente un anno dopo dalla famosa riunione della Commissione Grandi Rischi, che il 31 Marzo 2009 in soli 28 minuti, decise di non decidere, ha aperto un fascicolo a carico di una decina fra tecnici dell’INGV e di responsabili della Protezione Civile che diedero colpevolmente, informazioni tranquillizzanti attraverso i media alle popolazioni.
Domando, ma il Dipartimento delle Protezione Civile “D.P.C.”, da cosa ci ha protetto?
E, chi ha protetto?
E, come ha protetto?
Avanti, voglio risposte, che non siano però i soliti giochi di parole, risposte vere, da dare a chi ha avuto lutti, ai genitori di quei poveri ragazzi rimasti sotto le macerie della casa dello studente, o del convitto per esempio.
Il D.P.C. si è semplicemente limitato, ad intervenire dopo l’evento calamitoso, portando, si, generi di conforto, tende, coperte, ma anche bare e sacchi per recuperare le salme delle vittime di questa catastrofe, in totale 12.000 pezzi, 3.000 bare e 9.000 sacchi, ma per questo lugubre lavoro di recupero, bastavano i vigili del fuoco, l’esercito, il genio ed i servizi di onoranze funebri.
E allora mi domando e Vi domando, come mai la Protezione Civile si è presentata con un così considerevole numero di strumenti per il recupero delle possibili vittime?
Esisteva forse una previsione sulle consegue di una simile evenienza?
E allora, perché non si è fatto nulla per diminuire questo rischio, visto che le avvisaglie c’erano da alcuni mesi?
Forse il D.P.C., serve semplicemente per giustificare i stipendi di funzionari, dirigenti, superburocrati o portaborse del politico di turno, che operano alle spalle di quei giovani ragazzi, che credono di svolgere un’opera di volontariato, un’opera sicuramente ammirevole, svolta con impegno e dedizione, che loro, i superburocrati, sbandierano ai quattro venti, vantandosi dei risultati raggiunti, per i quali loro non danno, ne hanno mai dato un contribuito, un valore aggiunto, si sono semplicemente attribuiti meriti non loro.
Non tutti però sono a conoscenza, che una legge impone a tutti i comuni di avere un piano di emergenza, di evacuazione, che prevede delle aree già attrezzate con campi d’accoglienza, impone di predisporre nel tempo esercitazioni tra i civili per verificare l’efficienza di questi piani, e per metterne a punto di nuovi, più efficienti.
Ricorderete che solo alcuni anni fa, nel comune di L’Aquila venne simulato il terremoto, che piazza d’Armi fu trasformata in tendopoli, proprio come poi doveva tristemente accadere nella realtà.
Ora domando, ma dopo tre mesi di continue scosse, e soprattutto dopo la scossa del 4° registrata il 30 Marzo, possibile che nessuno, nel Dipartimento di Protezione Civile, ha ritenuto semplicemente utile montare questi campi, verificare il piano d’emergenza del comune, dare istruzioni alla popolazione civile, monitorare tutti quegli edifici che Abruzzo Engineering aveva segnalato pericolosi in caso di sisma?
No, questo non si poteva fare, c’era il rischio di creare allarmismo tra la popolazione, ma uno slogan pubblicitario, che è andato in onda anche sulle reti del nostro premier, non diceva che prevenire è meglio che curare?
Ed allora, un Dipartimento che ha come sua definizione “la Protezione dei Civili”, non dovrebbe forse fare prevenzione?
E non è forse prevenzione, dare istruzioni precise alla popolazione, montare qualche tendopoli, qualche ospedale da campo, qualche cucina da campo, al limite evacuare zone a rischio, com’era già accaduto in passato alcuni anni prima, quando proprio per un allarme sismico fu evacuato un comune intero.
Era già accaduto, poteva quindi essere evacuata anche una città intera, se solo c’era la possibilità di un simile evento, si dovevano dare informazioni dettagliate, precise, si doveva fare qualche cosa per prevenire danni ai civili al verificarsi di un simile evento catastrofico.
In questi casi, chi ha queste responsabilità, non dovrebbe pensare alla poltrona che occupa, ma alla professione che svolge, al ruolo che ricopre, al fatto che ogni sua mossa, ogni sua decisione, raccoglie la fiducia di tutta la popolazione.
Prima di denunciare il povero Sig. Giampaolo Giuliani, tecnico di laboratorio del I.N.F.N. del Gran Sasso, per procurato allarme, non sarebbe stato più saggio verificare il protocollo del funzionamento delle sue macchine, semplicemente testarle, vista la particolare situazione che si stava preparando a L’Aquila e dintorni.
Protezione Civile, ma se un ente che ha questo nome, non ci protegge da possibili eventi catastrofici come quello del sisma in Abruzzo, a che serve, quale utilità ha per la comunità?
Oggi, apprendiamo che il governo ha predisposto la trasformazione del Dipartimento della Protezione Civile in “Protezione Civile Spa”, e che questa si occuperà di tutti i grandi eventi.
E allora, ecco spiegato il perché, di come sono andate e stanno andando le cose.
Vigliacchi, avete approfittato di questa possibile disgrazia, avete sperato che questo evento ci fosse, solo per i vostri sporchi comodi, solo per fare un business, solo per i vostri zozzi guadagni.
Sono passati molti mesi da quella notte del 6 Aprile 2009.
Quella che viene descritta è un’analisi fatta a freddo, dopo una serie di avvenimenti, di scelte, che per i più vengono considerate eccellenti, quanto di meglio si poteva fare.
Probabilmente leggendo queste righe Vi renderete conto che forse la verità non è quella che è stata rappresentata dai media ufficiali, o almeno apprenderete che esiste anche un’altra verità, come in tutte le cose c’è sempre l’altra faccia della medaglia, quella che in questo caso specifico si è voluto e si vuole mantenere nascosta all’opinione pubblica.
Nessuno ha mai avuto, fino ad ora, la possibilità di contestare, criticare, o semplicemente esprimere un’opinione dissonante dal coro estasiato di genti che ancora oggi si dicono felici e riconoscenti.
L’obiettivo di quanto leggerete è appunto quello di dare voce ai dissidenti, senza sterili polemiche, senza pregiudizi, ma basandosi su dati reali, ben visibili e riscontrabili da chiunque, dati che anche Voi se vorrete potrete ricercare sulla rete, dati forniti e prelevati dai siti ufficiali della Protezione Civile e dai quotidiani che li hanno raccolti.
Iniziamo con una domanda. Si è detto, popolazioni felici e riconoscenti, per cosa e di cosa?
Da qui, da questa domanda inizia la mia, la nostra storia di sfollati.
La fuga (6 Aprile 2009, subito dopo il sisma)
Quella notte la terra aveva già tremato alle 23.00, io in quel momento ero già a letto, ed i figli si trovavano tutti in casa nelle loro stanze, dirò poi fortunatamente, mentre mia moglie stava finendo di sistemare la cucina.
Ricordo ancora il grido di Luca, che di corsa entra in cucina allarmato, preoccupato per la violenta botta e per la presenza di fronte alla sua camera, di un rudere malfermo, pericolante, sicuramente pericoloso per l’ambiente circostante.
Non abbiamo dato peso a tutto ciò, lo abbiamo tranquillizzato con le stesse parole che pochi giorni prima i portavoce della commissione grandi rischi avevano utilizzato per tranquillizzare la popolazione, sminuendo il rischio e la gravità della situazione che si andava delineando, solo dopo ci siamo resi conto del pericolo a cui ci eravamo esposti e avevamo esposto i figli.
Siamo andati quindi tutti a dormire, nella più assoluta tranquillità, certi che nulla poteva accadere.
Invece alle 3 e 32 la terra a tremato di nuovo, violentemente, tanto violentemente, al punto di svegliarci tutti, ricordo le grida di mia moglie Anna “Fausto il terremoto,… il terremoto …”, ricordo che ho cercato di tranquillizzarla con un abbraccio, ricordo, che mentre tremava la terra e ballava il letto sono andato con la mente ai figli, cosa stavano facendo? Cosa stava accadendo nelle altre stanze della casa, una casa del ‘600, in pietra, con i solai a volta, di per se pericolosa ……. ?
Poi la terra si è fermata, siamo corsi fuori dalla camera da letto, verso le stanze dei figli che avevano percorso la strada in senso opposto al nostro, ci siamo tutti ritrovati in cucina, e come per magia, sono partiti una serie di ordini perentori, in sequenza, a ciascuno di noi un compito, come se avessimo provato centinaia di volte un piano d’emergenza, la fortuna vuole che tutti i figli sono ex scout e noi abbiamo frequentato quell’ambiente per almeno 10 anni, quindi il panico non ha avuto il sopravvento sulla ragione.
Così mentre Marco usciva per spostare la sua autovettura, io prendevo documenti, soldi e chiavi della macchina, Luca e Chiara recuperavano qualcosa per coprirsi ed Anna terrorizzata, usciva da casa andando incontro ai nostri vicini, gridavano, parlavano ma non capivo di che, siamo fuggiti da casa, ci siamo salvati.
Tempo pochi minuti e siamo tutti in macchina, decidiamo prima di andare verso il comune, ma raggiunta metà strada la troviamo già interdetta per il crollo della chiesa del paese, allora decidiamo di spostarci verso L’Aquila, ma ci rendiamo conto che da tutti i paesi limitrofi alla città si è messo in moto un lungo corteo di macchine di sfollati.
L’unica soluzione che mi pare praticabile, e che viene condivisa subito da tutti in famiglia è quella di rimanere in zona, in macchina, possibilmente in un terreno sicuro, lontano da costruzioni o linee elettriche, in attesa del giorno e/o di istruzioni e soccorsi, quindi ci dirigiamo verso il posteggio del nuovo capannone Edimo, che poi sarebbe divenuto uno dei più importanti fornitori del ben noto progetto CASE.
Qui ci rifugiamo tutti in una sola macchina, con il riscaldamento acceso, perché a L’Aquila ad Aprile è ancora inverno e normalmente fa freddo, ma quella notte il freddo per ovvie ragioni era proprio tanto.
Intanto decidiamo di spegnere tutti i telefonini, meno uno quello di Marco, in modo da preservare la carica delle batterie consentendoci di avere per più tempo la possibilità di mantenere contatti telefoni con eventuali soccorsi, o per comunicare con i nostri familiari, tutti residenti a Roma e provincia, che credevamo in pena, scopriremo invece tranquilli fino alle notizie del giornale radio delle 7.30.
Proviamo ad avere notizie di ciò che è successo via radio, ma tutte le stazioni sono saltate e l’unica che riusciamo a sintonizzare trasmette solo musica classica, proviamo continuamente a telefonare sia a parenti che ai più stretti amici, ma il telefono rimane muto, intanto la terra continua a tremare una, due, tre, quattro volte, sempre forte, la macchina balla da paura, le scosse non le conto più, Anna non ha più voce, ad ogni scossa e un urlo, io e Marco cerchiamo di mantenere i nervi saldi, dando coraggio a tutti, ma nel nostro intimo abbiamo anche noi paura, e ci rendiamo conto che la situazione è estremamente seria.
Poi verso le 5.00 vediamo che dalla statale per Popoli scende una lunga colonna di mezzi, siamo distanti quindi non possiamo capire di quali mezzi si tratta, ma rimane nella nostra convinzione che si trattasse di mezzi di soccorso, di vigili del fuoco, protezione civile, chissà…………..
Siamo tutti colpiti da questo efficientismo, già ci assalgono i primi dubbi, già ci poniamo le prime domande, quelle che ancora oggi non hanno trovato risposta.
Come è possibile che solo dopo 1,30 h siano giunti i primi soccorsi provenienti da Pescara, percorrendo almeno 30 km di statale, oltre all’asse attrezzato e l’autostrada?
Intanto si è fatto mattina, il sole è sorto, torniamo verso casa, incontriamo una pattuglia dei carabinieri della locale stazione che ci informa sui danni in paese, e sulle prime cinque vittime accertate, incontriamo anche i vicini, siamo tutti annichiliti, sembriamo dei zombi, siamo assonnati, rimbambiti, impauriti, non trovo altri aggettivi, la vicina nota che Anna è uscita di casa in pantofole e senza calze, quindi le offre un paio delle sue.
Decidiamo di andare via da San Demetrio, non sappiamo per quanto tempo saremo fuori, prendiamo a casa poche cose, recuperiamo Leo, il gattino di Chiara, e partiamo.
La prima tappa è trovare una pompa per fare rifornimento, ma per ora manca la corrente, sono le 8,30, tutte le pompe sono ancora chiuse, intanto dalla radio apprendiamo che la scossa delle 3.32 a provocato ingenti danni a L’Aquila e che le autostrade A24 e A25 sono state chiuse al traffico per verificare la stabilità dei viadotti, anche la SS Tiburtina ha subito la stessa sorte, scopriremo solo più tardi che l’unica strada ancora percorribile per Roma e la SS 17 fino ad Antrodoco per poi proseguire sulla Salaria fino a Roma nord.
Riusciamo a rifornirci di carburante, e via, si parte fra la disperazione che ci assale percorrendo la Statale per L’Aquila, all’altezza di Onna, ancora siamo all’oscuro della distruzione del paese e del numero delle vittime che ci sono state, vediamo una folla di sfollati si è riunita nel posteggio CRAI, solo dopo capiremo che erano gli abitanti di Onna e Paganica scampati alla distruzione, da quel punto inizia una lunga colonna di vetture che procede verso L’Aquila.
Dopo almeno un’ora di fila raggiungiamo e superiamo il bivio per l’Altopiano delle Rocche, arrivati nei pressi della salita di Collemaggio, la polizia ci blocca, l’acceso in città e precluso, per Roma si deve passare per la Mausonia percorrere il traforo di Roio e quindi riuscire sulla SS 17 all’altezza della Motorizzazione, da qui fino ad Antrodoco per poi proseguire per la via Salaria.
Ci dirigiamo verso Roma, durante il viaggio continuiamo ad ascoltare per radio le frammentate prime notizie sul sisma, ancora non sappiamo cosa è accaduto in realtà, non abbiamo ancora visto nulla, il peggio lo avremmo appreso una volta giunti a Roma, dai primi telegiornali, dalle prime immagini e dal conteggio delle vittime, che di ora in ora aumenta.
Roma (i primi 10 giorni dopo il sisma)
Siamo giunti a Roma, decidiamo di andare verso casa del suocero, che proprio quel Lunedì 6 Aprile 2009 usciva da un ricovero in ospedale. A dire il vero, per quel giorno, era comunque previsto che Anna sarebbe andata a Roma, e si sarebbe occupata del padre che veniva dimesso dall’ospedale, visto che i fratelli erano tutti impegnati per lavoro.
Giunti in casa, ci accolgono le sorelle ed i cognati di Anna, che inizialmente sembrano interessati ad avere notizie aggiornate, su quanto è accaduto a L’Aquila, invece nel tempo verrà alla luce tutta l’ipocrisia delle cose dette e fatte solo per circostanza, la falsità di facciata, che tutti noi abbiamo e non vogliamo ammettere di avere.
Così nel tempo, tra i parenti ci sarà chi avrà le più infelici uscite, ci sarà chi affermerà, che i terremoti come le guerre servono all’economia del paese, perché creano opportunità di lavoro e guadagno. Proprio quelle stesse parole, quei stessi concetti che verranno intercettati, quei stessi dialoghi tra imprenditori senza scrupoli che se la ridevano immaginando i guadagni che avrebbero avuto con la ricostruzione.
E poi, ci sarà anche chi avrà la sfrontatezza di proporci in affitto l’abitazione libera di un congiunto, abitazione, che fino a quel momento aveva rappresentato un costo, solo spese e tasse, mentre offrendola in affitto a sfollati, a canone concordato, magari pagato dalla Protezione Civile, così come previsto dalle successive ordinanze in materia, si sarebbe trasformata da un costo in una rendita, fatto veramente spregevole, perché proposto da uno stretto parente, operato sulla nostra pelle, esattamente come doveva accadere alcuni mesi dopo a tanti altri sfollati.
Ma anche i miei di parenti, avranno modo di mettersi in luce, questi infatti pure essendo tecnici delle costruzioni, pure essendo imprenditori nell’ambito delle costruzioni e delle componenti costruttive, mi proporranno di tornare a San Demetrio per verificare la situazione della casa, non avranno poi neanche il coraggio di salire le scale semplicemente per entrare in casa, per visionarla, e darmi quel conforto che in quei momenti poteva fare solo bene, anche se fosse stato solo di circostanza.
Una volta in casa, mi permetteranno di recuperare solo la poca biancheria intima trasportabile, quindi mi porteranno a visitare il comune di Rocca di Mezzo, per verificare, questa volta veramente da vicino, lo stato di agibilità delle seconde case.
A seguito di ciò, potevo rendermi conto quale fosse il reale motivo di questo viaggio.
Dopo soli tre giorni dal sisma, credendo di fare bella figura, i miei fratelli si erano offerti d’accompagnarmi a casa a prendere quelle poche cose strettamente necessarie alla sopravvivenza, ma mi rendevo conto che erano interessati solo a verificare i propri interessi, mentre loro non si rendevano conto della grande delusione che mi stavano dando, non mi sarei mai aspettato tanto cinismo.
E, mentre noi eravamo sconvolti dalle notizie dei danni, e delle vittime che di ora in ora, di giorno in giorno aumentavano, mentre seguivamo in TV l’immagini che continuavano a mostrare la distruzione di Onna, dell’ospedale regionale di Pettino, della Prefettura di L’Aquila, della Casa dello Studente, di Collemaggio, c’era chi tra i familiari “siamo nella Settimana Santa”, approfittando della nostra presenza a Roma, trovava comodo sbolognare i propri figli per essere libero per le proprie faccende, fregandosene allegramente della nostra situazione oggettiva di sfollati.
Poi è arrivata Pasqua, per noi questa non è stata una festa, bensì un triste lutto, dove tutto ci ricordava, casa, gli amici, il concerto che Chiara, con il coro delle voci bianche della “Barattelli”, avrebbe dovuto fare come tutti gli anni nella chiesa delle Anime Sante che avevamo visto in TV distrutta dal sisma, e poi il pensiero agli amici che da quella notte ancora non avevamo potuto contattare, mentre loro, i familiari, banchettavano in allegria con il nostro agnello, che non soddisfa il loro fine palato.
Credo che tutti noi, sfollati, sopravvissuti alla catastrofe, a seguito di quanto è accaduto, a seguito del comportamento che amici, parenti e familiari hanno avuto nei nostri riguardi abbiamo rivisto la nostra personale scala di valori, l’importanza delle cose, delle amicizie, e poi la degli affetti, anche quelli più stretti, anche quelli familiari, anche quelli dei genitori, fratelli e sorelle, riclassificando tutto secondo altre priorità.
Dopo sole 2 settimane trascorse a Roma, ci siamo resi conto che sarebbe stato impossibile convivere in quello stato, ci siamo resi conto che rimanendo più a lungo tra i parenti saremmo andati incontro a violente discussioni con tutti loro, quindi abbiamo deciso di trasferirci a Nettuno nella casa al mare dei miei.
Questo terremoto ha reso trasparenti le persone, ci ha permesso di rivedere molti giudizi sui conoscenti, gli amici, i familiari, ci ha permesso di dare importanza a valori scordati nel tempo.
Nettuno (La vita da sfollati, i primi tre mesi)
Cosi, dopo sole due settimane dal sisma possiamo già tirare una riga, fare un bilancio della situazione.
Allora, non abbiamo più una casa, scuola, lavoro, e poi non c’è più una città, non ci sono gli amici, i ritrovi, i riferimenti, le associazioni che frequentavamo, nulla.
Una volta trasferiti a Nettuno, dopo che con i miei fratelli e Marco avevamo riportato da San Demetrio tutto quello che si poteva prendere, la prima cosa che emerge è che l’abitazione non è attrezzata per viverci, ormai dopo anni di quasi abbandono, è solo una casa per le vacanze, manca tutto ciò che occorre in una casa per condurre una vita normale.
Inoltre la casa che avevamo appena lasciato era al massimo dell’efficienza e della vivibilità, tutti elettrodomestici nuovi in classe A+, mobili nuovi, 4 kw di impianto fotovoltaico da montare, e poi doccia idromassaggio, caldaia a condensazione, librerie, un comodo divano in sala, tutto arredato in modo confortevole ispirato alla massima efficienza energetica, avevamo messo su proprio una bella e confortevole casa, tutti avevano la loro bella stanza, non le comuni stanze delle costruzioni moderne, ma quelle di una volta, con spazi per tutti, con volte alte anche 4 m, stanze ben isolate con muri di oltre 60 cm di spessore, talmente spessi che Anna aveva dovuto attrezzare in cucina una campana per chiamarci tutti a pranzo.
Visto che, solo dopo un mese trascorso fuori casa, avevamo capito che il rientro sarebbe avvenuto in tempi lunghi, e che ci eravamo altresì resi conto che la casa che ci ospitava era carente in tutto, ed oltre ad offrirci un tetto, cosa da non sottovalutare viste le condizioni dei molti sfollati sotto le tende, non poteva offrirci nulla di più, abbiamo preso la decisione di migliorare la vivibilità dell’abitazione, almeno dove era possibile.
Quindi, per poter tornare a un livello decente e soprattutto per non fare pesare ulteriormente la situazione ai figli, abbiamo deciso di correre al riparo, acquistando nell’ordine: una nuova camera da letto completa di reti, materassi, armadio 4 stagioni e comò, un secondo armadio 4 stagioni e due scrivanie per i computer di Marco e Luca, un letto completo di materasso e una libreria per Chiara, e poi ancora un armadio per asciugamani, accappatoi, prodotti d’igiene e accessori da bagno, ed ancora un armadio per l’esterno per detersivi e accessori per la casa, quindi una macchina a gas per la cucina, un congelatore, una lavatrice e un condizionatore, avevamo di fatto arredato completamente la casa al mare, ora almeno ci si poteva almeno vivere nella normalità.
Per liberare gli spazzi occupati dai vecchi ed inutilizzabili mobili, li abbiamo smontati, avendo cura di depositarli per un loro eventuale impiego nel momento che ce ne fossimo tornati nella nostra abitazione.
Il bilancio, dopo aver trascorso solo un mese fuori casa, è questo: abbiamo speso circa 8.000,00 € nella speranza di poter iniziare una nuova vita, almeno per il tempo che saremmo rimasti in quell’abitazione di fortuna, di poter tornare vivere degnamente, ma ci illudevamo e molto presto ci saremo resi conto che il tempo da trascorrere in quella casa si sarebbe misurato in anni, e non in mesi come voleva farci credere l’informazione ufficiale, l’informazione di Stato che ci bombardava di notizie attraverso i media.
Ma in quel periodo ancora storditi dagli avvenimenti, credevamo anche noi alle favole, solo alcuni mesi dopo ci saremo resi conto della gravità della situazione.
Comunque, fatto sta, che dopo un mese ci ritroviamo a circa 250 km da casa, in un comune che si trova a 60 km da Roma, immersi in un ambiente che ormai non ci appartiene più, anche se siamo nati e abbiamo vissuto per oltre 35 anni a Roma e dintorni.
Nettuno, era per me il luogo delle vacanze fin da quando ero bambino, il paese lo conoscevo molto bene, pensavo che non sarebbe stato difficile integrarsi, ma non consideravo che ormai avevamo vissuto per 23 anni a L’Aquila, che in quegli anni avevamo imparato a vivere, mentre qui, come in gran parte dell’Italia, si doveva sopravvivere.
Infatti, come era da immaginare, non ci siamo più ritrovati in questo ambiente, tutto ciò che accadeva ci portava sempre al confronto con quello che era ormai, il nostro naturale ambiente, il nostro vivere quotidiano, facevamo continuamente riferimento all’ambiente ed alla città che non avevamo più, coglievamo in tutte le più svariate occasioni che si presentavano sempre e solo i lati negativi, probabilmente perché i lati positivi non c’erano.
Stavamo facendo senza rendercene conto, le stesse valutazioni che avevamo fatto 23 anni prima, quando trasferiti da Roma per lavoro a L’Aquila, non riuscivamo a capire, ad inserirci in un ambiente che ci pareva composto da marziani.
Ora una volta inseriti in quell’ambiente, una volta fatto nostro quel sistema di vita, che ovviamente in una metropoli, in una città come Roma o come qualunque altra città di simili dimensioni, non poteva emergere, una volta cambiato uno stile di vita, ci accorgevamo che tornare all’origine non era più possibile, in quei 40 tragici secondi avevamo perso per sempre una parte di noi, ma questo dopo tutti questi mesi ancora nessuno lo ha capito.
Nessuno tra i parenti, tra i familiari ha compreso, ne poteva comprenderlo, loro da sempre avevano vissuto in quello ritenevano che in assoluto fosse il migliore stile di vita, non avevano avuto la fortuna di sperimentare come noi l’esistenza d’altri modi di vivere, loro non sapevano, ne lo potranno mai sapere, che si può vivere diversamente e meglio.
Presi dall’angoscia cominciamo a cercare informazioni sulle reali condizioni di L’Aquila attraverso la stampa, poi telefonando agli amici che erano ancora nelle tende, ci accorgiamo che ormai non ci basta avere notizie in questo modo, passiamo a cercare notizie su internet, visitando i siti dei comitati, e poi una, due, tre volte a settimana partiamo da Nettuno alla volta di L’Aquila, qualunque scusa e buona per tornare in città, per vivere poche ore soffrendo nella ormai sempre più nostra amata città.
Andata e ritorno circa 500 - 520 km in un giorno, uno stress che emergerà in poche settimane con un violento impatto sulla nostra salute.
Spostamenti massacranti, non solo per il viaggio in se stesso, ma per quello a cui dovevamo assistere ogni volta, sull’autostrada Roma – L’Aquila gli unici mezzi che si incontravano erano quelli dei vigili del fuoco, della Protezione Civile, e poi in città sempre ed ovunque mezzi dell’esercito, blindati, e polizia di stato, finanza, carabinieri, che in quel periodo di preparazione al G8, erano presenti ovunque e sempre in assetto antisommossa.
Ogni volta appena usciti dal casello Aquila-Ovest avevamo la sensazione di entrare in una città che sembrava appena conquistata dopo una estenuante battaglia condotta casa per casa, porta per porta, sembravano le immagini che molto spesso ci erano giunte in TV, quando ci mostravano le notizie che arrivavano da Beirut, prima sottoposta a spietati bombardamenti, e poi occupata dall’esercito.
E poi le manifestazioni, abbiamo partecipato da Nettuno a quasi tutte le manifestazioni che si tenevano a L’Aquila, organizzate di volta in volta da un comitato di cittadini, ad ogni manifestazione la triste conta delle presenze, notare che i giovani erano sempre pochi, troppo pochi per sperare di conquistare visibilità, e la Digos infiltrata tra di noi come fossimo i studenti ribelli del ’68, e quasi tutti eravamo irriducibili ex sessantottini con pochi capelli che tendevano impietosamente al bianco, vecchi cinquantenni ancora una volta fronteggiati da polizia e carabinieri in assetto antisommossa, per noi sessantottini d’allora e cinquantenni d’oggi la vita è stata proprio impietosa.
Cose indescrivibili, e difficili da comprendere per chi non le ha vissute sulla propria pelle.
Alla fine, logica conseguenza di questo stillicidio al quale ci siamo sottoposti per nostra scelta, è stata quella di ammalarci, la pressione è andata alle stelle, la notte non dormivamo più, avevamo continui attacchi di depressione, il medico che ci seguiva a Nettuno, ci aveva dato un tale numero di pillole da assumere giornalmente, che avevamo riempito un intero cassetto.
A questa situazione non proprio salubre, si sono andate ad aggiungere le notizie da gossip, che in quel periodo apparivano su tutti i quotidiani, ci rendevamo conto che si stavano spegnendo i riflettori su L’Aquila, spostandosi ancora una volta, tristemente sulla vita di quel personaggio, che definire ambiguo è poco.
Notizie che ci narravano le sue avventure con la minorenne di turno, o con la escort procurata da qualche imprenditore senza scrupoli, o faccendiere di palazzo, per ottenere favori dal consumatore finale, giusto per usare le parole dell’On. Avv. Ghedini.
Avventure, che non avremmo mai immaginato, potessero poi essere in qualche maniera replicate a L’Aquila, da altri imprenditori e funzionari dello Stato, coinvolti a vario titolo nella pseudo ricostruzione della città.
Intanto, ogni giorno che passa, prendiamo coscienza cosa abbiamo perso, ci rendiamo conto che il nostro disagio, la nostra situazione, non è capita da nessuno, neanche dai più stretti familiari, ed è a causa di ciò che i rapporti sono ormai ai ferri corti, per cui dopo tre mesi trascorsi in quella maniera, decidiamo che è giunto il momento di prendere una decisione.
La prima decisione che matura, valutata la nostra situazione, valutata l’oggettiva situazione nazionale, è quella di lasciare l’Italia, emigrare, ma dove?
Dopo una attenta analisi della situazione, ci sembra che la soluzione Svezia, possa in fin dei conti essere quella ottimale, e allora ci siamo buttati in internet alla ricerca di informazioni più aggiornate, siamo già a conoscenza che la Svezia è una democrazia socialista del baltico portata ad esempio per l’efficienza dello stato sociale. Siamo talmente convinti di questa possibile scelta che decidiamo di verificare il costo della vita, così apprendiamo che è paragonabile al nostro, fatto salvo che la loro moneta, la corona, vale 1/11 dell’euro, ed io avendo ancora a disposizione una parte della liquidazione la potrei investire in una attività o nell’acquisto di una casa.
Optiamo per la casa, dopo una nuova ricerca in internet, scopriamo che con l’equivalente di 55.000,00 € si può acquistare una signora casa, prendiamo accordi e contemporaneamente contatti con l’Ambasciata di Svezia in Italia che ci invita ad effettuare un viaggio per prendere contatti con il consolato italiano.
Per il mese di Giugno programmiamo il viaggio, dobbiamo prima verificare con i figli, in particolare con Marco questa evenienza, ma mentre Luca e Chiara sono entusiasti, Marco è contrario, non vuole lasciare l’Italia ne tanto meno L’Aquila.
La discussione diventa serrata, alla fine è Marco che ha la meglio, a questo punto, anche se l’idea di emigrare all’estero è stata accantonata, e certo che noi non intendiamo rimanere a Nettuno, l’unica alternativa che rimane è quella di riavvicinarci a L’Aquila.
E’ giunto il momento di tornare nel nostro mondo, dobbiamo essere noi a prenderci carico del nostro destino, del nostro futuro, prima che ci cada irrimediabilmente addosso dall’alto.
Così, contattiamo il nostro comune, chiediamo di rientrare, di trovarci una qualunque sistemazione, anche una tenda, siamo disposti a tutto pur di tornare nel nostro mondo, tra chi ha come noi ha vissuto quei tragici momenti, tra chi può capire i nostri sentimenti e il profondo l’attaccamento per quei posti ormai distrutti.
Dopo soli due giorni di attesa, ci informano che ci hanno sistemato in albergo a Roseto, il tempo di preparare poche cose e partiamo.
Inizia da questo momento la nostra avventura da sfollati, avventura che ancora oggi stiamo vivendo, e che ci rendiamo conto durerà molto, ma molto tempo ancora.
Ciò che i media non hanno detto (analisi della situazione dopo quattro mesi)
Ricordate i primi giorni dopo il sisma?
Dalle riprese fatte per lo più dall’alto, si mostrava si una città danneggiata, ma quello che si distingueva chiaramente, erano i centri storici dei piccoli borghi e comuni limitrofi, dove le abitazioni in pietra erano rovinosamente venute giù, dove si potevano vedere chiaramente gli edifici scoperchiati.
Mentre le visioni di insieme, prese dall’alto mostravano il resto della città senza evidenti danni, le periferie, il quartiere di Pettino, quello più nuovo e popolato, essendo nella sua totalità edificato in cemento armato, sembra non aver subito danni.
Il messaggio che è passato sui media è stato questo: “la parte vecchia della città, i monumenti, e le vecchie chiese, sono venute giù a causa dell’età e del tipo di costruzione in pietra. Nei borghi ci sono danni per lo stesso motivo, il resto della città, come evidenziato dalle immagini televisive dall’alto, non mostra danni evidenti, eccetto qualche edificio che si precisa costruito malamente come la Casa dello Studente”.
Tutto sommato poteva andare peggio, in fin dei conti ci sono state solo 308 vittime, disprezzando le vite di quei poveri innocenti rimasti sotto le macerie della città, delle frazioni, dei borghi e di tutti i comuni coinvolti nel catastrofico evento.
Allora cominciamo con un poco di vecchia e sana controinformazione, andiamo a vedere i palazzi in cemento armato da vicino.
Quello che dall’alto sembra una zona sicura, si rivela un disastro, i pilastri dei primi piani hanno quasi tutti collassato, palazzi di tre, quattro piani sono letteralmente scesi di un piano, quelle che prima erano cantine, box o garage, non esistono più, i primi piani sono divenuti piano terra.
Tutto ciò dall’alto, con le riprese fatte dagli elicotteri, non è, e non può essere visibile. Le immagini vere, reali, non sono mai andate in onda, nessuna rete televisiva nazionale si è curata di ciò.
Solo pochi giorni dopo il sisma era iniziato il controllo sull’informazione, mentendo alla nazione che da subito è stata privata della verità, mentre le sole informazioni che passavano erano quelle che avrebbero fatto comodo, che sarebbero tornate utili ai politicanti di turno.
L’informazione dei media si è soffermata sulla evidente totale distruzione di Onna, dove in riferimento agli abitanti c’è stato il maggior numero di vittime. Utilizzando ad arte questi lutti, il dolore e la paura della gente, si è strumentalizzato il messaggi che veniva inviato alla nazione.
Onna contava circa 300 abitanti, L’Aquila nel suo insieme ne contava oltre 70.000, la differenza è evidente, quella che agli occhi di tutti è la distruzione di un centro abitato, di una periferia, è ancora più evidente nelle foto della città che non sono mai state rese di pubblico dominio.
Non si è detta la verità sulla catastrofe, non sono stati raccontati gli avvenimenti prima di quel 6 Aprile, nessuno ha passato l’informazione relativa ai messaggi tranquillizzanti lanciati dai mezzi d’informazione fino ad una settima prima del disastro.
L’informazione è stata strumentalizzata, usata con sapienza per inviare i messaggi che interessava inviare, con i contenuti di volta in volta più convenienti al caso, dimenticando di dire che la città di L’Aquila, che tutto il suo vastissimo centro storico, dove pulsava l’economia cittadina, era composto da edifici medioevali, d’epoca, tutelati ancora oggi per la maggior parte dalla sovrintendenza, che questi, per le loro caratteristiche, non potevano certo essere paragonati per grado di sicurezza ad edifici in cemento armato, che erano per la maggior parte edifici in pietra, adeguati nel tempo alle leggi sull’edilizia risalenti a 50 – 60 anni fa.
Non si è detto, che in considerazione di ciò che stava accadendo da oltre tre mesi, era il caso di verificarne la stabilità, non si è detto che le istituzioni, le stesse osannate per l’efficienza dei soccorsi, non si erano assolutamente preoccupate colpevolmente di ciò, non si è detto che uno studio condotto dal fisico Gaetano De Luca e successivamente dalla Regione Abruzzo, aveva indicato alcuni anni prima, il rischio sismico degli edifici istituzionali della città, quegli stessi edifici che sono poi rovinosamente venuti giù.
E se il sisma delle 3,32 ci fosse stato alle 8,32?
Quando tutti i palazzi istituzionali erano in piena attività, quando tutte le scuole di ogni ordine e grado erano piene di studenti e insegnanti, quando le aule dell’università di L’Aquila erano complete con oltre 24.000 studenti, ci rendiamo conto quale disastro? Che proporzione avrebbe assunto questo evento?
Non si è detto che la zona interessata dal sisma era stata declassata da zona sismica a livello di rischio 1 in 2.
Non si è detto ……………………………. ma si sapeva già tutto.
Detto questo, fatte queste premesse, emerge automaticamente, che un sisma di magnitudo 6,3° su edifici di questo tipo poteva solo essere devastante, come è stato.
Il centro cittadino, oggi che alcune vie cominciano ad essere percorribili, risulta agli occhi di tutti noi devastato e raso al suolo, emerge così, tutta la gravità della situazione, emerge, come oggi sia economicamente difficoltoso, progettare un modello di recupero del centro storico, come le varie ordinanze della Protezione Civile, risultino del tutto inadeguate per affrontare la specifica problematica, emerge, come la direttiva governativa n.° 39 convertita in legge n.° 77 del Giugno 2009, quella che prevede la ricostruzione delle sole prime case sia del tutto inefficace alla ricostruzione del centro storico e dei borghi dei comuni interessati dal sisma.
A seguito della legge n.° 77, le successive emanazioni, scelte, strategie, ci renderemo conto, come queste siano costruite per andare in una direzione opposta alla ricostruzione, che sempre di più porta ad una sola triste conclusione:
“L’Aquila, il suo centro storico, rimarrà per sempre una rovina, diverrà come Pompei, con una sola differenza, nel frattempo sono passati 2000 anni, e, tristemente si deve ammettere che non abbiamo imparato nulla dalla storia”.
I sfollati in tenda (lo smantellamento dei campi, sei mesi dal sisma)
Immediatamente dopo il sisma del 6 Aprile, mentre 40.000 sfollati vengono spostati verso la costa, facendo loro credere che avrebbero alloggiato nelle moderne e confortevoli strutture alberghiere della costa, solo per i mesi necessari alla costruzione/ricostruzione della città, altri 20.000 sfollati rimasti in città vengono ricoverati nei 179 campi allestiti in tutti i comuni del cratere.
Questi hanno dovuto sopportare prima il freddo del dopo terremoto nei mesi di Aprile e Maggio, poi il caldo torrido nei mesi estivi di Giugno, Luglio ed Agosto, quindi il periodo delle piogge autunnali del mese di Settembre, fino alle prime nevicate del mese di Ottobre.
Tutto ciò con mirabile abnegazione, nel miraggio di ottenere la casa promessa per il mese di Settembre 2009, ottenendo dopo 6 – 7 mesi di vita in tenda, solo una nuova destinazione, sulla costa o nell’entroterra, imposta da qualche luminare, scordando sbadatamente di rivolgersi a sfollati, a scampati al tragico evento che pochi mesi prima aveva commosso e mobilitato l’Italia, scordando di rivolgersi a cittadini ITALIANI, quest’ultima parola scritta a chiare lettere maiuscole e in grassetto ROSSO, colore indigesto all’ imperatore Silvio I° d’Arcore.
Tutto ciò, esattamente come avviene da alcuni mesi per gli immigrati, che sprovvisti del permesso di soggiorno, con l’introduzione del reato di immigrazione clandestina ricevono il FOGLIO di VIA.
Scordando che questi poveracci, sono Italiani per cittadinanza, Italiani per essere onesti lavoratori, Italiani per le tasse e le imposte che loro hanno sempre versato, Italiani perché con le loro imposte hanno consentito a questo Paese, che sembra dimenticarli, di fronteggiare nel tempo, le emergenze delle popolazioni che hanno subito altri disastri simili, come: il Vajont, l’alluvione di Firenze, il sisma in Friuli, in Irpinia, in Umbria nelle Marche….. ed oggi, colpiti dalla più grande catastrofe degli ultimi 100 anni, vengono trattati come clandestini in patria.
Dico solo “VERGOGNA!!!!!” .
Dico inoltre che non si è voluto considerare, che molti dei 20.000 sfollati che non hanno voluto abbandonare la loro città, o il loro paese, che non ha scelto di andare sulla costa, che sono rimasti, accettando di vivere per sette lunghi mesi una vita così disagiata e promiscua, accettando le più incredibili umiliazioni, lo ha fatto per amore della propria terra, per motivi di lavoro, nella speranza o convinzione che restando, continuando a svolgere il proprio lavoro, avrebbero contribuito ad una più veloce ed immediata ripresa, ed un altrettanto veloce ritorno alla normalità.
Mentre, utilizzando questa condizione di evidente disagio, si è voluto perfidamente dividere, indebolire e strumentalizzare le proteste delle popolazioni colpite, mettendo di fatto gli sfollati assistiti nelle tendopoli contro quelli assistiti negli alberghi della costa.
Ed è in questa maniera, che la mirabile macchina istituzionale, ha fatto passare le peggiori porcate, norme, decisioni e ordinanze, come atti necessari per la gestione dell’emergenza, questo senza incontrare nessuna opposizione, strumentalizzando una tragedia di proporzioni apocalittiche, per una sporca propaganda di regime, facendo credere lucciole per lanterne, raccontando attraverso i media la loro verità, una verità di Stato come accade nelle peggiori dittature.
Ma domando, chi ricorda le manifestazioni cittadine di protesta, quando solo 100, 500, fino a 2.500 – 3.000 sfollati partecipavano alla protesta, su una popolazione di 20.000 sfollati in tenda e 40.000 sulla costa.
- Quando i cortei passavano davanti alle tendopoli, e si chiamava a raccolta a gran voce gli ospiti che non potevano uscire, perché presiediate dalle forze dell’ordine;
- quando nei campi era vietato introdurre volantini informativi o di protesta dei comitati cittadini;
- quando la Presidente della Provincia di L’Aquila, per entrare nella tendopoli di Piazza d’Armi, ha dovuto identificarsi, come un qualsiasi estraneo, anche se in veste istituzionale;
- quando nei campi se gruppi di sfollati si riunivano per discutere dei loro problemi quotidiani intervenivano i carabinieri;
- quando per mangiare occorreva presentare il passi;
- quando, per salutare un amico ospitato in una tendopoli diversa da quella d’appartenenza, veniva impedito l’ingresso;
- quando durante il G 8 la città è stata blindata per tre mesi, con Esercito, Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e Digos in borghese, che controllavano tutto e tutti.
Quale TV ha raccontato queste verità?
Quale media ha fatto vera informazione in questi lunghi mesi?
La deportazione di massa sulla costa (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa)
Ma vogliamo parlare anche della vita nelle moderne e confortevoli strutture alberghiere della costa?
Io non mi sono fatto mancare proprio nulla, ho avuto l’abitazione classificata “E”, e dopo tre mesi di autonoma sistemazione sulla costa laziale, sono stato alloggiato sulla costa abruzzese con tutta la famiglia, precisamente nel comune di ROSETO (Te).
Bene, vi posso, e voglio raccontare alcuni episodi accaduti in due mesi di vacanza pagata dai contribuenti italiani, lasciando a voi la libertà di esprimere un giudizio finale.
Premetto che gli avvenimenti che Vi illustrerò sono del tutto veri, realmente accaduti, sono documentati da fotografie, oltre dalle possibili testimonianze degli ospiti, che spero, non vorranno ancora oggi, dopo essere stati raggirati e portati in giro, mantenere ancora il loro atteggiamento omertoso, che ha permesso di raccontare solo falsità.
Allora, cominciamo con quanto previsto dalla Delibera n.° 582 del 12 ottobre 2009, varata della Giunta Regionale d’Abruzzo, riguardo le modalità e le norme di assistenza alle popolazione sfollate accolte negli alberghi.
Cominciamo con il trattamento offertoci presso l’Hotel che mi ospitava con la famiglia, che è composta da cinque persone, me, mia moglie Anna e tre figli Marco, Luca e Chiara, rispettivamente di anni 25, 23 e 15.
Appena arrivato a destinazione ci viene assegnato un appartamento composto da una stanza con il seguente arredo, un letto matrimoniale per me e mia moglie, un letto a castello per Marco e Luca, due comodini, un armadio basso due ante per contenere gli indumenti di cinque persone, quattro adulti ed una ragazza, oltre a uno stanzino con finestra attrezzato con un letto singolo per Chiara, e per finire un bagno con doccia, il tutto forse in 25 mq. scarsi.
Dopo solo una mezza giornata già cominciavo a pensare ai containers di triste memoria, come ad una eccellente soluzione, visto che le meravigliose strutture alberghiere che ci stavano offrendo ospitalità, erano paragonabili proprio a dei container, che avrebbero però avuto un costo infinitamente minore per la collettività, e un impatto ambientale prossimo a zero, inoltre non sarebbe stata necessaria la deportazione di 40.000 individui sulla costa in quanto potevano essere impiegati sul posto, in città, a L’Aquila .
Poi, subito dopo questo flashback, torno nella realtà per pormi alcune consequenziali domande:
Ma le norme di sicurezza, la 626, che fine ha fatto?
E dire che si opera attraverso la protezione civile, ma qui non si rispettano neanche le più elementari leggi sulla sicurezza?
Ma siamo seri!!!
E’ inutile aggiungere che per due mesi, oltre a vivere lo stato di sfollato, oltre al disagio di vivere forzatamente fuori della mia città, la mia abitazione del ‘600 che si componeva di 225 mq, deportato fuori casa, ho anche fatto, forzatamente, per ovvi motivi logistici, voto di castità.
Anche se non più giovani, capite bene, che solo coppie molto legate possono superare questi difficili momenti, fortunatamente noi siamo cresciuti assieme dall’età di 15 anni, non abbiamo subito contraccolpi di questo tipo, ci siamo però ammalati di ipertensione, per dormire abbiamo dovuto fare uso di pillole di ogni tipo, sono stati sicuramente due mesi duri da superare.
Veniamo dunque ad alcuni episodi emblematici:
I° episodio: ”La convivenza forzata” (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa)
Ma, questa situazione, è stata ancora di più dura da superare, per le giovani coppie, costrette a convivere con genitori, parenti e anziani.
Infatti, come volevasi dimostrare, accade che accanto al nostro per cosi dire appartamento, era stipata una giovane coppia con neonato, oltre ai genitori ultra ottantenni di entrambi i coniugi, ben sette sfollati, sei adulti di cui quattro ultraottantenni ed un neonato in un appartamento di meno di 25 mq.
Alla faccia della delibera regionale n.°582.
Ed io aggiungo, alla faccia del G8, e del ruolo di vertice che proprio in quei mesi l’Italia aveva. Per dare più lustro all’avvenimento era stato spostato da l’isola Maddalena a L’Aquila, per mostrare al mondo le capacità del paese, di una delle otto grandi economie mondiali.
Proprio una oscenità.
Ritengo che chi a permesso tutto ciò, andrebbe giudicato dalla “suprema corte di giustizia EUROPEA”, invece, viene dipinto, come il magnifico capo, della mirabile macchina istituzionale, che tutta l’EUROPA ci invidia, viene indicato come l’uomo più amato dagli Italiani, per chi non avesse capito, o avesse frainteso, mi riferisco al colui che è al vertice della Protezione Civile.
La promiscuità di vita che conducevano i nostri vicini da oltre 3 – 4 mesi, ha portato i vecchi (probabilmente già si era manifestato) all’alcolismo, a seguito di ciò, in più di una occasione questa forzata convivenza e sfociata in risse familiari, sedate dalle forze dell’ordine, dall’intervento del 118 e della protezione civile, che si è limitata, dopo un breve soggiorno in ospedale dei feriti/malati, nel rinviare gli stessi sfollati, nello stesso hotel, alle stesse condizioni, nella stessa stanza.
Tutto ciò, senza preoccuparsi minimamente delle motivazioni di quello che accadeva, del disagio psicofisico delle persone coinvolte, delle norme di sicurezza eluse da un imprenditore che definire aguzzino è poco.
Ma dove stavano gli addetti ai controlli?
Ed il Comune, il Sindaco, la Polizia Municipale, oltre alla Polizia di Stato, Carabinieri e la Guardia di Finanza, dove erano?
Che facevano?
Di cosa si stavano occupando?
La risposta è semplice, erano tutti impegnati ad assistere la Protezione Civile nell’organizzazione del G8 dentro la città distrutta, per garantire la sicurezza dei grandi della TERRA, in barba ai calpestati diritti costituzionali degli sfollati.
Ma questo è solo un anticipo di ciò che è stato riservato ai sfollati, di ciò che ho potuto costatare con i miei occhi, in quei due mesi di lussuosa vacanza.
II° episodio: “La discriminazione nelle confortevoli strutture alberghiere della costa” (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa)
La mensa come lo stabilimento balneare dell’hotel che ci ospitava vennero divisi.
Così, mentre i tavoli riservati ai sfollati non erano muniti di segnaposto ed erano apparecchiati con miseri tovaglioli di carta, quelli che ospitavano, o avrebbe ospitato i turisti, gli stranieri, i villeggianti erano ben apparecchiati e tutti muniti di segnaposto con l’indicazione del numero della camera.
Lo stabilimento venne invece diviso fisicamente, con tanto di indicazioni ben visibili anche dal lungomare, queste proponevano ai residenti dell’albergo due distinte zone di arenile, una riservata ai turisti, e l’altra riservata ai sfollati che in quel periodo erano ben oltre le 250 unità.
E fin qui, anche se di cattivo gusto, ci poteva anche stare, poteva sembrare un modo forse poco elegante per mantenere uniti i legami tra una comunità che aveva condiviso le stesse tristi recenti esperienze, una comunità provata da un unico comune drammatico evento, che quindi stando unita poteva curarsi da sola le proprie ferite, poteva trovare in se stessa la forza per reagire a quegli avvenimenti ancora troppo recenti.
Se non fosse che la parte riservata ai sfollati, si trovava nella zona di spiaggia completamente sassosa, sprovvista di arenile, sporca ed in prossimità di scarichi i dubbia provenienza, mentre quella riservata ai turisti risultava pulita, sabbiosa e ben curata, proprio il giorno e la notte.
In quei mesi c’è stata di fatto una evidente discriminazione fra gli assistiti dalla protezione civile “i sfollati”, ed i paganti, “turisti, stranieri, villeggianti”.
I titolari della struttura alberghiera che ci ospitava, si sono comportati come se fossero loro a pagare il soggiorno ai sfollati, che ospitavano per una loro scelta, per una disponibilità offerta alla protezione civile solo per un tornaconto economico di dimensioni inimmaginabili.
Facciamo un giochino con i numeri, vediamo quanto noi sfollati, rendevamo ai titolari della struttura alberghiera che ci ospitava.
Fatti due conti, risulta l’imbarazzante cifra di (250 sfollati * 64,00 € tariffa giornaliera * 30 giorni/mese) = 480.000,00 €/mese, che non mi sembra proprio una miseria per un hotel tre stelle.
E questa rendita parte dal mese di Aprile, che non mi pare proprio “alta stagione”.
Considerando poi, che questa forma d’assistenza si è protratta per sette mesi, il fatturato totale assume la dimensione veramente imbarazzante di (480.000,00 € * 7 mesi =) 3.360.000,00 €, oltre i 6.000.000,000,00 di vecchie £.
E dobbiamo considerare che questo calcolo si riferisce ad una sola struttura alberghiera, ci rendiamo conto delle dimensioni dell’affare?
Ma quale assistenza ai sfollati, ma quale piano per evitare i container, ma quale efficienza.
E’ stata fatta una scelta di carattere economico, che ha permesso ai gestori di aziende ridotte ad un imminente prossimo fallimento, d’ottenere un occulto finanziamento di stato a costo zero, senza nessun tipo di interesse, senza dover offrire nessuna garanzia o credenziale in banca, pagato con il contributo di tutti gli onesti lavoratori italiani.
Si è voluta favorire ancora una volta una lobby di potere, si sono trasferiti soldi dalle tasche degli italiani agli operatori turistici, facendo credere che ciò serviva per gestire l’emergenza sisma, per sottrarre i sfollati dai container, strumentalizzando i sentimenti degli italiani, che hanno ingenuamente creduto a questa versione dei fatti, e ancora oggi in molti continuano ancora a crederci.
E la conferma di ciò, l’abbiamo nella guerra che in quei mesi si facevano le strutture alberghiere della costa, quando si litigavano letteralmente l’opportunità di alloggiare sfollati, che poi trattavano immancabilmente come bestie, non c’era infatti la necessità di fidelizzare il cliente/sfollato, ma solo la necessità di avere un numero sempre maggiore di ospiti sfollati, in quanto a ciascuno di essi corrispondeva un compenso di 64,00 €/gg.
Per strutture a tre stelle, prossime al fallimento, strangolate da una grave crisi economica, vantare (480.000,00 € * 3 mesi)= 1.440.000,00 € di credito con lo Stato, maturato in un periodo compreso tra Aprile e Giugno, è molto più di una boccata d’ossigeno, è un vero terno all’otto, un colpo, un guadagno insperato, che può risolvere i tantissimi problemi che molti in quel periodo avevano.
Si è fatto passare il soggiorno estivo dei sfollati sulla costa, come il brillante risultato della gestione dell’emergenza, si è voluto enfatizzare che per la prima volta, a seguito di un evento di proporzioni catastrofiche, come quello che ha colpito l’Abruzzo, non si sia ricorso ai containers.
Si è fatta ancora una volta della sporca speculazione politica, perché se è vero come lo è, che non si sono utilizzati i container per ospitare i sfollati, è altrettanto vero che nessuno si è curato di verificare come questi fossero trattati nelle confortevoli strutture alberghiere della costa.
Ci si è scordati banalmente che i cosiddetti sfollati, sono prima di tutto esseri umani che hanno avuto lutti, che hanno perso casa, lavoro, vincoli sociali, amici, luoghi di ritrovo, che non hanno più una città o il piccolo borgo di montagna dove tranquillamente risiedevano.
Non si è considerato che in quelle condizioni, del tutto particolari, tutto ciò che accadeva intorno a queste persone veniva enormemente amplificato, veniva tendenzialmente vissuto sempre in maniera negativa, le cose più piccole, quelle insignificanti, quelle che in una condizione normale al massimo ci fanno sorridere, assumono in queste situazioni un peso, ed un valore scatenante, che può sfociare in reazioni incontrollate ed imprevedibili.
Si è voluto far passare questo tipo d’intervento, come il migliore risultato raggiunto da un paese occidentale, addirittura lo si è voluto paragonare con quanto rimaneva ancora da fare negli U.S.A. dopo la disastra dell’alluvione di New Orleans.
Se non è strumentalizzazione questa?
III° Episodio “Lo sfollato single di San Gregorio” (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa)
Vediamo ora a quali nefandezze è stato sottoposto il povero amico ……. che chiamerò Antonio, sfollato single, proveniente dal comune di San Gregorio.
Costui, come molti di noi ha perso tutto, unico suo avere, la sua vetturetta, l’unica vettura che non è andata distrutta in tutta San Gregorio, immortalata su Internet, e recuperata con un’operazione di mirabile tecnica dai Vigili del Fuoco.
Dicevo, costui, ospitato nel mio stesso hotel, più precisamente alloggiato sotto il mio sontuoso appartamento, in una cantina, priva di finestra, con un semplice lucernario, che si affacciava sotto il balcone della mia camera da letto, faccio presente che i fatti si svolgono nel periodo Luglio – Agosto, con 30° di temperatura fissa, in un locale pieno di scarafaggi, non adatto all’uso previsto nella delibera regionale n.° 582, è stato, per la sua semplicità, per la sua bontà d’animo, raggirato, ingannato, usato vigliaccamente dal titolare dell’hotel.
Gli si è fatto credere che per la sua peculiarità di single non avesse diritto all’assistenza della Protezione Civile, che se avesse accettato le condizioni stabilite dal titolare del hotel, sarebbe stato ugualmente ospitato e alloggiato in segreto, che in questa maniera avrebbe ottenuto lo stesso trattamento degli altri sfollati, in cambio avrebbe dovuto semplicemente svolgere alcuni lavoretti di manutenzione, ottenendo per questo anche un rimborso spese.
Nulla di più meschino e falso, per pagarsi questo alloggio ed il conseguente mantenimento che gli spettava di diritto, lo si è costretto a lavorare in condizioni di schiavitù, per ottenere il faraonico rimborso di 100,00 €/mese, ed oltre alle varie incombenze riguardanti l’albergo lo si è costretto a mettere a disposizione anche la propria vettura, spesso a proprie spese, per gli spostamenti dei titolari.
Il povero Antonio ha dovuto subire queste vessazioni, senza che nessuno intervenisse.
Ma dove erano i super pagati Funzionari, e le ispezioni della Protezione Civile?
A seguito della precaria situazione a cui era sottoposto, una villeggiante, fece una denuncia dettagliata in Comune.
Così accade che il giorno 14 Agosto si presentano per gli accertamenti del caso guardie comunali in divisa, e atro personale in borghese non identificabile, per eseguire le verifiche del caso con le seguenti modalità:
ispezione nella hall dell’hotel, dove questi accertatori ricevono, guarda caso in dono e senza che avessero condotto ancora alcuna verifica, un enorme vassoio di pesce.
Immediatamente dopo si conclude l’indagine, che per uno strano caso, non da corso a nessuna constatazione di illecito, e quindi a nessun tipo di sanzione, contrariamente a quanto previsto nella delibera Regionale n.° 582 che per questi casi prevede l’immediata sospensione della convenzione.
Ma non è finita, vi racconto ancora un episodio che contraddistingue l’accoglienza riservata ai sfollati nelle meravigliose strutture alberghiere:
una sera, all’ora di cena il titolare dell’hotel si è rifiutato di servire la cena ai sfollati, perché a suo dire si erano comportati in modo disdicevole per una struttura che ospita turisti.
Ha quindi imposto, per accedere al ristorante dell’hotel, che i sfollati si dovessero pagare il pasto che reclamavano e che spettava loro.
Che dire, non ci sono veramente parole, e questi fatti sono stati riportati anche dalla stampa locale il giorno dopo, ma manco a dirlo, non è accaduto nulla.
E ancora:
le telecamere che controllavano, spiavano i sfollati, in ogni loro azione sia nell’area di proprietà dell’hotel, che negli spazi comuni, nelle strade pubbliche e sull’arenile.
Come vogliamo definire questi comportamenti? semplicemente scandalosi, ma mi pare ancora troppo poco.
Tutto quanto descritto, evidenzia ancora una volta come si siano voluti premiare, finanziare, arricchire i soliti speculatori senza scrupolo, con la scusa della gestione dell’emergenza, dell’assistenza offerta ai sfollati, senza verificare minimamente quali fossero i servizi che realmente venivano offerti, permettendo a questi, come li vogliamo chiamare “imprenditori”, le più incredibili vessazioni verso chi era già stato duramente colpito dalla natura, e in alcuni casi tragicamente colpito.
Tutto ciò, è stato fatto passare attraverso i mezzi di informazione, i media, come una meravigliosa villeggiatura offerta da quell’ipocrita di primo ministro che in quel periodo, in quei tragici giorni, con cinismo aveva nell’ordine, e con una sfacciataggine che ha dell’incredibile, dichiarato:
- che avrebbe messo a disposizione dei sfollati le sue ville, “20 per l’esattezza”,
- successivamente a proposto crociere per i sfollati,
- quindi ha dichiarato di voler passare le ferie estive in tenda, con gli sfollati, di volere casa a L’Aquila, per poi definire le tendopoli camping
- poi …………
Di esseri spregevoli, che usano a proprio piacimento le sventure per costruirci abilmente sopra una notizia, una carriera, al mondo ce ne sono sicuramente molti, ma costui si è veramente superato, costui è stato capace non solo di rivoltare la verità, è stato capace di inventare, divulgare, far credete reale, vera, una realtà virtuale, costruita con la capacità dei suoi personali mezzi d’informazione.
Dire che costui è un essere spregevole è sicuramente riduttivo, ma la cosa grave e contemporaneamente triste è che costui ci governa.
Se ha usato i suoi mezzi personali per costruire finte realtà da diffondere tra la gente che governa solo per ottenere consensi politici, cosa sarà mai capace di fare, se e quando si dovesse trovare coinvolto in affari poco chiari che lo dovessero interessare direttamente?
Meditate gente, meditate.
Quello che è accaduto, che sta accadendo a L’Aquila e nei restanti comuni del cratere, in una prossima occasione potrebbe vederVi come protagonisti.
Il controesodo, gli sfollati si riavvicinano a L’Aquila (riaprono le nuove scuole, i MUSP)
Dopo i mesi trascorsi da deportati nelle meravigliose strutture alberghiere della costa, i più lungimiranti in previsione dell’imminente inizio dell’anno scolastico, hanno capito che era necessario riavvicinarsi alla città, la soluzione offerta agli sfollati è stata quella di rivolgersi al COI della zona di riferimento.
Per me e la famiglia, che ci trovavamo ospiti nel comune di Roseto, il riferimento è stato il COI di Giulianova, qui i volontari della Protezione Civile su richiesta di ciascuna famiglia che si presentava, si attivano per cercare soluzioni alternative al soggiorno sulla costa.
Ma, come era da immaginarsi, essendo appunto volontari, non avevano molta conoscenza del territorio, le soluzioni offerte, si sono rilevate, agli occhi di chi questi luoghi li conosce, improponibili, per lo più fuori luogo rispetto la necessità rappresentate.
In considerazione di quanto sopra descritto, posso evidenziarvi la mia personale esperienza.
Per avvicinarci alla città, il COI di Giulianova, ci ha proposto nell’ordine i comuni di Lucoli, Campo Felice, Rocca di Mezzo, evidentemente, non rendendosi conto, delle distanze ne della precaria viabilità di quei luoghi verso la città.
Ora, chi come noi conosce questi luoghi, chi conosce le distanze e le condizioni della viabilità già prima del sisma, chi conosce la meteorologia di quei luoghi d’invero, comprenderà, che queste sistemazioni, non potevano rappresentare la soluzione per avere un accesso più agevole agli istituti scolastici della città, di quello che avrebbero potuto avere rimanendo sulla costa.
Quindi, come moltissimi altri sfollati, non abbiamo potuto accettare questo tipo d’offerta, ma diversamente da altri, abbiamo insistito che verificassero ancora la disponibilità di soluzioni alternative, e, come per magia, è uscito fuori un agriturismo a Trignano.
Ora, per chi non è di questi luoghi, Trignano è una frazione del comune di Isola del Gran Sasso, un comune che si affaccia sul versate teramano del Gran Sasso, la frazione si trova a 2 km dal casello autostradale di San Gabriele - Colledara, e a solo 35 km dal casello di L’Aquila est, la zona che ospita la maggior parte degli istituti superiori della città disastrata.
Questa soluzione, per le distanze, e per il tipo di strada di collegamento, è tutta autostrada, ci è sembrata immediatamente la migliore, così, seguendo le indicazione che ci sono state date al COI, abbiamo fatto immediatamente visita ai gestori di questo agriturismo, ed abbiamo concordato che ci saremmo trasferiti da loro nel giro di una settimana.
Quindi a metà Agosto inizia nuova avventura in questo agriturismo, durerà tre mesi, poi, come avrò modo di illustrarvi, si risolverà nel peggiore dei modi, ma l’avventura nell’entro terra tremano continuerà e ancora continua, presso un’altra struttura dello stesso comune.
La vita ad Isola del Gran Sasso, l’agriturismo lager (Agosto – Ottobre 2009)
Ricordate, le vessazioni di Roseto, bene in questo agriturismo, le cose se volete, sono andate pure peggio.
Ma cominciamo dall’inizio.
A prima vista il posto, la sistemazione e l’ambiente, potevano apparire migliori di quello lasciato sulla costa, ma ben presto, man mano che sono sopraggiunti nuovi sfollati la realtà si è rivelata.
Nel breve volgere di 10 – 15 giorni ci siamo ritrovati a raggiungere il ragguardevole numero di 30 – 35 presenze, che per una struttura, non proprio alberghiera, nata come agriturismo, come residenza diciamo di fortuna per viaggiatori o vacanzieri mordi e fuggi, si è ben presto rilevata ingestibile.
Mi pongo subito la prima domanda:
ma nella meravigliosa macchina istituzionale, chi, aveva il compito verificare l’accoglienza e la capacità logistica di ciascuna struttura, ammesso che ci fosse qualcuno preposto a questi controlli?
Comunque, questa situazione si è ben presto rilevata ingestibile, soprattutto perché, come è emerso immediatamente dopo pochi giorni di soggiorno, i titolari hanno mostrato tutto il loro pressappochismo, tutta la loro più assoluta incapacità ed incompetenza nella gestione, che è andata sempre più peggiorando con l’aumentare degli ospiti.
Così è emerso:
- che nel passato questa struttura non aveva mai offerto pasti agli ospiti, ma si era limitata a fornire solo l’alloggio;
- che in questa struttura, non operava, ne aveva mai operato personale addetto alla gestione dei servizi;
- che quindi, per fare fronte alla delibera regionale 582, nella struttura, venivano impiegati parenti e amici dei gestori, che via via si sono improvvisati nelle attività di cucina, pulizia, amministrazione, con evidenti disservizi per gli ospiti;
- poi sono venute alla luce le carenze tecniche della struttura stessa, quali:
- inadeguatezza di un impianto di riscaldamento negli alloggi, che non essendo autonomo ma centralizzato, non era adeguato a coprire le singole necessità degli ospiti,
- e successivamente, l’inefficienza dell’impianto elettrico, che erogando una bassa potenza, non copriva l’esigenza di un cosi elevato numero di ospiti, saltando ad ogni banale sovraccarico;
- infine, emergevano tutte le carenze, e lacune derivanti dall’utilizzo nella gestione della struttura, di parenti e amici, che svolgendo nella vita altre professioni, non erano in grado di coprire gli orari imposti dai gestori, divenuti rigidissimi per i pasti;
così, accadeva sistematicamente che i tavoli venivano sparecchiati al volo, si mangiava con l’imbuto per stare nei tempi che i gestori avevano imposto ai sfollati, e a questo personale del tutto atipico;
finiti i pasti, il locale mensa e la cucina venivano chiusi a chiave dai titolari, che nel giro di 30 minuti lasciavano la struttura, e gli ospiti rimanevano fuori dall’unico locale della struttura caldo e coperto;
non rimaneva un luogo di ritrovo, un tavolo, una sedia, nulla per scambiare due parole, per socializzare, neanche ai carcerati viene negata l’ora d’aria;
- così accadeva che, dopo mangiato, nel periodo in cui il tempo lo ha consentito, Agosto metà Settembre, per scambiare due parole, ci incontravamo all’aperto, seduti sui ciglio di un marciapiedi, e poi via nelle nostre stanze;
una vita sempre più difficile da sopportare, scandita solo dagli orari della mensa, colazione, pranzo, cena. Il resto del tempo ogni famiglia lo passava chiuso nella propria stanza, senza nessun rapporto sociale.
Da sfollati deportati, ora ci sentivamo, ed eravamo, prigionieri di questi aguzzini, mia moglie Anna. diceva di sentirsi come in un carcere di massima sicurezza, come a “Le Costarelle”, il carcere di L’Aquila, senza che avesse commesso nessun reato. E questa descrizione, mi accorgevo che calzava a pennello con la situazione che stavamo vivendo in quel periodo.
Ma la situazione, con l’inizio dell’anno scolastico sarebbe ancora precipitata.
Tutti gli sfollati, che nel periodo Agosto – Settembre, si erano spostati dalla costa nell’entroterra, ed in particolare, tutti noi che ci trovavamo ospiti in quel campo di concentramento di Trignano, lo eravamo fatto con l’obiettivo di poter raggiungere le scuole in maniera più agevole, più comoda, senza l’assillo degli orari d’albergo.
Oltre a quanti di noi, avendo ancora un lavoro, speravano di potersi muovere meglio, di poter raggiungere il luogo di lavoro più agevolmente.
Niente di più sbagliato.
La viabilità della città, in quel periodo era ulteriormente peggiorata, vista la contemporanea presenza di cantieri del progetto CASE, di cantieri per la realizzazione dei MUSP (moduli uso scolastico provvisori), cantieri per la viabilità, le famose rotatorie, considerando tutto ciò, i tempi di percorrenza, da e per L’Aquila, erano divenuti ormai imprevedibili.
In aggiunta a quanto descritto, si aggiungeva la problematica di una turnazione caotica dei figli a scuola, vuoi per la precarietà degli edifici scolastici, molti dei quali ancora in costruzione, vuoi per le assenze imprevedibili degli insegnati, e poi gli allarmi sisma ed i conseguenti sgombri improvvisi ad ogni più piccolo evento sismico, e la successiva nevrosi che a tutti noi genitori ci ha assalito, il timore e la preoccupazione per i figli, che ogni giorno lasciavamo, nella speranza che tutto andasse a buon fine.
Insomma per dirla in breve una vita d’inferno.
Solo noi che abbiamo vissuto questi eventi, possiamo descrivere, capire questa situazione di precarietà, che strisciando si andava ad annidare nella nostra vita, trasformandosi in una situazione di normalità, che nulla aveva di normale.
Tutti noi, abbiamo cominciato ad accumulare ritardi su ritardi, non siamo più stati nelle condizioni di rispettare uno solo degli orari stabiliti dai conduttori, o meglio dagli aguzzini dell’agriturismo che ci ospitava, perché ciò era impossibile, vista la precaria situazione della città.
Quindi, si sono venute a creare delle situazioni molto particolari.
Alcune famiglie, come quella dell’amico Gianfranco, composta da quattro persone, lui, la moglie e due dei quattro figli, per una serie di problemi, si è trovata ben presto in difficoltà più degli altri, e nell’occhio del ciclone.
Infatti, come tutti noi, anche Gianfranco aveva la necessita di accompagnare a scuola Mauro, il figlio più piccolo, mentre, come molti di noi, doveva recarsi tutti i giorni al lavoro, ma in più doveva rispettare orari e turnazioni di lavoro, ben presto si è trovato in difficoltà nel coniugarli con gli imprevedibili orari scolastici, inoltre, anche Sara, la figlia che lavorava a Teramo, dovendo anche lei rispondere a turnazioni di lavoro, si è trovata naturalmente nelle condizioni di non poter offrire nessun appoggio alla famiglia, anzi ben presto è stata una degli ospiti più penalizzati.
Per fare fronte a tutti questi problemi, la famiglia di Gianfranco, ad esclusione della figlia, è stata costretta dagli eventi, ad organizzare la giornata autonomamente, quindi la mattina presto con in bocca ancora il sapore di un caffè bevuto di corsa, erano in macchina per rientrare la sera dopo le 20,00 – 20,30 trafelati da una caotica giornata di lavoro, nella vana speranza di potersi rifocillare con tranquillità, di scambiare due parole, di staccare la spina, invece proprio da qui sono iniziate le più scandalose vessazioni.
Sembrava che i conduttori della struttura lo facessero apposta, la cena veniva servita sempre prima, arrivando a servirla alle 19.00 – 19,30. La cattiveria dei conduttori della struttura, non si limitata nel servire loro i pasti sempre più freddi, immangiabili, hanno saputo fare di più, si sono superati, hanno cominciato a servire al tavolo non più nei piatti ma su vassoio.
E fin qui non ci sarebbe nulla di strano, se non fosse che la struttura essendo appunto un agriturismo non aveva un vero locale mensa, questo era stato ricavato da un locale attiguo alla cucina, dove erano sistemati tre tavoli nei quali sedevano per forza di cose tuti gli ospiti della struttura, più nuclei familiari nello stesso tavolo.
A seguito della modifica introdotta, accadeva sistematicamente che la loro parte veniva consumata dagli altri commensali, senza che i conduttori si curassero se ne rimaneva a sufficienza per loro, che quindi rimanevano sempre più spesso senza mangiare, o nella migliore delle ipotesi con le porzioni contate, sempre più ridotte.
Addirittura spesso quando tornavano, trovavano già sparecchiato e dovevano consumare la cena in stanza, cosa che accadeva con regolarità alla povera Sara, che tornando da Teramo doveva sempre mangiare freddo, in stanza, accontentandosi di quel poco che restava.
Una sera, i conduttori dell’agriturismo, sono stati capaci di lasciare il minestrone che era stato servito per cena, fuori dal locale mensa già chiuso a chiave, dentro un pentolone, con piatti, rigorosamente in plastica, e posate, forchette e coltelli, ma senza cucchiai, il tutto rigorosamente freddo, ci troviamo a fine Settembre, e da queste parti come a L’Aquila in questo periodo non è caldo, anzi cominciano le prime notti fredde, e dopo una giornata di lavoro, avrebbe fatto piacere un piatto caldo scambiando due parole.
Una cattiveria che ha dell’inverosimile, dell’immotivato, un comportamento da “Gestapo”, esattamente ciò che imponeva la delibera regionale n.° 582.
Ed i controlli direte, manco a dirlo, neppure l’ombra.
E le cose sono precipitate ancora di più, quando, con l’arrivo di un ultima famiglia, i titolari hanno completamente mollato quel minimo di gestione della struttura che formalmente, malamente, ancora avevano mantenuto, permettendo a questa famiglia, composta da sei persone, di prendere il sopravvento su di essi e su tutti noi.
Così questi nuovi sfollati, hanno potuto in poco tempo imporre i loro tempi, le loro esigenze, il loro modo di vivere a tutti noi.
Cosi è accaduto che la mamma, si è sostituita al personale dell’agriturismo, prendendo di fatto possesso della cucina, imponendo a tutti noi i gusti dei figli.
Una cucina, che se fosse stata sana, poteva anche essere accettata, ma invece si è rilevata disgustosa, fatta solo di porcherie adatte a bambini viziati, quindi abbiamo cominciato a mangiare tutti i giorni, solo ciò che mangiavano queste piccole pesti, roba fritta, congelata, surgelata, e poi dolci improponibili.
Infine, con molto poco buon gusto, questi signori con i loro comportamenti hanno fatto in modo di far trapelare una palese differenza sociale, che evidentemente non c’era, ne poteva esserci, vista la situazione di sfollati che ci accomunava.
Tutto ciò evidentemente frutto di un latente complesso d’inferiorità, che in queste precarie condizioni di sfollati, emerge come un muro a difesa dell’integrità della famiglia, muro e complesso, che probabilmente in una situazione normale, sarebbe stato represso o non si sarebbe manifestato.
Così, mentre noi ci sorbivamo i loro disgustosi gusti, è accaduto che sulla loro tavola si è materializzata una cucina del tutto particolare, sono apparse anche delle “aragoste”, alimenti certamente fuori luogo con l’emergenza di quei giorni, mentre a noi continuavamo ad essere serviti i soliti pasti.
Tutto ciò, di per se, anche se rimaneva di cattivo gusto, sarebbe anche stato accettato per quieto vivere, se la cosa non avesse trovato l’appoggio dei titolari, che praticamente avevano mollato la gestione, consentendo loro:
- prima l’accesso nel locale mensa,
- poi alla cucina,
- a seguire la scelta e l’imposizione dei generi alimentari,
- per finire la gestione dei fornelli.
Tutto ciò che invece a noi era precluso, interdetto, e che nel tempo, ha creato una situazione conflittuale tra le famiglie.
Così tra gli sfollati è cominciata prima la disapprovazione, poi con il tempo sono sorte le prime discussioni nelle quali si sono fatte notare e pesare queste situazioni sgradevoli, quindi le discussioni si sono trasformate in litigate, a volte anche furiose, per finire anche alle mani.
A questo punto, posso affermare che avevamo proprio toccato il fondo. Ho capito che era necessario riportare ordine, visto che quanto accadeva era in contrasto con i più elementari principi di convivenza, e con quanto previsto dall’ordinanza regionale n.° 582.
Così abbiamo cominciato ad indagare, abbiamo scoperto che il personale che svolgeva i compiti di cucina, pulizia e amministrazione non era assolutamente in regola, non era segnato, erano per lo più amici e parenti dei conduttori, veniva retribuito a nero, e non aveva le necessarie autorizzazioni sanitarie, ne aveva indumenti idonei a svolgere il lavoro, sia dal punto di vista della sicurezza, che dal punto di vista igienico sanitario.
Ma, a seguito di questi controlli, la cosa più grave che emergeva, e che questa struttura non avendo il personale in regola, era inadempiente con i versamenti INPS e INAIL.
Di conseguenza, se ci fossero stati dei controlli adeguati, non sarebbe stata in regola neanche con il relativo “DURC”, per cui non avrebbe potuto ottenere la convenzione con la Regione per la somministrazione dell’assistenza ai sfollati.
E allora mi domando ancora una volta:
Ma chi è che doveva fare questi controlli?
E perché non sono stati mai fatti?
E quante altre strutture hanno operato in questa maniera?
E tutti questi denari pubblici che si sono riversati su queste strutture, non sono forse un finanziamento illecito di attività fuori legge?
Ci sarà mai qualcuno che interverrà su questi temi?
Intanto i titolari, che avevano completamente perso il controllo della situazione, hanno cavalcato la situazione conflittuale tra le persone, aggiungendo benzina al fuoco, la situazione è ben presto divenuta esplosiva in vivibile.
Così, nel giro di 20 giorni i 35 sfollati ospitati nella struttura si sono volatilizzati, ogni famiglia è andata via, ha trovato una nuova sistemazione per proprio conto attraverso il COI di Giulianova, lasciando quel posto dove eravamo tutti divenuti prigionieri di questi aguzzini, nelle nostre stanze, dalle quali non uscivamo più neanche per mangiare, per evitare d’incontrarci.
Anche noi, che abbiamo cercato di rimanere il più possibile fuori da qualunque discussione, che abbiamo cercato sempre, in tutti i modi di evitare qualunque possibilità di attrito, alla fine, nostro malgrado, siamo stati coinvolti, ed ha quel punto, nel giro di due giorni, come gli altri abbiamo cambiato aria, trasferendoci in un’altra struttura alberghiera sempre nel comune di Isola del Gran Sasso nello stesa struttura dove l’amico Gianfranco ci aveva preceduto solo la settimana prima.
Ma mentre traslocavamo per l’ennesima volta, mi ponevo ancora una domanda:
“Ma come poteva essere possibile che il COI di Giulianova non inviasse una ispezione in quel posto?”
Non poteva essere normale che tutti i 35 sfollati assisti in quella struttura avessero chiesto contemporaneamente un trasferimento nel giro di una settimana. Mi sembrava evidente che l’anomalia facesse nascere un sospetto.
Ma a chi non frega nulla della situazione che vivono dei semplici numeri, o peggio, a chi è colluso con queste persone non può, ne deve dare nessun segnale.
Questo è stato per me il primo campanello d’allarme, quello che ha dato la definitiva conferma alle mie convinzioni, da questo ennesimo episodio che si andava a sommare a quelli vissuti a Roseto, ho capito che stava iniziando una nuova tangentopoli.
Solo molti mesi dopo ci sarà la conferma di questi fatti, quando apprenderemo che mentre L’Aquila tremava alcune carogne se la ridevano.
Questo è proprio un paese che non ci merita, l’idea di andarcene in Svezia era la più giusta, ma per ora avevo deciso con me stesso di non gettare benzina sul braciere, questa triste idea l’avrei condivisa solo con me stesso.
Le cose possono cambiare, una speranza per il futuro (la situazione dei sfollati dopo nove mesi)
Venivamo da una serie di esperienze tutte assolutamente negative.
Riepilogando: Roma, problemi di convivenza con i familiari, Nettuno, ambiente e luogo in vivibile, Roseto, le vessazioni dei titolari della struttura alberghiera, Trignano, il lager, l’incapacità e le vessazioni dei gestori.
Capirete bene che, dopo queste esperienze fatte sulla nostra pelle, in soli sette mesi vissuti da sfollati, errando da una struttura all’altra, eravamo pronti a reagire alla minima intolleranza, non eravamo certo nello spirito di subire ancora vessazioni, eravamo proprio inc…..ti neri, pronti ad andare allo scontro non appena si fosse presentata l’occasione.
Invece, accade qualche cosa di nuovo, di positivo, e nel tempo ci renderemo conto di molto positivo, la struttura che ci ospita è un Residence di Isola del Gran Sasso, dove ritroviamo l’amico Gianfranco, la sua famiglia che ci aveva preceduti una settimana prima.
Il luogo e bello, pulito, ordinato, ci sono altri sfollati, e tra questi c’è anche una famiglia che era con noi nell’hotel di Roseto, lascerà il residence per rientrare a L’Aquila, solo pochi giorni dopo il nostro arrivo.
L’Ambiente e bello, cordiale, quasi familiare, abbiamo subito modo di costatare come i conduttori di questa bella struttura, una deliziosa coppia avanti con gli anni, siano dei grandissimi lavoratori, gente veramente per bene.
Io e Gianfranco, ben presto catturiamo l’amicizia del titolare, il sig., Sergio, che ci racconta e aggiorna su alcuni avvenimenti che lo hanno coinvolto:
- i lavori, e le spese sostenute di tasca propria, per rendere da subito agibile la struttura danneggiata dal sisma, ci mostra i segni che non sono stati del tutto cancellati;
- successivamente a questi lavori l’immediata disponibilità data al COI di Giulianova per ospitare gli sfollati;
- l’attesa che il COI provvedesse ad inviare sfollati per tutto il mese di Agosto e per metà di Settembre 2009, mentre la struttura rimaneva vuota, ed i turisti erano stati respinti in attesa di quei sfollati che non arrivavano;
Così, mentre noi, tribolavamo a Trignano in quel lager, mentre in quei mesi molti sfollati che volevano avvicinarsi venivano inviati dal COI di Giulianova nella provincia di L’Aquila, nei comuni di Lucoli, Campo Felice, Rocca di Mezzo, in zone veramente improponibili, questa bella ed efficientissima struttura rimaneva vuota.
Perché?
Ci siamo risposti, quando un pomeriggio di fine Gennaio, io e Gianfranco abbiamo accompagnato il sig. Sergio al COI di Giulianova, per informarli che la struttura aveva alcuni appartamenti liberi, e ci siamo sentiti rispondere dal personale addetto che:
- l’obiettivo della Protezione Civile, era ora quello di spostare tutti gli sfollati dalla costa, in Provincia di L’Aquila;
- e che i sfollati rifiutavano la destinazione di Isola del Gran Sasso, preferendo le località della provincia aquilana, che venivano loro proposte.
Se volevamo sentire delle barzellette, questa in assoluto, viste le condizioni della città, e veramente la migliore, solo più tardi avemmo trovato una risposta a quel commento, quando mia moglie Anna incontrò per Isola del Gran Sasso uno sfollato, e il caso vuole che costui fosse il nonno di un ex compagno di scuola di nostro figlio Marco.
Dopo i convenevoli del caso costui informa Anna di essere alloggiato ad Isola proprio nel nostro vecchio Agriturismo, il lager di Trignano, assieme ad altri 15 – 16 sfollati tutti provenienti dalla costa che si erano appena sistemati da una settimana.
Ma come, il COI di Giulianova ci aveva detto solo pochi giorni prima che nessun sfollato accettava la sistemazione ad Isola del Gran Sasso?
Ci aveva informato che le direttive della Protezione Civile erano di fare rientrare tutti gli sfollati che erano sulla costa, nella provincia di L’Aquila?
L’offerta del sig. Sergio con molta gentilezza, era stata respinta?
E dopo due settimane vengono spostati 15 sfollati alloggiati sulla costa a Isola, e vengono tutti sistemati nell’Agriturismo lager di Trignano, quello stesso agriturismo dal quale la mia famiglia, quella di Gianfranco e altri 26 sfollati eravamo fuggiti perché divenuto invivibile, ed al COI di Giulianova che era a conoscenza di tutto ciò perché lo spostamento tra le varie strutture alberghiere poteva avvenire solo previo la loro autorizzazione, questi movimenti non avevano destato sospetti, e mentre il Residence di Sergio continuava a rimanere con le camere disponibili per i sfollati questi venivano tranquillamente indirizzati solo in quell’agriturismo.
Ma vuoi vedere che anche qui c’è qualche colluso?
Qualche interesse poco chiaro?
Intanto le attenzioni di questa deliziosa coppia verso di noi sono veramente esemplari, al punto che la sig.ra Tea aspetta tutti i giorni, l’arrivo dei studenti da L’Aquila, che con il bus riescono ad essere in tavola non prima della 15,00 – 15,30 per servire loro sempre un pasto caldo.
Ma fa anche di più, la mattina è sempre in piedi alle cinque per preparare una colazione calda a tutti noi, e le merende per i ragazzi che vanno a scuola.
Sergio, il marito, si impegna al massimo per rendere confortevole il soggiorno a ciascuno di noi, si preoccupa se non mangiamo, se stiamo male o indisposti, si fa in quattro per inventare ogni giorno un menù nuovo, si è addirittura attrezzato di tutto punto per servire i famosi arrosticini, con un braciere a motore, realizzato secondo le sue indicazioni, da un artigiano.
Durante il nostro soggiorno, veniamo a conoscenza del giorno in cui questa meravigliosa coppia compie l’anniversario di matrimonio. Io Anna e la famiglia di Gianfranco, anche per testimoniare la nostra riconoscenza a tutte le loro attenzioni nei nostri confronti, come quelle di tutti gli altri ospiti, decidiamo di offrigli un piccolo pensierino, un semplice ricordo dei giorni trascorsi finalmente in serenità nella loro accogliente struttura, una cosa molto semplice, per nulla impegnativa.
Tutto ciò ci ha legati ancora di più a loro, al punto che quando ci ha chiamato il sindaco del nostro comune per informarci che si erano creati i presupposti per un nostro trasferimento in una struttura alberghiera nei pressi di Stiffe, abbiamo trovato, perché comunque c’erano tute le prerogative, un modo cortese per rinunciare al trasferimento.
Sono ormai molti mesi che ci troviamo nella struttura del Sig. Sergio e della Sig. Tea, e crediamo che fino a quando non ci verrà offerta la possibilità di rientrare nel nostro comune, nei MAP, rimarremo se sarà possibile qui.
Lo sporco uso della propaganda politica - (Marzo 2009)
Durante questo lungo anno da sfollato errante per l’Italia, ho potuto assistere a tutto ciò che è nell’immaginabile di ciascuno di noi, mi sono quindi reso conto che al peggio non c’è limite, quanto affermo è supportato da quanto di seguito Vi descrivo, premettendo che questi sono tutti fatti veri e documentati.
Dunque, in questo periodo ho potuto assistere a quanti si sono potuti impunemente permettere di strumentalizzare la tragica situazione del dopo sisma, per qualunque fine, anche i più spregevoli.
Non poteva quindi mancare la politica, ed i vari politicanti di turno, venuti tra di noi, tre la gente, tra le macerie, a raccogliere il loro momento di gloria, manifestando una falsa solidarietà che nascondeva sempre e solo sporchi interessi propagandistici, quando non nascondeva i più squallidi interessi economici.
Ora, che il nostro premier ha utilizzato gli avvenimenti in Abruzzo, ed in particolare la distruzione di L’Aquila per un suo personale uso è ormai noto a tutti. Ma cosa vogliamo dire dell’uso volgare, sporco, irrispettoso delle 308 vittime del sisma e dei loro familiari, fatto in occasione della recente campagna elettorale per le elezioni provinciali di L’Aquila.
Lo sento come un dovere civico, debbo in qualche maniera documentarVi su quanto è accaduto in questo mese di Marzo 2010, proprio alla vigilia di quella triste data del 6 Aprile, divenuta giornata di lutto, per volere dei cittadini.
Dunque, come detto siamo alla vigilia delle elezioni provinciali di L’Aquila, la candidata del centrosinistra, la presidente in carica, l’On. Stefania Pezzopane, è data per vincente, infatti, da un sondaggio pubblicato solo poche settimane prima, risulta essere la presidente di provincia più amata dagli italiani, e sicuramente tra gli aquilani ed i sfollati.
Il centrodestra, specialmente a L’Aquila, dopo le recenti manifestazioni del popolo delle carriole, dopo gli scandali che si sono abbattuti su funzionari dello stato coinvolgendo i massimi vertici della Protezione Civile, è in condizioni critiche, serve evidentemente un guizzo per richiamare a raccolta i fedelissimi, per tentare di strappare questa importate provincia, divenuta strategica, per legittimare una politica nazionale di consensi costruita strumentalmente proprio sulla gestione del dopo sisma.
Allora, colpo di genio, qualche spregiudicato politicante di bassissimo spessore politico, pesca su internet una foto pubblicata ben 13 anni prima sui quotidiani dell’epoca, risalente al terremoto in Umbria, quest’immagine, indubbiamente riprende un campo profughi, dove sono immortalati dei container, ed è ben visibile che in questo campo c’è vita, sono ritratte persone in attività quotidiane, si vede chiaramente il campo con le vie d’accesso illuminate, come si vedono le luci in alcuni container, inoltre ci sono le serrande di alcune finestre alzate, segno evidente di vita.
Fin qui nulla di strano, si evidenzia semplicemente una immagine, uno fotogramma, uno scatto di alcuni anni fa, nulla di particolare, ma ecco il colpo di genio, l’idea delle idee, la foto viene mirabilmente tagliata, quindi viene composto un montaggio tra questo nuovo fotogramma ed una foto recentissima, che riprende uno degli edifici realizzati nei nuovi quartieri, le new town del progetto CASE, e voilà il gioco è fatto.
Ora al genio, basta aggiungere una didascalia a siffatta composizione, del tipo “Umbria e Marche 1997, governo Prodi, ad oggi container per famiglie-Abruzzo 2009, governo Berlusconi, ad oggi case antisismiche per le famiglie” il messaggio è forte, chiaro e di sicuro impatto sulle menti di chi ha subito un così devastante trauma da poco meno di un anno.
In questa maniera si e voluto mettere in contrapposizione il tragico passato delle popolazioni colpite dal sisma in Umbria, lasciate dopo 13 anni al loro destino, con le nuove costruzioni realizzate da questo esecutivo. Per rimarcare questo concetto basta aggiungere una frase, ed il gioco è fatto “il governo dei fatti, la differenza che conta”, strumentalizzando tutto ciò per fini propagandistici ed elettorali.
Questa analisi, che è del tutto soggettiva, risulta incompleta, manca infatti un’analisi del fatto che rappresenta, non viene indicato il luogo dove è stata scattata la foto, ne a quando risale il fatto documentato, il tutto poi non è suffragato da riferimenti giornalistici, non ci sono interviste o dichiarazioni rese dai residenti ritratti, ne degli amministratori locali, c’è semplicemente una foto con l’aggiunta di alcune didascalie.
Da questo fotogramma si può semplicemente affermare, innegabilmente, ciò che con questa immagine viene documentato, cioè un avvenimento che sicuramente è accaduto ma di per sé non dice nulla di più, non ci sono elementi per giudicare, sembra piuttosto un evidente uso strumentale e spregevole, di una innegabile situazione di disaggio di una comunità.
Del resto, per suffragare l’uso strumentale della politica basta andare indietro nel tempo, solo di pochi giorni, in occasione della programmata manifestazione di Roma, voluta dal premier, quando il coordinatore nazionale del Pdl, Denis Verdini, aveva invitato agli aquilani a partecipare in massa in segno di gratitudine al governo.
Costui scrive, ma mostra di non conoscere nulla di ciò che è accaduto in Abruzzo, di ciò che è stato fatto o non fatto a L’Aquila. Costui non sa neanche cosa sostiene di aver fatto il suo stesso governo, non conosce neanche i dati diffusi dalle fonti istituzionali ufficiali, pubblicate in internet, non sa quanti sono gli alloggi edificati con il progetto case, arriva addirittura a dichiarare che sono state consegnate case a 40.000 sfollati.
Ma come crede di sistemarli 40.000 sfollati in 4.500 alloggi, che hanno una superficie compresa tra i 40 ed i 75 mq lordi?
Sistemare 40.000 sfollati in 4.500 alloggi del progetto CASE sarebbe come dire, che in ogni abitazione ci infiliamo (40.000 / 4.500 =) 8,8 diciamo, 9 sfollati, ma vogliamo scherzare?
Ma il sig. Verdini dove caspita vive?
E poi, conosce le norme di sicurezza?
Sa che per ciascuna persona, in un alloggio spettano per legge 15 mq di superficie?
Come crede di stipare nove sfollati in 75 mq?
E’ questo sarebbe il miracolo Aquilano?
Questo è il governo del fare?
Stiamo messi proprio di m…a !!!!!!!!! (scusate)
Ed hanno pure la presunzione di fare raffronti con l’uso dei container nei terremoti in Umbria e nelle Marche, in quale triste occasione passata sono state stipate 9 persone in un container, in una baracca, in un alloggio?
E poi la gratitudine verso il governo?
E la popolazione beneficiata dalla straordinaria azione di Berlusconi?
Forse, la stampa becera e comunista, ha fatto in modo che non si sapesse, che il piccolo cavaliere a contribuito di tasca propria alla devastazione del territorio, per la realizzazione di interi quartieri, o meglio le new town, su terreni agricoli, spianando colline verdi e ricche di vegetazione nel “parco nazionale del gran sasso e monti della laga” ?
Ma che significa ciò?
Non siamo forse cittadini come tutti?
Non abbiamo anche noi diritti sanciti dalla costituzione?
Sui nostri stipendi, come su quelli di tutti coloro che percepiscono un reddito fisso, forse non grava fino a un decennio fa il contributo relativo alla voce GESCAL, che i giovani forse non conoscono, ma chi ha qualche capello bianco come me, conosce benissimo, sa che questa tassa serviva a finanziare l’edilizia economica e popolare.
Domando, tutti questi soldi, si parla di 2,4 miliardi di €, che fine hanno fatto?
dove sono le case popolari realizzate con i contributi dei lavoratori?
Ma lo vogliamo dire, le meravigliose new town antisismiche volute da questo governo contro i pareri di tutti, cittadini, enti locali, amministrazioni, tecnici, architetti, urbanisti sono state edificate con i nostri soldi, con i soldi di tutti gli onesti lavoratori italiani, e allora, per quale straordinario motivo dovremmo essere riconoscenti a un despota, che, come dichiara Verdini nella sua missiva, ha agito solo per i suoi interessi.
All’on, D. Verdini sfugge un dettaglio, il popolo ha una dignità.
Il popolo non si deve inchinare a nessun monarca o presunto tale, se le popolazioni locali sono in debito di riconoscenza, lo sono certamente verso il corpo dei vigili del fuoco, verso i volontari che hanno prestato la loro opera per mesi, mentre altri se la ridevano allegramente.
Sicuramente il popolo, gli sfollati non sono in debito di gratitudine con il piccolo cavaliere, che dopo quest’ultima uscita del coordinatore PdL on. Verdini, è ancora più piccolo del solito.
Sciacalli!!!!!!!!!!!
Il giro d’Italia passa per L’Aquila - E la propaganda continua - ( 21 Maggio 2010)
E la propaganda, continua.
In occasione del passaggio del giro d’Italia, per alcuni dei centri colpiti dal sisma del 6 Aprile 2009, mentre ancora oggi la circolazione in città, come in periferia, rimane caotica, mentre la maggior parte delle strade risulta essere ancora in uno stato pietoso, con vie dissestate, piene di buche e mancanti di segnaletica orizzontale o insufficiente, con i cantieri ancora all’opera per realizzare delle inutili rotatorie, che per ora hanno il solo merito di peggiorare la circolazione, gli organizzatori del giro d’Italia, mirabilmente, trovano conveniente tracciare un percorso, che guarda caso costeggia alcune delle 19 new town.
Forse tutto ciò non è proprio un caso, il sospetto che questo percorso sia stato studiato a tavolino, per permettere riprese televisive che per puro caso, inquadrassero al passare dei corridori proprio queste opere, proprio quelle 19 new town tanto chiacchierate in questi giorni, sembra lecito, infatti il percorso negli ultimi chilometri passa, sempre per una strana coincidenza, per San Gregorio, Onna, Paganica, Bazzano, Sant’Elia, proseguendo per Porta Napoli, per poi concludersi alla Villa Comunale.
E sempre il caso, vuole che in quelle stesse zone sorgano alcune delle 19 new town, proprio quelle dove le opere d’urbanizzazione sono state portate a termine, quelle che comunque si trovano in zone già integrate e servite da infrastrutture preesistenti nel tessuto urbano, nelle località di Paganica, Bazzano e Sant’Elia.
A Onna, fa bella figura il nuovo insediamento di Villette, perfettamente funzionante, che nulla ha a che vedere con i M.A.P. della Protezione Civile, queste sono state donate dalla provincia autonoma di Trento, realizzate dai tedeschi con i soldi della croce rossa, mentre il villaggio costruito e a San Gregorio è sopra un colle, quindi non è ben visibile dalla strada, anche questa è una casualità.
Tutto ciò accade sempre per uno strano disegno del destino, ad un anno dal sisma, in concomitanza a quanto sta venendo alla luce in questi ultimi mesi, proprio in coincidenza con la fine dello stato d’emergenza, con la fine del periodo nel quale i diritti civili delle popolazioni colpite dal sisma sono stati congelati, ma che dico, sono stati proprio sospesi da una dittatura imposta dai vertici, della Protezione Civile, che ha suon di ordinanze ha chiuso le popolazioni in un cordone invalicabile, un vero bavaglio alla libera informazione.
Tutto ciò dicevo, proprio quando cominciano ad emergere i vari intrallazzi di alcuni personaggi molto vicini ai vertici della Protezione Civile, e dello Stato.
Si è voluto evidenziare, mandando un messaggio televisivo subliminale, ancora una volta che a L’Aquila tutto è risolto, non ci sono più problemi, che la popolazione può tranquillamente esultare al passaggio dei ciclisti, e per rendere ancora più credibile la cosa, le strade percorse dai ciclisti hanno avuto una manutenzione preventiva del tutto speciale.
Infatti:
- si è provveduto prima a pulire i bordi dalle erbacce, mentre tutti noi sappiamo come sta ad esempio la scalinata di San Bernardino;
- si è rifatto il manto stradale solo delle strade percorse dai ciclisti, mentre rimane in uno stato pietoso nel resto della città;
- è stata completamente rifatta tutta la segnaletica orizzontale e si sono sostituiti i guard-rail;
avendo cura di effettuare questi lavori solo la dove si trovavano le telecamere fisse, che riprendevano o potevano riprendere l’avvenimento.
Nulla di più falso si poteva strumentalmente organizzare, e sono i comitati a testimoniare questo dissenso con striscioni e scritte, così comparivano lungo il percorso frasi del tipo, “Con + Chiodi sulla strada le bici vanno Cia-Lente”, e ancora “All’Aquila è tutto prefetto” che richiama l’ex prefetto Gabrielli, ed infine, prima dell’ultima curva, in prossimità di Porta Napoli, nei pressi dell’arrivo alla villa comunale “Noi 4 cialtroni voi 40 ladroni”.
Ma magia, la sospensione dei diritti civili continua, accade che il questore dà lo stop, la censura del terzo millennio si fa con la vernice nera, e viene tutto nascosto alle telecamere, il messaggio preconfezionato che si voleva dare agli italiani arriverà così come era stato preconfezionato dai media, senza contestazioni, apparrà tutto tranquillo e in ordine.
L’intervento dei cancellatori specializzati è stato immediato ed a ristabilito l’informazione di Stato, gli ordini del capo della questura Stefano Cecere sono stati eseguiti alla lettera e costui più tardi spiegherà: «È stata una disposizione nostra, ispirata da ragioni di opportunità. Si trattava, infatti, di frasi non riguardanti la manifestazione e, inoltre, poco opportune in una giornata di festa.
Una giornata di festa?
Ma il dr. S. Cecere cosa pensa che abbiano da festeggiare 49.000 cittadini che ancora vivono assistiti dalla Protezione Civile?
Questa giornata, che cade solo 45 giorni dopo la celebrazione del primo anniversario di quel 6 Aprile 2010, era secondo Lui da considerare “una giornata di festa”?
Ma stabilita da chi?
Per festeggiare cosa?
E chi?
Ma fortunatamente la fantasia del popolo delle carriole, non si esaurisce con le scritte sui muri o sull’asfalto, infatti vengo approntati dei striscioni, tutti con messaggi riguardanti la ricostruzione che non c’è e la situazione economica nella città devastata, con scritte del tipo “A maggio in rosa, da luglio al verde per tasse, mutui e prestiti” ed ancora, “L’Aquila, 15.000 nelle Case, 30.000 senza casa e senza lavoro”.
Questo è il vero miracolo aquilano!!!!!!!!!
Ma gli italiani non lo debbono sapere, il potere vuole che passi il messaggio preconfezionato, “tutto è stato risolto”.
Tra alcuni anni, ci troveremo ancora a parlare del sisma in Abruzzo, esattamente come ci troviamo ancora oggi a parlare dell’Irpinia, con la differenza che tra i due avvenimenti sono passati 30 anni, ma come potrete verificare non è cambiato nulla, non abbiamo capito niente dalla storia.
Ecco, questo è tutto, rimaniamo in attesa della prossima manifestazione di grido da convocare a L’Aquila, inutile, come lo è stato la prima, quel G8 che ci avrebbe dovuto portare tanto denaro per la ricostruzione, che avrebbe dovuto accendere i riflettori su L’aquila, ed invece ha permesso ai soliti noti, le ruberie di cui già oggi nessuno più parla.
Ci avete tolto anche il diritto di ricordare una tragedia, di onorare le vittime innocenti di un disastro che avete voluto, che avete atteso e cercato, solo per i vostri sporchi interessi economici, solo per utilizzare questa catastrofe per permettere al premier di ricostruirsi una VERGINITA’ con gli elettori e con la chiesa.
Giugno 2010 - ed ancora non è finita - (fino al 6 Giugno 2010)
Non mi rimane che aggiornarVi sugli ultimi avvenimenti compresi tra la fine di Maggio 2010 ed i primi giorni di Giugno 2010.
Allora andiamo con ordine.
- Il Prefetto F. Gabrielli, dalla prefettura di L’Aquila è passato ai vertici della Protezione Civile, per ora è il vice di Bertolaso, che ha invece assunto incarichi nel governo, ma è destinato a sostituirlo;
- la giunta regionale d’Abruzzo intanto sta scippando 47.000.000,00 € una parte dei fondi destinati alla ricostruzione di L’Aquila, quelli relativi all’assicurazione dell’ospedale S. Salvatore, che verrebbero utilizzati per coprire buchi in altre voci di bilancio;
- come previsto dal decreto Abruzzo, convertito in legge, è stato confermato che dal 30 Giugno riprende la gestione della normale tassazione, cominceranno ad esse restituite al fisco il 100% delle tasse non versate in questi 14 mesi, in 60 comode rate mensili;
- ripartiranno anche i mutui sulle abitazioni, anche per quelle distrutte, inagibili classificate E;
- e poi si ricomincia con il pagamento di ICI, TARSU, BOLLO AUTO, CANONE TV, e bollette arretrate di Energia elettrica, Acqua, e Gas;
- mentre rimangono detassati fino al 20 Dicembre 2010, i soli lavoratori autonomi con un giro d’affari compreso in un tetto massimo di 200.000,00 €;
- mentre, anche se ancora in attesa d’approvazione dall’Europa, viene varata la tanto attesa ed inutile “Zona Franca”, che è riconosciuta al solo comune di L’Aquila, escludendo quindi tutti i rimanenti 56 comuni del cratere, determinandone la morte economica, e lo spopolamento delle già poche giovani generazioni ancora ivi presenti;
- ma non è finita, intanto proseguono le indagini legate alla corruzione negli ambiti della Protezione Civile, così accade che anche quel sant’uomo di Bertolaso, cosi è stato dipinto fino ad oggi dai media, oltre a subire a sua insaputa le gentili attenzioni di signorine che si preoccupavano del suo stato di stress psicofisico accumulato nello svolgimento delle sue innumerevoli mansioni e missioni, ha avuto in dono, anche lui a sua insaputa, da quello stesso sig. Anemone di recente triste memoria, un appartamento;
- e che dire della Commissione Grandi Rischi, che il 31 di Marzo 2009, ci aveva tranquillizzato ed invitato per bocca di De Bernardinis, a berci un buon bicchiere di vino, dopo essere stata indagata riceve anche un bell’avviso di garanzia ed il successivo rinvio a giudizio, proprio per il mancato allarme.
Ma non è finita, ci stiamo dimenticando dei sfollati che ancora risiedono fuori di L’Aquila, di coloro che hanno avuto la sfacciataggine di concedersi una lunga vacanza di 14 - 15 mesi, fuori casa, a spese dello Stato, alle spalle di quel sant’uomo di Silvio I° d’Arcore, nelle meravigliose strutture alberghiere messe a loro disposizione.
Ma la giustizia per questi incalliti delinquenti, per questi profittatori esiste.
La grandiosa macchina di controllo e repressione dei crimini, istituita dal Governo e gestita dal “Commissario per la Ricostruzione”, di cosa non è ancora chiaro, attraverso l’ultimo censimento, utilizzando le fiamme gialle è riuscita finalmente a scovarLi.
Così, Voi Italiani che pagate sempre e puntualmente le tasse.
O voi altri, che a vostra insaputa vi siete ritrovati i risparmi di una vita custoditi in una banca a San Marino, piuttosto che in Svizzera, e con i risparmi lontano dall’Italia non avete potuto donare all’erario una parte dei vostri averi, e perciò siete ingiustamente accusati di evasione.
Cosi tutti Voi avete finalmente ottenuto giustizia, finalmente coloro che hanno causato il dissesto delle finanze pubbliche del Paese sono stati scovati, da oggi potrete vivere più sereni e tranquilli.
Così questi lestofanti una volta scovati hanno confessato. Per questi spregevoli individui che hanno finto di aver subito un cataclisma il gioco è finalmente giunto al termine, e come previsto da una delle ultime ordinanze a firma del nostro amatissimo primo ministro, che impone l’immediato rientro in città o in alternativa il pagamento a proprie spese del vitto a partire dal 1° Maggio 2010, sono iniziati i controlli a tappeto in tutte le strutture ricettive che hanno offerto i propri servizi, finalmente è stata scritta la parola fine a questo scempio.
“Lo confessiamo, siamo residenti nel comune di L’Aquila”, scopriremo in seguito che sono oltre 60.000 i lestofanti, sicuramente affiliati a qualche gruppo mafioso o camorristico che approfittando della notte del 6 Aprile 2009, si siamo fatti passare per sfollati, “abbiamo fatto in modo che ci fosse concessa a spese della Protezione Civile, ospitalità prima al mare, a Roseto, poi stanchi del mare abbiamo preferito un poco di vacanza in montagna, quindi abbiamo scelto i meravigliosi monti del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, ed abbiamo ottenuto di trasferirci ad Isola del Gran Sasso, in un meraviglioso Agriturismo lager, ma verso natale in previsione di una stagione più pungente abbiamo optato per un Residence con tutti i confort, e pensando di trattenerci fino a primavera, abbiamo selezionato con cura una struttura con piscina, in previsione dei meravigliosi bagni e del sole che ci saremmo potuti concedere nel ponte compreso tra la Pasqua ed il primo Maggio, mai avremmo potuto pensare di essere scoperti”
A seguito di questa confessione resa dai lestofanti che sono stati segnalati alle autorità, si è dato corso all’immediato rientro forzato nella fiorente e ospitale città di L’Aquila, dove sconteranno la pena loro inflitta.
Ma che film avete visto?, Ma che avete fumato?, Ma tornate a servirvi dal vostro pusher di fiducia, che il nuovo vi da roba che fa schifo!!
Gli ultimi avvenimenti (Giugno 2010)
Torniamo con i piedi per terra, per favore e raccontiamo gli avvenimenti come stanno accadendo.
La mia famiglia e quella dell’amico Gianfranco, con cui ho condiviso almeno 9 – 10 mesi da sfollato, e con il quale oggi condivido e subisco anche questa angheria, “come non bastassero quelle subite fino ad ora”, dopo aver partecipato all’ennesimo censimento, “per dire la verità questo è il terzo censimento in 14 mesi”, nel quale abbiamo dovuto dichiarare di non possedere altre abitazioni, come se ci potesse essere qualche persona di buon senso, che avendo una seconda abitazione di proprietà, agibile e disponibile, nel proprio comune di residenza o nelle vicinanze della città, possa preferire per 14 mesi la vita da sfollato, la vita che abbiamo e stiamo conducendo, che vi sto descrivendo.
Ma guarda come è strana la vita in Italia, noi sfollati, sopravvissuti alla catastrofe dobbiamo dichiarare di non avere altre abitazioni, mentre chi possiede yacht di oltre 10 m può impunemente, essere nullatenente per il fisco italiano.
In questi casi le fiamme gialle non vengono immediatamente mobilitate per scovare gli evasori, e se per merito di qualche diligente funzionario di Stato si scopre l’evasore, questo ha la facoltà, con i suoi avvocati, di concordare con lo Stato una ammenda, che corrisponde a un decimo del dovuto, per cancellare il reato.
Ma suvvia qualche persona seria in questo Paese c’è?
Dicevo, noi sfollati, trattati come biglie, da un posto all’altro, da un comune all’altro, dalla costa sul mare, all’interno fra le montagne, secondo quanto poteva partorire il cervello fuso di qualche burocrate, che comodamente seduto alla sua scrivania a Roma, si trastullava tra i confort extralusso a lui concessi, e aveva l’ardire di decidere del nostro futuro, scrivendo incomprensibili ordinanze che disponevano dei nostri diritti civili e della nostra vita, che nel giro di poche ore venivano poi sottoposte alla firma del sempre vigile e presente on. Silvio Berlusconi.
Cosi, in questi mesi abbiamo fatto i birilli tra L’Aquila ed il comune di Isola del Gran Sasso, vuoi per lavoro, vuoi per accompagnare e riprendere i figli da scuola, in attesa di eventi, che ogni giorno, ogni settimana e poi ogni mese, venivano rimandati da una burocrazia, messa in piedi al solo scopo di giustificare, di coprire tutte le inefficienze, soprattutto il grande bluff della ricostruzione, senza l’ombra di un quattrino.
Così, mentre la famiglia di Gianfranco, che fortunatamente, per quanto si possa utilizzare questo termine per descrivere questa situazione, ha avuto un’abitazione classificata B, rimaneva in attesa di poter iniziare i lavori che qualche deficiente, con un’ordinanza scritta in corso d’opera ne aveva modificato la tempistica legandola alla conclusione dei lavori condominiali.
Io e la mia famiglia, che abbiamo invece avuto l’abitazione classificata E, rimanevamo ancora in attesa che qualche burocrate si ricordasse di scrivere l’ordinanza e i decreti attuativi riguardanti la gestione dei consorzi obbligatori, e che si preoccupasse di trovare i fondi per la ricostruzione.
E nel frattempo accadeva che la ditta che aveva avuto l’incarico per i lavori condominiali di Gianfranco, dopo l’inoltro della documentazione, riceveva nel mese di Gennaio 2010 la richiesta di integrazione per una differenza di soli 3.000,00 €, in conseguenza di ciò i lavori rimanevano bloccati per 5 mesi, per cui l’intera famiglia di Gianfranco è stata costretta ad una snervante attesa, aspettando che il burocrate di turno desse il via libera prima ai lavori condominiali e poi a quelli nella sua abitazione.
In conclusione, la stupenda macchina burocratica messa in piedi da questo efficientissimo esecutivo del fare, per essere efficiente su quei 3.000,00 € di differenza, che pure andavano verificati e sanzionati, ha causato per ora allo Stato la modica spesa aggiuntiva di (4s*64€*30gg*4m)= 30.720,00 €.
Ci rendiamo conto?
A causa di questi sacrosanti controlli, la spesa aggiuntiva che lo Stato si è accollato per il mantenimento in albergo della famiglia di Gianfranco è stata 10 volte superiore al valore della differenza riscontrata, proprio un eccellente sevizio reso alla comunità, e ad oggi Gianfranco e la famiglia ancora non sono rientrati.
Quanto altro ci costerà la burocrazia?
E, se come pare, nel caso specifico, l’errore è della ditta esecutrice i lavori, perché le spese di soggiorno non sono loro addebitate, invece di gravare sulla collettività? .
Ancora domande senza risposta, ma continuiamo.
Oggi, un altro burocrate si sveglia, si rende conto che ci sono troppe spese, quindi per porvi rimedio, sempre nel più assoluto menefreghismo, senza considerare che una sua disposizione potrà influire sulla vita di esseri umani, decide.
E decide che per Gianfranco è ora di rientrare in città, ma controllando la pratica si accorge che sua abitazione è una “B”, e che non è ancora chiuso il cantiere del condominio, quindi non può ottenere la parziale abitabilità e non può rientrare.
Ma il burocrate decide, e senza interpellare nessuno sposta tutta la famiglia da Isola del Gran Sasso in una struttura alberghiera di L’Aquila.
Questa operazione, voluta dal solito imbecille di turno, costa all’erario esattamente la stessa cifra spesa fino al giorno prima per ospitare la stessa famiglia la dove si trovava.
Non ci sarebbe stata nessuna necessità di creare ulteriori problemi, traslochi e stress a persone che ormai da 15 mesi già vivevano in una situazione di disaggio, e che continueranno a vivere in questo stato ancora per molto tempo.
Perché questa cattiveria?
Ma che ca…o di gente è questa?
Ma lo sanno che si stanno occupando di essere umani, di sfollati ancora senza casa?
Ma si rendono conto di quello che dicono e che fanno?
In questi mesi, anche per la mia famiglia i disagi non sono mancati.
Da quella notte del ricordo, da quel 6 Aprile 2010 quando si sono ricordate le vittime a un anno dal sisma, è accaduto che mia figlia Chiara, al secondo superiore, con un eccellente curriculum scolastico, è entrata e uscita dagli ospedali di Teramo e di L’Aquila per almeno quattro volte, prima che le fosse diagnosticata una gastrite dovuta alla stressante vita condotta in quei mesi, sballottata attraversato l’Italia centrale da costa a costa, da Nettuno (RM) a Roseto (TE) e poi tutti i giorni da Isola del Gran Sasso (Te) a L’Aquila per raggiungere la scuola.
Lo stress cominciava dalla mattina quando per essere in orario, specialmente nel primo periodo, tra la fine di Settembre e metà Novembre, quando L’Aquila era un cantiere, quando noi sfollati fuori città ospitati nei comuni della provincia di Teramo, al casello di Aquila est dovevano fare 45 minuti di coda per entrare in città.
Al casello ci veniva richiesto di compilare un modulo prestampato che era rilasciato solo al momento, poi veniva verificato il documento di identità del proprietario dell’autoveicolo per accertare l’effettiva residenza in uno dei comuni del cratere, e tutto ciò, per avvalerci dell’esenzione autostradale, fino a quando balenò a qualche mente illuminata, la sconvolgente idea di fornire di una semplice viacard prepagata agli aventi diritto.
Poi, uandoQper rientrare da L’Aquila a Isola del Gran Sasso, l’unico pullman transitava, se rispettava l’orario, alle 14.00, ma molto spesso si presentava con 30 minuti di ritardo.
Il pullman che lasciava Chiara all’uscita del casello autostradale di Colledara-San Gabriele arrivava tra 15,00 – 15,30 ma a volte accadeva che arrivasse anche alle 16,00, e lì ad aspettarla c’era Anna che la riportava al residence.
Un boccone, che Tea preparava sempre caldo, quindi 15 minuti di svago davanti la TV, e poi i compiti del giorno dopo, e alle 20,00 – 20,30 dopo 3 – 4 ore di compiti, cena e a letto, stanca, con il mangiare sullo stomaco, perché la mattina dopo alle 6,00 si doveva essere nuovamente in piedi per ricominciare questa routine, e cosi via per sei giorni la settimana fino alla fine della scuola.
Che bella vita, tranquilla e piena di svaghi, così i mesi si sono succeduti ed è stato inevitabile un crollo finale che è appunto coinciso con l’anniversario di quel triste 6 Aprile, portando Chiara ai ricoveri prima a Teramo poi a L’Aquila.
Ma anche mia moglie Anna ha avuto delle conseguenze da questa stressante vita, così mentre lei si imbottiva di antidepressivi per riuscire almeno a riposare la notte, io non riuscivo a fare di meglio che procurarmi una Ischemia, direi leggera, che però mi ha bloccato per un periodo la deambulazione alla gamba sinistra, ed i movimenti del braccio sinistro.
Fortunatamente per me, il recupero è stato velocissimo, ho riacquistato il controllo degli arti, per ora camino e muovo il braccio, l’unica conseguenza una mezza dozzina di pillole, per mantenere sotto controllo una pressione che rimane alta, e non torna sotto controllo.
A questo punto penserete:
si, avete avuto alcuni problemi, ma di cosa vi lamentate?
Ma che cosa pretendete ancora?
In quelle condizioni d’emergenza, non si poteva certo fare di più?
Se ci sono state delle disfunzioni, sono la conseguenza logica di uno stato d’emergenza?
Provate voi a dover gestire un’emergenza simile, provate a fare di meglio quando sono coinvolte oltre 70.000 sfollati e 57 comuni?
La risposta è molto semplice, chi è stato chiamato a gestire questa emergenza, è stato semplicemente chiamato a svolgere il suo lavoro, non esiste quindi nessuna giustificazione alle inefficienze.
Mi spiego meglio, chi fa per mestiere il fornaio, deve saper fare bene il pane, a prescindere da quanto pane gli verrà richiesto di panificare il giorno dopo, alla stessa maniera, chi si occupa di Protezione Civile deve svolgere bene il suo lavoro, a prescindere da quanti saranno i sfollati che dovrà assistere il giorno dopo o da quanti comuni potranno essere coinvolti nell’emergenza.
Se a tutto, questo ci aggiungiamo che:
- invece dell’emergenza ci si è preoccupati per i primi tre mesi dell’organizzazione del G8;
- poi per i successivi sei sette mesi dell’edificazione del piano case e delle relative assegnazioni;
- e finalmente, quando ci siamo scrollati di dosso la Protezione Civile, sono emerse tutte le porcate architettate alle nostre spalle.
Emerge con tutta l’evidenza del caso, che non ci sono giustificazioni, che i sfollati hanno diritto di esporre i fatti, cosi come li hanno vissuti e/o come li stanno vivendo, e tutti debbono conoscere queste verità, che sono assolute e incontestabili.
16 Giugno 2010, il riscatto di L’Aquila e degli aquilani - (inizia la rivolta – Giugno 2010)
Abbiamo appreso solo da pochi giorni, che Sua Eccellenza il ministro delle finanze, l’on. Tremonti, ricordate, quello:
- della contabilità creativa;
- dell’abolizione dell’ICI;
- dello scudo fiscale agli evasori, ai criminali, a coloro che hanno depositato i proventi dei loro loschi affari all’estero, che gli ha permesso di ripulirli attraverso le banche, coperti dal segreto bancario, versando per questa operazione, per la pulizia di questi denari una tangente del 5% allo Stato.
Tutto ciò, mentre un artigiano, un operaio, un impiegato o un qualunque altro onesto lavoratore versa da sempre all’erario almeno il 27% sui propri redditi lordi.
Costui, ha stabilito che i cittadini del cratere dovranno restituire le tasse congelate nel periodo compreso tra Aprile 2009 e Giugno 2010, al 100%, cominciando dal 16 Giugno con INPS, proseguendo con gli altri balzelli di Stato.
Questo esecutivo,
- dopo aver permesso a presunti tecnici di essere impunemente compartecipi al disastro annunciato;
- dopo aver coperto la commissione grandi rischi indagata per il mancato allarme;
- dopo aver minacciato una intera cittadinanza, ma anzi è più corretto dire una intera provincia, rea semplicemente di chiedere giustizia, termine evidentemente ostico a costoro;
- dopo aver sconvolto e distrutto irrimediabilmente l’ambiente del circondario di L’Aquila, che non dobbiamo dimenticare si trova immersa tra tre parchi;
- ha concesso ai soliti noti, travestiti da soccorritori di fare i propri sporchi affari sulla nostra pelle,
ora, ritiene giusto che questa popolazione, restituisca l’elemosina loro concessa per un periodo di 15 mesi, a partire dal 16 Giugno con i contributi INPS, per proseguire con la restituzione di tutte le altre agevolazioni concesse, a partire dal 1° Luglio 2010.
Mentre in tutte le altre simili tristi occasioni, si è provveduto :
- per prima cosa a stilare una legge che permettesse il finanziamento della ricostruzione, la cosi detta tassa di scopo, ma evidentemente anche il termine ”tassa” rimane ostico a questo esecutivo;
- poi, come nei recenti casi dei sisma in Umbria e nelle Marche si è concessa una lunga sospensione delle tasse, in questi ultimi casi è stata addirittura per 12 anni, e solo quest’anno è ripresa la tassazione con il recupero del 40% del pregresso dilazionato in 120 mesi
A seguito di ciò, tutti i movimenti dei cittadini, le associazioni di categoria, i sindacati, i sindaci di tutti i comuni del cratere senza distinzione di schieramento politico, ed i cittadini, tanti mai cosi numerosi, se non nella triste ricorrenza del 6 Aprile, sono scesi compatti in piazza per fare sentire la loro voce di protesta, culminata con l’occupazione della tratta autostradale L’Aquila Ovest – L’Aquila Est.
Ma l’informazione, quella più seguita, quella di massa, ancora una volta decide di non intervenire, sia le reti Mediaset, di proprietà del premier, che le testate giornalistiche del TG1 e TG2 ignorato del tutto l’evento che ha sollevato un certo clamore, se è vero che ben 20.000 erano i manifestanti e di questi 5.000 hanno invaso il tratto autostradale Roma-L’Aquila-Teramo.
Conclusa la manifestazione ci si è dati un nuovo appuntamento, a Roma, sotto il Senato per un consiglio comunale aperto ai cittadini, ma il Senato era chiuso ed il popolo aquilano è stato tranquillamente snobbato dai politici di palazzo,.
A seguito di ciò il sindaco di L’Aquila On. Massimo Cialente, ha invitato tutti i direttori dei giornali a visitare la città a 15 mesi dal disastro, ma ancora una volta sia le testate Mediaset che quelle di Rai 1 e Rai 2 hanno mancato l’appuntamento, non hanno inviato nessuno, neanche uno straccio di reporter, come dire, ci sono cose più importanti che quattro straccioni aquilani.
E quando a Roma, i manifestanti che avevano seguito i consiglieri comunali, hanno deciso di andare a manifestare il loro dissenso sotto la sede Rai, “Scodinzolini” non si è fatto trovare, aveva ancora una volta un altro improrogabile impegno.
A seguito di ciò, è stata indetta per il giorno 7 Luglio 2010, una manifestazione a Roma, con partenza da Piazza Venezia alle 10,00 e concentramento sotto il Parlamento, ci attende ancora un giorno di lotta per la difesa dei nostri diritti.
Ancora una volta a Roma - (07 Luglio 2010)
Siamo ancora una volta in partenza per Roma, per manifestare il nostro dissenso contro una legge iniqua, e che non considera assolutamente la gravissima situazione economica del territorio e dei comuni colpiti dal sisma del 6 Aprile 2009.
Inoltre emerge ormai chiaramente anche per ammissione dello stesso on. M. Cialente, che oltre a ricoprire la carica di sindaco del comune di L’Aquila, ricopre anche la carica di Vice Commissario per la Ricostruzione, che senza una legge organica, che dia certezza su quali e quante risorse si può contare, con quali tempi, la ricostruzione rimarrà solo una aspettativa, una speranza, una pia illusione
Allora si comincia con il fissare la partenza in alcuni punti di ritrovo, i più rappresentativi in una città distrutta ed allo sbando, ore 7,00 partenza dai punti di ritrovo fissati dai comitati “Centi Colella, Acquasanta, Terminal di Collemaggio”, mentre altri mezzi partiranno da diverse frazioni della città e da alcuni comuni del cratere, inoltre molte aziende private hanno predisposto loro pullman per i dipendenti.
Per noi, che siamo sfollati ad Isola del Gran Sasso, la partenza è invece fissata per ovvie ragioni alle 6,00 – 6,15 max, dobbiamo percorrere almeno 35 – 40 km di autostrada per raggiungere il casello di Aquila Est, punto di ritrovo per gli abitati ed i molti sfollati che entrano in città da est.
Perciò alzataccia ancora una volta, ma in cuor nostro sappiamo di fare ciò per la città, per noi stessi, quindi alle 5,00 siamo in piedi, un caffè, una tazza di latte, due biscotti e via in macchina, nelle speranza di essere ancora una volta in molti.
Ma dal 6 Aprile 2010, da quando si è celebrato un anno dalla distruzione, le cose in città e tra i cittadini sono totalmente cambiate, quello che possono vedere con i nostri occhi, quello che possiamo documentare ha dell’incredibile per una piccola città di provincia nelle tragiche condizioni in cui si trova.
I comitati dei cittadini, solo dal nostro punto di ritrovo hanno organizzato la partenza di ben 13 pullman, moltissime sono le persone di mezza età come me e mia moglie Anna, ma ci sono anche mamme con i loro piccoli in passeggino, e poi ci sono i giovani, questa è la cosa più bella, tanti giovani con noi, questo ci fa credere ancora di più in noi stessi e in un futuro per la città, con i giovani, con i studenti universitari fuori sede, con i lavoratori in cassaintegrazione o in mobilità, con i sindacati, le organizzazioni di categoria, gli ordini professionali, con loro c’è la possiamo fare, L’Aquila se continuiamo a crederci ha ancora la speranza di tornare a vivere.
Partenza da Acqusanta alle 7,20, appena giunti all’autostrada, sorpresa, siamo scortati dalle pantere della Polizia di Stato, e la loro scorta continuerà per tutto il percorso fino al casello di Roma est.
Giunti e superato il casello della barriera di Roma est, possiamo verificare lo straordinario successo di partecipazione, i pullman, solo quelli dei comitati sono 46 a questi si aggiungono 5 pullman della CGIL, poi ci sono quelli delle altre sigle sindacali, tutte non manca neanche l’UGL, e poi Confindustria, e i comuni del cratere sono 54 su 57, quelli dei stabilimenti industriali, Senofi Aventis in testa, e tutte le rimanenti associazioni di categoria e professionali, non manca neanche la curia, ed un mezzo del sindacato di polizia, per dirla in breve, è rappresentata tutta la città in tutte le sue componenti sociali.
A Roma ci aspettano i motociclisti della polizia urbana della capitale, che ci scortano chiudendo al nostro passaggio tutte le strade fino all’arrivo a Piazza Venezia, facendoci fare un lunghissimo giro turistico, prima fuori le mura, poi dentro la città.
Alle 10,45 – 11,00 siamo a Via dei Fori Imperiali, poco prima di Piazza Venezia, qui lasciamo la lunghissima fila di pullman e ci dirigiamo con tutto il lungo corteo verso Via Del Corso.
Sapremo solo molte ore dopo, quando già il TG1 aveva annunciato la presenza di 500 appartenenti ai circoli antagonisti che si stavano scontrando con le forze dell’ordine, che siamo invece oltre 5.000, che per una città di 74.000 è già un enorme successo, ma per una città terremotata, distrutta, dove gli abitanti sono sparpagliati:
- 15.000 nelle new town;
- 3.000 nei MAP sparsi per 57 comuni;
- 1.000 nelle caserme della GdF e dei Carristi;
- 28.000 in autonome sistemazione sparsi in tutta l’Italia centrale;
- 3.800 negli alberghi sulla costa o nell’entroterra;
tutto ciò è qualcosa di veramente straordinario.
Il corteo è autorizzato, come il percorso, quindi ci dirigiamo tranquilli verso Via del Corso per raggiungere come programmato il Parlamento, ma qui inspiegabilmente troviamo ad attenderci un cordone di celere e carabinieri in tenuta antisommossa, capiamo subito che questa non sarà proprio una passeggiata, ed i fatti ci daranno purtroppo ragione.
Passano alcuni minuti, il caldo a Roma lo sappiamo io ed Anna in questo periodo è soffocante, poi c’è il traffico che per la nostra presenza all’imbocco di Via del Corso è impazzito, ed al caldo della giornata si aggiunge quello dei motori delle vetture ferme, alla testa del corteo ci sono i sindaci con tanto di fasce tricolori e stendardi comunali, sorretti dal personale in divisa delle rispettive polizie comunali, dopo pochi minuti di marcia la testa del corteo viene in contatto con il cordone della celere in tenuta antisommossa.
Tra i manifestanti oltre ai sindaci di 54 dei 57 comuni del cratere c’è sia Massimo Cialente, che ricopre anche l’incarico di Vice commissario per la Ricostruzione, ed il Deputato Aquilano Giovanni Lolli, costoro saranno tra i feriti di una delle inspiegabili cariche della celere, alla fine i feriti saranno tre oltre a Cialente e Lolli che se la caveranno invece con qualche spintone un po’ più vigoroso.
Che la giornata sarebbe stata oltre che lunga anche calda, e non solo per la temperatura, lo sapevamo, ma ora a seguito di questo primo contatto, scopriamo che sarà anche ricca di manganellate di benvenuto, elargite dagli agenti inviati ad accoglierci da questo esecutivo.
Così, noi inermi, armati solo dei stendardi nero-verdi della nostra città, senza casa, lavoro, futuro, venuti a Roma semplicemente per manifestare, come accade da sempre per tutte le vertenze nazionali di questo paese che si dice democratico, ci ritroviamo solo dopo 3 – 4 ore ad essere criminalizzati, ad essere identificati dalla TV di REGIME come appartenenti ai “circoli alternativi”, tutto ciò se non fosse realmente accaduto, poteva essere la trama di un film, ed invece è la realtà dei fatti.
Questa è l’Italia attuale, e gli italiani ancora non lo hanno capito, mentre noi ci rendiamo conto in un baleno di rappresentare un pericolo di enorme portata per questo REGIME MEDIATICO, dove le realtà sono costruite a tavolino da esperti registri. Ci rendiamo conto che rappresentiamo un pericolo, il pericolo della controinformazione, rappresentiamo la verità inequivocabile dei fatti, il popolo di internet, in una sola parola la DEMOCRAZIA.
Ma c’è di più, tra di noi ci sono persone di tutti gli orientamenti politici, tutti uniti sotto la stessa bandiera quella della nostra città.
Ed è proprio questo il pericolo che rappresenta questo movimento, non sono le armi che non abbiamo, ma semplicemente quello che rappresentiamo, che può essere emulato da altri, da molti, e se l’emulazione prende piede il REGIME TRABBALLA, il movimento va quindi stroncato sul nascere.
E’ a questo punto che parte la carica della celere, anche se tra queste persone c’è chi si dissocia, lo potete verificare in rete nei video-clip, mentre i colleghi caricano, c’è chi volta le spalle ai dimostranti, rientra nei ranghi ed esclama “ ma che c….o ………”, come dire ma che stiamo facendo.
ECCO Il PERICOLO CHE INCOMBE SUL REGIME.
Finalmente raggiungiamo il Parlamento, qui dopo poco cominciano a scendere alcuni deputati, Di Pietro, Bersani, Bonino, si tiene una assemblea che dura almeno un paio di ore, parlano i rappresentanti dei comitati, mentre i deputati rilasciano interviste alle televisioni, a tutte le televisioni, poi verso le 13,30 siamo nuovamente in marcia per raggiungere il Senato.
Il destino e la mobilità di Roma impone la strada più breve, che passa per via del Plebiscito, proprio sotto palazzo Grazioli, casa del premier, e qui ancora cordoni di polizia chiudono il passaggio, si inneggia a “L’Aquila … L’Aquila” e poi quando viene chiuso definitivamente il passaggio dalla celere il tenuta antisommossa parte un "Vergogna ….. Vergogna".
Dopo circa 1 ora si decide di raggiungere palazzo Madama seguendo un percorso alternativo, si torna indietro per Piazza Venezia, poi si prosegue per Via delle botteghe scure facendo praticamente il giro di un isolato, ci lasciamo casa di Silvio I° d’Arcore alle spalle, ci dirigiamo verso Piazza Navona, qui l’obbiettivo è il Senato, ma raggiunta la via d’accesso troviamo ancora l’ennesimo cordone di celere in tenuta antisommossa, oltre al senatore Maurizio Scelli che viene subito contestato, "Vai a cena da Bertolaso", "Fuori la mafia dallo Stato", "Servo” .
Quindi, compare quasi per magia una bandiera nero-verde, sono i colori della nostra città, viene issata per sul pennone del Senato ma viene rimossa dopo pochi minuti tra i fischi, verso le 18.00 riprendiamo pacificamente la strada di casa, a piedi per raggiungere i pullman sull’altra sponda del Tevere, nei pressi del Palazzaccio.
Mentre percorrevamo Lungotevere, mi sono chiesto, chi mai poteva aver predisposto la partenza proprio a 100 metri dalla sede nazionale della Protezione Civile, mi è sembrato come se ci fosse la volontà di predisporre i presupposti per un violento scontro finale tra manifestanti e forze antisommossa, con lo scopo di strumentalizzare tutto successivamente.
Intanto siamo arrivati sul ponte che porta verso il Palazzo di Giustizia, e qui scopriamo che i pullman non sono posteggiati a sinistra, verso Via della Conciliazione, ma a destra, proprio sotto la sede della Protezione Civile.
Una cinquantina di noi, tra i quali anche io e mia moglie Anna ci dirigiamo sotto la sede del dipartimento, obbiettivo e quello di contestare il commissario Bertolaso.
Quando alcuni membri dei comitati ricordano il costo al mq del progetto case, inizia la contestazione con un "Ladri …… ladri", continua quando viene ricordato che 18 delle 19 new town sono sotto inchiesta per mafia con un “ Mafiosi ….. mafiosi” e prosegue quando viene ricordato che la commissione grandi rischi aveva detto di stare tranquilli con "Assassini…… assassini", e poi quando si ricordano i faccendieri di palazzo che se la ridevano prosegue con “ 3.32, io non ridevo :…. 3.32, io non ridevo”.
Sotto il portone del dipartimento di protezione civile ci sono solo 4 – 5 agenti, anche male equipaggiati, dopo la nostra iniziativa sono sopraggiunti altri agenti dal vicino Palazzo di Giustizia, ma in tutto non sono più di una dozzina.
Tutto ciò è come un invito all’assalto, da dietro i vetri del palazzo vediamo gli impiegati che se la ridono, intanto, mentre viene chiuso il portone dell'edificio, i manifestanti si sono ammassati, poi, come era iniziato, l’assembramento svanisce da solo al grido di “ Torneremo ……………… torneremo”.
Mentre ci dirigevamo verso i pullman ho pensato a quello che era accaduto durante la giornata, chi era quel che falco che per mantenere l’ordine aveva fatto in modo che un corteo pacifico, addirittura scortato in autostrada dalla volante, probabilmente per evitare infiltrati, poi scortato dal casello di Roma est dalla polizia municipale capitolina fino a destinazione, aveva fatto in modo che per 4 – 5 volte entrasse in contatto con forze dell’ordine in tenuta anti sommossa, e successivamente era stato provocato per 3 volte con cariche che definirei almeno inopportune, per non dire del tutto ingiustificate, operate quando in prima fila c’erano pericolosi black bloc con fascia tricolore, seguiti dai gonfaloni comunali, sorretti dal personale in divisa delle locali polizie municipali.
In un attimo tutto mi è stato chiaro.
Ci è stata tesa una trappola, nella quale non siamo fortunatamente caduti, siamo stati capaci, nella nostra semplicità di comuni cittadini disperati per l’oggettiva situazione, di rigirarla.
Ora erano loro che dovevano giustificare al Paese per quale motivo erano stati presi a manganellate e caricati i Sindaci, le mamme con i loro passeggini, i vecchi ed i studenti fuori sede, colleghi di quei poveracci morti sotto le macerie della casa dello studente, ed i padri di famiglia senza lavoro, e gli artigiani, i commercianti, gli stessi poliziotti aderenti al sindacato di polizia della sezione di L’Aquila.
Ora questa risposta la pretendono in molti.
Un brutto presentimento (Agosto 2010)
Dopo oltre 16 mesi il quartiere di Pettino, il più moderno, quello edificato in cemento armato o che doveva essere in cemento armato, è ancora disabitato.
Lo rimarrà ancora per molto tempo, i danni sono molto evidenti, tanto che per via Antica Arischia stanno demolendo una serie di edifici, proprio quelli davanti alla scuola media Patini, una delle poche scuole che è stato possibile recuperare dopo il sisma del 6 Aprile.
La cosa più sconcertante è che solo a 50 metri dalle demolizioni, stanno costruendo un nuovo edificio, mi domando con quale criterio e con quale sicurezza, e la scuola poi, rimane una cattedrale nel deserto di un quartiere disabitato ormai da molti mesi.
Comunque, il fatto che la scuola sia stata recuperata ed abbia regolarmente aperto già l’anno passato lascerebbe ben sperare per il futuro del quartiere, che non dimentichiamo prima del sisma contava 25.000 abitanti su una popolazione complessiva di oltre 70.000 abitanti. Come dire che il 30% della popolazione di L’Aquila viveva in questo quartiere, popolazione che successivamente, almeno per chi è rientrato, è stata sparpagliata nelle 19 new town sorte intorno alla vecchia città.
Tutti noi siamo in ansia per il futuro, per salvaguardare la citta storica, i monumenti e i palazzi d’epoca, per la sua naturale bellezza medioevale, questo è stato uno degli obiettivi principali dei comitati, così e accaduto che si è perso di vista ed è passato in second’ordine la ricostruzione della città nuova, appunto quella di zone come il quartiere di Pettino.
Non a caso mi sono soffermato su questo quartiere, essendo questo il quartiere più moderno della città, mi sarei aspettato, ma credo che se lo aspettassero tutti i cittadini, di vederlo in poco tempo risorto a nuova vita, invece lo troviamo in uno stato pietoso, di totale abbandono, solo demolizioni e desolazione, un quartiere senza vita, perché?
Le risposte le conosciamo ormai bene, ma se i danni sono così gravi, è evidente che sarà molto difficile che il quartiere potrà essere recuperato in tempi brevi, ne consegue che gli abitanti che ora alloggiano nelle abitazioni provvisorie del progetto CASE rimarranno per molto tempo in quei posti lontani.
Ed è il tempo è il nemico principale della ricostruzione, non bisogna essere sociologi o economisti di livello per capire che è nella natura dell’essere umano stabilire rapporti sociali con i suoi simili, quindi accadrà già nei prossimi mesi o solo con il prossimo anno, che gli abitanti di queste new town che tra loro oggi non hanno nessun rapporto, nessuna relazione, cominceranno a stabilire relazioni sociali, che potranno essere positive o negative, ma che comunque saranno relazioni, ed è da queste che sorgeranno da sole le prerogative per lo sviluppo di una nuova città.
Appunto, nuova città, che non avrà ne potrà avere niente di simile a quello che era L’Aquila come la conoscevamo prima del 6 Aprile 2009, sarà per forza di cose una città nuova, gli ottimisti credono che sarà migliore, i pessimisti invece sono sicuri del contrario, la realtà è una sola non avrà più nulla a che vedere con ciò che era, l’ambiente irrecuperabilmente devastato, assomiglierà sempre di più a una metropoli moderna dove non c’è spazio per le belle cose, dove si corre sempre, per chi e per cosa non è dato sapere.
Quindi rimarrà un sogno di molti, ed anche mio, quello di rivedere la città, L’Aquila come era prima del 6 Aprile, la triste verità, che non è solo un presentimento ma ormai è più di una certezza, è che L’Aquila come la conoscevamo prima è venuta giù con il sisma del 6 Aprile ed è morta per sempre con l’edificazione di quelle maledette 19 new town, e sono stati proprio dei sfollati come me, che hanno certificato la morte definitiva della loro città, proprio nel momento stesso in cui hanno accettato di trasferirsi in quelle definiamole residenze.
Ma non bastano le case per far risorgere una città, questa potrà risorgere solo se di pari passo sarà risorta anche una economia, che non è solo quella dei negozi che una volta si trovavano nel centro storico, che possono essere trasferiti nei pressi di queste new town, ne può essere legata a questo modello di urbanizzazione.
Ma deve essere tale da permettere ai nuclei familiari ivi residenti, di sopravvivere, quindi di vivere, poi di programmare un futuro, che in virtù di questa programmazione porterà inevitabilmente prima verso consumi di prima necessità, poi nuovamente verso il consumismo.
Le prerogative per una nuova rinascita sono dunque legate solo allo sviluppo economico che potrà avere questa città nei prossimi anni, sviluppo che se non parte dai singoli, dalle loro iniziative, deve essere stimolato necessariamente dall’intervento dello Stato, proprio come accadeva alcuni decenni fa, nella prima Repubblica per intenderci.
E’ infatti necessario, se non prioritario, che si insedino in tempi brevi nuove industrie, ad alta tecnologia, che possano assorbire almeno 10.000 unità produttive, e con il loro indotto possano garantire uno sviluppo tale da consentirne altrettante.
Tutto ciò, nel suo insieme può rappresentare per alcuni la base di una nuova rinascita, per altri, per me, rappresenta la fine ingiusta di un mondo, di un’isola felice. La fine di un diverso modo di vivere, voluto ed imposto dall’alto, dal potere di pochi, dagli interessi di molti, a scapito di chi, come me, amava vivere in questa città, cosi come era, e come poteva tornare ad essere se solo ce lo avessero permesso.
Avete distrutto un sogno, il mio sogno, ma anche il sogno di molti altri che nel tempo abbandoneranno questi posti, un tempo meravigliosi.
Lettera al Vescovo Molinari ”Caro Vescovo” (Perdonanza Agosto 2010 )
Siamo alla vigilia della Perdonanza, che a L’Aquila è la festa più importante dell’anno, anche in questa occasione, come è sempre accaduto nel passato, c’è chi approfitta di questo evento per dare risalto a problemi di importanza sociale.
Poiché la città festeggia questa Perdonanza dopo un sisma di proporzioni catastrofiche, vista la latitanza delle istituzioni nell’opera di ricostruzione, i comitati dei cittadini hanno scelto di manifestare il loro dissenso in quest’occasione, con lo scopo d’ottenere una maggiore visibilità dai mezzi d’informazione, in particolare la Tv di Stato TG1 e TG2 che continuano colpevolmente a negarla oscurando la corretta informazione.
Accade quindi, che anche il vescovo Mons. Molinari prende la parola, e trova il modo d’accusare la popolazione aquilana d’ingratitudine verso quel sant’uomo di Silvio Berlusconi, il richiamo del vescovo è talmente forte da avere ampio risalto sulla stampa locale, e questo provoca indignazione tra gli oltre 50.000 terremotati ancora fuori casa.
Tra i tanti indignati dalle parole di Mons. Molinari ci sono anche io che preso dalla rabbia, gli ho dedicato una lettera che ho pubblicato su “Facebook”, questa immancabilmente ha raccolto molte adesioni.
“ Caro Vescovo”
Caro Vescovo, prova una volta a fare il prete e non il politico.
Caro Vescovo, ma che ne sai di come vivono oltre 56.000 sfollati dopo ormai 17 mesi?
Caro Vescovo, parli di ingratitudine, ma ingratitudine verso di chi?
Credi forse che siamo sudditi dell'imperatore Silvio I° d'Arcore?
Caro Vescovo, un suggerimento, pensa a pregare per quei poveracci in Pakistan e lascia perdere la politica, a quella ci pensiamo noi.
Sappiamo noi, se è il caso di essere grati a chi si è fatto i suoi zozzi interessi, a chi ha ideato e permesso l’edificazione del progetto case, a chi ha permesso a gli amici degli amici, la spartizione di 3.000.000.000,00 €, sottratti alla ricostruzione.
Caro Vescovo, Ti interessa tanto il futuro della città e dei cittadini?
Allora è bene che Tu sappia che con quella cifra avremmo potuto rimettere in moto l'economia locale, dare una nuova opportunità di lavoro ad almeno 15.000 dei 18.000 attuali cassaintegrati, dove?
Nell'edilizia e in quello che gli ruota attorno, Come?
Puntando sulla ricostruzione vera, con quei soldi che evidentemente erano veri, proprio quelli che sono stati sperperati nel progetto CASE che ha dato un tetto solo a 14.500 sfollati, in abitazioni di 40 mq, al max di 70 mq.
Vengano pure Berlusconi, Bertolaso e le varie cricche di mafiosi ma non per un WK come l'anno passato ma per viverci 10, 20 anni nelle loro abitazioni.
Caro Vescovo, venga anche Lei nel mio M.A.P., non conosce il significato, glielo traduco Modulo Abitativo Provvisorio, che per la mia famiglia non avrà proprio nulla di provvisorio ma molto di permanente.
Caro Vescovo, venga a vivere in una abitazione di 75 mq. lordi con altre 5 persone per i prossimi 10, 20 anni, e poi trovi un solo motivo per essere riconoscente a questo lestofante che ha ideato e poi costruito il progetto CASE a 2.900,00 €/mq o nei MAP in legno precompresso a 750,00 €/mq.
Caro Vescovo, mi dica francamente di cosa dovrei essere riconoscente, forse dei 17 mesi trascorsi fino ad oggi fuori casa? Forse di aver perso un lavoro? Forse di non essere tra le 308 vittime di questa ennesima strage di Stato, del quale il mandante è proprio quel sant’uomo di Berlusconi con la sua cricca di speculatori?
Caro Vescovo, La informo che per realizzare il progetto Case del quale dovremmo secondo Lei essere grati al monarca, hanno distrutto per sempre l'ambiente che è stato creato proprio dal buon Dio, che lei dovrebbe rappresentare, e che continua a confondere con Berlusconi.
Caro Vescovo, con quei soldi, assumendo per veri i dati rilevabili in qualunque comune del cratere, si potevano sistemare molte abitazioni di questa città.
Caro Vescovo, La informo che con 10.000,00 € si poteva sistemare una A, con 40.000,00 € una B con 50.000,00 € una C, con 150.000,00 € una E.
Caro Vescovo, Lei è troppo preso nel verificare la gratitudine degli aquilani verso il monarca, ed evidentemente non si è potuto documentare, quindi La informo io, nella sola città di L'Aquila le abitazioni classificate A sono oltre 11.000 le B e le C oltre 5.000 e le E oltre 7.000.
Caro Vescovo, questi non sono i dati di un facinoroso comunista ma del D.P.C., ordinanza 3753, che Lei e chi crede ancora nelle sue false e interessate parole, può trovare facilmente sul sito della protezione civile "https://www.protezionecivile.it".
Caro Vescovo, con quei soldi invece di arricchire traffichini, faccendieri mafiosi, amici degli anici e cricche varie nell'edificazione di appena 4.500 alloggi, si potevano sistemare almeno 17.000,00 abitazioni tra quelle danneggiate, dando un tetto definitivo e dignitoso ad almeno 50.000 sfollati ingrati.
Caro Vescovo, ci spieghi dunque di cosa dovremmo essere grati?
E di cosa dovrei essere grato io e la mia famiglia, sfollata, da 17 mesi fuori casa, presa in giro da amministratori incapaci, da delinquenti che hanno messo a repentaglio la mia vita, quella di mia moglie e dei miei figli perché non hanno voluto dare un allarme, per un sisma che era imminente, atteso da decenni?
Di questo dovremmo essere grati a quel sant’uomo di Berlusconi?
Caro Vescovo, e bene che sappia che io e la mia famiglia siamo dei grandi peccatori, perché non intendiamo affatto di essere grati a questa persona, ne tanto meno alla Protezione Civile, badi bene a quella dei superburocrati, a quella per intenderci rappresentata da quell’altro sant’uomo di Bertolaso, e sono, siamo orgogliosi di poter esternare la nostra ingratitudine, perché siamo esseri nati liberi, proprio come ci ha fatti il buon Dio, che Lei, caro Vescovo, continua a confonde con Berlusconi.
Lettera All’ass.re Stefania Pezzopane e al Sindaco Massimo Cialente (Agosto 2010 )
Al Sig. Sindaco Massimo Cialente, all’ On. Ass. Stefania Pezzopane,
Nel 2003 l'allora giunta Regionale presieduta dall'on. Pace decise di de-classificare l'aquilano e la città di L'Aquila da rischio sismico 1 a 2.
Questo è un fatto che tutti conosciamo, come a tutti noi è noto che a seguito di questa de-classificazione le costruzioni edificate a partire da questa data nella migliore delle ipotesi resiste al rischio sismico 2.
Ma cosa significa
Le "Norme tecniche" indicano 4 valori di accelerazioni orizzontali (ag/g) di ancoraggio dello spettro di risposta elastico, e le norme progettuali e costruttive da applicare.
Ciascuna zona, è individuata secondo valori di accelerazione di picco orizzontale del suolo (ag), con probabilità di superamento del 10% in 50 anni, secondo lo schema seguente:
zona |
accelerazione orizzontale con probabilità di superamento pari al 10 % in 50 anni |
accelerazione orizzontale di ancoraggio dello spettro di risposta elastico (Norme Tecniche) |
|
[ag/g] |
[ag/g] |
1 |
>025 |
035 |
2 |
015-025 |
025 |
3 |
005-015 |
015 |
4 |
<005 |
005 |
Accelerazione di Picco , PGA ( Valori in g, Accelerazione di Gravità )
La Carta Mostra i Valori del Picco di Accelerazione al Suolo atteso su RIGIDO Sito di Riferimento (per definizione Vs > 800 m / sec) ; Gli Intervalli (di 0.025g , Pari uno circa 24,5 centimetri / s2) SONO Quelli gres fine porcellanato Marazzi dall'ordinanza 3274 della PCM ai Fini della classificazione sismica del Territorio Italiano.
PGA (valori G )
I valori di picco di accelerazione a terra sono stati calcolati per le condizioni di sito di riferimento (suolo rigido con velocità delle onde di taglio superiore a 800 m / sec). I valori sono stati raggruppati per 0.025g, a seconda delle esigenze del governo italiano il decreto 3274 finalizzata alla formulazione della classificazione sismica del paese.
PGA – Classificazione
La carta mostra i valori di PGA raggruppati secondo i limiti previsti dall’ordinanza 3274 della PCM per l’inserimento dei comuni in una delle quattro zone sismiche. Vale al riguardo la seguente corrispondenza:
- zona 1: PGA > 0.25g
- zona 2: 0.15 - PGA < 0.25g
- zona 3: 0.05 - PGA < 0.15g
- zona 4: PGA < 0.05g
Per la zona 1 (alta sismicità) il valore di ancoraggio degli spettri è fissato a PGA=0.35g. In base a tale criterio le zone del Paese con PGA>0.35g richiederebbero pertanto l’inserimento di una zona 1-super.
Accelerazioni spettrali a 5Hz (0,2 secondi)
Le accelerazioni spettrali si riferiscono ad un valore dello smorzamento critico del 5%; l’ordinata spettrale a 5Hz (0,2 secondi) corrisponde al valore massimo dello spettro fornito dalle leggi di attenuazione Italiane per sito rigido e sismicità media. I valori sono stati raggruppati in funzione del valore assunto dal ramo ad accelerazione costante degli spettri di risposta elastici delle 4 zone sismiche della vigente normativa.
Accelerazioni spettrali 1Hz a ( 1,0 Secondi )
Accelerazioni spettrali 1Hz a ( 1,0 Secondi ) per il 5% dello smorzamento critico , rappresentativi del Ramo dello Spettro uno Velocità Costante.
Accelerazioni spettrali a 1Hz (1,0 secondi)
accelerazioni spettrali per un 5% dello smorzamento critico a 1Hz (1,0 secondi) , i cui valori sono rappresentativi del plateau a velocità costante dello spettro elastico.
In considerazione di quanto descritto, le abitazioni, i palazzi in cemento armato, ammesso che di questo si tratti, reggono ad una accelerazione al suolo denominata “S9”, cioè reggono 0.25 g al suolo. Da allora si sono succedute prima la giunta guidata dall’on. Ottaviano Del Turco, poi l’attuale giunta guidata da L’on. Gianni Chiodi, che oltre al ruolo di Governatore della Regione è anche Commissario del Governo per la Ricostruzione. Ma in questi anni, entrambe non hanno trovato, ne hanno avuto la volontà di trovare il tempo per riportare l’aquilano e L’Aquila al livello di rischio sismico 1, a “S12” per gli esperti in materia.
La cosa non è banale.
Dal rischio sismico 2 a 1 si passa da edifici che resistono a 0,25 g, a edifici che reggono fino a 0,35 g, la differenza Vi assicuro non è poca.
Da quando l’on. Gianni Chiodi ha assunto la carica di Commissario del Governo per la Ricostruzione, sono trascorsi ormai molti mesi, ed il sisma in Abruzzo ha praticamente cancellato la metà della provincia di L’Aquila, sono infatti 47 i comuni della provincia direttamente coinvolti sui 108 che la compongono, un disastro di proporzioni inimmaginabili.
La cosa più grave è appunto che in virtù di quanto è ancora in vigore, la ricostruzione e la costruzione post sisma sta avvenendo seguendo queste direttive, “zona a rischio sismico 2, sicurezza a livello S9, anziché S12”.
Vi domanderete cosa comporta ciò?
Un effetto talmente pericoloso per l’incolumità di chi andrà a risiedere in quegli edifici, da poter essere definito “bomba a orologeria”. Dai dati storici emerge che dal penultimo sisma del 1703 all’ultimo del 2009 sono trascorsi 300 anni, quindi, per il prossimo disastro, sarà solo una questione di tempo.
Entriamo ora nel merito all’ordinanza 3790, con la quale si stabilisce che gli edifici classificati “E”, quelli con gravi danni strutturali, quelli che solo per una serie di circostanze non sono venuti giù, successivamente alla ristrutturazione dovranno garantire 80% della sicurezza antisismica assegnata a quel territorio secondo la classificazione di rischio d’appartenenza.
Ora, se la legge per l’edilizia Regionale prevede che la zona in cui si opera è classificata a rischio sismico 2, il conseguente livello di sicurezza antisismico si attesterà all’80% di questo valore.
Ma in termini più semplici che significa?
80% di 0,25 g, cioè ((0,25 * 80)/100)= 0,20 g, mentre se i comuni del cratere fossero stati riportati alla fascia di rischio “1” sarebbe stato necessario garantire 80% di 0,35 g, cioè ((0,35 * 80)/100)= 0,28 g.
Detto ciò, alla luce delle vigenti disposizioni in materia, a coloro che rientreranno nella propria abitazione non verrà garantita come stabilito nell’ordinanza l’80% della sicurezza antisismica, ma solo il 57% rispetto la classificazione di rischio reale, che dovrebbe essere “1”.
Da tutto ciò emerge che verrà garantita una sicurezza appena superiore alla fascia di rischio sismico 3, che corrisponde a 0,15 g. Stiamo lavorando nella ricostruzione per permettere a 20.000 cittadini di rientrare nelle proprie abitazioni. Se dovesse verificarsi un evento simile a quello del 6 Aprile 2009, molto probabilmente questi rimarranno in trappola in quelle stesse abitazioni dalle quali erano usciti indenni il 6 Aprile 2009.
Ecco, questo è quello che si sta facendo per la prevenzione.
Tutta questa gente non ha ancora aperto gli occhi, non ha ancora preso coscienza, non si è resa conto che in seguito a questa legislazione regionale, quando rientreranno, se mai rientreranno nella propria casa, rientreranno in una trappola.
Stiamo gettando le basi per la prossima strage di Stato annunciata!
E ancora nessuno fa nulla.
Si fa finta di non sapere che in Italia questo territorio è in assoluto, quello ha più alto rischio sismico, e questo non lo dico io, questo è quanto afferma INGV a fine Agosto 2010 successivamente alla ripresa della sequenza sismica nell’alto Aterno.
Tutto ciò mi pare inaccettabile, non possiamo costruire il futuro della nostra città ancora una volta sull’ambiguità.
I crolli di “campo di fossa” sono la conseguenza di una costruzione intensiva su un terreno di riporto, composto dalle macerie dei passati devastanti eventi sismici che hanno interessato la città di L’Aquila. Si è dimostrato, a seguito dei studi condotti dell’Ing. Gaetano De Luca, che questo tipo di terreno ha un effetto amplificatore delle onde sismiche e dell’accelerazione al suolo, come è dimostrato che il sisma del 6 Aprile 2009 a avuto gli effetti di una scossa di magnitudo 6.8, anche se i strumenti hanno registravano una magnitudo di 6.3.
La stessa Commissione Grandi Rischi, quella che il 31 Marzo 2009 si riunì per decidere di non decidere sull’allarme sisma, ha richiamato l’attenzione di tutti su un unico fattore “la sicurezza”, che può essere ampiamente condiviso: “l’unica sicurezza che si può oggi dare alle popolazioni è quella di costruire bene, garantendo quindi il massimo grado sicurezza sismica conosciuto, per tutte le costruzioni” e allora domando:
“Perché dopo ormai 17 mesi L’Aquila e la zona del cratere sismico del 6 Aprile 2009 sono ancora a livello di rischio sismico 2?
Quali interessi dobbiamo ancora coprire?
E le nuove costruzioni che stanno sorgendo a L’Aquila, ad esempio nel quartiere di Pettino, a soli 10 m da edifici che vengono abbattuti, come vengono edificate?
A quale livello di rischio sismico debbono rispondere, livello 1 “S12” o 2 “S9”?
Voglio, esigo, esigiamo delle risposte, immediate, convincenti.
Ma soprattutto esigiamo che la Regione riporti immediatamente la zona del cratere dal livello di rischio 2 a 1 così come era prima del 2003.
Contestualmente, come si è messa giustamente sotto inchiesta la Commissione Grandi Rischi per il mancato allarme, sono a richiedere che a Voi, che amministrate questa città, di farVi promotori per un intervento della magistratura, verso tutti coloro che hanno de-classificato L’Aquila e l’aquilano da 1 a 2.
Ritengo necessario che si indaghi: come, con quali conoscenze tecniche e con quali competenze, degli amministratori abbiano potuto modificare una tabella di sicurezza, di rischio, stilata da tecnici, mettendo con questa delibera a rischio la vita tutti gli abitanti, e determinando la conseguente morte di 308 concittadini, quella che ricorderemo come: “La strage del 6 Aprile 2009”.
Occorre che la magistratura verifichi chi ha potuto godere di questi vantaggi, e persegua, se sono perseguibili, costoro. Stefania, Massimo fate qualcosa per la vostra città prima che sia troppo tardi?
31 Agosto 2010 la terra torna a tremare, 17 mesi dopo torna la paura ( Agosto 2010)
Nella mattina di ieri, “31 Agosto 2010” due scosse di terremoto sono state avvertite nel distretto sismico dei Monti Reatini,
- la prima è avvenuta alle ore 05.00, con magnitudo 3.4°,
- la seconda alle ore 09.12 con magnitudo 3.6°
Colpisce, in particolar modo, la profondità della prima scossa, 3 chilometri appena, mentre la seconda, dopo quattro ore, ha una profondità di 8.6 chilometri. L’epicentro viene individuato tra i comuni di Montereale (L'Aquila), Amatrice (Rieti) e Borbona (Rieti), ma le scosse sono state avvertite anche nella zona ovest dell'Aquila (Pettino).
- Alle 13.45, ancora una scossa questa volta più lieve, 2.3°, che ha anticipato una scossa di 3.3° con profondità di 2.3 chilometri, registrata alle ore 14.06.
A seguito di ciò il sindaco di Cagnano ha chiesto alla Protezione Civile di poter riallestire le tendopoli, la situazione sta evidentemente precipitando, sembra di rivivere un film già vissuto solo 17 mesi fa, anche allora come oggi la frequenza delle scosse aumentò improvvisamente sia di numero che d’intensità, anche allora ci fu una forte scossa premonitrice del 4°.
Forse tutto ciò che segue non è opportuno, ma evidenzio semplicemente una differenza di comportamento delle istituzioni, e mi/Vi pongo una domanda:
Dopo la scossa premonitrice di fine Marzo 2009, del 4.0° su scala richter, ci dissero che non poteva accadere nulla. Oggi, dopo queste ultime scosse, che hanno avuto il picco più alto di 3.6° su scala richter, si lancia, ritengo giustamente, un preallarme?
Questa è una semplice analisi dei fatti, solo per evidenziarVi quanta malafede c'è stata nell’avvenimento sismico che fu registrato a Marzo 2009, esattamente una settimana prima dell'evento distruttivo di L'Aquila.
A seguito di ciò è stata decisa l’immediata chiusura precauzionale per un periodo per ora limitato a due giorni, del centro storico della città di L’Aquila e di tutte le frazioni, comprese le zone che erano state parzialmente riaperte al transito pedonale, inoltre per lo stesso motivo sono stati chiusi anche tutti i cantieri inerenti la ricostruzione, come sono stati chiusi gli asili fino al 5 Settembre.
Ora provocatoriamente domando, ben sapendo la risposta:
Per quale motivo oggi ci si comporta così?
Semplicemente perché questo è quanto previsto dalle vigenti norme di legge, che erano in vigore anche prima del 6 Aprile, ma che allora non vennero prese in considerazione.
Emerge in tutta la sua chiarezza la colpa gravissima della Protezione Civile Regionale, dell’On D. Stati, che se fosse ancora assessore con delega alla Protezione Civile, se non si fosse dovuta dimettere perché coinvolta in un giro d’affari, diciamo solo “poco chiaro”, avrebbe sicuramente qualche cosa da raccontarci in merito.
Emerge altresì la gravissima responsabilità della Protezione Civile Nazionale, che per bocca del suo numero due De Bernardinis, ci suggerì di berci un buon bicchiere di vino, mentre con gli altri membri della Commissione Grandi Rischi si affrettò a perseguire per procurato allarme l’unica persona che aveva avuto buon senso, quel Giampaolo Giuliani, tecnico di laboratorio nell’INFN del Gran Sasso, che indipendentemente da ciò che rilevava con le sue macchine, suggeriva, come oggi, la massima cautela.
Tutto ciò pesa come un macigno, accusa senza attenuanti tutti quei superburocrati della Protezione Civile Nazionale e Regionale oltre ai politici ed i componenti della Commissione Grandi Rischi, tra i quali sedeva anche il prof. Barberi, colui che solo alcuni anni prima aveva stilato il famoso rapporto che prende proprio il suo nome “Rapporto Barberi”, sulla sicurezza e prevenzione sismica in Italia, colui che aveva contribuito a classificare in zona a rischio sismico 1 L’Aquila e l’aquilano, che verranno poi retrocessi dalla giunta Regionale presieduta dall’On. Pace nel 2003, in zona a pericolo sismico 2.
In quella riunione, nessuno tenne conto di ciò che stava accadendo, e invece di allertare la popolazione, colpevolmente si attivo per tranquillizzata.
A questo punto le possibilità sono due.
- O è corretto il comportamento che le istituzioni hanno avuto nel caso della scossa di 4.0° di fine Marzo 2009.
In questo caso, essendo di 3,6° la punta massima fino ad ora registrata, il comportamento delle istituzioni andrebbe perseguito per “procurato allarme”, proprio com’è accaduto nel caso di Giuliani.
- Oppure è corretto il comportamento che le Istituzioni stanno mantenendo ora.
In questo caso balza agli occhi di tutti come sia colpevole il comportamento mantenuto nel 2009.
La realtà per ora è una sola, dopo la scossa di 4.0 di Marzo 2009 c'è stato l'evento del 6 Aprile, mentre oggi, ci auguriamo tutti che non ci sia una replica di un simile evento.
Detto ciò, da questa esperienza ne consegue che è e meglio lanciare un allarme, magari anche ingiustificato, se solo c'è una lontanissima ipotesi che possa verificarsi un evento calamitoso, distruttivo, che rimanere passivi, o peggio, tranquillizzare la popolazione.
Infatti, se come si è detto non è dimostrabile che coloro che sono rimasti sotto le macerie, sono deceduti perché non gli è stato esplicitamente detto di uscirei casa, è vera anche la tesi opposta.
Le istituzioni non avrebbero dovuto tranquillizzare la popolazione, ma dare, come sta accadendo in questi giorni, informazioni corrette, avrebbero dovuto informare come ci si deve comportare simili situazioni di preallarme, predisporre piani di evacuazione e centri di raccolta, questi sono i compiti delle istituzioni.
308 nostri concittadini sono rimasti sotto le macerie, la loro unica colpa è stata quella di aver avuto fiducia nelle istituzioni, ma evidentemente questa era mal riposta.
Tornando ai fatti di questi ultimi giorni, tutto ciò, accadeva nell’imminenza dell’apertura del nuovo anno scolastico.
Ora che nel centro storico ancora interdetto, pieno di macerie, con i militari che controllano gli accessi alla zona rossa, i cittadini cominciavano ad affacciarsi nuovamente, ora che avevano cominciato ad accettare di vivere, li, in mezzo alle macerie, come se tutto fosse normale, arriva questo nuovo sciame sismico proprio nel momento in cui i cittadini, e la città, stavano lentamente tornando ad una normalità, anche se tutti noi eravamo consci del fatto che questa vita, non aveva, e non avrebbe mai potuto avere nulla di normale, vista la situazione in cui versa ancora la città.
Proprio ora doveva riemergere il mostro dalle viscere della terra, portando ancora sgomento e angoscia tra la popolazione.
L’Assegnazione del M.A.P. n.°38 (23 Settembre 2010 - 17 mesi e 19 giorni dopo il 6 Aprile 2009)
Sono trascorsi ormai oltre 17 mesi da quel tragico 6 Aprile 2009, con la famiglia risiediamo ancora nel comune di Isola del Gran Sasso che ci ospita ormai da 11 mesi.
Per noi il grande miracolo aquilano non c’è mai stato.
Anzi, ancora non sappiamo quando arriverà, se mai arriverà l’assegnazione del M.A.P., per ora non abbiamo nessuna notizia, nemmeno una previsione, siamo rimasti solo noi e un gruppo di sfollati ancora assistiti in una struttura alberghiera della frazione di Stiffe.
Per la verità, l’ultimo gruppo di moduli del nostro comune è pronto dal mese di Giugno 2010, è stato edificato nella frazione di Collarano, ma ancora non è stata fatta nessuna assegnazione, sono da completare, anzi sono proprio da realizzare completamente tutte le opere d’urbanizzazione e le relative infrastrutture, mancano le fogne, il gas, la luce, le linee telefoniche oltre a strade asfaltate, marciapiedi e illuminazione stradale.
Praticamente rimane da fare ancora tutto, all’infuori dell’edificazione di queste baracche non c’è nulla che assomiglia a un posto vivibile, inoltre i lavori in questo villaggio dovevano essere conclusi entro il 10 Marzo 2010, come si evince dalla tabella del cantiere, la consegna è in leggerissimo ritardo sul master plan dei lavori, appena cinque mesi di ritardo,
Mi sto rendendo conto che rappresento la testimonianza vivente, in negativo, dei record sbandierati in TV dal nostro premier e dal suo fido Bertolaso, in questi 17 mesi di post-sisma, di parole, di nulla.
Non ne possiamo proprio più, la vita nel residence che ci ospita non è tutto sommato sgradevole, ma ormai la mancanza di un punto di riferimento in città è diventata insostenibile, sono quasi 18 mesi che facciamo i pendolari tutti i giorni, per cui io e mia moglie Anna decidiamo che è giunto il momento d’alzare la schiena, di dire basta a voce alta, di fare valere i nostri diritti civili costituzionalmente garantiti.
Ed è il caso a darmi un grosso e insperato aiuto.
Un mio ex collega di quando lavoravo in Opti.Me.S. oggi ricopre un’importante carica istituzionale, per cui decido, anche se la cosa non fa parte della mia cultura, di rivolgermi a Lui, solo per un consiglio, per avere un’indicazione sul come comportarmi con questa “gente” che continua, a decidere di non decidere, e forse tutto ciò, sperando, che alla fine la decisione la prendiamo noi, andandocene via.
Ma, l’indicazione che cercavo è molto di più di quello che mi aspettavo di poter ottenere, e una volta esposti i fatti, viene immediatamente predisposto un documento da sottoporre alla “Procura della Repubblica di L’Aquila”, nel quale si chiede conto al comune della situazione, firmo, e la procedura si mette in moto.
Non avrei mai immaginato che poteva bastare questo semplice gesto, ma ciò che segue è un dato di fatto.
Dopo quest’avvenimento, di colpo il cantiere si è animato, i lavori che prima procedevano con la velocità di una lumaca, hanno cominciato a procedere più speditamente, il cantiere che prima era deserto, o che al massimo veniva frequentato saltuariamente da qualche operaio, che faceva poco più di una presenza, si è animato di molti operai, pure indaffarati.
Così potevamo verificare con cadenza ormai quasi giornaliera, che dopo avere presentato quel documento in Procura i lavori ora procedevano quasi speditamente, ci accorgevamo chiaramente che nell’ultimo periodo c’era stato un evidente cambiamento, ma non osavamo credere che potesse essere legato direttamente a quella nostra presa di posizione.
Invece, tutto comincia con una telefonata.
Il comune mi convoca per il 23 Settembre 2010 per l’assegnazione del M.A.P..
Prima di andare avanti nel descriverVi quanto accaduto, è bene fare il punto soffermandoci sul del termine “assegnazione”.
Dal dizionario “Hoelpi”:
Assegnare, Dare, attribuire, fissare a favore di qualcuno o di qualcosa: un incarico, un ufficio; un oggetto un valore che non ha. Fissare, stabilire: mi hanno assegnato due giorni per terminare questo lavoro. Affidare: la custodia dei libri è assegnata a me; ho eseguito con attenzione il lavoro che mi è stato assegnato. Destinare: lo hanno assegnato a un altro reparto
Assegnazione, Azione e risultato dell’assegnare: l’assegnazione di un terreno, di un premio di un ufficio a qualcuno
Assegnatario, Colui a cui viene assegnato qualcosa: l’assegnatario del fondo
Sinonimi sono: “attribuzione, aggiudicazione, conferimento, dotazione, consegna, distribuzione”, detto ciò, mi pare che possiamo essere d’accordo se escludiamo come sinonimo o significato il termine “scelta”.
Fatta questa premessa sul significato del termine assegnare, Vi voglio appunto testimoniare come è avvenuta “l’assegnazione” del mio M.A.P..
Io mi ero immaginato questa scena:
Entro in un ufficio dove sono presenti: il Sindaco o chi ne fa le veci, un tecnico comunale che verifica se la mia famiglia ha i requisiti per ottenere il M.A.P., e un funzionario della Protezione Civile che una volta verificati questi requisiti ci assegna su una planimetria un Modulo Abitativo, dopodiché, una serie di raccomandazioni e di divieti, come comportarci in caso di problemi tecnici, ed infine dopo aver sottoscritto il contratto, un appuntamento per la successiva consegna dell’abitazione.
Niente di tutto questo.
Ci troviamo invece in un’assemblea, sono presenti tutte le famiglie che risultano assegnatarie di un M.A.P., dopo circa 10 -15 minuti arriva il Sindaco con un paio d’impiegati comunali, questi sfogliano una grande planimetria su un tavolo, mentre prende la parola il Sindaco.
Già questo inizio mi pare anomalo, visto comunque l’evidente stato di necessità, sono ormai 18 mesi che con la mia famiglia viviamo da sfollati, alloggiati ora qua ora la, decido di frenare l’impulso di ribellione che in quel momento stava per prendere il sopravvento.
Il Sindaco esordisce, informandoci che con quest’ultima assegnazione, tutti nel comune avevano un alloggio provvisorio, dopodiché continua “seguiremo la prassi già utilizzata con successo nelle precedenti occasioni, pertanto come potete vedete sul tavolo c’è, a vostra disposizione, la planimetria dei M.A.P. da 50 e da 70 mq. che dobbiamo assegnare, con calma, cominciamo con chi deve ricevere quello da 50, vi avvicinate e scegliete sulla planimetria quello che vorreste avere, se più famiglie scelgono lo stesso M.A.P. o raggiungono un accordo tra loro o facciamo il solito sorteggio per decidere a chi viene assegnato. capito tutto?, ok procediamo”.
E continua: “prima di cominciare diamo però la precedenza alla Signora …….. (la chiameremo Maria), che essendo la proprietaria del terreno su cui sorgono i M.A.P., credo che siamo tutti d’accordo, nel ritenere giusto, che abbia la precedenza nella scelta”
A questo punto mi si è fatto tutto nero, mi bolliva il sangue dalla rabia per l’assurdità di ciò che avevo ascoltato, avrei voluto intervenire, avrei voluto urlare le mie ragioni:
“Ma come, lo Stato non ha forse requisito per pubblica utilità i terreni, confiscandoli, per permettere l’edificazione del progetto CASE come dei M.A.P.?
E se i terreni sono stati confiscati, ora sono proprietà dello Stato, che c’entra la signora Maria? Per quale motivo dovrebbe avere questo privilegio?
E poi, io sono stato convocato per una assegnazione di un M.A.P., non per la sua scelta?
Se è possibile scegliere, deve anche essere possibile visionare l’oggetto, o gli oggetti della scelta, possibilità che a me non è stata mai resa nota, ne ho mai pensato di visionare, o chiedere di visionare i M.A.P. preventivamente?
E comunque, non sono forse stati pagati questi terreni?, Magari poco, ma comunque pagati?”
mi sono trattenuto ed ho continuato ad assistere a quella penosa farsa.
Perché con quella frase, la Signora “Maria” da quel momento era stata investita di una autorità che nessuno poteva darLe, una autorità che doveva rimanere dell’amministrazione comunale.
Ma quello che segue è pure peggio.
Una volta che la Signora “Maria” ha scelto il suo Modulo, accade che una folla, di poveracci, che evidentemente non si rendevano conto di essere maldestramente usati, si è accalcata intorno al tavolo sul quale era stata distesa la planimetria.
Comincia un caos indegno per un paese che si dice civile, gente che urla, che si accalca per conquistare una posizione migliore, le persone sono uno sopra l’altra, sgomitano per avvicinarsi al tavolo in un pandemonio indescrivibile, questa squallida scena dura due ore, il tempo necessario per assegnare a tutti un M.A.P..
Io e mia moglie Anna, rimaniamo per due ore tranquillamente seduti a gustarci questa squallida scena, fino a che si alza la voce di uno dei due collaboratori del Sindaco “è rimasto da assegnare ancora un M.A.P., e c’è ancora una famiglia, …… la famiglia Torregrossa non ha ancora scelto, signori Torregrossa …….., avvicinatevi, dovete fare la vostra scelta”
risponde mia moglie Anna, “per noi va bene quello che è avanzato!, non c’è nulla da scegliere!, tanto sono tutti uguali, no!
“Allora il vostro M.A.P. è il n.° 38, va bene?” - “Va bene, va bene, noi non abbiamo preferenze”
A questo punto, disgustati per quello a cui avevamo assistito, per le modalità, per le frasi pronunciate dal Sindaco, andiamo via, torniamo verso il nostro residence che si trova dall’altra parte del Gran Sasso, a Isola del Gran Sasso, e in macchina ad alta voce commentiamo:
ci hanno convocato per l’assegnazione del M.A.P., e invece di darci sta benedetta baracca, abbiamo partecipando ad una assemblea, nella quale ha preso la parola il Sindaco, che con le sue frasi di colpo ci ha riporti nel medioevo.
- il paese è paragonabile al feudo, e questo è governato dal suo Signore, che è “il Sindaco”;
- costui investe il suo Vassallo, la sig.ra “Maria” conferendole terre e privilegi;
- la sua corte sono “gli impiegati comunali” che non osano interferire con il loro Signore;
- i suoi fedeli sudditi, “gli sfollati”, che lo hanno acclamano quando gli ha permesso di scegliere “Il M.A.P.”.
Anche per quell’epoca, questa situazione sarebbe stata veramente squallida, e se tutto ciò non lo avessi vissuto in prima persona, se non fossi io che lo sto rappresentando a Voi, sembrerebbe il frutto di una fantasticheria, invece è la realtà.
Ma come hanno potuto ridurci in una simile condizione?
Una riflessione sugli ultimi avvenimenti (Settembre 2010)
Tutto ciò che Vi ho descritto accade nel 2010, in una delle otto maggiori economie mondiali, in un Paese che è membro di quel G8 che si è svolto, nel Luglio del 2009, per volere del nostro primo ministro, proprio in questa città.
Come avrete certamente potuto rilevare dalla lettura di ciò che vi sto proponendo, oggi siamo ridotti in condizioni certamente non confacenti ad una della maggiori economie mondiali. Oggi in questi luoghi, ci stiamo litigando una baracca, in legno precompresso e cartongesso, tutto ciò è veramente assurdo.
Sono riusciti a trasformare delle squallide baracche, perché è inutile girarci intorno con definizioni e nomi altisonanti, di questo si tratta, altro che ville, nell’oggetto del desiderio di tanta povera gente.
Ed i miei compaesani se le sono pure litigate.
Solo per ottenere quella che ritenevano la migliore, solo perché ha un posto auto più accessibile, più vicino, o uno straccio di terreno sassoso e pieno d’erbacce da trasformare con molta fantasia in un orto, piuttosto che posizionarci un gazebo con un barbecue per gli arrosticini.
Non si sono resi conto che le istituzioni hanno sfruttato la loro precaria situazione, per ottenere una gratitudine incondizionata per aver concesso loro ciò che è un diritto, che viene fatto passare come la benevola concessione elargita da un benefattore.
Ma siamo proprio tutti pazzi?, ma ci rendiamo conto di che cosa stiamo parlando?
Quello che questo Paese ha fatto, che questo Governo “del fare” sostiene, è evidentemente falso, infatti, solo una minima parte di ciò che è stato sbandierato ai quattro venti è stato realizzato, anche male, e comunque tutto ciò rientra nei doveri di un Paese che si autodefinisce civile.
Questo Governo che sembra stia facendo enormi sforzi per gestire i diversi avvenimenti calamitosi che continuamente accadono in questo paese, continua a nascondere la verità.
Tutti noi sappiamo che spesso questi avvenimenti trovano origine proprio nell’assoluta mancanza di prevenzione, di tutela del territorio, come siamo a conoscenza che tutto ciò è una competenza di quel Dipartimento di Protezione Civile che dipende dalla Presidenza del Consiglio.
Le colpe, i mandanti dei molti disastri che colpiscono ogni anno l’Italia sappiamo bene di chi sono. Come sappiamo che è uno specifico compito di chi governa, amministrare, gestire e risolvere gli eventi calamitosi che ci colpiscono, utilizzando ad esempio, i tributi che tutti noi versiamo con le tasse, che dovrebbero essere impiegati per la prevenzione, e dove non fosse possibile, come nel caso di un evento naturale quale quello del 6 Aprile, dovrebbero essere impiegati per gestire l’emergenza, predisponendo tutti quei servizi necessari alla collettività.
E allora domando: “non è forse un servizio alla collettività, quello di intervenire in modo adeguato in caso di calamità naturale?”
Ma quale benevola concessione?
State semplicemente dandoci, anzi state solo promettendo di darci, ciò che ci spetta, ed i M.A.P., o meglio le baracche che ancora oggi vengono edificare a 750.00 €/Mq., sono uno di quegli oggetti che lo Stato ha l’obbligo di donare in simili circostanze.
Deve essere chiaro questo concetto, non siamo difronte ad una benevola elargizione di un benefattore, ma difronte a uno specifico dovere di uno Stato verso i suoi cittadini colpiti da una catastrofe naturale.
Il MIRACOLO AQUILANO?
Ma quale miracolo, ma vergognateVi, state speculando sulla vita di 308 vittime, sul dolore di gente che ha perso tutto. Fate proprio schifo.
La Firma del contratto di “comodato d’uso gratuito (7 Ottobre 2010 18 mesi e 1 giorno dopo il 6 Aprile 2009)
Sono passati ormai una decina di giorni da quella squallida assemblea, e di firma di uno straccio di contratto nemmeno l’ombra.
Poi mi arriva una telefonata del mio ex collega di lavoro, mi chiede se c’erano stati sviluppi riguardo la mia situazione, l’informo, e concordiamo che è opportuno ritirare la denuncia inviata alla Procura della Repubblica di L’Aquila.
Dopo qualche giorno, ancora una comunicazione telefonica dal comune, convocazione per il giorno 7 Ottobre 2010 per la firma del contratto, sono passati 14 giorni dall’assegnazione, e 18 mesi da quel 6 Aprile 2009.
Questa volta le cose sembrano svolgersi, almeno inizialmente, in maniera più seria, la firma avviene presso la sede provvisoria del comune, il messo comunale mi sottopone un plico composto da 6 (sei) fogli vidimati con il timbro del comune e mi chiede di apporre n.° 3 firme, quindi mi informa che nel pomeriggio dello stesso giorno verso le ore 14.00 sarà presente l’incaricato della società del Gas per stipulare il nuovo contratto di fornitura.
Firmo, e lascio il comune avviandomi verso la macchina, dove comincio a sfogliare il documento che ho appena firmato per accettazione.
Leggo velocemente, e mi rendo immediatamente conto che mi è stata estorta una delle firme, precisamente quella dell’allegato che indica e riporta l’elenco degli arredi che mi sono consegnati con il M.A.P..
Poi leggendo con più attenzione, mi accorgo di una serie di clausole contrattuali, infilate lì, in quello che “loro”, definiscono contratto.
Sembrano inserite apposta per fregarmi in un momento successivo, come se qualcuno stesse pensando a come incastrarmi, approfittando di uno stato di necessità, dell’euforia di chi è stato deportato per 18 mesi fuori casa e non vede l’ora di poter rientrare, e nel momento che questa occasione si presenta non bada a quello che gli viene richiesto di firmare.
Proprio un comportamento vergognoso, ancora più vergognoso e grave perché perpetrato da quel Dipartimento di Protezione Civile, nel quale tutti, chi più chi meno, ripongono la propria fiducia.
Il fatto è questo:
- Il documento che ho firmato recita così:
a. Articolo 15 “la data di decorrenza è quella dell’apposizione delle firme al presente atto”
Ora l’atto è stato firmato in data 7 ottobre 2010, ma le chiavi del M.A.P. non mi sono state contestualmente consegnate.
Quindi questa clausola è da considerarsi nulla, come può avere valore un contratto, quando l’oggetto stesso del contratto non viene messo a disposizione della parte contraente.
Il comune nel momento che non mi consegna le chiavi, di fatto non rispettata la data di decorrenza del contatto, che deve coincidere con il momento in cui la cosa può essere utilizzata, stando così le cose il comune risulta inadempiente.
Inoltre il mancato possesso della cosa (il MAP), impedisce di verificare lo stato degli arredi che con quello stesso documento vengono assegnati e che con l’apposizione della mia firma ho dichiarato di avere ricevuto e verificato.
b. Articolo 3 “ …… omissis ….. composta da cucina, bagno, camere da letto n.° 3, completa di arredi, come elenco allegato e sottoscritto dalle parti;”
Articolo 5 “Il comodatario è tenuto a conservare la cosa con diligenza del buon padre di famiglia”
Articolo 8 ”Il comodatario esonera il comodante da ogni responsabilità per danni diretti ed indiretti che potessero derivargli dall’uso dell’immobile concesso in comodato d’uso gratuito”
Altra inadempienza, infatti sarebbe buona norma che quando si stipula un contratto, sottolineo il termine contratto, le parti svolgano assieme un sopralluogo per verificarne lo stato della cosa, per verbalizzare le eventuali difformità.
Questo diventa obbligo, se come recita articolo 5 “Il comodatario è tenuto a conservare la cosa con diligenza del buon padre di famiglia”, è evidente che per “conservare con diligenza” è necessario stabilire prima lo stato di conservazione iniziale.
Inoltre in base a quanto stabilito dall’articolo 8 ”Il comodatario esonera il comodante da ogni responsabilità per danni diretti ed indiretti che potessero derivargli dall’uso dell’immobile concesso in comodato d’uso gratuito”, è evidente che diventa prioritario a tal fine verificare lo stato della sicurezza della cosa (il M.A.P.), e degli accessori di arredo, per accertarsi che non esista nessun evidente rischio o pericolo per le persone che vi risiederanno.
c. Articolo 7 “sono a carico del comodatario tutte le spese per servirsi della cosa”
Di per se questo articolo sembra di una linearità sconcertante, se non fosse che all’atto della firma, il messo comunale, sicuramente in buona fede ed eseguendo comunque una disposizione di superiori, mi ha comunicato che nel pomeriggio dello stesso giorno “7 Ottobre 2010”, sarebbe stato presente l’incaricato della società del GAS, per la stipula del contratto di fornitura.
Evidenziandomi che l’incaricato veniva appositamente.
Sottolineo che nelle mie stesse condizioni si trovano 49 famiglie assegnatarie di quest’ultimo gruppo di M.A.P., che quindi come me dovranno sottoscrivere altrettanti contratti di fornitura del gas, e come me sono stati messi a conoscenza di questa opportunità.
Ora, premesso che questa è la stessa compagnia della quale mi servivo prima del sisma, per una mia libera scelta, ritengo che è qui che nasce il problema.
Infatti, secondo quanto recita l’articolo 7, sono a carico del comodatario tutte le spese per servirsi della cosa, e allora è lecito aspettarsi che costui possa scegliere liberamente la società erogatrice per le forniture di Luce, Gas e Telefono.
Invece le cose non sono andate esattamente in questa maniera.
Di fatto non ho potuto esercitare questo diritto, non perché qualcuno l’abbia mai impedito, ma semplicemente perché per ottenere l’accesso al MAP è necessario attivare una fornitura di gas, la maniera più veloce che mi si prospettava era quella d’approfittare di quell’opportunità.
Si è usato questo stato di evidente necessita per costringere di fatto, indiscriminatamente tutti, ha sottoscrivere il contratto di fornitura del gas con questa compagnia, approfittando del fatto che quel pomeriggio era per caso presente il tecnico.
A questo punto emerge un nuovo problema, che è rimasto ben celato fino a quel momento, ma ora emerge, evidenziando la frode perpetrata da questa società ai danni dei sfollati, almeno di tutti coloro che avevano già un contratto di fornitura prima del sisma con questa stessa compagnia.
Mi spiego meglio.
Credo che siamo d’accordo nell’affermare che tutti coloro che hanno avuto in assegnazione un alloggio del progetto CASE o un M.A.P. prima del sisma avevano o un’abitazione di proprietà o in affitto, quindi anche regolari utenze di fornitura per il gas, la luce ed il telefono, ora essendo questi assegnatari di una nuova abitazione, ed avendo ancora in corso di validità i contratti per le vecchie utenze, mi pare evidente che sarebbe bastata una voltura di questi contratti al nuovo contatore, al nuovo indirizzo.
Perché costringere famiglie che hanno già pagato, che hanno già perso tutto ciò che potevano perdere, a stipulare nuovi contratti di fornitura con le stesse compagnie che li servivano prima del sisma?
Immancabilmente la società fornitrice del gas, invece di propormi una voltura, mi ha estorto un nuovo contratto di fornitura, tutto ciò comporta spese di registrazione del contratto e deposito cauzionale, che come recita l’articolo 7, rimangono a carico del comodatario, a mio carico.
Quindi, ricapitolando, dopo la firma del contratto:
- non mi è stato possibile ne prendere possesso del M.A.P., ne verificarne lo stato, per l’evidente mancata consegna delle chiavi d’accesso;
- approfittandosi quindi di una evidente situazione di necessità, mi e stata chiaramente estorta la firma sulla parte del contratto relativa agli arredi;
- sono stato costretto a stipulare un nuovo contratto di fornitura del gas, per poter avere accesso al M.A.P., mentre avrei potuto ottenere una semplice voltura a costo zero.
Per tutti questi motivi, ritengo che i relativi articoli che regolano questo contratto contengano delle clausole che ritengo vessatorie secondo quanto previsto dall’Articolo 33 del codice del consumo “d. lgs. 6 settembre 2005, n. 206”,
le clausole vessatorie sono le clausole presenti nei contratti conclusi tra il consumatore “comodatario” ed il professionista “comodante” che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore “comodatario” un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
Inoltre accade le il mio M.A.P. come tutti gli altri che sono stati assegnati contemporaneamente al mio abbiamo già attiva l’utenza ENEL, senza che nessuno di noi abbia mai sottoscritto un contratto di fornitura con questa società.
Ora, se l’utenza ENEL relativa alla fornitura di energia elettrica rimane a carico del comune o della protezione civile, come avviene per gli alloggi del Progetto Case, la cosa mi pare lineare, ma se come recita il contratto, la fornitura di energia elettrica è a carico del comodatario, domando:
- “Quando mai ho sottoscritto un contratto di fornitura con l’ENEL”
Mi pare evidente l’illegalità di questa azione, ed è evidente che l’ENEL non potrà fatturare a mio nome, ne potrà pretendere la sottoscrizione di un contratto, ne potrà vantare nessun credito nei miei confronti.
Per quanto riguarda la linea telefonica ho invece verificato che il M.A.P. è totalmente sprovvisto di presa telefonica, ma la cosa ancora più grave è che il sito dove sorge questo villaggio non è servito da una cabina per la fornitura di questo servizio, e allora domando:
- “Ma i costi e le opere d’urbanizzazione in cosa consistono?”
- “e le infrastrutture?”
- “ma il telefono non rientra nelle opere d’urbanizzazione, non è forse una infrastruttura?
- “ma chi è che ha deciso che i sfollati non debbono accedere ai servizi telefonici, a internet?”
Mi sorge un dubbio in merito a quest’ultimo punto, facciamo così, io lo espongo, e voi lo giudicate e se credete lo condividete.
“forse qualcuno, lascio a voi ipotizzare chi, in questo modo vuole impedire, censurare in maniera preventiva l’informazione che potrebbe correre liberamente attraverso internet.”
- Siamo d’accordo nel ritenere internet un mezzo di diffusione di massa di grande efficacia;
- Come siamo d’accordo nel ritenerlo un mezzo che può veicolare molto facilmente la controinformazione.
Guarda caso, accade che proprio a chi potrebbe testimoniare particolari situazioni vissute negativamente, sulla propria pelle, situazioni che certo non testimoniano favorevolmente all’eccezionale miracolo aquilano, che da 18 mesi si vuole imporre all’opinione pubblica, a queste persone viene di fatto impedito di accedere a questo specifico servizio, rendendolo di difficile fruizione.
E’ evidente, che testimonianze dirette, di chi questi problemi li sta vivendo in prima persona, possono dare fastidio, o creare problemi ai politici, alla politica, come ai media di Stato, che continuano a veicolare da 18 mesi informazioni che prima vengono verificate, controllate, infine censurate, avendo cura di selezionare e divulgare solo quelle che possono tornare utili.
Credo di poter affermare che tutto ciò mi sembra proprio voluto, e lo reputo molto grave e pericoloso per la democrazia di questo Paese.
d. Infine allegata alla documentazione del contratto, è inserita una nota del comune, protocollo 4023 del 23 Agosto 2010.
Con questo documento che è evidentemente retrodatato “23 Agosto 2010”, si informa che a far data da Lunedì 26 Luglio 2010 è stata modificata la procedura per la richiesta degl’interventi di manutenzione per i MAP in tutti i comuni del cratere.
Inoltre, da quella stessa data è attivo il numero verde di “linea amica”, che provvederà all’inoltro delle richieste d’assistenza alla “direzioni lavori del Dipartimento della Protezione Civile.
Se avete solo un poco di conoscenza di diritto, Vi renderete conto da soli, che l’inserimento di questo documento dentro il contratto stesso lo rende di fatto nullo.
Infatti il contratto viene stipulato tra due parti che sono indicate e denominate rispettivamente comodante “il comune” e comodatario “il titolare del diritto”, ciascun singolo sfollato che riceve in comodato d’uso gratuito il M.A.P., mentre nell’ultima pagina del contratto, con l’inserimento di questa nota, che diventa parte integrante del contratto stesso, intervengono delle figure che nel contratto non sono previste, più precisamente:
- la figura della “direzione lavori” del Dipartimento di protezione Civile;
- la figura del servizio telefonico di “linea amica”
parti che non sono vincolate in alcun modo nel contratto, che viene sottoscritto, tra le uniche due parti stipulanti “comodate e comodatario”.
E’ l’incredibile è, che questo contratto è stato predisposto dallo Stato, dal Dipartimento di Protezione Civile che dipende addirittura dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Ma come è possibile partorire delle mostruosità giuridiche simili?
Lo Stato predispone e costringe a sottoscrive contratti capestro, ai danni dei stessi sfollati che ha l’obbligo di assiste?
Ma in che mondo viviamo?
Ma che razza di Paese è mai questo?
Un simile contratto, se proposto a privati, avrebbe richiesto l’intervento di civilisti a tutela di una delle parti, e non sarebbe stato giudicato valido.
Ora accade che questo stesso contratto, che è predisposto dallo Stato, viene sottoposto alla firma dei naturali contraenti, che sono sfollati, sinistrati scampati ad una catastrofe naturale.
Questa gente invece di essere assistita, invece di ottenere il ripristino di alcuni sacrosanti diritti andati persi, smarriti, a causa degli eventi che li hanno coinvolti, quali: “il diritto allo studio, alla casa, al lavoro, viene volutamente raggirata.
Ma Vi rendete conto che mostruosità?
Ma con queste premesse quando, e come la ricostruiscono L’Aquila?
E gli altri 56 comuni del cratere?
E gli altri 30 comuni che non fanno parte del cratere ma che hanno ugualmente subito danni a causa del sisma?
Chi vuole rispondermi lo faccia a questo indirizzo di posta elettronica fausto.torregrossa@virgilio.it, aspetto con fiducia.
La consegna della baracca n.°38 del campo di prigionia di Collarano (Aq) (18 Ottobre 2010 18 mesi, 12 giorni dopo il 6 Aprile 2009)
Comunque una volta firmato sto benedetto contratto, accade che sabato 16 Ottobre, 23 giorni dopo la cosi detta assegnazione, mentre con mia moglie Anna eravamo in viaggio verso Nettuno, per recuperare un poco di biancheria ed abiti più pesanti, mi è arrivata la solita telefonata dal comune, mi informavano che dalle ore 10.30 di quel sabato erano in consegna le chiavi dei M.A.P., potevo quindi recarmi a ritirare le chiavi del mio M.A.P. n.°38.
Ho fatto presente che mi trovavo fuori regione ed abbiamo concordato la consegna per Lunedì 18 Ottobre.
Non so se essere felice per la notizia appena ricevuta.
Significa che entro il mese di Ottobre, dopo 18 mesi di vita da sfollato, posso rientrare nel mio comune di residenza, che per me, per la mia famiglia equivale al rientro a L’Aquila, abbiamo finalmente finito di viaggiare, tutti i giorni 120 – 150 km, e questa vita è durata 18 mesi, oltre 500 giorni sono trascorsi da quel 6 Aprile 2009.
Questa è la parte buona, della notizia appena ricevuta.
La parte meno buona, è rappresentata dalla preoccupazione per la nuova situazione che dovremo affrontare.
Ricomincia la vita, ma in un posto che non è più quello in cui avevamo vissuto tranquillamente, bene, per oltre 20 anni.
Io lo so perché non ho mai smesso di viverci, tutti i giorni in questi mesi ho fatto il pendolare, ho visto questo territorio agonizzante, distrutto, invivibile, poi ho visto preso d’assalto, terra di conquista di imprenditori lestofanti e faccendieri di palazzo, sotto stato d’assedio durante il G8, poi ho assaporato la speranza di una ripresa mentre venivano smontati i campi profughi, e poi ………………. .
Ormai, questo territorio non è più quello che conoscevamo prima del sisma, non è rimasto neanche un solo punto di riferimento della nostra precedente vita, come era e come lo conoscevamo.
Ora sarà veramente dura, credo che per la mia famiglia comincia adesso la vita da sfollati, una vita che io ho già vissuto solo in parte in questi tristi mesi da pendolare, impegnato nella ricostruzione che non c’è, che non parte per un’assurda burocrazia che interferisce continuamente.
Ma la cosa triste è che dopo 18 mesi, non ci troveremo neanche a rientrare in una nuova città, ma in un caos generale e totale, pure male organizzato, sottoposto a delibere ed ordinanze, che ogni giorno possono intervenire a cambiare vita e le abitudini di chi ci vive, studia e lavora, se mai ci fossero ancora delle abitudini da poter prendere in questa situazione.
E poi mi assale la preoccupazione per i costi che questo rientro ci riserverà. Questo tornare, poi sarà veramente un tornare a vivere?
In questi mesi abbiamo cercato e sperato di poter rientrare nel più breve tempo possibile, ed ora che è alla nostra portata, ci fa paura, come faremo a sopravvivere?
E poi il pensiero al mutuo per una casa che non ho più, che da fine anno dovrò riprendere a onorare, attualmente non ho più ne un lavoro, ne un reddito, l’azienda nella quale svolgevo le mie mansioni prima del sisma ha cessato l’attività, ha chiuso lo stabilimento.
Mi è rimasto solo l’impegno e il lavoro che ne deriva, dall’attività che sto svolgendo riguardo la ricostruzione. Tanto lavoro, che però da 18 mesi non produce nessun reddito, solo spese, che fino ad ora mi sono accollato non avendo altre spese da sostenere per la sopravvivenza, ma ora sorgerà il problema, ora sarà necessario trovare prima possibile una minima fonte di reddito per sopravvivere, un vero lavoro, magari piccolo, che produca un minimo di redito.
Ma a L’Aquila è tutto fermo, a parte qualche iniziativa commerciale, che credo non avrà vita lunga se non riparte la vera economia, industrie, artigianato e terziario, la situazione la vedo proprio brutta.
Intanto la giornata è passa veloce, carichiamo la macchina con tutto ciò che può servire, il piano di recupero dell’abbigliamento si è modificato in corso d’opera, ora ciò che dobbiamo riportare dovrà bastarci per almeno un mese, fino a inizio Dicembre, solo quando ci saremo sistemati nel M.A.P. potremo pensare di riprendere ciò che avevamo portato a Nettuno in quel tragico mese di Aprile 2009.
Caricata la macchina, partiamo alla volta di Isola del Gran Sasso, in macchina commentiamo la nuova situazione che va sviluppandosi, e decidiamo che tutto ciò che si trova in macchina, all’arrivo rimarrà lì, in attesa di poter essere scaricato nel M.A.P. Lunedì, una volta ritirate le chiavi.
Come si dice, la fortuna e cieca, ma la sfiga ci vede benissimo, infatti solo pochi giorni prima, era accaduto che una coppia di amici conosciuti nel residence che ancora ci ospita, trasferitasi in un albergo di L’Aquila già dal mese di Gennaio, era finalmente potuta rientrare nella propria abitazione, ma proprio nel giorno del rientro la signora Annamaria aveva avuto un brutto incidente in casa, a seguito del quale è stato necessario un ricovero ed un successivo intervento chirurgico di ricostruzione del femore rotto.
Tutto ciò ha comportato, e le sta tutt’ora comportando, una totale infermità, che durerà almeno per altri 30 giorni, dopodiché comincerà una la lenta riabilitazione, per questo motivo, non appena è stata dimessa ha chiesto a mia moglie Anna se poteva in qualche modo darle una mano.
Per questo motivo lunedì 18 Ottobre mi reco da solo in comune per il ritiro delle chiavi di “casa”.
Arrivo nel luogo dove hanno edificato il mio M.A.P., comincio a scaricare la macchina, giro per quella che mi hanno venduto come casa, e mi rendo immediatamente conto che l’abitazione, il M.A.P.n.°38 , assomiglia molto di più ad una Baracca che alla Villa a cui si era continuamente riferito il Presidente del Consiglio.
E poi, rispetto a ciò che avevo visto in Tv sui principali canali d’informazione quali TG1, TG2, TG3, TG4, TG5, Studio Aperto e TG La7, non c’era proprio paragone,
- niente spesa per una settimana, il frigo era completamente vuoto;
- niente champagne;
- niente torta per festeggiare;
- niente letterina di benvenuto di Berlusconi e Bertolaso;
ma poi che c ….. o dovrebbero festeggiare coloro che l’hanno trovato torta e champagne?
Forse il fatto che non hanno più casa, o che non hanno più un lavoro, o magari che non sono rimasti sotto le macerie, nonostante fossero stati tranquillizzati proprio da quelle stesse istituzioni che ora affermano di avergli fornito una villa, in sostituzione della casa che non hanno più, oppure dovrebbero brindare per i grandi affari che hanno potuto arricchire le varie cricche che si sono finora susseguite in questa scandalosa, finta ricostruzione.
Insomma, entrato in “casa”, ho avuto la prova provata che anche in questo terremoto, ci sono sfollati di serie A e sfollati di quarta serie.
Dove quelli che ho definito di serie A, sono coloro che sono entrati in questi nuovi alloggi durante i periodi preelettorali, o quando c’erano le TV, che riprendevano l’evento da trasmettere nelle case degli italiani.
Gli altri, quelli di quarta serie, sono tutti coloro che come me, hanno ricevuto questa sudata baracca, definita da sua maestà Silvio I° d’Arcore villa, a fari spenti, quando non c’era nessun che riprendeva, commentava o intervistava.
Così, comincio a fare un giro per le stanze, poso facilmente notare una serie evidenti intollerabili difetti di costruzione, e poi queste “ville” costano 750,00 €/mq, più le opere d’urbanizzazione e le infrastrutture. Tutto ciò fa lievitare il costo fino a 1.200,00 - 1.400,00 €/mq, e anche per questo motivo che ritengo inaccettabili questi difetti costruttivi.
Badate bene non sto parlando di difetti strutturali, ci mancherebbe, ma di tutti quei difetti che contraddistinguono una abitazione costruita per viverci, da una baracca di fortuna, una capanna, un tetto per passarci giusto qualche mese in attesa di una sistemazione definitiva.
Ma la verità la conosciamo tutti.
In quelle baracche, che di casa non hanno nulla, che di funzionale, per viverci non hanno niente, al di fuori di uno scandaloso televisore a cristalli l, messo lì per continuare a propinarci trasmissioni demenziali, come “Il grande fratello, Amici, …..” e tutte le altre, che questa malata democrazia telematica da alcuni anni ci propina, avendo invece cura di nascondere tutta quell’informazione che potrebbe in qualche maniera attivare il cervello o il pensiero dei video-ascoltatori.
Tutto ciò, come se possedere un televisore a cristalli, potesse rappresentare un bisogno impellente per una famiglia di sfollati, di gente che ha perso tutto, che deve ricostruire, ricominciare una vita partendo da sotto zero.
Ma siamo seri.
Chi è che ha potuto partorire simili mostruosità?
Chi è l’ingegnere, l’architetto che in quei moduli ci ha trascorso una sola settimana, e può continuare sostenere che queste sono abitazioni, case?
Il M.A.P. n.° 38 di Collarano (18 Ottobre 2010)
Ma la situazione del mio M.A.P. è del tutto particolare, ecco l’elenco dei difetti e dei problemi emersi dopo una prima veloce ispezione:
- le travi che sostengono il tetto sono tutte spaccate, segno evidente della presenza d’umidità nel legno;
- i pilastri risultano malamente piallati, ne sono levigati e risultano privi di verniciatura di finitura “turapori”, mentre sono evidentemente scheggiati e spaccati, segno di una lavorazione precaria;
- le pareti di cartongesso che delimitano il perimetro delle stanza che compongono l’abitazione non sono ancorati alle pareti perimetrali della struttura in legno precompresso, segno della mancata finitura d’ancoraggio di queste parti con rete;
- a seguito di ogni utilizzo dallo sciacquone del water, parte la caldaia, segno evidente che l’impianto idrico è stato montato in maniera errata, è stata collegata la linea dell’acqua calda allo scarico;
- alcuni scuri esterni delle finestre non si aprono, altri non si chiudono, frutto di un evidente pressapochismo dei montatori degli infissi;
- la porta blindata ha un gioco da terra di almeno 2 -3 cm., segno che è stata montata senza nessuna messa a punto dell’infisso;
- non mi sono state fornite tutte le chiavi della porta blindata, per l’esattezza mancano ancora due delle tre chiavi a corredo;
- il lavabo del bagno è in equilibrio precario, così come il termosifone ballano vistosamente, segno che non sono stati fissati con la dovuta perizia ai muri in cartongesso;
- i mobili sono imbullonati mediante tasselli ai muri in cartongesso e non possono essere rimossi, e comunque rimovendoli è necessario ancorarli nuovamente ai muri perché rimangono sempre in equilibrio precario;
- Il M.A.P. è arredato con due camere da letto matrimoniali, munite di letto, rete e materasso matrimoniale, segno evidente che al momento dell’arredo del modulo non si è preso in considerazione la composizione del nucleo familiare che l’avrebbe abitato;
- L’interno è perfettamente pulito, i mobili sono splendenti, aprendo le finestre si può ammirare un panorama mozzafiato, neanche una di queste affermazioni è vera, il modulo è tutto da pulire sul linoleum c’è del bostik ormai secco, i mobili presentano due dita di polvere, la baracca è circondata da rete oscurata da teli che impediscono qualunque visuale, proprio un campo di prigionia, “la baracca n.°38 del capo di prigionia di Collarano”
- …………………..
A questo punto, con mia moglie Anna abbiamo deciso di chiamare “linea amica”, per chiedere un intervento della Protezione Civile, che per la verità non si è fatto attendere, nel primo pomeriggio sono intervenuti degli operai che hanno svolto, secondo le direttive ricevute, degli interventi, che non mi sembrano molto ben fatti.
Successivamente, sono intervenuti dei tecnici, si sono presentati in divisa e si sono qualificati come ingegnere strutturista, e come progettista direttore dei lavori del villaggio, appartenenti alla Protezione Civile Nazionale.
Alle nostre immediate rimostranze per ciò che avevamo appena ricevuto in assegnazione dopo 18 mesi d’attesa, vissuti da sfollati, da pendolari, sbattuti nelle strutture alberghiere che loro avevano scelto, che ci avevano imposto, hanno prima ribattuto che quello dove ci trovavamo era uno dei migliori M.A.P., poi che le doppie camere matrimoniali erano una scelta atta ad ospitare la famiglia media italiana, che per loro è composta da: una coppia di coniugi con figlio e i genitori di uno dei due coniugi a carico.
Al che si è accesa un’aspra polemica, ci siamo alterati, abbiamo alzato la voce e i toni della discussione.
Abbiamo ribattuto che in quei 18 mesi avevamo partecipato a ben quattro censimenti, e che l’anagrafe del nostro comune conosce benissimo la composizione della famiglia giacché ci stanno mantenendo da 18 mesi ed ha speso fino ad ora oltre 150.000,00 €.
E poi abbiamo continuato, gridandogli in faccia, che tutto ciò era una vergogna, che quei moduli, quel M.A.P. era costato oltre 750,00 €/mq., cioè 60.000,00 €, 120.000.000 £, non potevamo accettare che si potessero spendere tutti quei soldi, sottraendoli alla vera ricostruzione, per ottenere dei manufatti in quelle condizioni.
E loro, a replicare che avevano dovuto costruire in poco tempo, che quella era edilizia economica e popolare, che quindi non erano previste finiture, e non le potevamo pretendere, e aggiungevano che se non ci piaceva il M.A.P. potevamo rinunciarci e passare all’autonoma sistemazione.
E noi, a ribattere che 18 mesi non ci sembravano proprio poco tempo, e poi dove stava scritto che l’edilizia economica e popolare non deve prevedere dei lavori eseguiti a regola d’arte, quelle che avevamo segnalato non erano finiture mancanti, ma solo lavori fatti male, fatti alla meglio, evidentemente da personale inesperto, insomma per dirla in breve tutto arrangiato, e dopo 18 mesi tutto questo non poteva certo essere accettato.
Soprattutto non potevamo ne intendevamo accettare un simile contradittorio che ci veniva proposto proprio dai diretti responsabili di quell’intervento, da coloro che svolgono queste mansioni a nome del Dipartimento di Protezione Civile, pagati da tutti noi.
E per finire, costoro hanno avuto pure l’ardire di lagnarsi, perché loro non hanno alloggiato in albergo come noi, loro in quei 18 mesi erano sati costretti a vivere accampati per assisterci.
Scordando banalmente, che loro forse avevano vissuto in condizioni disagiate, ma solo per cinque giorni a settimana, e per questo motivo percepivano oltre a un lauto stipendio, anche una indennità di trasferta, e comunque quella era la loro professione, il loro lavoro..
Scordando banalmente che trascorsa la settimana lavorativa, il venerdì sera potevano tranquillamente rientrare in una casa, potevano condurre una vita normale con la loro famiglia, mentre noi, che eravamo veramente sfollati, stavamo vivendo, magari in albergo, semplicemente perché una casa, un lavoro, una vita normale non l’avevamo più.
Quel M.A.P. che era diventato argomento di un così aspro dibattito avrebbe rappresentato per noi, per tutta la nostra famiglia, il punto di riferimento per la vita dei nostri prossimi 10 – 20 anni, non potevamo ne permettere, ne accettare, di svendere i nostri diritti, se avessimo ceduto sarebbe stato per sempre, e questo non era giusto non tanto per noi, ormai ultracinquantenni, ma per i nostri figli che avrebbero dovuto condividere con noi quel tipo di vita ancora per diversi anni.
A seguito di ciò, il giorno successivo, il 20 Ottobre 2010, ho presentato un esposto al mio comune, nel quale richiedevo gli interventi di manutenzione necessari, e la fornitura di due letti singoli in sostituzione di una delle due stanze matrimoniali, in modo da poter dare un letto a ciascuno dei miei tre figli.
Ecco questa è la ciliegina sulla torta che questo Governo mi ha regalato dopo questi 18 mesi trascorsi da sfollato deportato.
Grazie Silvio, grazie Bertolaso, Vi siete superati nel portare a termine questo MIRACOLO AQUILANO, solo che io questo miracolo proprio non ci riesco a vederlo, anche se mi sforzo, non c’è, non c’è mai stato e fino che sarete Voi a gestire la nostra, la mia vita, non potrà esserci.
Capitolo secondo : La commissione grandi rischi, il mancato allarme, il caso Giuliani
La commissione grandi rischi (Marzo 2009, una settimana prima del sisma)
A seguito del precipitare degli eventi il sindaco Massimo Cialente richiede la convocazione della Commissione Grandi Rischi, che si riunisce a L’Aquila il 31 Marzo, solo sei giorni prima del tragico evento.
Questa ha provveduto a tranquillizzare la popolazione, affermando: “che nulla di grave poteva accadere” vedi testuali parole tratte dal verbale:
- (Prof. Boschi), “ ……. Improbabile che ci sia a breve una scossa come quella del 1703, pur se non si può escludere in maniera assoluta” aggiunge “ …..Quindi la semplice osservazione di molti piccoli terremoti non costituisce fenomeno precursore. ………. E’ invece noto che il comune di L’Aquila è classificato in zona 2, e comunque è caratterizzato da una sismicità che richiede una particolare attenzione verso le costruzioni, che vanno rafforzate e rese capaci di resistere ai terremoti.”
Le costruzioni, vanno rafforzate? Rese capaci di resistere ai terremoti? Infatti ci si è subito preoccupati di verificare dopo gli innumerevoli allarmi lanciati dai studenti, lo stato della sicurezza della Casa dello Studente, ci si è accorti immediatamente che mancava semplicemente un pilastro.
Mai sentito parlare del “Rapporto Barberi”?
- (Il prof. Calvi)“ aggiunge …… sulla base del documento distribuito dal DPC (Dipartimento Protezione Civile), …..le registrazioni delle scosse sono caratterizzate da forti picchi di accelerazione, ma con spostamenti spettrali molto contenuti, di pochi millimetri, e per ciò difficilmente in grado di produrre danni alle strutture.”
Mai sentito parlare di “Abruzzo Engineering”
Infatti, dopo il sisma, dato che gli spostamenti erano di pochi millimetri, il centro è tutti i borghi storici dei comuni limitrofi sono rasi al suolo.
E fortuna che questi eventi non potevano produrre danni alle strutture.
Il dubbio, che da parte di qualche luminare si sia sottovalutata la situazione, c’è e resta.
Questi luminari, come tutti gli esseri umani, possono commettere errori di valutazione, questo fa parte della professione che si svolge, e non c’è possibilità di evitare simili errori.
La cosa invece veramente grave, è che questi baroni della scienza, si sono permessi di giudicare, di concorrere alla denuncia per procurato allarme verso altri tecnici, che loro, con molta arroganza hanno ritenuto inattendibili e meno qualificati.
Con il loro atteggiamento, nella veste di assoluti e unici studiosi qualificati, hanno gettato discredito su queste persone, che non sono più state prese sul serio, i loro allarmi non sono più stati ascoltati.
Per la stupida presunzione di qualche luminare sono rimaste sotto le macerie 308 persone, che come me, come tutti noi, hanno avuto fiducia nel ruolo istituzionale che rappresentavano.
E questi luminari esprimono, e continueranno ad esprimere opinioni, che equivalgono per tutti noi, a sentenze.
- Continua l’intervento (il prof Barberi) “…. non c’è nessun motivo per cui si possa dire che una sequenza di scosse di bassa magnitudo possa essere considerata precursore di un forte evento.”
Eventi di bassa magnitudo, 4° – 4,5° gradi sulla scala richter, sono eventi di bassa magnitudo, ma per preoccuparsi, per dare un allarme doveva proprio venire giù tutta la città?
Ma professore, il famoso rapporto Barberi, quello che porta proprio il suo nome, si è scordato di averlo redatto proprio Lei?
Di averlo inviato a sindaci, a presidenti di provincia e di regione?
Ma, siamo sicuri di pagare questi luminari, perché con i loro studi, ci aiutino a prevenire eventi calamitosi?
Se non danno l’allarme quando si verificano scosse di questa entità, durante una sequenza sismica che dura da 3 – 4 mesi, quando lo danno sto benedetto allarme?
Forse quando la città e rasa al suolo?
Se è così, possiamo anche mandarli a casa, non c’è motivo di spendere denaro.
Allora, mettiamoci d’accordo, se non è possibile prevedere un terremoto non è neanche possibile smentire che un simile evento si possa verificare.
Ma cari accademici, volete essere coerenti con le vostre stesse affermazioni?
Allora, chi vuole spiegare il motivo per il quale, dopo il sisma del 6 Aprile 2009, per paura di forti scosse la popolazione, anche quella con casa classificata “A, agibile”, è stata allontanata?
Ma le scosse dal dopo sisma, non erano semplici scosse di assestamento, del tutto normali, senza pericoli per la popolazione?
Ma non si era detto che non era possibile una scossa paragonabile a quella del sisma del 1703?
Ancora tutte pu …… te, utilizzate con maestria dai pubblicitari del nostro premier, ma sempre e solo pu ..… te, che sono costate la vita a 308 persone. che si sono fidate delle parole di chi rappresenta le istituzioni.
Infatti solo dopo pochi giorni la grande scossa, l’8 aprile 2010, viene pubblicata l’Intervista a Daniela Pantosti dell’INGV. L’argomento dell’intervista riguarda, guarda caso, proprio la faglia di Paganica, quella per intenderci responsabile del disastro.
Testo dell’Intervista a D. Pantosti:
“la faglia di Paganica”
La mattina stessa del terremoto de L'Aquila del 6 aprile le squadre del Gruppo MERGEO si sono recate in area epicentrale per rilevare gli effetti sull'ambiente naturale prodotti dal terremoto.
EMERGEO: un gruppo di lavoro INGV che ha come scopo il rilievo geologico in caso di evento sismico
In questa mappa oltre alle tracce delle faglie che vediamo qui riportate in nero vedete questi cerchietti colorati che rappresentano tutti i punti di osservazione degli effetti naturali prodotti dal terremoto.
Gli effetti più comuni erano quelli legati comunque alla accelerazione del suolo prodotta dal terremoto come frane, caduta massi, e scoscendimenti in zone alluvionali e pianeggianti.
Molto frequente è stata anche l'osservazione di fratture, come questa in questo campo agricolo con una componente del movimento sia verticale che un'apertura.
Molto spesso queste fratture interessavano anche manufatti chiaramente strade asfaltate e/o anche l'interno di abitazioni, giardini, muretti di recinzione.
Le fratture avevano la caratteristica di essere allineate lungo elementi tettonici preesistenti.
La faglia di Paganica
In particolare quelli riportati qui in rosso lungo la faglia di Paganica sono quelli che consideriamo l'espressione in superficie della deformazione prodotta in profondità dal terremoto.
Qui in particolare vediamo la zona dove le fratture lungo la faglia di Paganica sono le più evidenti e sono quelle che sono considerate direttamente legate al piano in profondità. E in questo piccolo blocco - diagramma potete vedere come, in modo molto schematico, il piano di faglia che raggiunge la superficie praticamente corrisponda nella parte superficiale alle rotture della faglia di Paganica.
Nei mesi successivi al terremoto gli studi geologici si sono concentrati alla caratterizzazione e mappatura di dettaglio delle faglie che caratterizzano la zona epicentrale, ed in particolare la faglia di Paganica.
Questo perché abbiamo visto quanto, sia per il rischio di fagliazione superficiale che per dare un contributo più importante agli studi di pericolosità sismica, sia importante la conoscenza delle faglie attive.
Alla ricerca dei terremoti del passato: gli scavi paleosismologici
Questi studi vengono anche supportati da indagini paleosismologiche.
In pratica si cerca geologicamente di riconoscere le evidenze di terremoti del passato che hanno prodotto come nel 2009 delle rotture in superficie come questa.
Questo è un caso molto bello in cui potete vedere che la rottura in superficie, quindi la frattura lungo la faglia di Paganica, corrisponde in profondità con una faglia geologica che mette a contatto queste brecce bianche con dei depositi olocenici, quindi di circa 10.000 anni, più scuri, più organici.
In questo altro scavo invece, i depositi sono di natura diversa, hanno una matrice organica e la traccia del piano di faglia al di sotto delle rotture del 2009 che sono rappresentate da questo piccolo scalino sono sicuramente più difficili da vedere.
Ma se si seguono questi contatti tra un tacco e l'altro, quindi la linea verde e la linea gialla ed il blu, si può notare che questi contatti mostrano un incremento con l'età del ribassamento di questo settore a destra rispetto quello a sinistra.
Un'analisi attenta di tutti i depositi e dei rapporti strutturali ci ha permesso di riconoscere ben 5 eventi compreso il 2009.
La datazione con radiocarbonio e con dei frammenti di ceramica di epoca storica ci ha permesso anche di datare, quindi dare un'età, ad ognuno di questi tacchi.
Queste informazioni ci hanno permesso di ricostruire - diciamo - una storia sismica di questa faglia, ed in particolare 5 eventi di cui in particolare il 2009 è il più recente, il 1461 è molto probabilmente l'evento precedente, e poi altri 3 eventi più antichi.
Quello da notare è che gli eventi - questo è il ribassamento verticale di ogni evento - sono tutti di entità molto simili al 2009 e anche la loro spaziatura nel tempo sembra abbastanza regolare quindi dell'ordine dei 500 - 800 anni.
Queste informazioni sono molto importanti per gli studi di pericolosità sismica.
Il mancato allarme - Bertolaso io sereno (Gennaio – Marzo 2009)
Articolo tratto da “Il Centro”
di Enrico Nardecchia
Il capo della Protezione civile bacchetta gli enti locali e ammicca al popolo delle carriole
«Abbiamo fatto tanto, ora tocca agli altri. Ma non ci tiriamo indietro. E, se serve, torniamo». Guido Bertolaso è un guerriero ferito dall’inchiesta su appalti e corruzione, che lo vede indagato, e pure dalle intercettazioni telefoniche. Ma all’Aquila, dove prima della bufera giudiziaria era un mito assoluto, sembra ritrovare la forza dei giorni migliori. Qui glissa sulle indagini («Pronto a dare, se richieste, tutte le spiegazioni»), richiama gli enti locali a un maggiore impegno, corregge il tiro sulle carriole, promette soluzioni rapide per le famiglie ancora sulla costa e parla anche del mancato allarme. «Gli esperti qui convocati non hanno evidenziato segnali di pericolo tali da poter programmare piani di evacuazione».
Delle cose fatte all’Aquila, quale racconta per prima?
«Valga per tutte il lavoro sulle scuole. Senza l’avvio dell’anno scolastico, nello scorso settembre, non vi sarebbe stata nessuna possibilità di dare speranza all’Aquila e agli aquilani perché, ovviamente, c’era il rischio che vi fosse una diaspora delle famiglie verso altri centri dove fosse garantita l’educazione dei propri figli. Per noi è stato un investimento, una sfida, un traguardo che a tutti i costi dovevamo raggiungere e l’aver fatto rientrare a scuola, tra fine settembre e primi di ottobre, circa 17mila studenti all’Aquila e nei Comuni del cratere credo sia stato il vero forte segnale che si poteva investire sull’Aquila. Successivamente, le iscrizioni all’Università, che dovevano essere limitatissime, hanno conosciuto, invece, sviluppi e numeri al di là di ogni previsione».
Emergenza casa. Altra Pasqua da esiliati per migliaia di aquilani. Quali soluzioni ci sono?
«Vi siamo sempre vicini e seguiamo con attenzione tutta la problematica dell’assegnazione di alloggi e sistemazioni di quelli che ancora attendono un luogo sicuro. Ci sono sempre i tecnici del Dipartimento insieme a Comune e Regione. Continua quel gioco di squadra che ci consente di poter affermare che, nell’arco delle prossime settimane, anche quei single e quelle coppie in attesa di una sistemazione troveranno un’accoglienza degna in qualche struttura dell’Aquila».
Prima e dopo. È cambiato il vostro impegno qui?
«Piuttosto è cambiato il clima, la situazione. C’è una seconda fase altrettanto complessa e difficile da portare avanti ma, comunque, con la consapevolezza che la stragrande maggioranza degli aquilani si trovano in condizioni confortevoli, dalle quali possono programmare e pianificare l’attività di ricostruzione».
Mancato allarme. È rimasta appesa la sua frase al forum del Centro: “Prima di andare via dirò cosa penso di queste cose”. Che risposte per quei genitori rimasti senza figli?
«Riservatamente e privatamente, a quelli che si sono rivolti a me direttamente, ho risposto in modo articolato, dettagliato, puntuale senza sfuggire di fronte a domande e problemi posti. In questo momento bisogna ancora attendere le attività che sta portando avanti la magistratura. Apprendo dai giornali di un’indagine in corso. Quando ve ne sarà l’occasione e l’opportunità, magari, si parlerà di questo anche in modo più ufficiale e più pubblico».
Davvero non c’erano attività di prevenzione da attuare dopo la commissione Grandi rischi del 31 marzo?
«Quella riunione del 31 marzo mi convinse molto: quella è la nostra struttura tecnico-scientifica nazionale di riferimento. Le indicazioni della commissione le abbiamo seguite. Si parlava soprattutto di cercare di avere un sistema di risposta all’eventuale emergenza che fosse il più efficace possibile. E mi pare che il mondo abbia riconosciuto che questa gestione sia stata indiscutibile. Scienziati di tutto il mondo venuti qui hanno sottolineato che i segnali non erano tali da poter indurre decisioni che comportassero piani di evacuazione o altro. L’informativa della polizia? Non ne so nulla. La documentazione l’abbiamo consegnata da tempo. Se c’è da dare ulteriori chiarimenti siamo a disposizione».
Prima, nell’emergenza, s’è detto: bravo Bertolaso. Oggi, per le magagne, si dice: colpa di Cialente. Gli avete lasciato il cerino in mano?
«Bisogna mettersi d’accordo. Per mesi qualcuno si lamentava che Bertolaso aveva sottratto alle realtà locali e agli amministratori la responsabilità degli interventi e della ricostruzione. Dopodiché, passato il testimone, com’era giusto che fosse, si comincia a temere che le realtà locali non siano messe nelle condizioni di poter svolgere il loro mestiere. Delle due l’una: o era corretto il lavoro che si stava svolgendo prima, oppure bisogna decidere ora chi è che deve portare avanti questa responsabilità. Noi non abbiamo mai, neppure per un istante, sottratto compiti e responsabilità al cosiddetto territorio. Quando c’era il momento delle decisioni rapide, tempestive, urgenti, difficili per dare risposte agli abitanti ci siamo caricati questo genere di compito. Oggi che la situazione può essere portata avanti con maggiore condivisione approfondendo le problematiche e individuando le soluzioni nel lungo periodo lo devono fare le autorità locali. Se poi loro hanno bisogno di una mano, non v’è il minimo dubbio sulla nostra assoluta totale disponibilità».
Ricostruzione e soldi. Ci sono risorse? E quante di queste sono certe?
«Dal punto di vista economico i soldi ci sono. C’è anche una buona e sostanziale somma di un paio di miliardi di euro stanziati dal decreto legge. Invece di continuare a dire “ce la facciamo da soli” o no, “ci abbandonano” o meno, bisogna pensare a rimboccarsi le maniche e ad andare avanti con lo stesso impegno che noi abbiamo garantito nei passati mesi».
Ricostruzione lenta, poche idee. La pensa così?
«Vi erano normative per una ricostruzione e progettazione molto rapide, assicurate nelle mani di proprietari e cittadini, cercando di evitare la burocrazia. Purtroppo non è stato così. Domande con lentezza, parte tecnica oberata di lavoro, imprese con numerosissime richieste. Tutto questo non ha facilitato il compito».
Perché le carriole non le sono simpatiche?
«Non è vero. Le ho usate quand’ero più giovane e in tante altre situazioni. Non vedo nessuna polemica strumentale. Lo interpreto come un segnale di volontà di ricostruire quel centro storico al quale tutti guardiamo con grande speranza».
Bertolaso via senza aver realizzato...
«Da settembre avevamo un progetto per la zona rossa. Se non ricordo male vi fu una certa levata di scudi di alcune autorità locali. Facemmo marcia indietro. Con quella proposta oggi saremmo più avanti...».
Il mancato allarme - Onna denuncia esposto alla commissione Grandi rischi (Gennaio – Marzo 2009)
Articolo tratto da “Il Centro”
di Giampiero Giancarli
In Procura esposto dei residenti contro la commissione Grandi rischi. In mano ai pm studi di sismologi che contraddicono le valutazioni della commissione. Sono oltre cento finora le possibili parti civili pronte a costituirsi nel processo penale
L’AQUILA. Arriva anche da Onna una denuncia contro la commissione Grandi Rischi. Infatti, tempo addietro, un gruppo di cittadini della frazione che ha pagato il più alto tributo di vittime per il sisma, si è rivolto a un legale per fare chiarezza sul mancato allarme.
ONNA. Queste denuncia, come del resto altre segnalazioni alla polizia giudiziaria fatte in precedenza, è stata corredata da interviste rilasciate sia su carta stampata che televisive, con le quali sono state date le incaute rassicurazioni alla gente; ma anche da studi di sismologi secondo i quali forse si doveva prestare maggiore attenzione allo sciame che ha preceduto la tremenda scossa del 6 aprile. L’esposto, nel quale si ipotizza il reato di omicidio colposo plurimo, è stato presentato tramite l'avvocato Fabio Alessandroni.
Onna è stata la frazione aquilana più martoriata dal terremoto: 40 le vittime a fronte di poco meno di quattrocento residenti.
ALTRI ESPOSTI. Finora sono una trentina gli esposti presentati alla procura, tramite i familiari delle vittime, ognuno dei quali contempla molti sottoscrittori. Ne consegue che sono già decine e decine, forse già un centinaio, le parti offese pronte a chiedere la costituzione di parte civile qualora l’indagine, portata avanti dai Pm Alfredo Rossini e Fabio Picuti, dovesse andare molto avanti. Del resto se sono molte già adesso le persone che hanno già avviato decise azioni giudiziarie è prevedibile che altrettante si faranno avanti in futuro visto che il termine per la costituzione di parte civile è quello dell’udienza preliminare: data ancora molto lontana in una inchiesta che deve ancora definire gli indagati.
PRIMA DENUNCIA. L’inchiesta è stata avviata dalla procura aquilana dopo la denuncia presentata il 17 agosto 2009 dall’avvocato Antonio Valentini nella quale si avanzavano grosse perplessità sull’atteggiamento della commissione. Nella stessa denuncia si indicarono sette persone, familiari di altrettante persone decedute, pronte a testimoniare che i loro cari erano restati a casa dopo le prime scosse in seguito alle rassicurazioni date da persone più esperte di loro.
IL NODO. Al di là dei contributi tecnici e dossier forniti a tutto campo dagli autori degli esposti, il punto nodale che accomuna tutte le denunce gira sempre intorno alla stessa domanda: perché sono state rilasciate dichiarazioni rassicuranti da persone autorevoli sulle conseguenze dello sciame sismico precedente al 6 aprile visto che i terremoti non sono prevedibili?.
SVILUPPI. Le indagini, sulle quali il pm Alfredo Rossini, non intende fare alcun commento, sono affidate alla squadra mobile e alla squadra di pg della polizia di Stato che hanno ascoltato circa 50 persone informate sui fatti. Nelle passate settimane il procuratore capo aveva sottolineato che la svolta su questo atteso filone non era imminente. Da fonti interne della procura è poi emerso che i pm avrebbero atteso lo svolgimento delle elezioni per non influenzare il clima politico con una inchiesta i cui esiti avranno risonanza nazionale.
Il mancato allarme - «Ho perso tutto, dissero di stare tranquilli» (Gennaio – Marzo 2009)
Articolo tratto da “Il Centro”
di Roberto Raschiatore
Parla per la prima volta il pediatra medaglia d’oro rimasto senza figli e senza moglie: Chiedo verità e giustizia, del mio condominio in via Campo di Fossa si parla poco malgrado i ventisette morti
Massimo Cinque, medico pediatra, accetta di aprire per la prima volta da un anno la sua pagina del dolore, e di raccontarla. Il 6 aprile 2009 il medico Massimo Cinque ha perso tutto nel crollo della sua abitazione in via Campo di Fossa al civico 6: i figli Matteo e Davide, le sue «piccole pesti» di 9 e 11 anni, sua moglie Daniela Visione, di 43 anni.
L’AQUILA.
Fissa un punto nel vuoto e racconta.
Racconta e si tormenta le mani, rigira la fede rimasta all’anulare, senza più una lacrima da perdere in un futuro che non riserva sogni o conquiste. Racconta con gioia dei suoi figli e della moglie perduti nella terribile notte. Racconta con rabbia del mostro terremoto, degli allarmi inascoltati, delle troppe rassicurazioni traditrici, dei 308 martiri uccisi da sassi e cemento fragile.
Massimo Cinque l’ha risparmiato il destino.
Quella notte di un anno fa era in servizio nell’ospedale di Sulmona, dove lavora da sette anni. «Alle 23,30 mi chiamò mia moglie Daniela», racconta, «mi disse che c’era stata l’ennesima scossa e mi chiese come doveva comportarsi. Non ti preoccupare, le risposi, dormi tranquilla. Le ripetei le parole che ci avevano detto gli esperti. Quella è l’ultima volta che l’ho sentita. Alle 3.32 fui svegliato dal terremoto, ma non mi preoccupai, non so per quale motivo. E tornai a dormire. Due ore dopo le infermiere mi avvisarono che la televisione stava trasmettendo le immagini dell’Aquila distrutta. A quel punto ho capito qual era la gravità, ho provato a contattare i miei, sono partito. Sulla Statale 17, a Castelnuovo, ho avuto un brivido di fronte alla prima casa sventrata. All’Aquila ho trovato e visto l’inferno. Della mia casa in via Campo di Fossa era rimasta solo polvere. Un palazzo sbriciolato. In venti secondi ho perso tutto ciò che un uomo può perdere. Una moglie e una madre esemplare. Matteo e Davide, due bimbi pieni di vita. I vigili del fuoco li hanno trovati nel lettone. Non passa giorno della mia nuova vita senza un pensiero rivolto a loro. Un ricordo sempre vivo. Ringrazio il Signore che mi ha dato la fortuna di averli avuti a fianco, anche se per poco. Li porto nel cuore. Come porto nel cuore i tanti che mi hanno aiutato in questi mesi. Molti amici, i miei suoceri, mio cognato, i miei genitori. Sono stati al mio fianco, le istituzioni no».
Qui il ricordo si fa rabbia. Massimo Cinque, a pochi giorni da questo primo anniversario, ha ricevuto una medaglia d’oro dal ministro della Salute, Ferruccio Fazio. Una medaglia perché il medico è tornato al lavoro subito dopo i funerali e ha prestato la sua opera in favore delle popolazioni colpite dal terremoto. «Ho fatto semplicemente il mio dovere», riprende Cinque, «sono un medico, faccio il pediatra, e ogni giorno devo assumermi delle responsabilità per i miei piccoli pazienti, prendendo decisioni anche immediate. Posso camminare sempre a testa alta, dovunque vada. Altri la testa la devono abbassare.
Sì, sono critico. Il 31 marzo di un anno fa la riunione della commissione Grandi rischi si concluse in venti minuti. Come una riunione di condominio. E senza adottare alcuna decisione. Il vicecapo della Protezione civile De Bernardinis disse di stare tranquilli, di stare in casa e bere una buona bottiglia di vino Montepulciano. Quelle parole sono impresse nella mia mente. Mi sono fidato, ci siamo fidati di persone che ricoprono ruoli di grande responsabilità. Quelle parole le ho ripetute a mia moglie in quell’ultima telefonata: le ripetei di stare tranquilla. Ci dissero che la terra più scarica energia e meglio è. Dovevano invece avvertirci che ci trovavamo in uno stato di allerta, che i terremoti non si possono prevedere ma che non si possono neanche escludere. Bisognava realizzare dei punti raccolta per la popolazione, perché la situazione non era così tranquilla. Quanto è successo è vergognoso e inconcepibile. Ho dubbi atroci, mi pongo tante domande. Perché dopo il 6 aprile tutti gli scienziati che studiano questi fenomeni hanno detto che il terremoto dell’Aquila ha dato ampi segnali, si è fatto annunciare con grande anticipo? Questo mostro bussava alle nostre porte da più di quattro mesi e io quella notte l’ho fatto entrare in casa mia perché qualcuno mi aveva rassicurato. Per questo chiedo verità e giustizia. Le chiedo per mia moglie e i miei due angeli, per tutti i 308 martiri morti quella notte. Martiri perché hanno pagato le colpe di altri. Nel mio palazzo, costruito negli anni Sessanta, sono morte 27 persone, fra le quali due bimbi piccoli e una quindicina di studenti universitari. Non so a che punto sia l’inchiesta della magistratura, però ricordo che non possono esserci morti di serie B. Sarebbe il caso di parlare un po’ di più di questo palazzo in via Campo di Fossa, come si fa per la Casa dello studente o per l’edificio in via D’Annunzio. Ho incontrato il capo della Protezione civile Bertolaso pochi giorni fa, alla presentazione del libro di Roberto Grillo. Una rapida stretta di mano e niente più. Da Bertolaso aspettiamo ancora delle risposte. Il 14 agosto, durante il video forum organizzato dal Centro, il giornalista Giustino Parisse pose la domanda che ci facciamo tutti:
si poteva fare qualcosa prima?
Bertolaso rispose:
parlerò il 31 dicembre nel momento in cui vi saluterò. (ancora aspettiamo i chiarimenti)
Dopo, alla lettera del padre di una giovane vittima pubblicata sempre sul Centro, lo stesso Bertolaso riferì che c’erano state troppe morti, annunciò che alla fine del suo mandato avrebbe detto cose che allora non si potevano dire.
Aspettiamo queste risposte. Le dobbiamo ai nostri martiri. Le pretendo per la mia splendida moglie e per i miei piccoli angeli».
Il caso Giuliani (Aprile – Dicembre 2009, la mancata prevenzione)
Mentre a L’Aquila la terra trema, la Protezione Civile e Bertolaso sono presso l’isola della Maddalena impegnati nelle operazioni di organizzazione del programmato G8.
Quando Bertolaso viene informato che c’è un individuo, un ricercatore che sta lanciando allarmi invece di verificare cosa sta accadendo ritiene giusto denunciare per procurato allarme, il semplice Sig. Giampaolo Giuliani, che ha la sola colpa di essere un tecnico, e come tecnico verifica tutti i suoi esperimenti, e da queste verifiche conclude che un gas che si trova in natura, ha la particolarità di variare la sua concentrazione con un anticipo di circa 6 – 24 h su un successivo evento sismico.
Costui, da dieci anni conduce studi a proprie spese, non è sovvenzionato dallo Stato, come l’I.N.G.V. o come la mirabile macchina istituzionale della Protezione Civile, che dovrebbero occuparsi di prevenzione, invece d’organizzare eventi fieristici per il nostro premier, in difficoltà per la sua condotta, in difficoltà con la stampa, in difficoltà con la di Lui consorte.
Costui dicevo, realizza dei prototipi di macchie denominate PM2 e PM4, che sono oggi in grado, mediante triangolazioni sul territorio, di stabilire l’epicentro di un possibile sisma nelle successive 6 – 24 ore dalla registrazione della variazione della concentrazione di radon, oltre ad indicare la magnitudo espressa in gradi su scala richter con uno scostamento di +- 0,2°.
Ma nessuno ha ritenuto semplicemente utile verificare l’attendibilità di queste macchine.
Perché, quali sono o erano gli interessi in gioco?
Chi ha il coraggio di dare una risposta sensata, accettabile, condivisibile da uno sfollato che ha perso tutto, che ha subito dei lutti, che non ha più un lavoro o la sua attività, che vive o ha vissuto al freddo sotto una tenda e per ottenere il pasto nella mensa del suo campo deve presentare il passi, come se stesse mendicando?
Chi ha il coraggio di dare questa risposta a costoro, che per raggiungere i servizi igienici del campo nel quale sono ospitati, nella migliore delle ipotesi debbono percorrere 500 – 1000 m, sotto l’acqua, nel fango, al freddo o sotto un sole cocente, o a coloro che sono ospitati in una delle meravigliose strutture alberghiere della costa dove debbono sopportare le peggiori vessazioni, e per raggiungere la città per recarsi al lavoro, o solo per portare la scuola i figli, debbono partire entro le 6.00 per essere in città alle 8.00, per rientrare nella struttura che gli ospita alle 21.00, percorrendo mediamente tra andata e ritorno 200 – 250 km/gg..
Su datela questa risposta?
Ma fate i modo che abbia un senso compiuto?
Siamo tutti curiosi di capire quello che ancora oggi ci risulta incomprensibile.
Ma il tempo è sempre il miglior giudice, così può accadere che quello che solo pochi mesi prima pareva un’eresia agli occhi degli esperti, dei superburocrati dell’INGV, si possa trasformare in una grande scoperta scientifica.
Così accade che ad un anno dal sisma apprendiamo dalla TV che l’INGV “Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia” ha condotto e portato a termine una ricerca con l’università “Tor Vergata” di Roma, dalla quale emerge che il radon, guarda caso, proprio lo stesso gas studiato da Giuliani, può essere considerato un precursore di eventi sismici.
Un precursore sismico?
Ma l’INGV non è lo stesso ente di Stato, che per bocca dei suoi superpagati tecnici, ingegneri e vari altri superburocrati, aveva reso di pubblico dominio l’affermazione riguardo l’imprevedibilità dei terremoti?
Questi non sono forse gli stessi tecnici che avevano dichiarato che non esistono precursori sismici?
Che avevano definito Giuliani un imbecille, ed avevano fatto in modo che ricevesse pure un avviso di garanzia per procurato allarme?
Manco a dirlo, anche questa notizia riguardante i risultati di questa importante ricerca, ottenuti solo un anno dopo il sisma di L’Aquila, passa senza ottenere nessuna particolare risonanza dai media.
Il Paese non deve sapere che la previsione di Giuliani aveva un fondamento scientifico, e che questo ora è anche provato da una ricerca universitaria condotta proprio da INGV, la stessa istituzione che Lo aveva denunciato per procurato allarme.
Come non si deve sapere che Giuliani aveva previsto la scossa del 6 Aprile, e che questa notizia era stata raccolta in un intervista la sera di quel 31 Marzo da una troupe Rai, ma quel servizio non andò mai in onda per volere di qualcuno.
Di chi?
Perché?
Che dire, come si fa a commentare serenamente questi fatti, diciamo che sono troppo coinvolto, perché francamente è difficile un commento dopo ciò che è accaduto, ci sono 308 vittime che chiedono giustizia, 308 OMICIDI colposi.
Intanto la magistratura comincia a dare i primi segnali, arrivano i primi avvisi di garanzia, e guarda caso tra gli indagati ci sono i membri di quella Commissione Grandi Rischi, che in 28 minuti di riunione, quel giorno, decise di non decidere.
6 Aprile 2009 - la ricostruzione che non c'è - DVD n.° 2
Dopo tre anni si torna a parlare del terremoto de L’Aquila e delle peripezie subite da tutti i suoi abitanti. Lo fa Fausto Torregrossa tramite il suo "diario", un ’racconto denuncia’ tra ricordi, prove e fatti. Erano le 3:32 del 6 aprile 2009 quando tutto ebbe inizio. O forse no? Il racconto di questa tragica storia italiana non comincia quel giorno. Inizia qualche settimana prima del tragico evento, raccontando le tante omissioni che hanno apportato i loro ulteriori danni, quelle omissioni oscurate da quasi tutti i mezzi d’informazione da quei giorni fino ad oggi. E così, nel silenzio di tutti, il terremoto. Nel silenzio di tutti l’epopea dei tanti aquilani attraverso l’Italia. L’epopea di Fausto costretto da sfollato a viaggiare tra una città e l’altra per poi tornare nel suo paese completamente distrutto, rubato ai suoi abitanti, venduto a tutto il mondo, inghiottito dal G8. Il racconto quindi non basta, arrivano le testimonianze, i dati, i fatti. Un saggio per denunciare le gravissime condizioni in cui erano costretti a vivere i terremotati: alberghi di lusso diventano lager, la vita diventa pubblicità per fare interessi altrui. Si ride e si mangia su L’Aquila. La voglia di riscatto però resta. Dopo tre anni ancora a voce alta si cerca di denunciare tutto. Si urla ancora contro i tanti "Sciacalli!!!".
Francesco Fragnito
Dalla collana : “6 Aprile 2009, una storia italiana”
Il primo libro
“ 6 Aprile 2009 – Il diario di uno sfollato” sterza edizione
Copyright © 2009 Fausto Torregrossa
Per informazioni e ordini
Mail: fausto_torregrossa@alice.it
Cell: 346-0191448
Mi presento
Fausto Torregrossa,
nato a Roma il 16-11-1953, coniugato con Anna Maria Rita Carlino, tre figli Marco, Luca e Chiara.
Fino al 2007, opero nell’industria manifatturiera, prima a Roma in “Autovox” successivamente, una volta trasferito a L’Aquila (1987) in “Opti.Me.S., Rhone-Poulenc Argo, Aventis Crop Science e Agriformula”, occupandomi di logistica di stabilimento (Pianificazione, Programmazione, Controllo avanzamento lavori, Magazzini, Inventari, Movimentazione Materiali, Acquisti) software applicativi per l’industria (C.M. Control Manufacturing – SAP r3 – Diapason 5), Capo Progetto sistemi informatici (MRP1, MRP2, ERP).
Stabilito a L'Aquila dimoro per alcuni mesi nella frazione di Paganica, successivamente mi trasferisco in città nel quartiere di Santa Barbara, dove vi risiedo per 15 anni per poi trasferirmi nel vicino quartiere di Pettino.
Nel 2007 un nuovo trasferimento nel vicino comune di San Demetrio né Vestini, dove risiedo fino a quella tragica notte del 6 Aprile 2009.
Oggi vivo da sfollato con tutta la famiglia, presso il comune di Isola del Gran Sasso (Te), in attesa di ricevere in assegnazione un M.A.P. nel comune di residenza.
Impegnato in attività sindacale fin dalla metà degli anni settanta, prima in FLM poi a seguito della scissione in CGIL-FIOM e successivamente a L’Aquila in CGIL- FILCEM.
Sono attivista di Legambiente, mi occupo, collaborando con alcune aziende del settore, di energie alternative: “Fotovoltaico, Solare termico, Geotermia, Climatizzazione” e costruzioni alternative “Bioedilizia”.
Dal giorno del sisma collaboro con alcune imprese impegnate nella ricostruzione nei 57 comuni del cratere.
Dal Dicembre 2011 svolgo la mia attività come LSU (Lavoratore Socialmente Utile) presso la Corte d’Appello di L’Aquila sez. Penale occupandomi dell’iscrizione dei nuovi fascicoli (processi d’Appello).
Come nasce il libro
Questo volume nasce per caso, inizialmente era un comune diario personale in formato “word”, fatto solo per scaricare la tensione di quei giorni, raccoglieva gli avvenimenti più importanti che accadevano di giorno in giorno, riportava ciò che quotidianamente coinvolgeva me, i miei familiari o chi condivideva quelle stesse esperienze con noi.
Poi, rendendomi conto che ciò che scrivevo, trovava puntuali conferme sui quotidiani, l’ho arricchito con una attenta ricerca, condotta in internet.
Così lentamente si è trasformato in una cartella contenente file di: filmati, interviste e link di collegamento a siti o materiali presenti in internet.
Molti dati e/o avvenimenti riguardavano avvenimenti che giornalmente venivano caricati in internet da altri utenti, come me sfollati, che in quei giorni stavano vivevano le più incredibili vicissitudini, a cui nessuno permetteva di manifestare il proprio disagio, sempre e comunque censurati dai media, costoro avevano come unico mezzo di comunicazione internet.
A ciò ha fatto seguito, l’arricchimento con altro materiale, foto, videoclip, e documenti personali, ed è stata una logica conseguenza la successiva raccolta di tutti questi dati su supporti informatici (DVD).
Solo alcuni mesi dopo, la parte riguardante il diario, si è trasformata con la collaborazione e l’impegno di mia moglie “Anna”, che si è dedica alla correzione delle bozze originali, nell’attuale dimensione di libro.
Ora leggendo queste righe, potrete apprezzare il lavoro da Lei svolto, ricordando che tutto ciò che è viene riportato sono avvenimenti veri, realmente accaduti, raccontati da chi li ha vissuti in prima persona, il tutto come potrete verificare è ampiamente documentato.
PREMESSA
Questo è il secondo volume che compone la collana “6 Aprile 2009, una storia italiana”, allo stato attuale è in lavorazione il terzo volume, ma non è detto che in futuro non c’è ne siano altri.
Il progetto prevede che ciascuno dei tre volumi tratti una parte degli avvenimenti riguardanti il sisma in Abruzzo, con particolare riguardo al capoluogo L’Aquila, i contenuti sono perciò suddivisi nei tre volumi come segue:
- “6 Aprile 2009, il diario di uno sfollato”, gli argomenti trattati sono:
- La vita prima del sisma;
- Il sisma,
- L’emergenza,
- la vita nei campi,
- La vita sulla costa,
- Alcuni episodi di vita vissuta
- Giuliani ed il mancato allarme.
- “6 Aprile 2009, la ricostruzione che non c’è”, gli argomenti trattati sono:
- Il progetto C.A.S.E. e i MAP,
- I ritardi nella costruzione dei nuovi insediamenti,
- La viabilità e il G8,
- L’effetto mediatico dei mezzi d’informazione,
- La burocrazia ostacola la ricostruzione,
- Le possibili alternative ignorate.
- “6 Aprile 2009, e la storia …… continua” gli argomenti trattati sono:
- I veri danni del sisma,
- La “Commissione Grandi Rischi” rinviata a giudizio,
- Il sismologo Gaetano De Luca (INGV) parla,
- Dopo il sisma la Procura indaga,
- Le inchieste,
- Mafie e progetto C.A.S.E.
- Ancora l’effetto mediatico su L’Aquila, “Bertolaso, D. Stati, G. Letta, Studio Aperto”
- Protezione Civile SpA
- Seminario d’urbanistica
Sotto, Roma 07 luglio 2010 manifestazione di protesta degli aquilani
Dopo 15 mesi sono ancora 48.000 i sfollati a L’Aquila. La città è morta, l’economia al collasso, 16.000 i cassaintegrati per i quali non ci sono prospettive mentre i professionisti abbandonano la città. I lavori di recupero nelle abitazioni B e C sono fermi perché mancano i fondi, mentre le E, le abitazioni inagibili, ancora non c’è nessuna possibilità di vero recupero specialmente nelle zone Rosse e nei centri storici sottoposti a tutela. Intanto dal 1° luglio il regime fiscale è tornato quello pre-sisma. Gli aquilani sono qui a manifestare le loro sacrosante rivendicazioni, ed il governo li accoglie schierando la celere in tenuta antisommossa, 5 giorni dopo denuncerà gli organizzatori di una manifestazione autorizzata, scortata da L’Aquila a Piazza Venezia, prima dalla polizia, poi dalla municipale di Roma.
Questa è la fine della “DEMOCRAZIA”.
6 Aprile 2009 – Il diario di uno sfollato
YouTube - Terremoto Abruzzo - TG1 - Edizione straordinaria ore 1300 del 6Aprile2009
Sopra, lo spirito di riscossa del popolo abruzzese dopo il sisma.
6 Aprile 2009 – Il diario di uno sfollato
Sopra, L’Aquila Natale 2010
L’Aquila 6 Marzo 2010 – Per non dimenticare – Un disastro annunciato.
Sopra, il giorno del ricordo
L’Aquila 6 Aprile 2010
25.000 fiaccole, 308 vittime, 308 rintocchi
mentre la città torna ai cittadini
Sopra, L’Aquila la fiaccolata del 6 Aprile 2010
Poche righe per un triste ricordo.
In una città fantasma, dimenticata per un anno dai media che si sono prostrati al volere di chi ha voluto diffondere una verità monca, di parte, nella quale si è dato ampio spazio e luce di riflettori ai nuovi insediamenti del progetto CASE, alle new towns, mentre quegli stessi obiettivi, quei microfoni non sono mai stati concessi ai cittadini, dando spazio alla città. L’Aquila, la città distrutta, presidiata dalle forze dell’ordine e dall’esercito, sottratta da un anno ai suoi abitanti.
La gente non ha mai potuto parlare di se attraverso i media, quella stessa gente che oggi, in questa fredda notte, silenziosa si è radunata per ricordare quel triste evento.
Oggi sono oltre 25.000 i cittadini che si sono spontaneamente raccolti, e sono tanti per una città che prima del sisma contava solo 74.000 anime, e che ancora oggi ha oltre 52.000 abitanti che non hanno casa, assistiti in vario modo dalla Protezione civile.
L’appuntamento alla Fontana Luminosa, quattro grandi cortei partiti da altrettante periferie hanno attraversato la città, oltre 25mila persone hanno sfilato nella grande fiaccolata per le vie, quelle percorribili del centro.
Alle 3,32, lettura dei nomi delle 308 vittime del sisma in una Piazza Duomo gremita di folla.
In precedenza si era tenuto un consiglio comunale all’aperto, durante il quale sono stati letti il messaggio del premier, che tra le righe riporta testualmente: “C'è chi infanga il lavoro del governo, ma noi abbiamo fatto record”, e qui, sull’argomento del “fare” parte una bordata di fischi e rumori che hanno coperto del tutto le parole dell’oratore di turno.
Successivamente, è stata la volta del discorso del Presidente della Repubblica, che in un passaggio dice ”L'Italia seppe unirsi. La Protezione civile si dedichi solo alle calamità. Non si perda in altre direzioni”, e al riferimento del ruolo istituzionale del ruolo che dovrebbe svolgere la Protezione Civile non sono mancati gli applausi.
Intanto in internet sul social network “Facebook” è partito l’evento "Una candela per l'Aquila".
Sopra e Sotto, la grande fiaccolata del 6 Aprile 2010 a L’Aquila.
Sotto, ancora immagini della fiaccolata del 6 Aprile 2010 a L’Aquila.
Sopra, quattro grandi cortei hanno attraversato la città, sono oltre 25.000 persone, sfollati giunti da tutte le parti per la fiaccolata del 6 Aprile 2010 a un anno dal sisma.
Sopra, manifestazione di protesta per la riapertura del centro storico
Sommario
Capitolo primo : Il sisma , gli avvenimenti che lo hanno seguito. 12
La vita prima del sisma (Gennaio - Marzo 2009, prima del sima) 13
Gli eventi (6 Aprile 2009, il sisma) 16
La fuga (6 Aprile 2009, subito dopo il sisma) 20
Roma (i primi 10 giorni dopo il sisma) 22
Nettuno (La vita da sfollati, i primi tre mesi) 24
Ciò che i media non hanno detto (analisi della situazione dopo quattro mesi) 27
I sfollati in tenda (lo smantellamento dei campi, sei mesi dal sisma) 29
La deportazione di massa sulla costa (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa) 31
I° episodio: ”La convivenza forzata” (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa) 32
Il controesodo, gli sfollati si riavvicinano a L’Aquila (riaprono le nuove scuole, i MUSP) 37
La vita ad Isola del Gran Sasso, l’agriturismo lager (Agosto – Ottobre 2009) 38
Le cose possono cambiare, una speranza per il futuro (la situazione dei sfollati dopo nove mesi) 43
Lo sporco uso della propaganda politica - (Marzo 2009) 45
Il giro d’Italia passa per L’Aquila - E la propaganda continua - ( 21 Maggio 2010) 48
Giugno 2010 - ed ancora non è finita - (fino al 6 Giugno 2010) 50
Gli ultimi avvenimenti (Giugno 2010) 52
16 Giugno 2010, il riscatto di L’Aquila e degli aquilani - (inizia la rivolta – Giugno 2010) 55
Ancora una volta a Roma - (07 Luglio 2010) 57
Un brutto presentimento (Agosto 2010) 60
Lettera al Vescovo Molinari ”Caro Vescovo” (Perdonanza Agosto 2010 ) 62
Lettera All’ass.re Stefania Pezzopane e al Sindaco Massimo Cialente (Agosto 2010 ) 64
31 Agosto 2010 la terra torna a tremare, 17 mesi dopo torna la paura ( Agosto 2010) 68
L’Assegnazione del M.A.P. n.°38 (23 Settembre 2010 - 17 mesi e 19 giorni dopo il 6 Aprile 2009) 70
Una riflessione sugli ultimi avvenimenti (Settembre 2010) 73
Il M.A.P. n.° 38 di Collarano (18 Ottobre 2010) 82
Capitolo secondo : La commissione grandi rischi, il mancato allarme, il caso Giuliani 85
La commissione grandi rischi (Marzo 2009, una settimana prima del sisma) 86
Il mancato allarme - Bertolaso io sereno (Gennaio – Marzo 2009) 90
Il mancato allarme - Onna denuncia esposto alla commissione Grandi rischi (Gennaio – Marzo 2009) 92
Il mancato allarme - «Ho perso tutto, dissero di stare tranquilli» (Gennaio – Marzo 2009) 93
Il caso Giuliani (Aprile – Dicembre 2009, la mancata prevenzione) 95
Capitolo primo : Il sisma , gli avvenimenti che lo hanno seguito
La vita prima del sisma (Gennaio - Marzo 2009, prima del sima)
Tutto comincia il 5 Aprile 2009, la situazione economica della città di L’Aquila e dei comuni limitrofi dopo anni di lenta agonia ha raggiunto il livello più basso, siamo alla sopravvivenza.
Sono ormai ricordi gli insediamenti industriali di Italtel, Selenia, Alenia, Res Romoli, Optimes, Calzaturificio Aquilano, Ada, Ravit, Rhone-Poulench Agro, Aventis Crop Science, Agriformula ……….. stabilimenti, che negli anni, avevano permesso una discreta crescita occupazionale nella città e nei comuni limitrofi, tale da richiedere una ampia espansione degli insediamenti urbani sul territorio, al punto da ricercare, destinare e realizzare nuove aree edificabili, nuovi quartieri come il popoloso quartiere di Pettino.
Solo dopo il disastroso evento, scopriremo che è stato edificato sopra una pericolosa faglia.
Poi, vuoi per la crisi economica che ha colpito tutti i paesi occidentali, vuoi per l’incapacità di pseudo industriali, e/o pseudo imprenditori, ai quali si è aggiunta una politica economica ed industriale di un governo incapace, rimasto scollegato dalla realtà del paese, intento solo a creare consensi con proclami elettorali, utilizzando allo scopo, tutti i mezzi di informazione disponibili, confezionando una realtà di parte, virtuale, la situazione economica è precipitata.
Infatti, solo dopo pochi mesi dall’inizio della più grande depressione economica dopo quella degli anni ‘30, tutti quei proclami sbandierati ai quattro venti, si sono spenti uno dopo l’altro, lasciando sulla strada intere famiglie in Italia, e soprattutto in questa provincia.
E a L’Aquila, le cose sono andate anche peggio, così mentre chiudevano uno ad uno tutti gli insediamenti più importanti, quelli che operavano ormai da decenni, la crisi occupazionale ed economica assumeva proporzioni devastanti.
Da ciò possiamo quindi concludere, che la situazione economica del territorio prima del 6 Aprile 2009 non era buona, anzi potremmo definirla agonizzante, all’epoca gli unici insediamenti industriali di un certo livello che ancora andavano discretamente erano quelli ad ovest della città, rappresentati dal polo farmaceutico composto da Sanofi Aventis, Dompè, Menarini, oltre agli impianti ad est, quelli del polo metalmeccanico che comprendevano Otefal e Edimo.
Tutti questi pochi impianti ancora attivi, nel loro complesso, potevano occupare un migliaio di addetti, ben poca cosa al confronto dei quasi cinquemila dipendenti della sola Italtel dei tempi d’oro considerando che la popolazione dell’agglomerato urbano cittadino superava le 70.000 unità
L’Aquila (prima del sisma)
Una città ancora bellissima, ricca di palazzi storici, chiese d’epoca, e beni sottoposti a vincoli ambientali e paesaggistici.
Un centro storico, che di per se è un monumento, immersa fra tre parchi nazionali, nelle regione VERDE d’Europa, dove la vita correva tranquilla, nonostante le già citate difficoltà economiche, dove si poteva ancora vivere bene, dove bastava uscire da casa per fare una passeggiata in centro, oppure, in 30 minuti, dal quartiere Santa Barbara, tra piante e boschi, immersi nella natura, era possibile raggiungere la Madonna Fore, che sovrasta la città, e che solo un anno prima, dei delinquenti avevano bruciato dandole fuoco, piuttosto che raggiungere in macchina la vicina pineta di Roio, sede della facoltà di Ingegneria, una delle migliori d’Italia o ancora andando verso Assergi, percorrendo la strada che collega la città alle sciovie del Gran Sasso “Campo Imperatore”, si incontra sulla destra la chiesetta della Madonna d’Appari, ricca di affreschi di assoluto pregio, e poi i suggestivi borghi del circondario molti dei quali si estendono nei quattro parchi regionali, tre dei quali contornano L’Aquila.
Questi, sono solo alcuni dei posti cari e noti a tutti i cittadini di L’Aquila, posti che solo se saremo fortunati un giorno potremo riavere, e che per ora rimangono ancora solo uno struggente ricordo di un passato che è andato irrimediabilmente perso, distrutto.
Poi, da Novembre 2008, comincia la lunga sequenza sismica, alla quale inizialmente non fa caso nessuno, poi i tremori aumentano di frequenza e intensità, da Gennaio 2009 la sequenza comincia ad avere una dinamica giornaliera, cominciano i primi commenti sulla stampa.
Ma la vita continua, mentre tra la popolazione cresce la preoccupazione, fino ad arrivare all’ultima drammatica settimana prima del sisma, fino alla chiusura forzata di tutte le scuole, imposta e voluta dal sindaco della città Massimo Cialente, fino alla ormai tristemente nota riunione della Commissione Grandi Rischi, tenutasi a L’Aquila quel 31 Marzo, anche questa richiesta è voluta dal sindaco, per arrivare al fatale annuncio dell’assessore regionale On. Daniela Stati, che, successivamente alla riunione della Commissione Grandi Rischi, in TV tranquillizzava la popolazione garantendo che non ci sarebbe potuto essere nessun evento di particolare rilievo.
Invece in quella nella notte drammatica, la terra trema nuovamente, trema prima alle 23.00 del 5 Aprile, poi ancora alle 01.00 del 6 Aprile 2009, sono le avvisaglie dell’imminente distruzione in arrivo.
Alle 3,32, una scossa di magnitudo 6,3 sulla scala richter, distrugge la città di L’Aquila e altri 56 comuni compresi nel cratere, provocando ingenti danni in altri 30 comuni, complessivamente sono coinvolte da questo triste evento circa 170.000 abitanti, per la maggior parte residenti nella provincia di L’Aquila.
Inizia qui il mio diario, da quando solo pochi giorni dopo il disastro comincia l’esodo, poi la fuga, ed infine la triste deportazione di massa di 40.000 abitanti, il 55% della popolazione cittadina, mentre vengono allestiti in tutti i comuni coinvolti, campi d’accoglienza, saranno alla fine 179 e conterranno fino a 20.000 sfollati, che per sette lunghi mesi dovranno vivere in una vergognosa situazione da terzo mondo, saranno oscurati dai media e scordati da tutti.
Infatti, la macchina della propaganda governativa, cavalcando la tragedia, decide di spostare il programmato G8, da l’isola della Maddalena a L’Aquila, raccontando che in questa maniera si sarebbe data maggiore visibilità alla tragedia di L’Aquila.
In realtà, tutto ciò aveva il solo scopo di nascondere la tragicità degli eventi, distogliendo, in quei tre mesi di preparazione dell’evento, l’informazione sulle reali condizioni di vita nei campi profughi e negli alberghi sulla costa, spostandola invece sui preparativi del G8 e sugli argomenti di politica internazionale, che agli occhi dell’opinione pubblica sono apparsi d’importanza mondiale.
Così mentre i problemi dei sfollati venivano oscurati dai media, la macchina della Protezione Civile coperta dagli eventi del G 8, passati in primo piano, cominciava a lavorare alle spalle di tutti noi, allontanati dalla città, dalle nostre case, e poi ingannati, utilizzati, strumentalizzati ed infine traditi.
Così noi delusi dagli eventi, tristi, perché deportati fuori città, allontanati dal nostro ambiente, dalla casa, senza la possibilità di frequentare amici che solo prima del sisma non sopportavamo, ed ora nella nostra solitudine ci mancavano terribilmente, senza riferimenti o luoghi di ritrovo, che da quella tragica notte ci erano preclusi, con la città bombardata come Beirut sotto stato d’assedio, controllata in ogni via, in ogni incrocio dai blindati dell’esercito, e dai servizi di polizia, avevamo perso tutto ciò che avevamo costruito in una vita, in 30 maledetti secondi, per sempre, ma ancora non immaginavamo cosa stava per accadere, ne cosa sarebbe accaduto.
Solo 10 mesi dopo, scopriremo, a seguito di intercettazioni ed inchieste condotte dalla magistratura, quali meccanismi, e quanti affaristi di palazzo si sono arricchiti sulla nostra pelle, sapremo che questo business è servito per permettere ai soliti amici degli amici di fare soldi facilmente.
Apprenderemo, che mentre i vigili del fuoco erano impegnati ad estrarre dalle macerie i sopravvissuti al cataclisma, alcuni delinquenti se la ridevano alle nostre spalle, persone che si sono spacciate per imprenditori, se la ridevano pensando ai ricchi appalti della ricostruzione.
SCIACALLI!!!!!!!!!!
Ci sono stati appelli, si temevano infiltrazioni mafiose nei cantieri della ricostruzione, invece scopriamo faccendieri di palazzo, invischiati con politica e con lo stesso Dipartimento della Protezione Civile nella costruzione dei nuovi quartieri del progetto CASE.
Così, mentre noi eravamo deportati sulla costa o richiusi in qualche campo dal lugubre aspetto, loro studiavano il modo per fare soldi, tanti soldi ed in poco tempo, sulle nostre disgrazie, fuori da qualunque controllo legislativo, coperti da leggi speciali, da ordinanze, che per gestire l’emergenza della situazione permettevano qualunque azione, giusta, pulita, onesta, ingiusta, sporca e disonesta, secondo gli attori che la recitavano.
Si dirà solo dopo, molto tempo dopo, che questo evento è stato il più grave, il più drammatico cataclisma, che ha colpito l’Italia negli ultimi 100 anni.
Gli eventi (6 Aprile 2009, il sisma)
Dopo il sisma delle 3 e 32, appena due ore dopo, la mirabile macchina istituzionale, era già attiva, addirittura in alcuni centri oltre a L’Aquila, erano già presenti le prime colonne di soccorso, mentre quella stessa notte, in città, erano in servizio solo una dozzina di vigili del fuoco.
Come mai?
Si è sbandierato ai quattro venti quest’efficienza, tutti sono rimasti colpiti da ciò, ma nessuno ha avuto il coraggio di formulare una domanda, la sola, che se fosse stata fatta, ed avesse avuto una risposta sensata, avrebbe automaticamente condannato proprio la mirabile macchina dei soccorsi.
Vi spiego:
Per percorrere l’autostrada Roma – L’Aquila, un automobilista che non vuole incorrere nel ritiro della patente o in salatissime multe, mantenendo una velocità di crociera di 110 km/h per tutto il percorso, che comprende viadotti, curve, gallerie e salite, ci può mettere con molte difficoltà 1 h, se non ci credete, provate.
Ora, chi è in grado di spiegarci, come, una colonna, composta da mezzi di soccorso, mezzi pesanti, che viaggia tutta assieme, con una vettura in avanguardia per rilevare lo stato della percorribilità della strada, riesce a raggiungere L’Aquila, partendo da Roma in appena due ore?
La cosa non sarebbe stata possibile, neanche se tutti i mezzi di soccorso, si fossero trovati pronti a partire al casello di Roma.
Quindi, è evidente, che c’è qualche elemento che non combacia con la realtà dei fatti.
Forse qualcuno sapeva e ha taciuto?
Forse qualcuno aveva previsto?
O semplicemente, vista l’anomala sequenza sismica che interessava il territorio da alcuni mesi, aveva allertato i soccorsi, trasferendoli in luoghi vicino alle zone poi colpite, con una precisione che ha del profetico?
Tutto ciò, considerando che solo il 31 di Marzo, sei giorni prima, la commissione grandi rischi che si era riunita a L’Aquila, aveva concluso i lavori in 30 minuti, dichiarato che tecnicamente era impossibile prevedere terremoti, e che comunque era da escludersi la possibilità di un terremoto disastroso, simile per intenderci a quello del 1703.
Ma quale grande macchina organizzativa, ma quale efficienza, chi credete possa realmente credere alla storia dei soccorsi efficienti.
La verità è davanti agli occhi di tutti, ufficialmente si è detto che nulla si poteva prevedere, che non esistono strumenti tecnici scientificamente attendibili, si è esclusa la possibilità di un sisma catastrofico simile a quello del 1703, ma la realtà è che subito dopo quella riunione è cominciato un monitoraggio a tappeto degli avvenimenti, che fino a quella data erano stati sottovalutati.
La verità è che già alla scossa delle 23.00, mentre alla popolazione non è stato dato nessun preallarme, questo veniva dato alla macchina dei soccorsi, che si è immediatamente allertata, la verità è che i mezzi di soccorso della Protezione Civile provenienti da tutta l’Italia, già si trovavano nei pressi dell’aquilano, quindi è stato facile intervenire in poco tempo.
Direte Voi, ma come, per essere pronti a gestire una possibile emergenza, il preallarme è stato talmente efficiente da riuscire a rispondere al momento del bisogno, in tempi da record, e Vi lamentate.
Si che ci lamentiamo, ci lamentiamo perché questo insensato comportamento, è stato la concausa di 308 vittime, persone che hanno avuto la sola colpa di credere, di fidarsi delle istituzioni che le tranquillizzavano, mentre non avevano preso in seria considerazione, ciò che stava ormai accadendo da tre mesi.
Oggi, nel dopo sisma, si vuole fare passare l’idea, che la colpa di questo disastro, sia da attribuire solo a quei costruttori, a quei tecnici che hanno edificato o permesso l’edificazione di abitazioni che di antisismico non hanno neanche il nome, o a quei politici, che hanno reso edificabili aree da interdire, aree attraversate da pericolose faglie.
Se tutto ciò è indiscutibilmente vero, come emerge dalle indagini della magistratura, è altresì vero ed evidente il concorso di colpa di chi doveva informare la popolazione e non lo ha fatto, di chi ha tranquillizzato la popolazione per paura del panico che si poteva generare dando un allarme o semplicemente un allerta, di chi non sapendo gestire gli avvenimenti di quei giorni ha preferito rischiare, giocando con la nostra pelle e quella di 308 vittime innocenti.
Infatti, a seguito di ciò, la magistratura a fine Marzo 2010, esattamente un anno dopo dalla famosa riunione della Commissione Grandi Rischi, che il 31 Marzo 2009 in soli 28 minuti, decise di non decidere, ha aperto un fascicolo a carico di una decina fra tecnici dell’INGV e di responsabili della Protezione Civile che diedero colpevolmente, informazioni tranquillizzanti attraverso i media alle popolazioni.
Domando, ma il Dipartimento delle Protezione Civile “D.P.C.”, da cosa ci ha protetto?
E, chi ha protetto?
E, come ha protetto?
Avanti, voglio risposte, che non siano però i soliti giochi di parole, risposte vere, da dare a chi ha avuto lutti, ai genitori di quei poveri ragazzi rimasti sotto le macerie della casa dello studente, o del convitto per esempio.
Il D.P.C. si è semplicemente limitato, ad intervenire dopo l’evento calamitoso, portando, si, generi di conforto, tende, coperte, ma anche bare e sacchi per recuperare le salme delle vittime di questa catastrofe, in totale 12.000 pezzi, 3.000 bare e 9.000 sacchi, ma per questo lugubre lavoro di recupero, bastavano i vigili del fuoco, l’esercito, il genio ed i servizi di onoranze funebri.
E allora mi domando e Vi domando, come mai la Protezione Civile si è presentata con un così considerevole numero di strumenti per il recupero delle possibili vittime?
Esisteva forse una previsione sulle consegue di una simile evenienza?
E allora, perché non si è fatto nulla per diminuire questo rischio, visto che le avvisaglie c’erano da alcuni mesi?
Forse il D.P.C., serve semplicemente per giustificare i stipendi di funzionari, dirigenti, superburocrati o portaborse del politico di turno, che operano alle spalle di quei giovani ragazzi, che credono di svolgere un’opera di volontariato, un’opera sicuramente ammirevole, svolta con impegno e dedizione, che loro, i superburocrati, sbandierano ai quattro venti, vantandosi dei risultati raggiunti, per i quali loro non danno, ne hanno mai dato un contribuito, un valore aggiunto, si sono semplicemente attribuiti meriti non loro.
Non tutti però sono a conoscenza, che una legge impone a tutti i comuni di avere un piano di emergenza, di evacuazione, che prevede delle aree già attrezzate con campi d’accoglienza, impone di predisporre nel tempo esercitazioni tra i civili per verificare l’efficienza di questi piani, e per metterne a punto di nuovi, più efficienti.
Ricorderete che solo alcuni anni fa, nel comune di L’Aquila venne simulato il terremoto, che piazza d’Armi fu trasformata in tendopoli, proprio come poi doveva tristemente accadere nella realtà.
Ora domando, ma dopo tre mesi di continue scosse, e soprattutto dopo la scossa del 4° registrata il 30 Marzo, possibile che nessuno, nel Dipartimento di Protezione Civile, ha ritenuto semplicemente utile montare questi campi, verificare il piano d’emergenza del comune, dare istruzioni alla popolazione civile, monitorare tutti quegli edifici che Abruzzo Engineering aveva segnalato pericolosi in caso di sisma?
No, questo non si poteva fare, c’era il rischio di creare allarmismo tra la popolazione, ma uno slogan pubblicitario, che è andato in onda anche sulle reti del nostro premier, non diceva che prevenire è meglio che curare?
Ed allora, un Dipartimento che ha come sua definizione “la Protezione dei Civili”, non dovrebbe forse fare prevenzione?
E non è forse prevenzione, dare istruzioni precise alla popolazione, montare qualche tendopoli, qualche ospedale da campo, qualche cucina da campo, al limite evacuare zone a rischio, com’era già accaduto in passato alcuni anni prima, quando proprio per un allarme sismico fu evacuato un comune intero.
Era già accaduto, poteva quindi essere evacuata anche una città intera, se solo c’era la possibilità di un simile evento, si dovevano dare informazioni dettagliate, precise, si doveva fare qualche cosa per prevenire danni ai civili al verificarsi di un simile evento catastrofico.
In questi casi, chi ha queste responsabilità, non dovrebbe pensare alla poltrona che occupa, ma alla professione che svolge, al ruolo che ricopre, al fatto che ogni sua mossa, ogni sua decisione, raccoglie la fiducia di tutta la popolazione.
Prima di denunciare il povero Sig. Giampaolo Giuliani, tecnico di laboratorio del I.N.F.N. del Gran Sasso, per procurato allarme, non sarebbe stato più saggio verificare il protocollo del funzionamento delle sue macchine, semplicemente testarle, vista la particolare situazione che si stava preparando a L’Aquila e dintorni.
Protezione Civile, ma se un ente che ha questo nome, non ci protegge da possibili eventi catastrofici come quello del sisma in Abruzzo, a che serve, quale utilità ha per la comunità?
Oggi, apprendiamo che il governo ha predisposto la trasformazione del Dipartimento della Protezione Civile in “Protezione Civile Spa”, e che questa si occuperà di tutti i grandi eventi.
E allora, ecco spiegato il perché, di come sono andate e stanno andando le cose.
Vigliacchi, avete approfittato di questa possibile disgrazia, avete sperato che questo evento ci fosse, solo per i vostri sporchi comodi, solo per fare un business, solo per i vostri zozzi guadagni.
Sono passati molti mesi da quella notte del 6 Aprile 2009.
Quella che viene descritta è un’analisi fatta a freddo, dopo una serie di avvenimenti, di scelte, che per i più vengono considerate eccellenti, quanto di meglio si poteva fare.
Probabilmente leggendo queste righe Vi renderete conto che forse la verità non è quella che è stata rappresentata dai media ufficiali, o almeno apprenderete che esiste anche un’altra verità, come in tutte le cose c’è sempre l’altra faccia della medaglia, quella che in questo caso specifico si è voluto e si vuole mantenere nascosta all’opinione pubblica.
Nessuno ha mai avuto, fino ad ora, la possibilità di contestare, criticare, o semplicemente esprimere un’opinione dissonante dal coro estasiato di genti che ancora oggi si dicono felici e riconoscenti.
L’obiettivo di quanto leggerete è appunto quello di dare voce ai dissidenti, senza sterili polemiche, senza pregiudizi, ma basandosi su dati reali, ben visibili e riscontrabili da chiunque, dati che anche Voi se vorrete potrete ricercare sulla rete, dati forniti e prelevati dai siti ufficiali della Protezione Civile e dai quotidiani che li hanno raccolti.
Iniziamo con una domanda. Si è detto, popolazioni felici e riconoscenti, per cosa e di cosa?
Da qui, da questa domanda inizia la mia, la nostra storia di sfollati.
La fuga (6 Aprile 2009, subito dopo il sisma)
Quella notte la terra aveva già tremato alle 23.00, io in quel momento ero già a letto, ed i figli si trovavano tutti in casa nelle loro stanze, dirò poi fortunatamente, mentre mia moglie stava finendo di sistemare la cucina.
Ricordo ancora il grido di Luca, che di corsa entra in cucina allarmato, preoccupato per la violenta botta e per la presenza di fronte alla sua camera, di un rudere malfermo, pericolante, sicuramente pericoloso per l’ambiente circostante.
Non abbiamo dato peso a tutto ciò, lo abbiamo tranquillizzato con le stesse parole che pochi giorni prima i portavoce della commissione grandi rischi avevano utilizzato per tranquillizzare la popolazione, sminuendo il rischio e la gravità della situazione che si andava delineando, solo dopo ci siamo resi conto del pericolo a cui ci eravamo esposti e avevamo esposto i figli.
Siamo andati quindi tutti a dormire, nella più assoluta tranquillità, certi che nulla poteva accadere.
Invece alle 3 e 32 la terra a tremato di nuovo, violentemente, tanto violentemente, al punto di svegliarci tutti, ricordo le grida di mia moglie Anna “Fausto il terremoto,… il terremoto …”, ricordo che ho cercato di tranquillizzarla con un abbraccio, ricordo, che mentre tremava la terra e ballava il letto sono andato con la mente ai figli, cosa stavano facendo? Cosa stava accadendo nelle altre stanze della casa, una casa del ‘600, in pietra, con i solai a volta, di per se pericolosa ……. ?
Poi la terra si è fermata, siamo corsi fuori dalla camera da letto, verso le stanze dei figli che avevano percorso la strada in senso opposto al nostro, ci siamo tutti ritrovati in cucina, e come per magia, sono partiti una serie di ordini perentori, in sequenza, a ciascuno di noi un compito, come se avessimo provato centinaia di volte un piano d’emergenza, la fortuna vuole che tutti i figli sono ex scout e noi abbiamo frequentato quell’ambiente per almeno 10 anni, quindi il panico non ha avuto il sopravvento sulla ragione.
Così mentre Marco usciva per spostare la sua autovettura, io prendevo documenti, soldi e chiavi della macchina, Luca e Chiara recuperavano qualcosa per coprirsi ed Anna terrorizzata, usciva da casa andando incontro ai nostri vicini, gridavano, parlavano ma non capivo di che, siamo fuggiti da casa, ci siamo salvati.
Tempo pochi minuti e siamo tutti in macchina, decidiamo prima di andare verso il comune, ma raggiunta metà strada la troviamo già interdetta per il crollo della chiesa del paese, allora decidiamo di spostarci verso L’Aquila, ma ci rendiamo conto che da tutti i paesi limitrofi alla città si è messo in moto un lungo corteo di macchine di sfollati.
L’unica soluzione che mi pare praticabile, e che viene condivisa subito da tutti in famiglia è quella di rimanere in zona, in macchina, possibilmente in un terreno sicuro, lontano da costruzioni o linee elettriche, in attesa del giorno e/o di istruzioni e soccorsi, quindi ci dirigiamo verso il posteggio del nuovo capannone Edimo, che poi sarebbe divenuto uno dei più importanti fornitori del ben noto progetto CASE.
Qui ci rifugiamo tutti in una sola macchina, con il riscaldamento acceso, perché a L’Aquila ad Aprile è ancora inverno e normalmente fa freddo, ma quella notte il freddo per ovvie ragioni era proprio tanto.
Intanto decidiamo di spegnere tutti i telefonini, meno uno quello di Marco, in modo da preservare la carica delle batterie consentendoci di avere per più tempo la possibilità di mantenere contatti telefoni con eventuali soccorsi, o per comunicare con i nostri familiari, tutti residenti a Roma e provincia, che credevamo in pena, scopriremo invece tranquilli fino alle notizie del giornale radio delle 7.30.
Proviamo ad avere notizie di ciò che è successo via radio, ma tutte le stazioni sono saltate e l’unica che riusciamo a sintonizzare trasmette solo musica classica, proviamo continuamente a telefonare sia a parenti che ai più stretti amici, ma il telefono rimane muto, intanto la terra continua a tremare una, due, tre, quattro volte, sempre forte, la macchina balla da paura, le scosse non le conto più, Anna non ha più voce, ad ogni scossa e un urlo, io e Marco cerchiamo di mantenere i nervi saldi, dando coraggio a tutti, ma nel nostro intimo abbiamo anche noi paura, e ci rendiamo conto che la situazione è estremamente seria.
Poi verso le 5.00 vediamo che dalla statale per Popoli scende una lunga colonna di mezzi, siamo distanti quindi non possiamo capire di quali mezzi si tratta, ma rimane nella nostra convinzione che si trattasse di mezzi di soccorso, di vigili del fuoco, protezione civile, chissà…………..
Siamo tutti colpiti da questo efficientismo, già ci assalgono i primi dubbi, già ci poniamo le prime domande, quelle che ancora oggi non hanno trovato risposta.
Come è possibile che solo dopo 1,30 h siano giunti i primi soccorsi provenienti da Pescara, percorrendo almeno 30 km di statale, oltre all’asse attrezzato e l’autostrada?
Intanto si è fatto mattina, il sole è sorto, torniamo verso casa, incontriamo una pattuglia dei carabinieri della locale stazione che ci informa sui danni in paese, e sulle prime cinque vittime accertate, incontriamo anche i vicini, siamo tutti annichiliti, sembriamo dei zombi, siamo assonnati, rimbambiti, impauriti, non trovo altri aggettivi, la vicina nota che Anna è uscita di casa in pantofole e senza calze, quindi le offre un paio delle sue.
Decidiamo di andare via da San Demetrio, non sappiamo per quanto tempo saremo fuori, prendiamo a casa poche cose, recuperiamo Leo, il gattino di Chiara, e partiamo.
La prima tappa è trovare una pompa per fare rifornimento, ma per ora manca la corrente, sono le 8,30, tutte le pompe sono ancora chiuse, intanto dalla radio apprendiamo che la scossa delle 3.32 a provocato ingenti danni a L’Aquila e che le autostrade A24 e A25 sono state chiuse al traffico per verificare la stabilità dei viadotti, anche la SS Tiburtina ha subito la stessa sorte, scopriremo solo più tardi che l’unica strada ancora percorribile per Roma e la SS 17 fino ad Antrodoco per poi proseguire sulla Salaria fino a Roma nord.
Riusciamo a rifornirci di carburante, e via, si parte fra la disperazione che ci assale percorrendo la Statale per L’Aquila, all’altezza di Onna, ancora siamo all’oscuro della distruzione del paese e del numero delle vittime che ci sono state, vediamo una folla di sfollati si è riunita nel posteggio CRAI, solo dopo capiremo che erano gli abitanti di Onna e Paganica scampati alla distruzione, da quel punto inizia una lunga colonna di vetture che procede verso L’Aquila.
Dopo almeno un’ora di fila raggiungiamo e superiamo il bivio per l’Altopiano delle Rocche, arrivati nei pressi della salita di Collemaggio, la polizia ci blocca, l’acceso in città e precluso, per Roma si deve passare per la Mausonia percorrere il traforo di Roio e quindi riuscire sulla SS 17 all’altezza della Motorizzazione, da qui fino ad Antrodoco per poi proseguire per la via Salaria.
Ci dirigiamo verso Roma, durante il viaggio continuiamo ad ascoltare per radio le frammentate prime notizie sul sisma, ancora non sappiamo cosa è accaduto in realtà, non abbiamo ancora visto nulla, il peggio lo avremmo appreso una volta giunti a Roma, dai primi telegiornali, dalle prime immagini e dal conteggio delle vittime, che di ora in ora aumenta.
Roma (i primi 10 giorni dopo il sisma)
Siamo giunti a Roma, decidiamo di andare verso casa del suocero, che proprio quel Lunedì 6 Aprile 2009 usciva da un ricovero in ospedale. A dire il vero, per quel giorno, era comunque previsto che Anna sarebbe andata a Roma, e si sarebbe occupata del padre che veniva dimesso dall’ospedale, visto che i fratelli erano tutti impegnati per lavoro.
Giunti in casa, ci accolgono le sorelle ed i cognati di Anna, che inizialmente sembrano interessati ad avere notizie aggiornate, su quanto è accaduto a L’Aquila, invece nel tempo verrà alla luce tutta l’ipocrisia delle cose dette e fatte solo per circostanza, la falsità di facciata, che tutti noi abbiamo e non vogliamo ammettere di avere.
Così nel tempo, tra i parenti ci sarà chi avrà le più infelici uscite, ci sarà chi affermerà, che i terremoti come le guerre servono all’economia del paese, perché creano opportunità di lavoro e guadagno. Proprio quelle stesse parole, quei stessi concetti che verranno intercettati, quei stessi dialoghi tra imprenditori senza scrupoli che se la ridevano immaginando i guadagni che avrebbero avuto con la ricostruzione.
E poi, ci sarà anche chi avrà la sfrontatezza di proporci in affitto l’abitazione libera di un congiunto, abitazione, che fino a quel momento aveva rappresentato un costo, solo spese e tasse, mentre offrendola in affitto a sfollati, a canone concordato, magari pagato dalla Protezione Civile, così come previsto dalle successive ordinanze in materia, si sarebbe trasformata da un costo in una rendita, fatto veramente spregevole, perché proposto da uno stretto parente, operato sulla nostra pelle, esattamente come doveva accadere alcuni mesi dopo a tanti altri sfollati.
Ma anche i miei di parenti, avranno modo di mettersi in luce, questi infatti pure essendo tecnici delle costruzioni, pure essendo imprenditori nell’ambito delle costruzioni e delle componenti costruttive, mi proporranno di tornare a San Demetrio per verificare la situazione della casa, non avranno poi neanche il coraggio di salire le scale semplicemente per entrare in casa, per visionarla, e darmi quel conforto che in quei momenti poteva fare solo bene, anche se fosse stato solo di circostanza.
Una volta in casa, mi permetteranno di recuperare solo la poca biancheria intima trasportabile, quindi mi porteranno a visitare il comune di Rocca di Mezzo, per verificare, questa volta veramente da vicino, lo stato di agibilità delle seconde case.
A seguito di ciò, potevo rendermi conto quale fosse il reale motivo di questo viaggio.
Dopo soli tre giorni dal sisma, credendo di fare bella figura, i miei fratelli si erano offerti d’accompagnarmi a casa a prendere quelle poche cose strettamente necessarie alla sopravvivenza, ma mi rendevo conto che erano interessati solo a verificare i propri interessi, mentre loro non si rendevano conto della grande delusione che mi stavano dando, non mi sarei mai aspettato tanto cinismo.
E, mentre noi eravamo sconvolti dalle notizie dei danni, e delle vittime che di ora in ora, di giorno in giorno aumentavano, mentre seguivamo in TV l’immagini che continuavano a mostrare la distruzione di Onna, dell’ospedale regionale di Pettino, della Prefettura di L’Aquila, della Casa dello Studente, di Collemaggio, c’era chi tra i familiari “siamo nella Settimana Santa”, approfittando della nostra presenza a Roma, trovava comodo sbolognare i propri figli per essere libero per le proprie faccende, fregandosene allegramente della nostra situazione oggettiva di sfollati.
Poi è arrivata Pasqua, per noi questa non è stata una festa, bensì un triste lutto, dove tutto ci ricordava, casa, gli amici, il concerto che Chiara, con il coro delle voci bianche della “Barattelli”, avrebbe dovuto fare come tutti gli anni nella chiesa delle Anime Sante che avevamo visto in TV distrutta dal sisma, e poi il pensiero agli amici che da quella notte ancora non avevamo potuto contattare, mentre loro, i familiari, banchettavano in allegria con il nostro agnello, che non soddisfa il loro fine palato.
Credo che tutti noi, sfollati, sopravvissuti alla catastrofe, a seguito di quanto è accaduto, a seguito del comportamento che amici, parenti e familiari hanno avuto nei nostri riguardi abbiamo rivisto la nostra personale scala di valori, l’importanza delle cose, delle amicizie, e poi la degli affetti, anche quelli più stretti, anche quelli familiari, anche quelli dei genitori, fratelli e sorelle, riclassificando tutto secondo altre priorità.
Dopo sole 2 settimane trascorse a Roma, ci siamo resi conto che sarebbe stato impossibile convivere in quello stato, ci siamo resi conto che rimanendo più a lungo tra i parenti saremmo andati incontro a violente discussioni con tutti loro, quindi abbiamo deciso di trasferirci a Nettuno nella casa al mare dei miei.
Questo terremoto ha reso trasparenti le persone, ci ha permesso di rivedere molti giudizi sui conoscenti, gli amici, i familiari, ci ha permesso di dare importanza a valori scordati nel tempo.
Nettuno (La vita da sfollati, i primi tre mesi)
Cosi, dopo sole due settimane dal sisma possiamo già tirare una riga, fare un bilancio della situazione.
Allora, non abbiamo più una casa, scuola, lavoro, e poi non c’è più una città, non ci sono gli amici, i ritrovi, i riferimenti, le associazioni che frequentavamo, nulla.
Una volta trasferiti a Nettuno, dopo che con i miei fratelli e Marco avevamo riportato da San Demetrio tutto quello che si poteva prendere, la prima cosa che emerge è che l’abitazione non è attrezzata per viverci, ormai dopo anni di quasi abbandono, è solo una casa per le vacanze, manca tutto ciò che occorre in una casa per condurre una vita normale.
Inoltre la casa che avevamo appena lasciato era al massimo dell’efficienza e della vivibilità, tutti elettrodomestici nuovi in classe A+, mobili nuovi, 4 kw di impianto fotovoltaico da montare, e poi doccia idromassaggio, caldaia a condensazione, librerie, un comodo divano in sala, tutto arredato in modo confortevole ispirato alla massima efficienza energetica, avevamo messo su proprio una bella e confortevole casa, tutti avevano la loro bella stanza, non le comuni stanze delle costruzioni moderne, ma quelle di una volta, con spazi per tutti, con volte alte anche 4 m, stanze ben isolate con muri di oltre 60 cm di spessore, talmente spessi che Anna aveva dovuto attrezzare in cucina una campana per chiamarci tutti a pranzo.
Visto che, solo dopo un mese trascorso fuori casa, avevamo capito che il rientro sarebbe avvenuto in tempi lunghi, e che ci eravamo altresì resi conto che la casa che ci ospitava era carente in tutto, ed oltre ad offrirci un tetto, cosa da non sottovalutare viste le condizioni dei molti sfollati sotto le tende, non poteva offrirci nulla di più, abbiamo preso la decisione di migliorare la vivibilità dell’abitazione, almeno dove era possibile.
Quindi, per poter tornare a un livello decente e soprattutto per non fare pesare ulteriormente la situazione ai figli, abbiamo deciso di correre al riparo, acquistando nell’ordine: una nuova camera da letto completa di reti, materassi, armadio 4 stagioni e comò, un secondo armadio 4 stagioni e due scrivanie per i computer di Marco e Luca, un letto completo di materasso e una libreria per Chiara, e poi ancora un armadio per asciugamani, accappatoi, prodotti d’igiene e accessori da bagno, ed ancora un armadio per l’esterno per detersivi e accessori per la casa, quindi una macchina a gas per la cucina, un congelatore, una lavatrice e un condizionatore, avevamo di fatto arredato completamente la casa al mare, ora almeno ci si poteva almeno vivere nella normalità.
Per liberare gli spazzi occupati dai vecchi ed inutilizzabili mobili, li abbiamo smontati, avendo cura di depositarli per un loro eventuale impiego nel momento che ce ne fossimo tornati nella nostra abitazione.
Il bilancio, dopo aver trascorso solo un mese fuori casa, è questo: abbiamo speso circa 8.000,00 € nella speranza di poter iniziare una nuova vita, almeno per il tempo che saremmo rimasti in quell’abitazione di fortuna, di poter tornare vivere degnamente, ma ci illudevamo e molto presto ci saremo resi conto che il tempo da trascorrere in quella casa si sarebbe misurato in anni, e non in mesi come voleva farci credere l’informazione ufficiale, l’informazione di Stato che ci bombardava di notizie attraverso i media.
Ma in quel periodo ancora storditi dagli avvenimenti, credevamo anche noi alle favole, solo alcuni mesi dopo ci saremo resi conto della gravità della situazione.
Comunque, fatto sta, che dopo un mese ci ritroviamo a circa 250 km da casa, in un comune che si trova a 60 km da Roma, immersi in un ambiente che ormai non ci appartiene più, anche se siamo nati e abbiamo vissuto per oltre 35 anni a Roma e dintorni.
Nettuno, era per me il luogo delle vacanze fin da quando ero bambino, il paese lo conoscevo molto bene, pensavo che non sarebbe stato difficile integrarsi, ma non consideravo che ormai avevamo vissuto per 23 anni a L’Aquila, che in quegli anni avevamo imparato a vivere, mentre qui, come in gran parte dell’Italia, si doveva sopravvivere.
Infatti, come era da immaginare, non ci siamo più ritrovati in questo ambiente, tutto ciò che accadeva ci portava sempre al confronto con quello che era ormai, il nostro naturale ambiente, il nostro vivere quotidiano, facevamo continuamente riferimento all’ambiente ed alla città che non avevamo più, coglievamo in tutte le più svariate occasioni che si presentavano sempre e solo i lati negativi, probabilmente perché i lati positivi non c’erano.
Stavamo facendo senza rendercene conto, le stesse valutazioni che avevamo fatto 23 anni prima, quando trasferiti da Roma per lavoro a L’Aquila, non riuscivamo a capire, ad inserirci in un ambiente che ci pareva composto da marziani.
Ora una volta inseriti in quell’ambiente, una volta fatto nostro quel sistema di vita, che ovviamente in una metropoli, in una città come Roma o come qualunque altra città di simili dimensioni, non poteva emergere, una volta cambiato uno stile di vita, ci accorgevamo che tornare all’origine non era più possibile, in quei 40 tragici secondi avevamo perso per sempre una parte di noi, ma questo dopo tutti questi mesi ancora nessuno lo ha capito.
Nessuno tra i parenti, tra i familiari ha compreso, ne poteva comprenderlo, loro da sempre avevano vissuto in quello ritenevano che in assoluto fosse il migliore stile di vita, non avevano avuto la fortuna di sperimentare come noi l’esistenza d’altri modi di vivere, loro non sapevano, ne lo potranno mai sapere, che si può vivere diversamente e meglio.
Presi dall’angoscia cominciamo a cercare informazioni sulle reali condizioni di L’Aquila attraverso la stampa, poi telefonando agli amici che erano ancora nelle tende, ci accorgiamo che ormai non ci basta avere notizie in questo modo, passiamo a cercare notizie su internet, visitando i siti dei comitati, e poi una, due, tre volte a settimana partiamo da Nettuno alla volta di L’Aquila, qualunque scusa e buona per tornare in città, per vivere poche ore soffrendo nella ormai sempre più nostra amata città.
Andata e ritorno circa 500 - 520 km in un giorno, uno stress che emergerà in poche settimane con un violento impatto sulla nostra salute.
Spostamenti massacranti, non solo per il viaggio in se stesso, ma per quello a cui dovevamo assistere ogni volta, sull’autostrada Roma – L’Aquila gli unici mezzi che si incontravano erano quelli dei vigili del fuoco, della Protezione Civile, e poi in città sempre ed ovunque mezzi dell’esercito, blindati, e polizia di stato, finanza, carabinieri, che in quel periodo di preparazione al G8, erano presenti ovunque e sempre in assetto antisommossa.
Ogni volta appena usciti dal casello Aquila-Ovest avevamo la sensazione di entrare in una città che sembrava appena conquistata dopo una estenuante battaglia condotta casa per casa, porta per porta, sembravano le immagini che molto spesso ci erano giunte in TV, quando ci mostravano le notizie che arrivavano da Beirut, prima sottoposta a spietati bombardamenti, e poi occupata dall’esercito.
E poi le manifestazioni, abbiamo partecipato da Nettuno a quasi tutte le manifestazioni che si tenevano a L’Aquila, organizzate di volta in volta da un comitato di cittadini, ad ogni manifestazione la triste conta delle presenze, notare che i giovani erano sempre pochi, troppo pochi per sperare di conquistare visibilità, e la Digos infiltrata tra di noi come fossimo i studenti ribelli del ’68, e quasi tutti eravamo irriducibili ex sessantottini con pochi capelli che tendevano impietosamente al bianco, vecchi cinquantenni ancora una volta fronteggiati da polizia e carabinieri in assetto antisommossa, per noi sessantottini d’allora e cinquantenni d’oggi la vita è stata proprio impietosa.
Cose indescrivibili, e difficili da comprendere per chi non le ha vissute sulla propria pelle.
Alla fine, logica conseguenza di questo stillicidio al quale ci siamo sottoposti per nostra scelta, è stata quella di ammalarci, la pressione è andata alle stelle, la notte non dormivamo più, avevamo continui attacchi di depressione, il medico che ci seguiva a Nettuno, ci aveva dato un tale numero di pillole da assumere giornalmente, che avevamo riempito un intero cassetto.
A questa situazione non proprio salubre, si sono andate ad aggiungere le notizie da gossip, che in quel periodo apparivano su tutti i quotidiani, ci rendevamo conto che si stavano spegnendo i riflettori su L’Aquila, spostandosi ancora una volta, tristemente sulla vita di quel personaggio, che definire ambiguo è poco.
Notizie che ci narravano le sue avventure con la minorenne di turno, o con la escort procurata da qualche imprenditore senza scrupoli, o faccendiere di palazzo, per ottenere favori dal consumatore finale, giusto per usare le parole dell’On. Avv. Ghedini.
Avventure, che non avremmo mai immaginato, potessero poi essere in qualche maniera replicate a L’Aquila, da altri imprenditori e funzionari dello Stato, coinvolti a vario titolo nella pseudo ricostruzione della città.
Intanto, ogni giorno che passa, prendiamo coscienza cosa abbiamo perso, ci rendiamo conto che il nostro disagio, la nostra situazione, non è capita da nessuno, neanche dai più stretti familiari, ed è a causa di ciò che i rapporti sono ormai ai ferri corti, per cui dopo tre mesi trascorsi in quella maniera, decidiamo che è giunto il momento di prendere una decisione.
La prima decisione che matura, valutata la nostra situazione, valutata l’oggettiva situazione nazionale, è quella di lasciare l’Italia, emigrare, ma dove?
Dopo una attenta analisi della situazione, ci sembra che la soluzione Svezia, possa in fin dei conti essere quella ottimale, e allora ci siamo buttati in internet alla ricerca di informazioni più aggiornate, siamo già a conoscenza che la Svezia è una democrazia socialista del baltico portata ad esempio per l’efficienza dello stato sociale. Siamo talmente convinti di questa possibile scelta che decidiamo di verificare il costo della vita, così apprendiamo che è paragonabile al nostro, fatto salvo che la loro moneta, la corona, vale 1/11 dell’euro, ed io avendo ancora a disposizione una parte della liquidazione la potrei investire in una attività o nell’acquisto di una casa.
Optiamo per la casa, dopo una nuova ricerca in internet, scopriamo che con l’equivalente di 55.000,00 € si può acquistare una signora casa, prendiamo accordi e contemporaneamente contatti con l’Ambasciata di Svezia in Italia che ci invita ad effettuare un viaggio per prendere contatti con il consolato italiano.
Per il mese di Giugno programmiamo il viaggio, dobbiamo prima verificare con i figli, in particolare con Marco questa evenienza, ma mentre Luca e Chiara sono entusiasti, Marco è contrario, non vuole lasciare l’Italia ne tanto meno L’Aquila.
La discussione diventa serrata, alla fine è Marco che ha la meglio, a questo punto, anche se l’idea di emigrare all’estero è stata accantonata, e certo che noi non intendiamo rimanere a Nettuno, l’unica alternativa che rimane è quella di riavvicinarci a L’Aquila.
E’ giunto il momento di tornare nel nostro mondo, dobbiamo essere noi a prenderci carico del nostro destino, del nostro futuro, prima che ci cada irrimediabilmente addosso dall’alto.
Così, contattiamo il nostro comune, chiediamo di rientrare, di trovarci una qualunque sistemazione, anche una tenda, siamo disposti a tutto pur di tornare nel nostro mondo, tra chi ha come noi ha vissuto quei tragici momenti, tra chi può capire i nostri sentimenti e il profondo l’attaccamento per quei posti ormai distrutti.
Dopo soli due giorni di attesa, ci informano che ci hanno sistemato in albergo a Roseto, il tempo di preparare poche cose e partiamo.
Inizia da questo momento la nostra avventura da sfollati, avventura che ancora oggi stiamo vivendo, e che ci rendiamo conto durerà molto, ma molto tempo ancora.
Ciò che i media non hanno detto (analisi della situazione dopo quattro mesi)
Ricordate i primi giorni dopo il sisma?
Dalle riprese fatte per lo più dall’alto, si mostrava si una città danneggiata, ma quello che si distingueva chiaramente, erano i centri storici dei piccoli borghi e comuni limitrofi, dove le abitazioni in pietra erano rovinosamente venute giù, dove si potevano vedere chiaramente gli edifici scoperchiati.
Mentre le visioni di insieme, prese dall’alto mostravano il resto della città senza evidenti danni, le periferie, il quartiere di Pettino, quello più nuovo e popolato, essendo nella sua totalità edificato in cemento armato, sembra non aver subito danni.
Il messaggio che è passato sui media è stato questo: “la parte vecchia della città, i monumenti, e le vecchie chiese, sono venute giù a causa dell’età e del tipo di costruzione in pietra. Nei borghi ci sono danni per lo stesso motivo, il resto della città, come evidenziato dalle immagini televisive dall’alto, non mostra danni evidenti, eccetto qualche edificio che si precisa costruito malamente come la Casa dello Studente”.
Tutto sommato poteva andare peggio, in fin dei conti ci sono state solo 308 vittime, disprezzando le vite di quei poveri innocenti rimasti sotto le macerie della città, delle frazioni, dei borghi e di tutti i comuni coinvolti nel catastrofico evento.
Allora cominciamo con un poco di vecchia e sana controinformazione, andiamo a vedere i palazzi in cemento armato da vicino.
Quello che dall’alto sembra una zona sicura, si rivela un disastro, i pilastri dei primi piani hanno quasi tutti collassato, palazzi di tre, quattro piani sono letteralmente scesi di un piano, quelle che prima erano cantine, box o garage, non esistono più, i primi piani sono divenuti piano terra.
Tutto ciò dall’alto, con le riprese fatte dagli elicotteri, non è, e non può essere visibile. Le immagini vere, reali, non sono mai andate in onda, nessuna rete televisiva nazionale si è curata di ciò.
Solo pochi giorni dopo il sisma era iniziato il controllo sull’informazione, mentendo alla nazione che da subito è stata privata della verità, mentre le sole informazioni che passavano erano quelle che avrebbero fatto comodo, che sarebbero tornate utili ai politicanti di turno.
L’informazione dei media si è soffermata sulla evidente totale distruzione di Onna, dove in riferimento agli abitanti c’è stato il maggior numero di vittime. Utilizzando ad arte questi lutti, il dolore e la paura della gente, si è strumentalizzato il messaggi che veniva inviato alla nazione.
Onna contava circa 300 abitanti, L’Aquila nel suo insieme ne contava oltre 70.000, la differenza è evidente, quella che agli occhi di tutti è la distruzione di un centro abitato, di una periferia, è ancora più evidente nelle foto della città che non sono mai state rese di pubblico dominio.
Non si è detta la verità sulla catastrofe, non sono stati raccontati gli avvenimenti prima di quel 6 Aprile, nessuno ha passato l’informazione relativa ai messaggi tranquillizzanti lanciati dai mezzi d’informazione fino ad una settima prima del disastro.
L’informazione è stata strumentalizzata, usata con sapienza per inviare i messaggi che interessava inviare, con i contenuti di volta in volta più convenienti al caso, dimenticando di dire che la città di L’Aquila, che tutto il suo vastissimo centro storico, dove pulsava l’economia cittadina, era composto da edifici medioevali, d’epoca, tutelati ancora oggi per la maggior parte dalla sovrintendenza, che questi, per le loro caratteristiche, non potevano certo essere paragonati per grado di sicurezza ad edifici in cemento armato, che erano per la maggior parte edifici in pietra, adeguati nel tempo alle leggi sull’edilizia risalenti a 50 – 60 anni fa.
Non si è detto, che in considerazione di ciò che stava accadendo da oltre tre mesi, era il caso di verificarne la stabilità, non si è detto che le istituzioni, le stesse osannate per l’efficienza dei soccorsi, non si erano assolutamente preoccupate colpevolmente di ciò, non si è detto che uno studio condotto dal fisico Gaetano De Luca e successivamente dalla Regione Abruzzo, aveva indicato alcuni anni prima, il rischio sismico degli edifici istituzionali della città, quegli stessi edifici che sono poi rovinosamente venuti giù.
E se il sisma delle 3,32 ci fosse stato alle 8,32?
Quando tutti i palazzi istituzionali erano in piena attività, quando tutte le scuole di ogni ordine e grado erano piene di studenti e insegnanti, quando le aule dell’università di L’Aquila erano complete con oltre 24.000 studenti, ci rendiamo conto quale disastro? Che proporzione avrebbe assunto questo evento?
Non si è detto che la zona interessata dal sisma era stata declassata da zona sismica a livello di rischio 1 in 2.
Non si è detto ……………………………. ma si sapeva già tutto.
Detto questo, fatte queste premesse, emerge automaticamente, che un sisma di magnitudo 6,3° su edifici di questo tipo poteva solo essere devastante, come è stato.
Il centro cittadino, oggi che alcune vie cominciano ad essere percorribili, risulta agli occhi di tutti noi devastato e raso al suolo, emerge così, tutta la gravità della situazione, emerge, come oggi sia economicamente difficoltoso, progettare un modello di recupero del centro storico, come le varie ordinanze della Protezione Civile, risultino del tutto inadeguate per affrontare la specifica problematica, emerge, come la direttiva governativa n.° 39 convertita in legge n.° 77 del Giugno 2009, quella che prevede la ricostruzione delle sole prime case sia del tutto inefficace alla ricostruzione del centro storico e dei borghi dei comuni interessati dal sisma.
A seguito della legge n.° 77, le successive emanazioni, scelte, strategie, ci renderemo conto, come queste siano costruite per andare in una direzione opposta alla ricostruzione, che sempre di più porta ad una sola triste conclusione:
“L’Aquila, il suo centro storico, rimarrà per sempre una rovina, diverrà come Pompei, con una sola differenza, nel frattempo sono passati 2000 anni, e, tristemente si deve ammettere che non abbiamo imparato nulla dalla storia”.
I sfollati in tenda (lo smantellamento dei campi, sei mesi dal sisma)
Immediatamente dopo il sisma del 6 Aprile, mentre 40.000 sfollati vengono spostati verso la costa, facendo loro credere che avrebbero alloggiato nelle moderne e confortevoli strutture alberghiere della costa, solo per i mesi necessari alla costruzione/ricostruzione della città, altri 20.000 sfollati rimasti in città vengono ricoverati nei 179 campi allestiti in tutti i comuni del cratere.
Questi hanno dovuto sopportare prima il freddo del dopo terremoto nei mesi di Aprile e Maggio, poi il caldo torrido nei mesi estivi di Giugno, Luglio ed Agosto, quindi il periodo delle piogge autunnali del mese di Settembre, fino alle prime nevicate del mese di Ottobre.
Tutto ciò con mirabile abnegazione, nel miraggio di ottenere la casa promessa per il mese di Settembre 2009, ottenendo dopo 6 – 7 mesi di vita in tenda, solo una nuova destinazione, sulla costa o nell’entroterra, imposta da qualche luminare, scordando sbadatamente di rivolgersi a sfollati, a scampati al tragico evento che pochi mesi prima aveva commosso e mobilitato l’Italia, scordando di rivolgersi a cittadini ITALIANI, quest’ultima parola scritta a chiare lettere maiuscole e in grassetto ROSSO, colore indigesto all’ imperatore Silvio I° d’Arcore.
Tutto ciò, esattamente come avviene da alcuni mesi per gli immigrati, che sprovvisti del permesso di soggiorno, con l’introduzione del reato di immigrazione clandestina ricevono il FOGLIO di VIA.
Scordando che questi poveracci, sono Italiani per cittadinanza, Italiani per essere onesti lavoratori, Italiani per le tasse e le imposte che loro hanno sempre versato, Italiani perché con le loro imposte hanno consentito a questo Paese, che sembra dimenticarli, di fronteggiare nel tempo, le emergenze delle popolazioni che hanno subito altri disastri simili, come: il Vajont, l’alluvione di Firenze, il sisma in Friuli, in Irpinia, in Umbria nelle Marche….. ed oggi, colpiti dalla più grande catastrofe degli ultimi 100 anni, vengono trattati come clandestini in patria.
Dico solo “VERGOGNA!!!!!” .
Dico inoltre che non si è voluto considerare, che molti dei 20.000 sfollati che non hanno voluto abbandonare la loro città, o il loro paese, che non ha scelto di andare sulla costa, che sono rimasti, accettando di vivere per sette lunghi mesi una vita così disagiata e promiscua, accettando le più incredibili umiliazioni, lo ha fatto per amore della propria terra, per motivi di lavoro, nella speranza o convinzione che restando, continuando a svolgere il proprio lavoro, avrebbero contribuito ad una più veloce ed immediata ripresa, ed un altrettanto veloce ritorno alla normalità.
Mentre, utilizzando questa condizione di evidente disagio, si è voluto perfidamente dividere, indebolire e strumentalizzare le proteste delle popolazioni colpite, mettendo di fatto gli sfollati assistiti nelle tendopoli contro quelli assistiti negli alberghi della costa.
Ed è in questa maniera, che la mirabile macchina istituzionale, ha fatto passare le peggiori porcate, norme, decisioni e ordinanze, come atti necessari per la gestione dell’emergenza, questo senza incontrare nessuna opposizione, strumentalizzando una tragedia di proporzioni apocalittiche, per una sporca propaganda di regime, facendo credere lucciole per lanterne, raccontando attraverso i media la loro verità, una verità di Stato come accade nelle peggiori dittature.
Ma domando, chi ricorda le manifestazioni cittadine di protesta, quando solo 100, 500, fino a 2.500 – 3.000 sfollati partecipavano alla protesta, su una popolazione di 20.000 sfollati in tenda e 40.000 sulla costa.
- Quando i cortei passavano davanti alle tendopoli, e si chiamava a raccolta a gran voce gli ospiti che non potevano uscire, perché presiediate dalle forze dell’ordine;
- quando nei campi era vietato introdurre volantini informativi o di protesta dei comitati cittadini;
- quando la Presidente della Provincia di L’Aquila, per entrare nella tendopoli di Piazza d’Armi, ha dovuto identificarsi, come un qualsiasi estraneo, anche se in veste istituzionale;
- quando nei campi se gruppi di sfollati si riunivano per discutere dei loro problemi quotidiani intervenivano i carabinieri;
- quando per mangiare occorreva presentare il passi;
- quando, per salutare un amico ospitato in una tendopoli diversa da quella d’appartenenza, veniva impedito l’ingresso;
- quando durante il G 8 la città è stata blindata per tre mesi, con Esercito, Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e Digos in borghese, che controllavano tutto e tutti.
Quale TV ha raccontato queste verità?
Quale media ha fatto vera informazione in questi lunghi mesi?
La deportazione di massa sulla costa (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa)
Ma vogliamo parlare anche della vita nelle moderne e confortevoli strutture alberghiere della costa?
Io non mi sono fatto mancare proprio nulla, ho avuto l’abitazione classificata “E”, e dopo tre mesi di autonoma sistemazione sulla costa laziale, sono stato alloggiato sulla costa abruzzese con tutta la famiglia, precisamente nel comune di ROSETO (Te).
Bene, vi posso, e voglio raccontare alcuni episodi accaduti in due mesi di vacanza pagata dai contribuenti italiani, lasciando a voi la libertà di esprimere un giudizio finale.
Premetto che gli avvenimenti che Vi illustrerò sono del tutto veri, realmente accaduti, sono documentati da fotografie, oltre dalle possibili testimonianze degli ospiti, che spero, non vorranno ancora oggi, dopo essere stati raggirati e portati in giro, mantenere ancora il loro atteggiamento omertoso, che ha permesso di raccontare solo falsità.
Allora, cominciamo con quanto previsto dalla Delibera n.° 582 del 12 ottobre 2009, varata della Giunta Regionale d’Abruzzo, riguardo le modalità e le norme di assistenza alle popolazione sfollate accolte negli alberghi.
Cominciamo con il trattamento offertoci presso l’Hotel che mi ospitava con la famiglia, che è composta da cinque persone, me, mia moglie Anna e tre figli Marco, Luca e Chiara, rispettivamente di anni 25, 23 e 15.
Appena arrivato a destinazione ci viene assegnato un appartamento composto da una stanza con il seguente arredo, un letto matrimoniale per me e mia moglie, un letto a castello per Marco e Luca, due comodini, un armadio basso due ante per contenere gli indumenti di cinque persone, quattro adulti ed una ragazza, oltre a uno stanzino con finestra attrezzato con un letto singolo per Chiara, e per finire un bagno con doccia, il tutto forse in 25 mq. scarsi.
Dopo solo una mezza giornata già cominciavo a pensare ai containers di triste memoria, come ad una eccellente soluzione, visto che le meravigliose strutture alberghiere che ci stavano offrendo ospitalità, erano paragonabili proprio a dei container, che avrebbero però avuto un costo infinitamente minore per la collettività, e un impatto ambientale prossimo a zero, inoltre non sarebbe stata necessaria la deportazione di 40.000 individui sulla costa in quanto potevano essere impiegati sul posto, in città, a L’Aquila .
Poi, subito dopo questo flashback, torno nella realtà per pormi alcune consequenziali domande:
Ma le norme di sicurezza, la 626, che fine ha fatto?
E dire che si opera attraverso la protezione civile, ma qui non si rispettano neanche le più elementari leggi sulla sicurezza?
Ma siamo seri!!!
E’ inutile aggiungere che per due mesi, oltre a vivere lo stato di sfollato, oltre al disagio di vivere forzatamente fuori della mia città, la mia abitazione del ‘600 che si componeva di 225 mq, deportato fuori casa, ho anche fatto, forzatamente, per ovvi motivi logistici, voto di castità.
Anche se non più giovani, capite bene, che solo coppie molto legate possono superare questi difficili momenti, fortunatamente noi siamo cresciuti assieme dall’età di 15 anni, non abbiamo subito contraccolpi di questo tipo, ci siamo però ammalati di ipertensione, per dormire abbiamo dovuto fare uso di pillole di ogni tipo, sono stati sicuramente due mesi duri da superare.
Veniamo dunque ad alcuni episodi emblematici:
I° episodio: ”La convivenza forzata” (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa)
Ma, questa situazione, è stata ancora di più dura da superare, per le giovani coppie, costrette a convivere con genitori, parenti e anziani.
Infatti, come volevasi dimostrare, accade che accanto al nostro per cosi dire appartamento, era stipata una giovane coppia con neonato, oltre ai genitori ultra ottantenni di entrambi i coniugi, ben sette sfollati, sei adulti di cui quattro ultraottantenni ed un neonato in un appartamento di meno di 25 mq.
Alla faccia della delibera regionale n.°582.
Ed io aggiungo, alla faccia del G8, e del ruolo di vertice che proprio in quei mesi l’Italia aveva. Per dare più lustro all’avvenimento era stato spostato da l’isola Maddalena a L’Aquila, per mostrare al mondo le capacità del paese, di una delle otto grandi economie mondiali.
Proprio una oscenità.
Ritengo che chi a permesso tutto ciò, andrebbe giudicato dalla “suprema corte di giustizia EUROPEA”, invece, viene dipinto, come il magnifico capo, della mirabile macchina istituzionale, che tutta l’EUROPA ci invidia, viene indicato come l’uomo più amato dagli Italiani, per chi non avesse capito, o avesse frainteso, mi riferisco al colui che è al vertice della Protezione Civile.
La promiscuità di vita che conducevano i nostri vicini da oltre 3 – 4 mesi, ha portato i vecchi (probabilmente già si era manifestato) all’alcolismo, a seguito di ciò, in più di una occasione questa forzata convivenza e sfociata in risse familiari, sedate dalle forze dell’ordine, dall’intervento del 118 e della protezione civile, che si è limitata, dopo un breve soggiorno in ospedale dei feriti/malati, nel rinviare gli stessi sfollati, nello stesso hotel, alle stesse condizioni, nella stessa stanza.
Tutto ciò, senza preoccuparsi minimamente delle motivazioni di quello che accadeva, del disagio psicofisico delle persone coinvolte, delle norme di sicurezza eluse da un imprenditore che definire aguzzino è poco.
Ma dove stavano gli addetti ai controlli?
Ed il Comune, il Sindaco, la Polizia Municipale, oltre alla Polizia di Stato, Carabinieri e la Guardia di Finanza, dove erano?
Che facevano?
Di cosa si stavano occupando?
La risposta è semplice, erano tutti impegnati ad assistere la Protezione Civile nell’organizzazione del G8 dentro la città distrutta, per garantire la sicurezza dei grandi della TERRA, in barba ai calpestati diritti costituzionali degli sfollati.
Ma questo è solo un anticipo di ciò che è stato riservato ai sfollati, di ciò che ho potuto costatare con i miei occhi, in quei due mesi di lussuosa vacanza.
II° episodio: “La discriminazione nelle confortevoli strutture alberghiere della costa” (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa)
La mensa come lo stabilimento balneare dell’hotel che ci ospitava vennero divisi.
Così, mentre i tavoli riservati ai sfollati non erano muniti di segnaposto ed erano apparecchiati con miseri tovaglioli di carta, quelli che ospitavano, o avrebbe ospitato i turisti, gli stranieri, i villeggianti erano ben apparecchiati e tutti muniti di segnaposto con l’indicazione del numero della camera.
Lo stabilimento venne invece diviso fisicamente, con tanto di indicazioni ben visibili anche dal lungomare, queste proponevano ai residenti dell’albergo due distinte zone di arenile, una riservata ai turisti, e l’altra riservata ai sfollati che in quel periodo erano ben oltre le 250 unità.
E fin qui, anche se di cattivo gusto, ci poteva anche stare, poteva sembrare un modo forse poco elegante per mantenere uniti i legami tra una comunità che aveva condiviso le stesse tristi recenti esperienze, una comunità provata da un unico comune drammatico evento, che quindi stando unita poteva curarsi da sola le proprie ferite, poteva trovare in se stessa la forza per reagire a quegli avvenimenti ancora troppo recenti.
Se non fosse che la parte riservata ai sfollati, si trovava nella zona di spiaggia completamente sassosa, sprovvista di arenile, sporca ed in prossimità di scarichi i dubbia provenienza, mentre quella riservata ai turisti risultava pulita, sabbiosa e ben curata, proprio il giorno e la notte.
In quei mesi c’è stata di fatto una evidente discriminazione fra gli assistiti dalla protezione civile “i sfollati”, ed i paganti, “turisti, stranieri, villeggianti”.
I titolari della struttura alberghiera che ci ospitava, si sono comportati come se fossero loro a pagare il soggiorno ai sfollati, che ospitavano per una loro scelta, per una disponibilità offerta alla protezione civile solo per un tornaconto economico di dimensioni inimmaginabili.
Facciamo un giochino con i numeri, vediamo quanto noi sfollati, rendevamo ai titolari della struttura alberghiera che ci ospitava.
Fatti due conti, risulta l’imbarazzante cifra di (250 sfollati * 64,00 € tariffa giornaliera * 30 giorni/mese) = 480.000,00 €/mese, che non mi sembra proprio una miseria per un hotel tre stelle.
E questa rendita parte dal mese di Aprile, che non mi pare proprio “alta stagione”.
Considerando poi, che questa forma d’assistenza si è protratta per sette mesi, il fatturato totale assume la dimensione veramente imbarazzante di (480.000,00 € * 7 mesi =) 3.360.000,00 €, oltre i 6.000.000,000,00 di vecchie £.
E dobbiamo considerare che questo calcolo si riferisce ad una sola struttura alberghiera, ci rendiamo conto delle dimensioni dell’affare?
Ma quale assistenza ai sfollati, ma quale piano per evitare i container, ma quale efficienza.
E’ stata fatta una scelta di carattere economico, che ha permesso ai gestori di aziende ridotte ad un imminente prossimo fallimento, d’ottenere un occulto finanziamento di stato a costo zero, senza nessun tipo di interesse, senza dover offrire nessuna garanzia o credenziale in banca, pagato con il contributo di tutti gli onesti lavoratori italiani.
Si è voluta favorire ancora una volta una lobby di potere, si sono trasferiti soldi dalle tasche degli italiani agli operatori turistici, facendo credere che ciò serviva per gestire l’emergenza sisma, per sottrarre i sfollati dai container, strumentalizzando i sentimenti degli italiani, che hanno ingenuamente creduto a questa versione dei fatti, e ancora oggi in molti continuano ancora a crederci.
E la conferma di ciò, l’abbiamo nella guerra che in quei mesi si facevano le strutture alberghiere della costa, quando si litigavano letteralmente l’opportunità di alloggiare sfollati, che poi trattavano immancabilmente come bestie, non c’era infatti la necessità di fidelizzare il cliente/sfollato, ma solo la necessità di avere un numero sempre maggiore di ospiti sfollati, in quanto a ciascuno di essi corrispondeva un compenso di 64,00 €/gg.
Per strutture a tre stelle, prossime al fallimento, strangolate da una grave crisi economica, vantare (480.000,00 € * 3 mesi)= 1.440.000,00 € di credito con lo Stato, maturato in un periodo compreso tra Aprile e Giugno, è molto più di una boccata d’ossigeno, è un vero terno all’otto, un colpo, un guadagno insperato, che può risolvere i tantissimi problemi che molti in quel periodo avevano.
Si è fatto passare il soggiorno estivo dei sfollati sulla costa, come il brillante risultato della gestione dell’emergenza, si è voluto enfatizzare che per la prima volta, a seguito di un evento di proporzioni catastrofiche, come quello che ha colpito l’Abruzzo, non si sia ricorso ai containers.
Si è fatta ancora una volta della sporca speculazione politica, perché se è vero come lo è, che non si sono utilizzati i container per ospitare i sfollati, è altrettanto vero che nessuno si è curato di verificare come questi fossero trattati nelle confortevoli strutture alberghiere della costa.
Ci si è scordati banalmente che i cosiddetti sfollati, sono prima di tutto esseri umani che hanno avuto lutti, che hanno perso casa, lavoro, vincoli sociali, amici, luoghi di ritrovo, che non hanno più una città o il piccolo borgo di montagna dove tranquillamente risiedevano.
Non si è considerato che in quelle condizioni, del tutto particolari, tutto ciò che accadeva intorno a queste persone veniva enormemente amplificato, veniva tendenzialmente vissuto sempre in maniera negativa, le cose più piccole, quelle insignificanti, quelle che in una condizione normale al massimo ci fanno sorridere, assumono in queste situazioni un peso, ed un valore scatenante, che può sfociare in reazioni incontrollate ed imprevedibili.
Si è voluto far passare questo tipo d’intervento, come il migliore risultato raggiunto da un paese occidentale, addirittura lo si è voluto paragonare con quanto rimaneva ancora da fare negli U.S.A. dopo la disastra dell’alluvione di New Orleans.
Se non è strumentalizzazione questa?
III° Episodio “Lo sfollato single di San Gregorio” (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa)
Vediamo ora a quali nefandezze è stato sottoposto il povero amico ……. che chiamerò Antonio, sfollato single, proveniente dal comune di San Gregorio.
Costui, come molti di noi ha perso tutto, unico suo avere, la sua vetturetta, l’unica vettura che non è andata distrutta in tutta San Gregorio, immortalata su Internet, e recuperata con un’operazione di mirabile tecnica dai Vigili del Fuoco.
Dicevo, costui, ospitato nel mio stesso hotel, più precisamente alloggiato sotto il mio sontuoso appartamento, in una cantina, priva di finestra, con un semplice lucernario, che si affacciava sotto il balcone della mia camera da letto, faccio presente che i fatti si svolgono nel periodo Luglio – Agosto, con 30° di temperatura fissa, in un locale pieno di scarafaggi, non adatto all’uso previsto nella delibera regionale n.° 582, è stato, per la sua semplicità, per la sua bontà d’animo, raggirato, ingannato, usato vigliaccamente dal titolare dell’hotel.
Gli si è fatto credere che per la sua peculiarità di single non avesse diritto all’assistenza della Protezione Civile, che se avesse accettato le condizioni stabilite dal titolare del hotel, sarebbe stato ugualmente ospitato e alloggiato in segreto, che in questa maniera avrebbe ottenuto lo stesso trattamento degli altri sfollati, in cambio avrebbe dovuto semplicemente svolgere alcuni lavoretti di manutenzione, ottenendo per questo anche un rimborso spese.
Nulla di più meschino e falso, per pagarsi questo alloggio ed il conseguente mantenimento che gli spettava di diritto, lo si è costretto a lavorare in condizioni di schiavitù, per ottenere il faraonico rimborso di 100,00 €/mese, ed oltre alle varie incombenze riguardanti l’albergo lo si è costretto a mettere a disposizione anche la propria vettura, spesso a proprie spese, per gli spostamenti dei titolari.
Il povero Antonio ha dovuto subire queste vessazioni, senza che nessuno intervenisse.
Ma dove erano i super pagati Funzionari, e le ispezioni della Protezione Civile?
A seguito della precaria situazione a cui era sottoposto, una villeggiante, fece una denuncia dettagliata in Comune.
Così accade che il giorno 14 Agosto si presentano per gli accertamenti del caso guardie comunali in divisa, e atro personale in borghese non identificabile, per eseguire le verifiche del caso con le seguenti modalità:
ispezione nella hall dell’hotel, dove questi accertatori ricevono, guarda caso in dono e senza che avessero condotto ancora alcuna verifica, un enorme vassoio di pesce.
Immediatamente dopo si conclude l’indagine, che per uno strano caso, non da corso a nessuna constatazione di illecito, e quindi a nessun tipo di sanzione, contrariamente a quanto previsto nella delibera Regionale n.° 582 che per questi casi prevede l’immediata sospensione della convenzione.
Ma non è finita, vi racconto ancora un episodio che contraddistingue l’accoglienza riservata ai sfollati nelle meravigliose strutture alberghiere:
una sera, all’ora di cena il titolare dell’hotel si è rifiutato di servire la cena ai sfollati, perché a suo dire si erano comportati in modo disdicevole per una struttura che ospita turisti.
Ha quindi imposto, per accedere al ristorante dell’hotel, che i sfollati si dovessero pagare il pasto che reclamavano e che spettava loro.
Che dire, non ci sono veramente parole, e questi fatti sono stati riportati anche dalla stampa locale il giorno dopo, ma manco a dirlo, non è accaduto nulla.
E ancora:
le telecamere che controllavano, spiavano i sfollati, in ogni loro azione sia nell’area di proprietà dell’hotel, che negli spazi comuni, nelle strade pubbliche e sull’arenile.
Come vogliamo definire questi comportamenti? semplicemente scandalosi, ma mi pare ancora troppo poco.
Tutto quanto descritto, evidenzia ancora una volta come si siano voluti premiare, finanziare, arricchire i soliti speculatori senza scrupolo, con la scusa della gestione dell’emergenza, dell’assistenza offerta ai sfollati, senza verificare minimamente quali fossero i servizi che realmente venivano offerti, permettendo a questi, come li vogliamo chiamare “imprenditori”, le più incredibili vessazioni verso chi era già stato duramente colpito dalla natura, e in alcuni casi tragicamente colpito.
Tutto ciò, è stato fatto passare attraverso i mezzi di informazione, i media, come una meravigliosa villeggiatura offerta da quell’ipocrita di primo ministro che in quel periodo, in quei tragici giorni, con cinismo aveva nell’ordine, e con una sfacciataggine che ha dell’incredibile, dichiarato:
- che avrebbe messo a disposizione dei sfollati le sue ville, “20 per l’esattezza”,
- successivamente a proposto crociere per i sfollati,
- quindi ha dichiarato di voler passare le ferie estive in tenda, con gli sfollati, di volere casa a L’Aquila, per poi definire le tendopoli camping
- poi …………
Di esseri spregevoli, che usano a proprio piacimento le sventure per costruirci abilmente sopra una notizia, una carriera, al mondo ce ne sono sicuramente molti, ma costui si è veramente superato, costui è stato capace non solo di rivoltare la verità, è stato capace di inventare, divulgare, far credete reale, vera, una realtà virtuale, costruita con la capacità dei suoi personali mezzi d’informazione.
Dire che costui è un essere spregevole è sicuramente riduttivo, ma la cosa grave e contemporaneamente triste è che costui ci governa.
Se ha usato i suoi mezzi personali per costruire finte realtà da diffondere tra la gente che governa solo per ottenere consensi politici, cosa sarà mai capace di fare, se e quando si dovesse trovare coinvolto in affari poco chiari che lo dovessero interessare direttamente?
Meditate gente, meditate.
Quello che è accaduto, che sta accadendo a L’Aquila e nei restanti comuni del cratere, in una prossima occasione potrebbe vederVi come protagonisti.
Il controesodo, gli sfollati si riavvicinano a L’Aquila (riaprono le nuove scuole, i MUSP)
Dopo i mesi trascorsi da deportati nelle meravigliose strutture alberghiere della costa, i più lungimiranti in previsione dell’imminente inizio dell’anno scolastico, hanno capito che era necessario riavvicinarsi alla città, la soluzione offerta agli sfollati è stata quella di rivolgersi al COI della zona di riferimento.
Per me e la famiglia, che ci trovavamo ospiti nel comune di Roseto, il riferimento è stato il COI di Giulianova, qui i volontari della Protezione Civile su richiesta di ciascuna famiglia che si presentava, si attivano per cercare soluzioni alternative al soggiorno sulla costa.
Ma, come era da immaginarsi, essendo appunto volontari, non avevano molta conoscenza del territorio, le soluzioni offerte, si sono rilevate, agli occhi di chi questi luoghi li conosce, improponibili, per lo più fuori luogo rispetto la necessità rappresentate.
In considerazione di quanto sopra descritto, posso evidenziarvi la mia personale esperienza.
Per avvicinarci alla città, il COI di Giulianova, ci ha proposto nell’ordine i comuni di Lucoli, Campo Felice, Rocca di Mezzo, evidentemente, non rendendosi conto, delle distanze ne della precaria viabilità di quei luoghi verso la città.
Ora, chi come noi conosce questi luoghi, chi conosce le distanze e le condizioni della viabilità già prima del sisma, chi conosce la meteorologia di quei luoghi d’invero, comprenderà, che queste sistemazioni, non potevano rappresentare la soluzione per avere un accesso più agevole agli istituti scolastici della città, di quello che avrebbero potuto avere rimanendo sulla costa.
Quindi, come moltissimi altri sfollati, non abbiamo potuto accettare questo tipo d’offerta, ma diversamente da altri, abbiamo insistito che verificassero ancora la disponibilità di soluzioni alternative, e, come per magia, è uscito fuori un agriturismo a Trignano.
Ora, per chi non è di questi luoghi, Trignano è una frazione del comune di Isola del Gran Sasso, un comune che si affaccia sul versate teramano del Gran Sasso, la frazione si trova a 2 km dal casello autostradale di San Gabriele - Colledara, e a solo 35 km dal casello di L’Aquila est, la zona che ospita la maggior parte degli istituti superiori della città disastrata.
Questa soluzione, per le distanze, e per il tipo di strada di collegamento, è tutta autostrada, ci è sembrata immediatamente la migliore, così, seguendo le indicazione che ci sono state date al COI, abbiamo fatto immediatamente visita ai gestori di questo agriturismo, ed abbiamo concordato che ci saremmo trasferiti da loro nel giro di una settimana.
Quindi a metà Agosto inizia nuova avventura in questo agriturismo, durerà tre mesi, poi, come avrò modo di illustrarvi, si risolverà nel peggiore dei modi, ma l’avventura nell’entro terra tremano continuerà e ancora continua, presso un’altra struttura dello stesso comune.
La vita ad Isola del Gran Sasso, l’agriturismo lager (Agosto – Ottobre 2009)
Ricordate, le vessazioni di Roseto, bene in questo agriturismo, le cose se volete, sono andate pure peggio.
Ma cominciamo dall’inizio.
A prima vista il posto, la sistemazione e l’ambiente, potevano apparire migliori di quello lasciato sulla costa, ma ben presto, man mano che sono sopraggiunti nuovi sfollati la realtà si è rivelata.
Nel breve volgere di 10 – 15 giorni ci siamo ritrovati a raggiungere il ragguardevole numero di 30 – 35 presenze, che per una struttura, non proprio alberghiera, nata come agriturismo, come residenza diciamo di fortuna per viaggiatori o vacanzieri mordi e fuggi, si è ben presto rilevata ingestibile.
Mi pongo subito la prima domanda:
ma nella meravigliosa macchina istituzionale, chi, aveva il compito verificare l’accoglienza e la capacità logistica di ciascuna struttura, ammesso che ci fosse qualcuno preposto a questi controlli?
Comunque, questa situazione si è ben presto rilevata ingestibile, soprattutto perché, come è emerso immediatamente dopo pochi giorni di soggiorno, i titolari hanno mostrato tutto il loro pressappochismo, tutta la loro più assoluta incapacità ed incompetenza nella gestione, che è andata sempre più peggiorando con l’aumentare degli ospiti.
Così è emerso:
- che nel passato questa struttura non aveva mai offerto pasti agli ospiti, ma si era limitata a fornire solo l’alloggio;
- che in questa struttura, non operava, ne aveva mai operato personale addetto alla gestione dei servizi;
- che quindi, per fare fronte alla delibera regionale 582, nella struttura, venivano impiegati parenti e amici dei gestori, che via via si sono improvvisati nelle attività di cucina, pulizia, amministrazione, con evidenti disservizi per gli ospiti;
- poi sono venute alla luce le carenze tecniche della struttura stessa, quali:
- inadeguatezza di un impianto di riscaldamento negli alloggi, che non essendo autonomo ma centralizzato, non era adeguato a coprire le singole necessità degli ospiti,
- e successivamente, l’inefficienza dell’impianto elettrico, che erogando una bassa potenza, non copriva l’esigenza di un cosi elevato numero di ospiti, saltando ad ogni banale sovraccarico;
- infine, emergevano tutte le carenze, e lacune derivanti dall’utilizzo nella gestione della struttura, di parenti e amici, che svolgendo nella vita altre professioni, non erano in grado di coprire gli orari imposti dai gestori, divenuti rigidissimi per i pasti;
così, accadeva sistematicamente che i tavoli venivano sparecchiati al volo, si mangiava con l’imbuto per stare nei tempi che i gestori avevano imposto ai sfollati, e a questo personale del tutto atipico;
finiti i pasti, il locale mensa e la cucina venivano chiusi a chiave dai titolari, che nel giro di 30 minuti lasciavano la struttura, e gli ospiti rimanevano fuori dall’unico locale della struttura caldo e coperto;
non rimaneva un luogo di ritrovo, un tavolo, una sedia, nulla per scambiare due parole, per socializzare, neanche ai carcerati viene negata l’ora d’aria;
- così accadeva che, dopo mangiato, nel periodo in cui il tempo lo ha consentito, Agosto metà Settembre, per scambiare due parole, ci incontravamo all’aperto, seduti sui ciglio di un marciapiedi, e poi via nelle nostre stanze;
una vita sempre più difficile da sopportare, scandita solo dagli orari della mensa, colazione, pranzo, cena. Il resto del tempo ogni famiglia lo passava chiuso nella propria stanza, senza nessun rapporto sociale.
Da sfollati deportati, ora ci sentivamo, ed eravamo, prigionieri di questi aguzzini, mia moglie Anna. diceva di sentirsi come in un carcere di massima sicurezza, come a “Le Costarelle”, il carcere di L’Aquila, senza che avesse commesso nessun reato. E questa descrizione, mi accorgevo che calzava a pennello con la situazione che stavamo vivendo in quel periodo.
Ma la situazione, con l’inizio dell’anno scolastico sarebbe ancora precipitata.
Tutti gli sfollati, che nel periodo Agosto – Settembre, si erano spostati dalla costa nell’entroterra, ed in particolare, tutti noi che ci trovavamo ospiti in quel campo di concentramento di Trignano, lo eravamo fatto con l’obiettivo di poter raggiungere le scuole in maniera più agevole, più comoda, senza l’assillo degli orari d’albergo.
Oltre a quanti di noi, avendo ancora un lavoro, speravano di potersi muovere meglio, di poter raggiungere il luogo di lavoro più agevolmente.
Niente di più sbagliato.
La viabilità della città, in quel periodo era ulteriormente peggiorata, vista la contemporanea presenza di cantieri del progetto CASE, di cantieri per la realizzazione dei MUSP (moduli uso scolastico provvisori), cantieri per la viabilità, le famose rotatorie, considerando tutto ciò, i tempi di percorrenza, da e per L’Aquila, erano divenuti ormai imprevedibili.
In aggiunta a quanto descritto, si aggiungeva la problematica di una turnazione caotica dei figli a scuola, vuoi per la precarietà degli edifici scolastici, molti dei quali ancora in costruzione, vuoi per le assenze imprevedibili degli insegnati, e poi gli allarmi sisma ed i conseguenti sgombri improvvisi ad ogni più piccolo evento sismico, e la successiva nevrosi che a tutti noi genitori ci ha assalito, il timore e la preoccupazione per i figli, che ogni giorno lasciavamo, nella speranza che tutto andasse a buon fine.
Insomma per dirla in breve una vita d’inferno.
Solo noi che abbiamo vissuto questi eventi, possiamo descrivere, capire questa situazione di precarietà, che strisciando si andava ad annidare nella nostra vita, trasformandosi in una situazione di normalità, che nulla aveva di normale.
Tutti noi, abbiamo cominciato ad accumulare ritardi su ritardi, non siamo più stati nelle condizioni di rispettare uno solo degli orari stabiliti dai conduttori, o meglio dagli aguzzini dell’agriturismo che ci ospitava, perché ciò era impossibile, vista la precaria situazione della città.
Quindi, si sono venute a creare delle situazioni molto particolari.
Alcune famiglie, come quella dell’amico Gianfranco, composta da quattro persone, lui, la moglie e due dei quattro figli, per una serie di problemi, si è trovata ben presto in difficoltà più degli altri, e nell’occhio del ciclone.
Infatti, come tutti noi, anche Gianfranco aveva la necessita di accompagnare a scuola Mauro, il figlio più piccolo, mentre, come molti di noi, doveva recarsi tutti i giorni al lavoro, ma in più doveva rispettare orari e turnazioni di lavoro, ben presto si è trovato in difficoltà nel coniugarli con gli imprevedibili orari scolastici, inoltre, anche Sara, la figlia che lavorava a Teramo, dovendo anche lei rispondere a turnazioni di lavoro, si è trovata naturalmente nelle condizioni di non poter offrire nessun appoggio alla famiglia, anzi ben presto è stata una degli ospiti più penalizzati.
Per fare fronte a tutti questi problemi, la famiglia di Gianfranco, ad esclusione della figlia, è stata costretta dagli eventi, ad organizzare la giornata autonomamente, quindi la mattina presto con in bocca ancora il sapore di un caffè bevuto di corsa, erano in macchina per rientrare la sera dopo le 20,00 – 20,30 trafelati da una caotica giornata di lavoro, nella vana speranza di potersi rifocillare con tranquillità, di scambiare due parole, di staccare la spina, invece proprio da qui sono iniziate le più scandalose vessazioni.
Sembrava che i conduttori della struttura lo facessero apposta, la cena veniva servita sempre prima, arrivando a servirla alle 19.00 – 19,30. La cattiveria dei conduttori della struttura, non si limitata nel servire loro i pasti sempre più freddi, immangiabili, hanno saputo fare di più, si sono superati, hanno cominciato a servire al tavolo non più nei piatti ma su vassoio.
E fin qui non ci sarebbe nulla di strano, se non fosse che la struttura essendo appunto un agriturismo non aveva un vero locale mensa, questo era stato ricavato da un locale attiguo alla cucina, dove erano sistemati tre tavoli nei quali sedevano per forza di cose tuti gli ospiti della struttura, più nuclei familiari nello stesso tavolo.
A seguito della modifica introdotta, accadeva sistematicamente che la loro parte veniva consumata dagli altri commensali, senza che i conduttori si curassero se ne rimaneva a sufficienza per loro, che quindi rimanevano sempre più spesso senza mangiare, o nella migliore delle ipotesi con le porzioni contate, sempre più ridotte.
Addirittura spesso quando tornavano, trovavano già sparecchiato e dovevano consumare la cena in stanza, cosa che accadeva con regolarità alla povera Sara, che tornando da Teramo doveva sempre mangiare freddo, in stanza, accontentandosi di quel poco che restava.
Una sera, i conduttori dell’agriturismo, sono stati capaci di lasciare il minestrone che era stato servito per cena, fuori dal locale mensa già chiuso a chiave, dentro un pentolone, con piatti, rigorosamente in plastica, e posate, forchette e coltelli, ma senza cucchiai, il tutto rigorosamente freddo, ci troviamo a fine Settembre, e da queste parti come a L’Aquila in questo periodo non è caldo, anzi cominciano le prime notti fredde, e dopo una giornata di lavoro, avrebbe fatto piacere un piatto caldo scambiando due parole.
Una cattiveria che ha dell’inverosimile, dell’immotivato, un comportamento da “Gestapo”, esattamente ciò che imponeva la delibera regionale n.° 582.
Ed i controlli direte, manco a dirlo, neppure l’ombra.
E le cose sono precipitate ancora di più, quando, con l’arrivo di un ultima famiglia, i titolari hanno completamente mollato quel minimo di gestione della struttura che formalmente, malamente, ancora avevano mantenuto, permettendo a questa famiglia, composta da sei persone, di prendere il sopravvento su di essi e su tutti noi.
Così questi nuovi sfollati, hanno potuto in poco tempo imporre i loro tempi, le loro esigenze, il loro modo di vivere a tutti noi.
Cosi è accaduto che la mamma, si è sostituita al personale dell’agriturismo, prendendo di fatto possesso della cucina, imponendo a tutti noi i gusti dei figli.
Una cucina, che se fosse stata sana, poteva anche essere accettata, ma invece si è rilevata disgustosa, fatta solo di porcherie adatte a bambini viziati, quindi abbiamo cominciato a mangiare tutti i giorni, solo ciò che mangiavano queste piccole pesti, roba fritta, congelata, surgelata, e poi dolci improponibili.
Infine, con molto poco buon gusto, questi signori con i loro comportamenti hanno fatto in modo di far trapelare una palese differenza sociale, che evidentemente non c’era, ne poteva esserci, vista la situazione di sfollati che ci accomunava.
Tutto ciò evidentemente frutto di un latente complesso d’inferiorità, che in queste precarie condizioni di sfollati, emerge come un muro a difesa dell’integrità della famiglia, muro e complesso, che probabilmente in una situazione normale, sarebbe stato represso o non si sarebbe manifestato.
Così, mentre noi ci sorbivamo i loro disgustosi gusti, è accaduto che sulla loro tavola si è materializzata una cucina del tutto particolare, sono apparse anche delle “aragoste”, alimenti certamente fuori luogo con l’emergenza di quei giorni, mentre a noi continuavamo ad essere serviti i soliti pasti.
Tutto ciò, di per se, anche se rimaneva di cattivo gusto, sarebbe anche stato accettato per quieto vivere, se la cosa non avesse trovato l’appoggio dei titolari, che praticamente avevano mollato la gestione, consentendo loro:
- prima l’accesso nel locale mensa,
- poi alla cucina,
- a seguire la scelta e l’imposizione dei generi alimentari,
- per finire la gestione dei fornelli.
Tutto ciò che invece a noi era precluso, interdetto, e che nel tempo, ha creato una situazione conflittuale tra le famiglie.
Così tra gli sfollati è cominciata prima la disapprovazione, poi con il tempo sono sorte le prime discussioni nelle quali si sono fatte notare e pesare queste situazioni sgradevoli, quindi le discussioni si sono trasformate in litigate, a volte anche furiose, per finire anche alle mani.
A questo punto, posso affermare che avevamo proprio toccato il fondo. Ho capito che era necessario riportare ordine, visto che quanto accadeva era in contrasto con i più elementari principi di convivenza, e con quanto previsto dall’ordinanza regionale n.° 582.
Così abbiamo cominciato ad indagare, abbiamo scoperto che il personale che svolgeva i compiti di cucina, pulizia e amministrazione non era assolutamente in regola, non era segnato, erano per lo più amici e parenti dei conduttori, veniva retribuito a nero, e non aveva le necessarie autorizzazioni sanitarie, ne aveva indumenti idonei a svolgere il lavoro, sia dal punto di vista della sicurezza, che dal punto di vista igienico sanitario.
Ma, a seguito di questi controlli, la cosa più grave che emergeva, e che questa struttura non avendo il personale in regola, era inadempiente con i versamenti INPS e INAIL.
Di conseguenza, se ci fossero stati dei controlli adeguati, non sarebbe stata in regola neanche con il relativo “DURC”, per cui non avrebbe potuto ottenere la convenzione con la Regione per la somministrazione dell’assistenza ai sfollati.
E allora mi domando ancora una volta:
Ma chi è che doveva fare questi controlli?
E perché non sono stati mai fatti?
E quante altre strutture hanno operato in questa maniera?
E tutti questi denari pubblici che si sono riversati su queste strutture, non sono forse un finanziamento illecito di attività fuori legge?
Ci sarà mai qualcuno che interverrà su questi temi?
Intanto i titolari, che avevano completamente perso il controllo della situazione, hanno cavalcato la situazione conflittuale tra le persone, aggiungendo benzina al fuoco, la situazione è ben presto divenuta esplosiva in vivibile.
Così, nel giro di 20 giorni i 35 sfollati ospitati nella struttura si sono volatilizzati, ogni famiglia è andata via, ha trovato una nuova sistemazione per proprio conto attraverso il COI di Giulianova, lasciando quel posto dove eravamo tutti divenuti prigionieri di questi aguzzini, nelle nostre stanze, dalle quali non uscivamo più neanche per mangiare, per evitare d’incontrarci.
Anche noi, che abbiamo cercato di rimanere il più possibile fuori da qualunque discussione, che abbiamo cercato sempre, in tutti i modi di evitare qualunque possibilità di attrito, alla fine, nostro malgrado, siamo stati coinvolti, ed ha quel punto, nel giro di due giorni, come gli altri abbiamo cambiato aria, trasferendoci in un’altra struttura alberghiera sempre nel comune di Isola del Gran Sasso nello stesa struttura dove l’amico Gianfranco ci aveva preceduto solo la settimana prima.
Ma mentre traslocavamo per l’ennesima volta, mi ponevo ancora una domanda:
“Ma come poteva essere possibile che il COI di Giulianova non inviasse una ispezione in quel posto?”
Non poteva essere normale che tutti i 35 sfollati assisti in quella struttura avessero chiesto contemporaneamente un trasferimento nel giro di una settimana. Mi sembrava evidente che l’anomalia facesse nascere un sospetto.
Ma a chi non frega nulla della situazione che vivono dei semplici numeri, o peggio, a chi è colluso con queste persone non può, ne deve dare nessun segnale.
Questo è stato per me il primo campanello d’allarme, quello che ha dato la definitiva conferma alle mie convinzioni, da questo ennesimo episodio che si andava a sommare a quelli vissuti a Roseto, ho capito che stava iniziando una nuova tangentopoli.
Solo molti mesi dopo ci sarà la conferma di questi fatti, quando apprenderemo che mentre L’Aquila tremava alcune carogne se la ridevano.
Questo è proprio un paese che non ci merita, l’idea di andarcene in Svezia era la più giusta, ma per ora avevo deciso con me stesso di non gettare benzina sul braciere, questa triste idea l’avrei condivisa solo con me stesso.
Le cose possono cambiare, una speranza per il futuro (la situazione dei sfollati dopo nove mesi)
Venivamo da una serie di esperienze tutte assolutamente negative.
Riepilogando: Roma, problemi di convivenza con i familiari, Nettuno, ambiente e luogo in vivibile, Roseto, le vessazioni dei titolari della struttura alberghiera, Trignano, il lager, l’incapacità e le vessazioni dei gestori.
Capirete bene che, dopo queste esperienze fatte sulla nostra pelle, in soli sette mesi vissuti da sfollati, errando da una struttura all’altra, eravamo pronti a reagire alla minima intolleranza, non eravamo certo nello spirito di subire ancora vessazioni, eravamo proprio inc…..ti neri, pronti ad andare allo scontro non appena si fosse presentata l’occasione.
Invece, accade qualche cosa di nuovo, di positivo, e nel tempo ci renderemo conto di molto positivo, la struttura che ci ospita è un Residence di Isola del Gran Sasso, dove ritroviamo l’amico Gianfranco, la sua famiglia che ci aveva preceduti una settimana prima.
Il luogo e bello, pulito, ordinato, ci sono altri sfollati, e tra questi c’è anche una famiglia che era con noi nell’hotel di Roseto, lascerà il residence per rientrare a L’Aquila, solo pochi giorni dopo il nostro arrivo.
L’Ambiente e bello, cordiale, quasi familiare, abbiamo subito modo di costatare come i conduttori di questa bella struttura, una deliziosa coppia avanti con gli anni, siano dei grandissimi lavoratori, gente veramente per bene.
Io e Gianfranco, ben presto catturiamo l’amicizia del titolare, il sig., Sergio, che ci racconta e aggiorna su alcuni avvenimenti che lo hanno coinvolto:
- i lavori, e le spese sostenute di tasca propria, per rendere da subito agibile la struttura danneggiata dal sisma, ci mostra i segni che non sono stati del tutto cancellati;
- successivamente a questi lavori l’immediata disponibilità data al COI di Giulianova per ospitare gli sfollati;
- l’attesa che il COI provvedesse ad inviare sfollati per tutto il mese di Agosto e per metà di Settembre 2009, mentre la struttura rimaneva vuota, ed i turisti erano stati respinti in attesa di quei sfollati che non arrivavano;
Così, mentre noi, tribolavamo a Trignano in quel lager, mentre in quei mesi molti sfollati che volevano avvicinarsi venivano inviati dal COI di Giulianova nella provincia di L’Aquila, nei comuni di Lucoli, Campo Felice, Rocca di Mezzo, in zone veramente improponibili, questa bella ed efficientissima struttura rimaneva vuota.
Perché?
Ci siamo risposti, quando un pomeriggio di fine Gennaio, io e Gianfranco abbiamo accompagnato il sig. Sergio al COI di Giulianova, per informarli che la struttura aveva alcuni appartamenti liberi, e ci siamo sentiti rispondere dal personale addetto che:
- l’obiettivo della Protezione Civile, era ora quello di spostare tutti gli sfollati dalla costa, in Provincia di L’Aquila;
- e che i sfollati rifiutavano la destinazione di Isola del Gran Sasso, preferendo le località della provincia aquilana, che venivano loro proposte.
Se volevamo sentire delle barzellette, questa in assoluto, viste le condizioni della città, e veramente la migliore, solo più tardi avemmo trovato una risposta a quel commento, quando mia moglie Anna incontrò per Isola del Gran Sasso uno sfollato, e il caso vuole che costui fosse il nonno di un ex compagno di scuola di nostro figlio Marco.
Dopo i convenevoli del caso costui informa Anna di essere alloggiato ad Isola proprio nel nostro vecchio Agriturismo, il lager di Trignano, assieme ad altri 15 – 16 sfollati tutti provenienti dalla costa che si erano appena sistemati da una settimana.
Ma come, il COI di Giulianova ci aveva detto solo pochi giorni prima che nessun sfollato accettava la sistemazione ad Isola del Gran Sasso?
Ci aveva informato che le direttive della Protezione Civile erano di fare rientrare tutti gli sfollati che erano sulla costa, nella provincia di L’Aquila?
L’offerta del sig. Sergio con molta gentilezza, era stata respinta?
E dopo due settimane vengono spostati 15 sfollati alloggiati sulla costa a Isola, e vengono tutti sistemati nell’Agriturismo lager di Trignano, quello stesso agriturismo dal quale la mia famiglia, quella di Gianfranco e altri 26 sfollati eravamo fuggiti perché divenuto invivibile, ed al COI di Giulianova che era a conoscenza di tutto ciò perché lo spostamento tra le varie strutture alberghiere poteva avvenire solo previo la loro autorizzazione, questi movimenti non avevano destato sospetti, e mentre il Residence di Sergio continuava a rimanere con le camere disponibili per i sfollati questi venivano tranquillamente indirizzati solo in quell’agriturismo.
Ma vuoi vedere che anche qui c’è qualche colluso?
Qualche interesse poco chiaro?
Intanto le attenzioni di questa deliziosa coppia verso di noi sono veramente esemplari, al punto che la sig.ra Tea aspetta tutti i giorni, l’arrivo dei studenti da L’Aquila, che con il bus riescono ad essere in tavola non prima della 15,00 – 15,30 per servire loro sempre un pasto caldo.
Ma fa anche di più, la mattina è sempre in piedi alle cinque per preparare una colazione calda a tutti noi, e le merende per i ragazzi che vanno a scuola.
Sergio, il marito, si impegna al massimo per rendere confortevole il soggiorno a ciascuno di noi, si preoccupa se non mangiamo, se stiamo male o indisposti, si fa in quattro per inventare ogni giorno un menù nuovo, si è addirittura attrezzato di tutto punto per servire i famosi arrosticini, con un braciere a motore, realizzato secondo le sue indicazioni, da un artigiano.
Durante il nostro soggiorno, veniamo a conoscenza del giorno in cui questa meravigliosa coppia compie l’anniversario di matrimonio. Io Anna e la famiglia di Gianfranco, anche per testimoniare la nostra riconoscenza a tutte le loro attenzioni nei nostri confronti, come quelle di tutti gli altri ospiti, decidiamo di offrigli un piccolo pensierino, un semplice ricordo dei giorni trascorsi finalmente in serenità nella loro accogliente struttura, una cosa molto semplice, per nulla impegnativa.
Tutto ciò ci ha legati ancora di più a loro, al punto che quando ci ha chiamato il sindaco del nostro comune per informarci che si erano creati i presupposti per un nostro trasferimento in una struttura alberghiera nei pressi di Stiffe, abbiamo trovato, perché comunque c’erano tute le prerogative, un modo cortese per rinunciare al trasferimento.
Sono ormai molti mesi che ci troviamo nella struttura del Sig. Sergio e della Sig. Tea, e crediamo che fino a quando non ci verrà offerta la possibilità di rientrare nel nostro comune, nei MAP, rimarremo se sarà possibile qui.
Lo sporco uso della propaganda politica - (Marzo 2009)
Durante questo lungo anno da sfollato errante per l’Italia, ho potuto assistere a tutto ciò che è nell’immaginabile di ciascuno di noi, mi sono quindi reso conto che al peggio non c’è limite, quanto affermo è supportato da quanto di seguito Vi descrivo, premettendo che questi sono tutti fatti veri e documentati.
Dunque, in questo periodo ho potuto assistere a quanti si sono potuti impunemente permettere di strumentalizzare la tragica situazione del dopo sisma, per qualunque fine, anche i più spregevoli.
Non poteva quindi mancare la politica, ed i vari politicanti di turno, venuti tra di noi, tre la gente, tra le macerie, a raccogliere il loro momento di gloria, manifestando una falsa solidarietà che nascondeva sempre e solo sporchi interessi propagandistici, quando non nascondeva i più squallidi interessi economici.
Ora, che il nostro premier ha utilizzato gli avvenimenti in Abruzzo, ed in particolare la distruzione di L’Aquila per un suo personale uso è ormai noto a tutti. Ma cosa vogliamo dire dell’uso volgare, sporco, irrispettoso delle 308 vittime del sisma e dei loro familiari, fatto in occasione della recente campagna elettorale per le elezioni provinciali di L’Aquila.
Lo sento come un dovere civico, debbo in qualche maniera documentarVi su quanto è accaduto in questo mese di Marzo 2010, proprio alla vigilia di quella triste data del 6 Aprile, divenuta giornata di lutto, per volere dei cittadini.
Dunque, come detto siamo alla vigilia delle elezioni provinciali di L’Aquila, la candidata del centrosinistra, la presidente in carica, l’On. Stefania Pezzopane, è data per vincente, infatti, da un sondaggio pubblicato solo poche settimane prima, risulta essere la presidente di provincia più amata dagli italiani, e sicuramente tra gli aquilani ed i sfollati.
Il centrodestra, specialmente a L’Aquila, dopo le recenti manifestazioni del popolo delle carriole, dopo gli scandali che si sono abbattuti su funzionari dello stato coinvolgendo i massimi vertici della Protezione Civile, è in condizioni critiche, serve evidentemente un guizzo per richiamare a raccolta i fedelissimi, per tentare di strappare questa importate provincia, divenuta strategica, per legittimare una politica nazionale di consensi costruita strumentalmente proprio sulla gestione del dopo sisma.
Allora, colpo di genio, qualche spregiudicato politicante di bassissimo spessore politico, pesca su internet una foto pubblicata ben 13 anni prima sui quotidiani dell’epoca, risalente al terremoto in Umbria, quest’immagine, indubbiamente riprende un campo profughi, dove sono immortalati dei container, ed è ben visibile che in questo campo c’è vita, sono ritratte persone in attività quotidiane, si vede chiaramente il campo con le vie d’accesso illuminate, come si vedono le luci in alcuni container, inoltre ci sono le serrande di alcune finestre alzate, segno evidente di vita.
Fin qui nulla di strano, si evidenzia semplicemente una immagine, uno fotogramma, uno scatto di alcuni anni fa, nulla di particolare, ma ecco il colpo di genio, l’idea delle idee, la foto viene mirabilmente tagliata, quindi viene composto un montaggio tra questo nuovo fotogramma ed una foto recentissima, che riprende uno degli edifici realizzati nei nuovi quartieri, le new town del progetto CASE, e voilà il gioco è fatto.
Ora al genio, basta aggiungere una didascalia a siffatta composizione, del tipo “Umbria e Marche 1997, governo Prodi, ad oggi container per famiglie-Abruzzo 2009, governo Berlusconi, ad oggi case antisismiche per le famiglie” il messaggio è forte, chiaro e di sicuro impatto sulle menti di chi ha subito un così devastante trauma da poco meno di un anno.
In questa maniera si e voluto mettere in contrapposizione il tragico passato delle popolazioni colpite dal sisma in Umbria, lasciate dopo 13 anni al loro destino, con le nuove costruzioni realizzate da questo esecutivo. Per rimarcare questo concetto basta aggiungere una frase, ed il gioco è fatto “il governo dei fatti, la differenza che conta”, strumentalizzando tutto ciò per fini propagandistici ed elettorali.
Questa analisi, che è del tutto soggettiva, risulta incompleta, manca infatti un’analisi del fatto che rappresenta, non viene indicato il luogo dove è stata scattata la foto, ne a quando risale il fatto documentato, il tutto poi non è suffragato da riferimenti giornalistici, non ci sono interviste o dichiarazioni rese dai residenti ritratti, ne degli amministratori locali, c’è semplicemente una foto con l’aggiunta di alcune didascalie.
Da questo fotogramma si può semplicemente affermare, innegabilmente, ciò che con questa immagine viene documentato, cioè un avvenimento che sicuramente è accaduto ma di per sé non dice nulla di più, non ci sono elementi per giudicare, sembra piuttosto un evidente uso strumentale e spregevole, di una innegabile situazione di disaggio di una comunità.
Del resto, per suffragare l’uso strumentale della politica basta andare indietro nel tempo, solo di pochi giorni, in occasione della programmata manifestazione di Roma, voluta dal premier, quando il coordinatore nazionale del Pdl, Denis Verdini, aveva invitato agli aquilani a partecipare in massa in segno di gratitudine al governo.
Costui scrive, ma mostra di non conoscere nulla di ciò che è accaduto in Abruzzo, di ciò che è stato fatto o non fatto a L’Aquila. Costui non sa neanche cosa sostiene di aver fatto il suo stesso governo, non conosce neanche i dati diffusi dalle fonti istituzionali ufficiali, pubblicate in internet, non sa quanti sono gli alloggi edificati con il progetto case, arriva addirittura a dichiarare che sono state consegnate case a 40.000 sfollati.
Ma come crede di sistemarli 40.000 sfollati in 4.500 alloggi, che hanno una superficie compresa tra i 40 ed i 75 mq lordi?
Sistemare 40.000 sfollati in 4.500 alloggi del progetto CASE sarebbe come dire, che in ogni abitazione ci infiliamo (40.000 / 4.500 =) 8,8 diciamo, 9 sfollati, ma vogliamo scherzare?
Ma il sig. Verdini dove caspita vive?
E poi, conosce le norme di sicurezza?
Sa che per ciascuna persona, in un alloggio spettano per legge 15 mq di superficie?
Come crede di stipare nove sfollati in 75 mq?
E’ questo sarebbe il miracolo Aquilano?
Questo è il governo del fare?
Stiamo messi proprio di m…a !!!!!!!!! (scusate)
Ed hanno pure la presunzione di fare raffronti con l’uso dei container nei terremoti in Umbria e nelle Marche, in quale triste occasione passata sono state stipate 9 persone in un container, in una baracca, in un alloggio?
E poi la gratitudine verso il governo?
E la popolazione beneficiata dalla straordinaria azione di Berlusconi?
Forse, la stampa becera e comunista, ha fatto in modo che non si sapesse, che il piccolo cavaliere a contribuito di tasca propria alla devastazione del territorio, per la realizzazione di interi quartieri, o meglio le new town, su terreni agricoli, spianando colline verdi e ricche di vegetazione nel “parco nazionale del gran sasso e monti della laga” ?
Ma che significa ciò?
Non siamo forse cittadini come tutti?
Non abbiamo anche noi diritti sanciti dalla costituzione?
Sui nostri stipendi, come su quelli di tutti coloro che percepiscono un reddito fisso, forse non grava fino a un decennio fa il contributo relativo alla voce GESCAL, che i giovani forse non conoscono, ma chi ha qualche capello bianco come me, conosce benissimo, sa che questa tassa serviva a finanziare l’edilizia economica e popolare.
Domando, tutti questi soldi, si parla di 2,4 miliardi di €, che fine hanno fatto?
dove sono le case popolari realizzate con i contributi dei lavoratori?
Ma lo vogliamo dire, le meravigliose new town antisismiche volute da questo governo contro i pareri di tutti, cittadini, enti locali, amministrazioni, tecnici, architetti, urbanisti sono state edificate con i nostri soldi, con i soldi di tutti gli onesti lavoratori italiani, e allora, per quale straordinario motivo dovremmo essere riconoscenti a un despota, che, come dichiara Verdini nella sua missiva, ha agito solo per i suoi interessi.
All’on, D. Verdini sfugge un dettaglio, il popolo ha una dignità.
Il popolo non si deve inchinare a nessun monarca o presunto tale, se le popolazioni locali sono in debito di riconoscenza, lo sono certamente verso il corpo dei vigili del fuoco, verso i volontari che hanno prestato la loro opera per mesi, mentre altri se la ridevano allegramente.
Sicuramente il popolo, gli sfollati non sono in debito di gratitudine con il piccolo cavaliere, che dopo quest’ultima uscita del coordinatore PdL on. Verdini, è ancora più piccolo del solito.
Sciacalli!!!!!!!!!!!
Il giro d’Italia passa per L’Aquila - E la propaganda continua - ( 21 Maggio 2010)
E la propaganda, continua.
In occasione del passaggio del giro d’Italia, per alcuni dei centri colpiti dal sisma del 6 Aprile 2009, mentre ancora oggi la circolazione in città, come in periferia, rimane caotica, mentre la maggior parte delle strade risulta essere ancora in uno stato pietoso, con vie dissestate, piene di buche e mancanti di segnaletica orizzontale o insufficiente, con i cantieri ancora all’opera per realizzare delle inutili rotatorie, che per ora hanno il solo merito di peggiorare la circolazione, gli organizzatori del giro d’Italia, mirabilmente, trovano conveniente tracciare un percorso, che guarda caso costeggia alcune delle 19 new town.
Forse tutto ciò non è proprio un caso, il sospetto che questo percorso sia stato studiato a tavolino, per permettere riprese televisive che per puro caso, inquadrassero al passare dei corridori proprio queste opere, proprio quelle 19 new town tanto chiacchierate in questi giorni, sembra lecito, infatti il percorso negli ultimi chilometri passa, sempre per una strana coincidenza, per San Gregorio, Onna, Paganica, Bazzano, Sant’Elia, proseguendo per Porta Napoli, per poi concludersi alla Villa Comunale.
E sempre il caso, vuole che in quelle stesse zone sorgano alcune delle 19 new town, proprio quelle dove le opere d’urbanizzazione sono state portate a termine, quelle che comunque si trovano in zone già integrate e servite da infrastrutture preesistenti nel tessuto urbano, nelle località di Paganica, Bazzano e Sant’Elia.
A Onna, fa bella figura il nuovo insediamento di Villette, perfettamente funzionante, che nulla ha a che vedere con i M.A.P. della Protezione Civile, queste sono state donate dalla provincia autonoma di Trento, realizzate dai tedeschi con i soldi della croce rossa, mentre il villaggio costruito e a San Gregorio è sopra un colle, quindi non è ben visibile dalla strada, anche questa è una casualità.
Tutto ciò accade sempre per uno strano disegno del destino, ad un anno dal sisma, in concomitanza a quanto sta venendo alla luce in questi ultimi mesi, proprio in coincidenza con la fine dello stato d’emergenza, con la fine del periodo nel quale i diritti civili delle popolazioni colpite dal sisma sono stati congelati, ma che dico, sono stati proprio sospesi da una dittatura imposta dai vertici, della Protezione Civile, che ha suon di ordinanze ha chiuso le popolazioni in un cordone invalicabile, un vero bavaglio alla libera informazione.
Tutto ciò dicevo, proprio quando cominciano ad emergere i vari intrallazzi di alcuni personaggi molto vicini ai vertici della Protezione Civile, e dello Stato.
Si è voluto evidenziare, mandando un messaggio televisivo subliminale, ancora una volta che a L’Aquila tutto è risolto, non ci sono più problemi, che la popolazione può tranquillamente esultare al passaggio dei ciclisti, e per rendere ancora più credibile la cosa, le strade percorse dai ciclisti hanno avuto una manutenzione preventiva del tutto speciale.
Infatti:
- si è provveduto prima a pulire i bordi dalle erbacce, mentre tutti noi sappiamo come sta ad esempio la scalinata di San Bernardino;
- si è rifatto il manto stradale solo delle strade percorse dai ciclisti, mentre rimane in uno stato pietoso nel resto della città;
- è stata completamente rifatta tutta la segnaletica orizzontale e si sono sostituiti i guard-rail;
avendo cura di effettuare questi lavori solo la dove si trovavano le telecamere fisse, che riprendevano o potevano riprendere l’avvenimento.
Nulla di più falso si poteva strumentalmente organizzare, e sono i comitati a testimoniare questo dissenso con striscioni e scritte, così comparivano lungo il percorso frasi del tipo, “Con + Chiodi sulla strada le bici vanno Cia-Lente”, e ancora “All’Aquila è tutto prefetto” che richiama l’ex prefetto Gabrielli, ed infine, prima dell’ultima curva, in prossimità di Porta Napoli, nei pressi dell’arrivo alla villa comunale “Noi 4 cialtroni voi 40 ladroni”.
Ma magia, la sospensione dei diritti civili continua, accade che il questore dà lo stop, la censura del terzo millennio si fa con la vernice nera, e viene tutto nascosto alle telecamere, il messaggio preconfezionato che si voleva dare agli italiani arriverà così come era stato preconfezionato dai media, senza contestazioni, apparrà tutto tranquillo e in ordine.
L’intervento dei cancellatori specializzati è stato immediato ed a ristabilito l’informazione di Stato, gli ordini del capo della questura Stefano Cecere sono stati eseguiti alla lettera e costui più tardi spiegherà: «È stata una disposizione nostra, ispirata da ragioni di opportunità. Si trattava, infatti, di frasi non riguardanti la manifestazione e, inoltre, poco opportune in una giornata di festa.
Una giornata di festa?
Ma il dr. S. Cecere cosa pensa che abbiano da festeggiare 49.000 cittadini che ancora vivono assistiti dalla Protezione Civile?
Questa giornata, che cade solo 45 giorni dopo la celebrazione del primo anniversario di quel 6 Aprile 2010, era secondo Lui da considerare “una giornata di festa”?
Ma stabilita da chi?
Per festeggiare cosa?
E chi?
Ma fortunatamente la fantasia del popolo delle carriole, non si esaurisce con le scritte sui muri o sull’asfalto, infatti vengo approntati dei striscioni, tutti con messaggi riguardanti la ricostruzione che non c’è e la situazione economica nella città devastata, con scritte del tipo “A maggio in rosa, da luglio al verde per tasse, mutui e prestiti” ed ancora, “L’Aquila, 15.000 nelle Case, 30.000 senza casa e senza lavoro”.
Questo è il vero miracolo aquilano!!!!!!!!!
Ma gli italiani non lo debbono sapere, il potere vuole che passi il messaggio preconfezionato, “tutto è stato risolto”.
Tra alcuni anni, ci troveremo ancora a parlare del sisma in Abruzzo, esattamente come ci troviamo ancora oggi a parlare dell’Irpinia, con la differenza che tra i due avvenimenti sono passati 30 anni, ma come potrete verificare non è cambiato nulla, non abbiamo capito niente dalla storia.
Ecco, questo è tutto, rimaniamo in attesa della prossima manifestazione di grido da convocare a L’Aquila, inutile, come lo è stato la prima, quel G8 che ci avrebbe dovuto portare tanto denaro per la ricostruzione, che avrebbe dovuto accendere i riflettori su L’aquila, ed invece ha permesso ai soliti noti, le ruberie di cui già oggi nessuno più parla.
Ci avete tolto anche il diritto di ricordare una tragedia, di onorare le vittime innocenti di un disastro che avete voluto, che avete atteso e cercato, solo per i vostri sporchi interessi economici, solo per utilizzare questa catastrofe per permettere al premier di ricostruirsi una VERGINITA’ con gli elettori e con la chiesa.
Giugno 2010 - ed ancora non è finita - (fino al 6 Giugno 2010)
Non mi rimane che aggiornarVi sugli ultimi avvenimenti compresi tra la fine di Maggio 2010 ed i primi giorni di Giugno 2010.
Allora andiamo con ordine.
- Il Prefetto F. Gabrielli, dalla prefettura di L’Aquila è passato ai vertici della Protezione Civile, per ora è il vice di Bertolaso, che ha invece assunto incarichi nel governo, ma è destinato a sostituirlo;
- la giunta regionale d’Abruzzo intanto sta scippando 47.000.000,00 € una parte dei fondi destinati alla ricostruzione di L’Aquila, quelli relativi all’assicurazione dell’ospedale S. Salvatore, che verrebbero utilizzati per coprire buchi in altre voci di bilancio;
- come previsto dal decreto Abruzzo, convertito in legge, è stato confermato che dal 30 Giugno riprende la gestione della normale tassazione, cominceranno ad esse restituite al fisco il 100% delle tasse non versate in questi 14 mesi, in 60 comode rate mensili;
- ripartiranno anche i mutui sulle abitazioni, anche per quelle distrutte, inagibili classificate E;
- e poi si ricomincia con il pagamento di ICI, TARSU, BOLLO AUTO, CANONE TV, e bollette arretrate di Energia elettrica, Acqua, e Gas;
- mentre rimangono detassati fino al 20 Dicembre 2010, i soli lavoratori autonomi con un giro d’affari compreso in un tetto massimo di 200.000,00 €;
- mentre, anche se ancora in attesa d’approvazione dall’Europa, viene varata la tanto attesa ed inutile “Zona Franca”, che è riconosciuta al solo comune di L’Aquila, escludendo quindi tutti i rimanenti 56 comuni del cratere, determinandone la morte economica, e lo spopolamento delle già poche giovani generazioni ancora ivi presenti;
- ma non è finita, intanto proseguono le indagini legate alla corruzione negli ambiti della Protezione Civile, così accade che anche quel sant’uomo di Bertolaso, cosi è stato dipinto fino ad oggi dai media, oltre a subire a sua insaputa le gentili attenzioni di signorine che si preoccupavano del suo stato di stress psicofisico accumulato nello svolgimento delle sue innumerevoli mansioni e missioni, ha avuto in dono, anche lui a sua insaputa, da quello stesso sig. Anemone di recente triste memoria, un appartamento;
- e che dire della Commissione Grandi Rischi, che il 31 di Marzo 2009, ci aveva tranquillizzato ed invitato per bocca di De Bernardinis, a berci un buon bicchiere di vino, dopo essere stata indagata riceve anche un bell’avviso di garanzia ed il successivo rinvio a giudizio, proprio per il mancato allarme.
Ma non è finita, ci stiamo dimenticando dei sfollati che ancora risiedono fuori di L’Aquila, di coloro che hanno avuto la sfacciataggine di concedersi una lunga vacanza di 14 - 15 mesi, fuori casa, a spese dello Stato, alle spalle di quel sant’uomo di Silvio I° d’Arcore, nelle meravigliose strutture alberghiere messe a loro disposizione.
Ma la giustizia per questi incalliti delinquenti, per questi profittatori esiste.
La grandiosa macchina di controllo e repressione dei crimini, istituita dal Governo e gestita dal “Commissario per la Ricostruzione”, di cosa non è ancora chiaro, attraverso l’ultimo censimento, utilizzando le fiamme gialle è riuscita finalmente a scovarLi.
Così, Voi Italiani che pagate sempre e puntualmente le tasse.
O voi altri, che a vostra insaputa vi siete ritrovati i risparmi di una vita custoditi in una banca a San Marino, piuttosto che in Svizzera, e con i risparmi lontano dall’Italia non avete potuto donare all’erario una parte dei vostri averi, e perciò siete ingiustamente accusati di evasione.
Cosi tutti Voi avete finalmente ottenuto giustizia, finalmente coloro che hanno causato il dissesto delle finanze pubbliche del Paese sono stati scovati, da oggi potrete vivere più sereni e tranquilli.
Così questi lestofanti una volta scovati hanno confessato. Per questi spregevoli individui che hanno finto di aver subito un cataclisma il gioco è finalmente giunto al termine, e come previsto da una delle ultime ordinanze a firma del nostro amatissimo primo ministro, che impone l’immediato rientro in città o in alternativa il pagamento a proprie spese del vitto a partire dal 1° Maggio 2010, sono iniziati i controlli a tappeto in tutte le strutture ricettive che hanno offerto i propri servizi, finalmente è stata scritta la parola fine a questo scempio.
“Lo confessiamo, siamo residenti nel comune di L’Aquila”, scopriremo in seguito che sono oltre 60.000 i lestofanti, sicuramente affiliati a qualche gruppo mafioso o camorristico che approfittando della notte del 6 Aprile 2009, si siamo fatti passare per sfollati, “abbiamo fatto in modo che ci fosse concessa a spese della Protezione Civile, ospitalità prima al mare, a Roseto, poi stanchi del mare abbiamo preferito un poco di vacanza in montagna, quindi abbiamo scelto i meravigliosi monti del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, ed abbiamo ottenuto di trasferirci ad Isola del Gran Sasso, in un meraviglioso Agriturismo lager, ma verso natale in previsione di una stagione più pungente abbiamo optato per un Residence con tutti i confort, e pensando di trattenerci fino a primavera, abbiamo selezionato con cura una struttura con piscina, in previsione dei meravigliosi bagni e del sole che ci saremmo potuti concedere nel ponte compreso tra la Pasqua ed il primo Maggio, mai avremmo potuto pensare di essere scoperti”
A seguito di questa confessione resa dai lestofanti che sono stati segnalati alle autorità, si è dato corso all’immediato rientro forzato nella fiorente e ospitale città di L’Aquila, dove sconteranno la pena loro inflitta.
Ma che film avete visto?, Ma che avete fumato?, Ma tornate a servirvi dal vostro pusher di fiducia, che il nuovo vi da roba che fa schifo!!
Gli ultimi avvenimenti (Giugno 2010)
Torniamo con i piedi per terra, per favore e raccontiamo gli avvenimenti come stanno accadendo.
La mia famiglia e quella dell’amico Gianfranco, con cui ho condiviso almeno 9 – 10 mesi da sfollato, e con il quale oggi condivido e subisco anche questa angheria, “come non bastassero quelle subite fino ad ora”, dopo aver partecipato all’ennesimo censimento, “per dire la verità questo è il terzo censimento in 14 mesi”, nel quale abbiamo dovuto dichiarare di non possedere altre abitazioni, come se ci potesse essere qualche persona di buon senso, che avendo una seconda abitazione di proprietà, agibile e disponibile, nel proprio comune di residenza o nelle vicinanze della città, possa preferire per 14 mesi la vita da sfollato, la vita che abbiamo e stiamo conducendo, che vi sto descrivendo.
Ma guarda come è strana la vita in Italia, noi sfollati, sopravvissuti alla catastrofe dobbiamo dichiarare di non avere altre abitazioni, mentre chi possiede yacht di oltre 10 m può impunemente, essere nullatenente per il fisco italiano.
In questi casi le fiamme gialle non vengono immediatamente mobilitate per scovare gli evasori, e se per merito di qualche diligente funzionario di Stato si scopre l’evasore, questo ha la facoltà, con i suoi avvocati, di concordare con lo Stato una ammenda, che corrisponde a un decimo del dovuto, per cancellare il reato.
Ma suvvia qualche persona seria in questo Paese c’è?
Dicevo, noi sfollati, trattati come biglie, da un posto all’altro, da un comune all’altro, dalla costa sul mare, all’interno fra le montagne, secondo quanto poteva partorire il cervello fuso di qualche burocrate, che comodamente seduto alla sua scrivania a Roma, si trastullava tra i confort extralusso a lui concessi, e aveva l’ardire di decidere del nostro futuro, scrivendo incomprensibili ordinanze che disponevano dei nostri diritti civili e della nostra vita, che nel giro di poche ore venivano poi sottoposte alla firma del sempre vigile e presente on. Silvio Berlusconi.
Cosi, in questi mesi abbiamo fatto i birilli tra L’Aquila ed il comune di Isola del Gran Sasso, vuoi per lavoro, vuoi per accompagnare e riprendere i figli da scuola, in attesa di eventi, che ogni giorno, ogni settimana e poi ogni mese, venivano rimandati da una burocrazia, messa in piedi al solo scopo di giustificare, di coprire tutte le inefficienze, soprattutto il grande bluff della ricostruzione, senza l’ombra di un quattrino.
Così, mentre la famiglia di Gianfranco, che fortunatamente, per quanto si possa utilizzare questo termine per descrivere questa situazione, ha avuto un’abitazione classificata B, rimaneva in attesa di poter iniziare i lavori che qualche deficiente, con un’ordinanza scritta in corso d’opera ne aveva modificato la tempistica legandola alla conclusione dei lavori condominiali.
Io e la mia famiglia, che abbiamo invece avuto l’abitazione classificata E, rimanevamo ancora in attesa che qualche burocrate si ricordasse di scrivere l’ordinanza e i decreti attuativi riguardanti la gestione dei consorzi obbligatori, e che si preoccupasse di trovare i fondi per la ricostruzione.
E nel frattempo accadeva che la ditta che aveva avuto l’incarico per i lavori condominiali di Gianfranco, dopo l’inoltro della documentazione, riceveva nel mese di Gennaio 2010 la richiesta di integrazione per una differenza di soli 3.000,00 €, in conseguenza di ciò i lavori rimanevano bloccati per 5 mesi, per cui l’intera famiglia di Gianfranco è stata costretta ad una snervante attesa, aspettando che il burocrate di turno desse il via libera prima ai lavori condominiali e poi a quelli nella sua abitazione.
In conclusione, la stupenda macchina burocratica messa in piedi da questo efficientissimo esecutivo del fare, per essere efficiente su quei 3.000,00 € di differenza, che pure andavano verificati e sanzionati, ha causato per ora allo Stato la modica spesa aggiuntiva di (4s*64€*30gg*4m)= 30.720,00 €.
Ci rendiamo conto?
A causa di questi sacrosanti controlli, la spesa aggiuntiva che lo Stato si è accollato per il mantenimento in albergo della famiglia di Gianfranco è stata 10 volte superiore al valore della differenza riscontrata, proprio un eccellente sevizio reso alla comunità, e ad oggi Gianfranco e la famiglia ancora non sono rientrati.
Quanto altro ci costerà la burocrazia?
E, se come pare, nel caso specifico, l’errore è della ditta esecutrice i lavori, perché le spese di soggiorno non sono loro addebitate, invece di gravare sulla collettività? .
Ancora domande senza risposta, ma continuiamo.
Oggi, un altro burocrate si sveglia, si rende conto che ci sono troppe spese, quindi per porvi rimedio, sempre nel più assoluto menefreghismo, senza considerare che una sua disposizione potrà influire sulla vita di esseri umani, decide.
E decide che per Gianfranco è ora di rientrare in città, ma controllando la pratica si accorge che sua abitazione è una “B”, e che non è ancora chiuso il cantiere del condominio, quindi non può ottenere la parziale abitabilità e non può rientrare.
Ma il burocrate decide, e senza interpellare nessuno sposta tutta la famiglia da Isola del Gran Sasso in una struttura alberghiera di L’Aquila.
Questa operazione, voluta dal solito imbecille di turno, costa all’erario esattamente la stessa cifra spesa fino al giorno prima per ospitare la stessa famiglia la dove si trovava.
Non ci sarebbe stata nessuna necessità di creare ulteriori problemi, traslochi e stress a persone che ormai da 15 mesi già vivevano in una situazione di disaggio, e che continueranno a vivere in questo stato ancora per molto tempo.
Perché questa cattiveria?
Ma che ca…o di gente è questa?
Ma lo sanno che si stanno occupando di essere umani, di sfollati ancora senza casa?
Ma si rendono conto di quello che dicono e che fanno?
In questi mesi, anche per la mia famiglia i disagi non sono mancati.
Da quella notte del ricordo, da quel 6 Aprile 2010 quando si sono ricordate le vittime a un anno dal sisma, è accaduto che mia figlia Chiara, al secondo superiore, con un eccellente curriculum scolastico, è entrata e uscita dagli ospedali di Teramo e di L’Aquila per almeno quattro volte, prima che le fosse diagnosticata una gastrite dovuta alla stressante vita condotta in quei mesi, sballottata attraversato l’Italia centrale da costa a costa, da Nettuno (RM) a Roseto (TE) e poi tutti i giorni da Isola del Gran Sasso (Te) a L’Aquila per raggiungere la scuola.
Lo stress cominciava dalla mattina quando per essere in orario, specialmente nel primo periodo, tra la fine di Settembre e metà Novembre, quando L’Aquila era un cantiere, quando noi sfollati fuori città ospitati nei comuni della provincia di Teramo, al casello di Aquila est dovevano fare 45 minuti di coda per entrare in città.
Al casello ci veniva richiesto di compilare un modulo prestampato che era rilasciato solo al momento, poi veniva verificato il documento di identità del proprietario dell’autoveicolo per accertare l’effettiva residenza in uno dei comuni del cratere, e tutto ciò, per avvalerci dell’esenzione autostradale, fino a quando balenò a qualche mente illuminata, la sconvolgente idea di fornire di una semplice viacard prepagata agli aventi diritto.
Poi, uandoQper rientrare da L’Aquila a Isola del Gran Sasso, l’unico pullman transitava, se rispettava l’orario, alle 14.00, ma molto spesso si presentava con 30 minuti di ritardo.
Il pullman che lasciava Chiara all’uscita del casello autostradale di Colledara-San Gabriele arrivava tra 15,00 – 15,30 ma a volte accadeva che arrivasse anche alle 16,00, e lì ad aspettarla c’era Anna che la riportava al residence.
Un boccone, che Tea preparava sempre caldo, quindi 15 minuti di svago davanti la TV, e poi i compiti del giorno dopo, e alle 20,00 – 20,30 dopo 3 – 4 ore di compiti, cena e a letto, stanca, con il mangiare sullo stomaco, perché la mattina dopo alle 6,00 si doveva essere nuovamente in piedi per ricominciare questa routine, e cosi via per sei giorni la settimana fino alla fine della scuola.
Che bella vita, tranquilla e piena di svaghi, così i mesi si sono succeduti ed è stato inevitabile un crollo finale che è appunto coinciso con l’anniversario di quel triste 6 Aprile, portando Chiara ai ricoveri prima a Teramo poi a L’Aquila.
Ma anche mia moglie Anna ha avuto delle conseguenze da questa stressante vita, così mentre lei si imbottiva di antidepressivi per riuscire almeno a riposare la notte, io non riuscivo a fare di meglio che procurarmi una Ischemia, direi leggera, che però mi ha bloccato per un periodo la deambulazione alla gamba sinistra, ed i movimenti del braccio sinistro.
Fortunatamente per me, il recupero è stato velocissimo, ho riacquistato il controllo degli arti, per ora camino e muovo il braccio, l’unica conseguenza una mezza dozzina di pillole, per mantenere sotto controllo una pressione che rimane alta, e non torna sotto controllo.
A questo punto penserete:
si, avete avuto alcuni problemi, ma di cosa vi lamentate?
Ma che cosa pretendete ancora?
In quelle condizioni d’emergenza, non si poteva certo fare di più?
Se ci sono state delle disfunzioni, sono la conseguenza logica di uno stato d’emergenza?
Provate voi a dover gestire un’emergenza simile, provate a fare di meglio quando sono coinvolte oltre 70.000 sfollati e 57 comuni?
La risposta è molto semplice, chi è stato chiamato a gestire questa emergenza, è stato semplicemente chiamato a svolgere il suo lavoro, non esiste quindi nessuna giustificazione alle inefficienze.
Mi spiego meglio, chi fa per mestiere il fornaio, deve saper fare bene il pane, a prescindere da quanto pane gli verrà richiesto di panificare il giorno dopo, alla stessa maniera, chi si occupa di Protezione Civile deve svolgere bene il suo lavoro, a prescindere da quanti saranno i sfollati che dovrà assistere il giorno dopo o da quanti comuni potranno essere coinvolti nell’emergenza.
Se a tutto, questo ci aggiungiamo che:
- invece dell’emergenza ci si è preoccupati per i primi tre mesi dell’organizzazione del G8;
- poi per i successivi sei sette mesi dell’edificazione del piano case e delle relative assegnazioni;
- e finalmente, quando ci siamo scrollati di dosso la Protezione Civile, sono emerse tutte le porcate architettate alle nostre spalle.
Emerge con tutta l’evidenza del caso, che non ci sono giustificazioni, che i sfollati hanno diritto di esporre i fatti, cosi come li hanno vissuti e/o come li stanno vivendo, e tutti debbono conoscere queste verità, che sono assolute e incontestabili.
16 Giugno 2010, il riscatto di L’Aquila e degli aquilani - (inizia la rivolta – Giugno 2010)
Abbiamo appreso solo da pochi giorni, che Sua Eccellenza il ministro delle finanze, l’on. Tremonti, ricordate, quello:
- della contabilità creativa;
- dell’abolizione dell’ICI;
- dello scudo fiscale agli evasori, ai criminali, a coloro che hanno depositato i proventi dei loro loschi affari all’estero, che gli ha permesso di ripulirli attraverso le banche, coperti dal segreto bancario, versando per questa operazione, per la pulizia di questi denari una tangente del 5% allo Stato.
Tutto ciò, mentre un artigiano, un operaio, un impiegato o un qualunque altro onesto lavoratore versa da sempre all’erario almeno il 27% sui propri redditi lordi.
Costui, ha stabilito che i cittadini del cratere dovranno restituire le tasse congelate nel periodo compreso tra Aprile 2009 e Giugno 2010, al 100%, cominciando dal 16 Giugno con INPS, proseguendo con gli altri balzelli di Stato.
Questo esecutivo,
- dopo aver permesso a presunti tecnici di essere impunemente compartecipi al disastro annunciato;
- dopo aver coperto la commissione grandi rischi indagata per il mancato allarme;
- dopo aver minacciato una intera cittadinanza, ma anzi è più corretto dire una intera provincia, rea semplicemente di chiedere giustizia, termine evidentemente ostico a costoro;
- dopo aver sconvolto e distrutto irrimediabilmente l’ambiente del circondario di L’Aquila, che non dobbiamo dimenticare si trova immersa tra tre parchi;
- ha concesso ai soliti noti, travestiti da soccorritori di fare i propri sporchi affari sulla nostra pelle,
ora, ritiene giusto che questa popolazione, restituisca l’elemosina loro concessa per un periodo di 15 mesi, a partire dal 16 Giugno con i contributi INPS, per proseguire con la restituzione di tutte le altre agevolazioni concesse, a partire dal 1° Luglio 2010.
Mentre in tutte le altre simili tristi occasioni, si è provveduto :
- per prima cosa a stilare una legge che permettesse il finanziamento della ricostruzione, la cosi detta tassa di scopo, ma evidentemente anche il termine ”tassa” rimane ostico a questo esecutivo;
- poi, come nei recenti casi dei sisma in Umbria e nelle Marche si è concessa una lunga sospensione delle tasse, in questi ultimi casi è stata addirittura per 12 anni, e solo quest’anno è ripresa la tassazione con il recupero del 40% del pregresso dilazionato in 120 mesi
A seguito di ciò, tutti i movimenti dei cittadini, le associazioni di categoria, i sindacati, i sindaci di tutti i comuni del cratere senza distinzione di schieramento politico, ed i cittadini, tanti mai cosi numerosi, se non nella triste ricorrenza del 6 Aprile, sono scesi compatti in piazza per fare sentire la loro voce di protesta, culminata con l’occupazione della tratta autostradale L’Aquila Ovest – L’Aquila Est.
Ma l’informazione, quella più seguita, quella di massa, ancora una volta decide di non intervenire, sia le reti Mediaset, di proprietà del premier, che le testate giornalistiche del TG1 e TG2 ignorato del tutto l’evento che ha sollevato un certo clamore, se è vero che ben 20.000 erano i manifestanti e di questi 5.000 hanno invaso il tratto autostradale Roma-L’Aquila-Teramo.
Conclusa la manifestazione ci si è dati un nuovo appuntamento, a Roma, sotto il Senato per un consiglio comunale aperto ai cittadini, ma il Senato era chiuso ed il popolo aquilano è stato tranquillamente snobbato dai politici di palazzo,.
A seguito di ciò il sindaco di L’Aquila On. Massimo Cialente, ha invitato tutti i direttori dei giornali a visitare la città a 15 mesi dal disastro, ma ancora una volta sia le testate Mediaset che quelle di Rai 1 e Rai 2 hanno mancato l’appuntamento, non hanno inviato nessuno, neanche uno straccio di reporter, come dire, ci sono cose più importanti che quattro straccioni aquilani.
E quando a Roma, i manifestanti che avevano seguito i consiglieri comunali, hanno deciso di andare a manifestare il loro dissenso sotto la sede Rai, “Scodinzolini” non si è fatto trovare, aveva ancora una volta un altro improrogabile impegno.
A seguito di ciò, è stata indetta per il giorno 7 Luglio 2010, una manifestazione a Roma, con partenza da Piazza Venezia alle 10,00 e concentramento sotto il Parlamento, ci attende ancora un giorno di lotta per la difesa dei nostri diritti.
Ancora una volta a Roma - (07 Luglio 2010)
Siamo ancora una volta in partenza per Roma, per manifestare il nostro dissenso contro una legge iniqua, e che non considera assolutamente la gravissima situazione economica del territorio e dei comuni colpiti dal sisma del 6 Aprile 2009.
Inoltre emerge ormai chiaramente anche per ammissione dello stesso on. M. Cialente, che oltre a ricoprire la carica di sindaco del comune di L’Aquila, ricopre anche la carica di Vice Commissario per la Ricostruzione, che senza una legge organica, che dia certezza su quali e quante risorse si può contare, con quali tempi, la ricostruzione rimarrà solo una aspettativa, una speranza, una pia illusione
Allora si comincia con il fissare la partenza in alcuni punti di ritrovo, i più rappresentativi in una città distrutta ed allo sbando, ore 7,00 partenza dai punti di ritrovo fissati dai comitati “Centi Colella, Acquasanta, Terminal di Collemaggio”, mentre altri mezzi partiranno da diverse frazioni della città e da alcuni comuni del cratere, inoltre molte aziende private hanno predisposto loro pullman per i dipendenti.
Per noi, che siamo sfollati ad Isola del Gran Sasso, la partenza è invece fissata per ovvie ragioni alle 6,00 – 6,15 max, dobbiamo percorrere almeno 35 – 40 km di autostrada per raggiungere il casello di Aquila Est, punto di ritrovo per gli abitati ed i molti sfollati che entrano in città da est.
Perciò alzataccia ancora una volta, ma in cuor nostro sappiamo di fare ciò per la città, per noi stessi, quindi alle 5,00 siamo in piedi, un caffè, una tazza di latte, due biscotti e via in macchina, nelle speranza di essere ancora una volta in molti.
Ma dal 6 Aprile 2010, da quando si è celebrato un anno dalla distruzione, le cose in città e tra i cittadini sono totalmente cambiate, quello che possono vedere con i nostri occhi, quello che possiamo documentare ha dell’incredibile per una piccola città di provincia nelle tragiche condizioni in cui si trova.
I comitati dei cittadini, solo dal nostro punto di ritrovo hanno organizzato la partenza di ben 13 pullman, moltissime sono le persone di mezza età come me e mia moglie Anna, ma ci sono anche mamme con i loro piccoli in passeggino, e poi ci sono i giovani, questa è la cosa più bella, tanti giovani con noi, questo ci fa credere ancora di più in noi stessi e in un futuro per la città, con i giovani, con i studenti universitari fuori sede, con i lavoratori in cassaintegrazione o in mobilità, con i sindacati, le organizzazioni di categoria, gli ordini professionali, con loro c’è la possiamo fare, L’Aquila se continuiamo a crederci ha ancora la speranza di tornare a vivere.
Partenza da Acqusanta alle 7,20, appena giunti all’autostrada, sorpresa, siamo scortati dalle pantere della Polizia di Stato, e la loro scorta continuerà per tutto il percorso fino al casello di Roma est.
Giunti e superato il casello della barriera di Roma est, possiamo verificare lo straordinario successo di partecipazione, i pullman, solo quelli dei comitati sono 46 a questi si aggiungono 5 pullman della CGIL, poi ci sono quelli delle altre sigle sindacali, tutte non manca neanche l’UGL, e poi Confindustria, e i comuni del cratere sono 54 su 57, quelli dei stabilimenti industriali, Senofi Aventis in testa, e tutte le rimanenti associazioni di categoria e professionali, non manca neanche la curia, ed un mezzo del sindacato di polizia, per dirla in breve, è rappresentata tutta la città in tutte le sue componenti sociali.
A Roma ci aspettano i motociclisti della polizia urbana della capitale, che ci scortano chiudendo al nostro passaggio tutte le strade fino all’arrivo a Piazza Venezia, facendoci fare un lunghissimo giro turistico, prima fuori le mura, poi dentro la città.
Alle 10,45 – 11,00 siamo a Via dei Fori Imperiali, poco prima di Piazza Venezia, qui lasciamo la lunghissima fila di pullman e ci dirigiamo con tutto il lungo corteo verso Via Del Corso.
Sapremo solo molte ore dopo, quando già il TG1 aveva annunciato la presenza di 500 appartenenti ai circoli antagonisti che si stavano scontrando con le forze dell’ordine, che siamo invece oltre 5.000, che per una città di 74.000 è già un enorme successo, ma per una città terremotata, distrutta, dove gli abitanti sono sparpagliati:
- 15.000 nelle new town;
- 3.000 nei MAP sparsi per 57 comuni;
- 1.000 nelle caserme della GdF e dei Carristi;
- 28.000 in autonome sistemazione sparsi in tutta l’Italia centrale;
- 3.800 negli alberghi sulla costa o nell’entroterra;
tutto ciò è qualcosa di veramente straordinario.
Il corteo è autorizzato, come il percorso, quindi ci dirigiamo tranquilli verso Via del Corso per raggiungere come programmato il Parlamento, ma qui inspiegabilmente troviamo ad attenderci un cordone di celere e carabinieri in tenuta antisommossa, capiamo subito che questa non sarà proprio una passeggiata, ed i fatti ci daranno purtroppo ragione.
Passano alcuni minuti, il caldo a Roma lo sappiamo io ed Anna in questo periodo è soffocante, poi c’è il traffico che per la nostra presenza all’imbocco di Via del Corso è impazzito, ed al caldo della giornata si aggiunge quello dei motori delle vetture ferme, alla testa del corteo ci sono i sindaci con tanto di fasce tricolori e stendardi comunali, sorretti dal personale in divisa delle rispettive polizie comunali, dopo pochi minuti di marcia la testa del corteo viene in contatto con il cordone della celere in tenuta antisommossa.
Tra i manifestanti oltre ai sindaci di 54 dei 57 comuni del cratere c’è sia Massimo Cialente, che ricopre anche l’incarico di Vice commissario per la Ricostruzione, ed il Deputato Aquilano Giovanni Lolli, costoro saranno tra i feriti di una delle inspiegabili cariche della celere, alla fine i feriti saranno tre oltre a Cialente e Lolli che se la caveranno invece con qualche spintone un po’ più vigoroso.
Che la giornata sarebbe stata oltre che lunga anche calda, e non solo per la temperatura, lo sapevamo, ma ora a seguito di questo primo contatto, scopriamo che sarà anche ricca di manganellate di benvenuto, elargite dagli agenti inviati ad accoglierci da questo esecutivo.
Così, noi inermi, armati solo dei stendardi nero-verdi della nostra città, senza casa, lavoro, futuro, venuti a Roma semplicemente per manifestare, come accade da sempre per tutte le vertenze nazionali di questo paese che si dice democratico, ci ritroviamo solo dopo 3 – 4 ore ad essere criminalizzati, ad essere identificati dalla TV di REGIME come appartenenti ai “circoli alternativi”, tutto ciò se non fosse realmente accaduto, poteva essere la trama di un film, ed invece è la realtà dei fatti.
Questa è l’Italia attuale, e gli italiani ancora non lo hanno capito, mentre noi ci rendiamo conto in un baleno di rappresentare un pericolo di enorme portata per questo REGIME MEDIATICO, dove le realtà sono costruite a tavolino da esperti registri. Ci rendiamo conto che rappresentiamo un pericolo, il pericolo della controinformazione, rappresentiamo la verità inequivocabile dei fatti, il popolo di internet, in una sola parola la DEMOCRAZIA.
Ma c’è di più, tra di noi ci sono persone di tutti gli orientamenti politici, tutti uniti sotto la stessa bandiera quella della nostra città.
Ed è proprio questo il pericolo che rappresenta questo movimento, non sono le armi che non abbiamo, ma semplicemente quello che rappresentiamo, che può essere emulato da altri, da molti, e se l’emulazione prende piede il REGIME TRABBALLA, il movimento va quindi stroncato sul nascere.
E’ a questo punto che parte la carica della celere, anche se tra queste persone c’è chi si dissocia, lo potete verificare in rete nei video-clip, mentre i colleghi caricano, c’è chi volta le spalle ai dimostranti, rientra nei ranghi ed esclama “ ma che c….o ………”, come dire ma che stiamo facendo.
ECCO Il PERICOLO CHE INCOMBE SUL REGIME.
Finalmente raggiungiamo il Parlamento, qui dopo poco cominciano a scendere alcuni deputati, Di Pietro, Bersani, Bonino, si tiene una assemblea che dura almeno un paio di ore, parlano i rappresentanti dei comitati, mentre i deputati rilasciano interviste alle televisioni, a tutte le televisioni, poi verso le 13,30 siamo nuovamente in marcia per raggiungere il Senato.
Il destino e la mobilità di Roma impone la strada più breve, che passa per via del Plebiscito, proprio sotto palazzo Grazioli, casa del premier, e qui ancora cordoni di polizia chiudono il passaggio, si inneggia a “L’Aquila … L’Aquila” e poi quando viene chiuso definitivamente il passaggio dalla celere il tenuta antisommossa parte un "Vergogna ….. Vergogna".
Dopo circa 1 ora si decide di raggiungere palazzo Madama seguendo un percorso alternativo, si torna indietro per Piazza Venezia, poi si prosegue per Via delle botteghe scure facendo praticamente il giro di un isolato, ci lasciamo casa di Silvio I° d’Arcore alle spalle, ci dirigiamo verso Piazza Navona, qui l’obbiettivo è il Senato, ma raggiunta la via d’accesso troviamo ancora l’ennesimo cordone di celere in tenuta antisommossa, oltre al senatore Maurizio Scelli che viene subito contestato, "Vai a cena da Bertolaso", "Fuori la mafia dallo Stato", "Servo” .
Quindi, compare quasi per magia una bandiera nero-verde, sono i colori della nostra città, viene issata per sul pennone del Senato ma viene rimossa dopo pochi minuti tra i fischi, verso le 18.00 riprendiamo pacificamente la strada di casa, a piedi per raggiungere i pullman sull’altra sponda del Tevere, nei pressi del Palazzaccio.
Mentre percorrevamo Lungotevere, mi sono chiesto, chi mai poteva aver predisposto la partenza proprio a 100 metri dalla sede nazionale della Protezione Civile, mi è sembrato come se ci fosse la volontà di predisporre i presupposti per un violento scontro finale tra manifestanti e forze antisommossa, con lo scopo di strumentalizzare tutto successivamente.
Intanto siamo arrivati sul ponte che porta verso il Palazzo di Giustizia, e qui scopriamo che i pullman non sono posteggiati a sinistra, verso Via della Conciliazione, ma a destra, proprio sotto la sede della Protezione Civile.
Una cinquantina di noi, tra i quali anche io e mia moglie Anna ci dirigiamo sotto la sede del dipartimento, obbiettivo e quello di contestare il commissario Bertolaso.
Quando alcuni membri dei comitati ricordano il costo al mq del progetto case, inizia la contestazione con un "Ladri …… ladri", continua quando viene ricordato che 18 delle 19 new town sono sotto inchiesta per mafia con un “ Mafiosi ….. mafiosi” e prosegue quando viene ricordato che la commissione grandi rischi aveva detto di stare tranquilli con "Assassini…… assassini", e poi quando si ricordano i faccendieri di palazzo che se la ridevano prosegue con “ 3.32, io non ridevo :…. 3.32, io non ridevo”.
Sotto il portone del dipartimento di protezione civile ci sono solo 4 – 5 agenti, anche male equipaggiati, dopo la nostra iniziativa sono sopraggiunti altri agenti dal vicino Palazzo di Giustizia, ma in tutto non sono più di una dozzina.
Tutto ciò è come un invito all’assalto, da dietro i vetri del palazzo vediamo gli impiegati che se la ridono, intanto, mentre viene chiuso il portone dell'edificio, i manifestanti si sono ammassati, poi, come era iniziato, l’assembramento svanisce da solo al grido di “ Torneremo ……………… torneremo”.
Mentre ci dirigevamo verso i pullman ho pensato a quello che era accaduto durante la giornata, chi era quel che falco che per mantenere l’ordine aveva fatto in modo che un corteo pacifico, addirittura scortato in autostrada dalla volante, probabilmente per evitare infiltrati, poi scortato dal casello di Roma est dalla polizia municipale capitolina fino a destinazione, aveva fatto in modo che per 4 – 5 volte entrasse in contatto con forze dell’ordine in tenuta anti sommossa, e successivamente era stato provocato per 3 volte con cariche che definirei almeno inopportune, per non dire del tutto ingiustificate, operate quando in prima fila c’erano pericolosi black bloc con fascia tricolore, seguiti dai gonfaloni comunali, sorretti dal personale in divisa delle locali polizie municipali.
In un attimo tutto mi è stato chiaro.
Ci è stata tesa una trappola, nella quale non siamo fortunatamente caduti, siamo stati capaci, nella nostra semplicità di comuni cittadini disperati per l’oggettiva situazione, di rigirarla.
Ora erano loro che dovevano giustificare al Paese per quale motivo erano stati presi a manganellate e caricati i Sindaci, le mamme con i loro passeggini, i vecchi ed i studenti fuori sede, colleghi di quei poveracci morti sotto le macerie della casa dello studente, ed i padri di famiglia senza lavoro, e gli artigiani, i commercianti, gli stessi poliziotti aderenti al sindacato di polizia della sezione di L’Aquila.
Ora questa risposta la pretendono in molti.
Un brutto presentimento (Agosto 2010)
Dopo oltre 16 mesi il quartiere di Pettino, il più moderno, quello edificato in cemento armato o che doveva essere in cemento armato, è ancora disabitato.
Lo rimarrà ancora per molto tempo, i danni sono molto evidenti, tanto che per via Antica Arischia stanno demolendo una serie di edifici, proprio quelli davanti alla scuola media Patini, una delle poche scuole che è stato possibile recuperare dopo il sisma del 6 Aprile.
La cosa più sconcertante è che solo a 50 metri dalle demolizioni, stanno costruendo un nuovo edificio, mi domando con quale criterio e con quale sicurezza, e la scuola poi, rimane una cattedrale nel deserto di un quartiere disabitato ormai da molti mesi.
Comunque, il fatto che la scuola sia stata recuperata ed abbia regolarmente aperto già l’anno passato lascerebbe ben sperare per il futuro del quartiere, che non dimentichiamo prima del sisma contava 25.000 abitanti su una popolazione complessiva di oltre 70.000 abitanti. Come dire che il 30% della popolazione di L’Aquila viveva in questo quartiere, popolazione che successivamente, almeno per chi è rientrato, è stata sparpagliata nelle 19 new town sorte intorno alla vecchia città.
Tutti noi siamo in ansia per il futuro, per salvaguardare la citta storica, i monumenti e i palazzi d’epoca, per la sua naturale bellezza medioevale, questo è stato uno degli obiettivi principali dei comitati, così e accaduto che si è perso di vista ed è passato in second’ordine la ricostruzione della città nuova, appunto quella di zone come il quartiere di Pettino.
Non a caso mi sono soffermato su questo quartiere, essendo questo il quartiere più moderno della città, mi sarei aspettato, ma credo che se lo aspettassero tutti i cittadini, di vederlo in poco tempo risorto a nuova vita, invece lo troviamo in uno stato pietoso, di totale abbandono, solo demolizioni e desolazione, un quartiere senza vita, perché?
Le risposte le conosciamo ormai bene, ma se i danni sono così gravi, è evidente che sarà molto difficile che il quartiere potrà essere recuperato in tempi brevi, ne consegue che gli abitanti che ora alloggiano nelle abitazioni provvisorie del progetto CASE rimarranno per molto tempo in quei posti lontani.
Ed è il tempo è il nemico principale della ricostruzione, non bisogna essere sociologi o economisti di livello per capire che è nella natura dell’essere umano stabilire rapporti sociali con i suoi simili, quindi accadrà già nei prossimi mesi o solo con il prossimo anno, che gli abitanti di queste new town che tra loro oggi non hanno nessun rapporto, nessuna relazione, cominceranno a stabilire relazioni sociali, che potranno essere positive o negative, ma che comunque saranno relazioni, ed è da queste che sorgeranno da sole le prerogative per lo sviluppo di una nuova città.
Appunto, nuova città, che non avrà ne potrà avere niente di simile a quello che era L’Aquila come la conoscevamo prima del 6 Aprile 2009, sarà per forza di cose una città nuova, gli ottimisti credono che sarà migliore, i pessimisti invece sono sicuri del contrario, la realtà è una sola non avrà più nulla a che vedere con ciò che era, l’ambiente irrecuperabilmente devastato, assomiglierà sempre di più a una metropoli moderna dove non c’è spazio per le belle cose, dove si corre sempre, per chi e per cosa non è dato sapere.
Quindi rimarrà un sogno di molti, ed anche mio, quello di rivedere la città, L’Aquila come era prima del 6 Aprile, la triste verità, che non è solo un presentimento ma ormai è più di una certezza, è che L’Aquila come la conoscevamo prima è venuta giù con il sisma del 6 Aprile ed è morta per sempre con l’edificazione di quelle maledette 19 new town, e sono stati proprio dei sfollati come me, che hanno certificato la morte definitiva della loro città, proprio nel momento stesso in cui hanno accettato di trasferirsi in quelle definiamole residenze.
Ma non bastano le case per far risorgere una città, questa potrà risorgere solo se di pari passo sarà risorta anche una economia, che non è solo quella dei negozi che una volta si trovavano nel centro storico, che possono essere trasferiti nei pressi di queste new town, ne può essere legata a questo modello di urbanizzazione.
Ma deve essere tale da permettere ai nuclei familiari ivi residenti, di sopravvivere, quindi di vivere, poi di programmare un futuro, che in virtù di questa programmazione porterà inevitabilmente prima verso consumi di prima necessità, poi nuovamente verso il consumismo.
Le prerogative per una nuova rinascita sono dunque legate solo allo sviluppo economico che potrà avere questa città nei prossimi anni, sviluppo che se non parte dai singoli, dalle loro iniziative, deve essere stimolato necessariamente dall’intervento dello Stato, proprio come accadeva alcuni decenni fa, nella prima Repubblica per intenderci.
E’ infatti necessario, se non prioritario, che si insedino in tempi brevi nuove industrie, ad alta tecnologia, che possano assorbire almeno 10.000 unità produttive, e con il loro indotto possano garantire uno sviluppo tale da consentirne altrettante.
Tutto ciò, nel suo insieme può rappresentare per alcuni la base di una nuova rinascita, per altri, per me, rappresenta la fine ingiusta di un mondo, di un’isola felice. La fine di un diverso modo di vivere, voluto ed imposto dall’alto, dal potere di pochi, dagli interessi di molti, a scapito di chi, come me, amava vivere in questa città, cosi come era, e come poteva tornare ad essere se solo ce lo avessero permesso.
Avete distrutto un sogno, il mio sogno, ma anche il sogno di molti altri che nel tempo abbandoneranno questi posti, un tempo meravigliosi.
Lettera al Vescovo Molinari ”Caro Vescovo” (Perdonanza Agosto 2010 )
Siamo alla vigilia della Perdonanza, che a L’Aquila è la festa più importante dell’anno, anche in questa occasione, come è sempre accaduto nel passato, c’è chi approfitta di questo evento per dare risalto a problemi di importanza sociale.
Poiché la città festeggia questa Perdonanza dopo un sisma di proporzioni catastrofiche, vista la latitanza delle istituzioni nell’opera di ricostruzione, i comitati dei cittadini hanno scelto di manifestare il loro dissenso in quest’occasione, con lo scopo d’ottenere una maggiore visibilità dai mezzi d’informazione, in particolare la Tv di Stato TG1 e TG2 che continuano colpevolmente a negarla oscurando la corretta informazione.
Accade quindi, che anche il vescovo Mons. Molinari prende la parola, e trova il modo d’accusare la popolazione aquilana d’ingratitudine verso quel sant’uomo di Silvio Berlusconi, il richiamo del vescovo è talmente forte da avere ampio risalto sulla stampa locale, e questo provoca indignazione tra gli oltre 50.000 terremotati ancora fuori casa.
Tra i tanti indignati dalle parole di Mons. Molinari ci sono anche io che preso dalla rabbia, gli ho dedicato una lettera che ho pubblicato su “Facebook”, questa immancabilmente ha raccolto molte adesioni.
“ Caro Vescovo”
Caro Vescovo, prova una volta a fare il prete e non il politico.
Caro Vescovo, ma che ne sai di come vivono oltre 56.000 sfollati dopo ormai 17 mesi?
Caro Vescovo, parli di ingratitudine, ma ingratitudine verso di chi?
Credi forse che siamo sudditi dell'imperatore Silvio I° d'Arcore?
Caro Vescovo, un suggerimento, pensa a pregare per quei poveracci in Pakistan e lascia perdere la politica, a quella ci pensiamo noi.
Sappiamo noi, se è il caso di essere grati a chi si è fatto i suoi zozzi interessi, a chi ha ideato e permesso l’edificazione del progetto case, a chi ha permesso a gli amici degli amici, la spartizione di 3.000.000.000,00 €, sottratti alla ricostruzione.
Caro Vescovo, Ti interessa tanto il futuro della città e dei cittadini?
Allora è bene che Tu sappia che con quella cifra avremmo potuto rimettere in moto l'economia locale, dare una nuova opportunità di lavoro ad almeno 15.000 dei 18.000 attuali cassaintegrati, dove?
Nell'edilizia e in quello che gli ruota attorno, Come?
Puntando sulla ricostruzione vera, con quei soldi che evidentemente erano veri, proprio quelli che sono stati sperperati nel progetto CASE che ha dato un tetto solo a 14.500 sfollati, in abitazioni di 40 mq, al max di 70 mq.
Vengano pure Berlusconi, Bertolaso e le varie cricche di mafiosi ma non per un WK come l'anno passato ma per viverci 10, 20 anni nelle loro abitazioni.
Caro Vescovo, venga anche Lei nel mio M.A.P., non conosce il significato, glielo traduco Modulo Abitativo Provvisorio, che per la mia famiglia non avrà proprio nulla di provvisorio ma molto di permanente.
Caro Vescovo, venga a vivere in una abitazione di 75 mq. lordi con altre 5 persone per i prossimi 10, 20 anni, e poi trovi un solo motivo per essere riconoscente a questo lestofante che ha ideato e poi costruito il progetto CASE a 2.900,00 €/mq o nei MAP in legno precompresso a 750,00 €/mq.
Caro Vescovo, mi dica francamente di cosa dovrei essere riconoscente, forse dei 17 mesi trascorsi fino ad oggi fuori casa? Forse di aver perso un lavoro? Forse di non essere tra le 308 vittime di questa ennesima strage di Stato, del quale il mandante è proprio quel sant’uomo di Berlusconi con la sua cricca di speculatori?
Caro Vescovo, La informo che per realizzare il progetto Case del quale dovremmo secondo Lei essere grati al monarca, hanno distrutto per sempre l'ambiente che è stato creato proprio dal buon Dio, che lei dovrebbe rappresentare, e che continua a confondere con Berlusconi.
Caro Vescovo, con quei soldi, assumendo per veri i dati rilevabili in qualunque comune del cratere, si potevano sistemare molte abitazioni di questa città.
Caro Vescovo, La informo che con 10.000,00 € si poteva sistemare una A, con 40.000,00 € una B con 50.000,00 € una C, con 150.000,00 € una E.
Caro Vescovo, Lei è troppo preso nel verificare la gratitudine degli aquilani verso il monarca, ed evidentemente non si è potuto documentare, quindi La informo io, nella sola città di L'Aquila le abitazioni classificate A sono oltre 11.000 le B e le C oltre 5.000 e le E oltre 7.000.
Caro Vescovo, questi non sono i dati di un facinoroso comunista ma del D.P.C., ordinanza 3753, che Lei e chi crede ancora nelle sue false e interessate parole, può trovare facilmente sul sito della protezione civile "https://www.protezionecivile.it".
Caro Vescovo, con quei soldi invece di arricchire traffichini, faccendieri mafiosi, amici degli anici e cricche varie nell'edificazione di appena 4.500 alloggi, si potevano sistemare almeno 17.000,00 abitazioni tra quelle danneggiate, dando un tetto definitivo e dignitoso ad almeno 50.000 sfollati ingrati.
Caro Vescovo, ci spieghi dunque di cosa dovremmo essere grati?
E di cosa dovrei essere grato io e la mia famiglia, sfollata, da 17 mesi fuori casa, presa in giro da amministratori incapaci, da delinquenti che hanno messo a repentaglio la mia vita, quella di mia moglie e dei miei figli perché non hanno voluto dare un allarme, per un sisma che era imminente, atteso da decenni?
Di questo dovremmo essere grati a quel sant’uomo di Berlusconi?
Caro Vescovo, e bene che sappia che io e la mia famiglia siamo dei grandi peccatori, perché non intendiamo affatto di essere grati a questa persona, ne tanto meno alla Protezione Civile, badi bene a quella dei superburocrati, a quella per intenderci rappresentata da quell’altro sant’uomo di Bertolaso, e sono, siamo orgogliosi di poter esternare la nostra ingratitudine, perché siamo esseri nati liberi, proprio come ci ha fatti il buon Dio, che Lei, caro Vescovo, continua a confonde con Berlusconi.
Lettera All’ass.re Stefania Pezzopane e al Sindaco Massimo Cialente (Agosto 2010 )
Al Sig. Sindaco Massimo Cialente, all’ On. Ass. Stefania Pezzopane,
Nel 2003 l'allora giunta Regionale presieduta dall'on. Pace decise di de-classificare l'aquilano e la città di L'Aquila da rischio sismico 1 a 2.
Questo è un fatto che tutti conosciamo, come a tutti noi è noto che a seguito di questa de-classificazione le costruzioni edificate a partire da questa data nella migliore delle ipotesi resiste al rischio sismico 2.
Ma cosa significa
Le "Norme tecniche" indicano 4 valori di accelerazioni orizzontali (ag/g) di ancoraggio dello spettro di risposta elastico, e le norme progettuali e costruttive da applicare.
Ciascuna zona, è individuata secondo valori di accelerazione di picco orizzontale del suolo (ag), con probabilità di superamento del 10% in 50 anni, secondo lo schema seguente:
zona |
accelerazione orizzontale con probabilità di superamento pari al 10 % in 50 anni |
accelerazione orizzontale di ancoraggio dello spettro di risposta elastico (Norme Tecniche) |
|
[ag/g] |
[ag/g] |
1 |
>025 |
035 |
2 |
015-025 |
025 |
3 |
005-015 |
015 |
4 |
<005 |
005 |
Accelerazione di Picco , PGA ( Valori in g, Accelerazione di Gravità )
La Carta Mostra i Valori del Picco di Accelerazione al Suolo atteso su RIGIDO Sito di Riferimento (per definizione Vs > 800 m / sec) ; Gli Intervalli (di 0.025g , Pari uno circa 24,5 centimetri / s2) SONO Quelli gres fine porcellanato Marazzi dall'ordinanza 3274 della PCM ai Fini della classificazione sismica del Territorio Italiano.
PGA (valori G )
I valori di picco di accelerazione a terra sono stati calcolati per le condizioni di sito di riferimento (suolo rigido con velocità delle onde di taglio superiore a 800 m / sec). I valori sono stati raggruppati per 0.025g, a seconda delle esigenze del governo italiano il decreto 3274 finalizzata alla formulazione della classificazione sismica del paese.
PGA – Classificazione
La carta mostra i valori di PGA raggruppati secondo i limiti previsti dall’ordinanza 3274 della PCM per l’inserimento dei comuni in una delle quattro zone sismiche. Vale al riguardo la seguente corrispondenza:
- zona 1: PGA > 0.25g
- zona 2: 0.15 - PGA < 0.25g
- zona 3: 0.05 - PGA < 0.15g
- zona 4: PGA < 0.05g
Per la zona 1 (alta sismicità) il valore di ancoraggio degli spettri è fissato a PGA=0.35g. In base a tale criterio le zone del Paese con PGA>0.35g richiederebbero pertanto l’inserimento di una zona 1-super.
Accelerazioni spettrali a 5Hz (0,2 secondi)
Le accelerazioni spettrali si riferiscono ad un valore dello smorzamento critico del 5%; l’ordinata spettrale a 5Hz (0,2 secondi) corrisponde al valore massimo dello spettro fornito dalle leggi di attenuazione Italiane per sito rigido e sismicità media. I valori sono stati raggruppati in funzione del valore assunto dal ramo ad accelerazione costante degli spettri di risposta elastici delle 4 zone sismiche della vigente normativa.
Accelerazioni spettrali 1Hz a ( 1,0 Secondi )
Accelerazioni spettrali 1Hz a ( 1,0 Secondi ) per il 5% dello smorzamento critico , rappresentativi del Ramo dello Spettro uno Velocità Costante.
Accelerazioni spettrali a 1Hz (1,0 secondi)
accelerazioni spettrali per un 5% dello smorzamento critico a 1Hz (1,0 secondi) , i cui valori sono rappresentativi del plateau a velocità costante dello spettro elastico.
In considerazione di quanto descritto, le abitazioni, i palazzi in cemento armato, ammesso che di questo si tratti, reggono ad una accelerazione al suolo denominata “S9”, cioè reggono 0.25 g al suolo. Da allora si sono succedute prima la giunta guidata dall’on. Ottaviano Del Turco, poi l’attuale giunta guidata da L’on. Gianni Chiodi, che oltre al ruolo di Governatore della Regione è anche Commissario del Governo per la Ricostruzione. Ma in questi anni, entrambe non hanno trovato, ne hanno avuto la volontà di trovare il tempo per riportare l’aquilano e L’Aquila al livello di rischio sismico 1, a “S12” per gli esperti in materia.
La cosa non è banale.
Dal rischio sismico 2 a 1 si passa da edifici che resistono a 0,25 g, a edifici che reggono fino a 0,35 g, la differenza Vi assicuro non è poca.
Da quando l’on. Gianni Chiodi ha assunto la carica di Commissario del Governo per la Ricostruzione, sono trascorsi ormai molti mesi, ed il sisma in Abruzzo ha praticamente cancellato la metà della provincia di L’Aquila, sono infatti 47 i comuni della provincia direttamente coinvolti sui 108 che la compongono, un disastro di proporzioni inimmaginabili.
La cosa più grave è appunto che in virtù di quanto è ancora in vigore, la ricostruzione e la costruzione post sisma sta avvenendo seguendo queste direttive, “zona a rischio sismico 2, sicurezza a livello S9, anziché S12”.
Vi domanderete cosa comporta ciò?
Un effetto talmente pericoloso per l’incolumità di chi andrà a risiedere in quegli edifici, da poter essere definito “bomba a orologeria”. Dai dati storici emerge che dal penultimo sisma del 1703 all’ultimo del 2009 sono trascorsi 300 anni, quindi, per il prossimo disastro, sarà solo una questione di tempo.
Entriamo ora nel merito all’ordinanza 3790, con la quale si stabilisce che gli edifici classificati “E”, quelli con gravi danni strutturali, quelli che solo per una serie di circostanze non sono venuti giù, successivamente alla ristrutturazione dovranno garantire 80% della sicurezza antisismica assegnata a quel territorio secondo la classificazione di rischio d’appartenenza.
Ora, se la legge per l’edilizia Regionale prevede che la zona in cui si opera è classificata a rischio sismico 2, il conseguente livello di sicurezza antisismico si attesterà all’80% di questo valore.
Ma in termini più semplici che significa?
80% di 0,25 g, cioè ((0,25 * 80)/100)= 0,20 g, mentre se i comuni del cratere fossero stati riportati alla fascia di rischio “1” sarebbe stato necessario garantire 80% di 0,35 g, cioè ((0,35 * 80)/100)= 0,28 g.
Detto ciò, alla luce delle vigenti disposizioni in materia, a coloro che rientreranno nella propria abitazione non verrà garantita come stabilito nell’ordinanza l’80% della sicurezza antisismica, ma solo il 57% rispetto la classificazione di rischio reale, che dovrebbe essere “1”.
Da tutto ciò emerge che verrà garantita una sicurezza appena superiore alla fascia di rischio sismico 3, che corrisponde a 0,15 g. Stiamo lavorando nella ricostruzione per permettere a 20.000 cittadini di rientrare nelle proprie abitazioni. Se dovesse verificarsi un evento simile a quello del 6 Aprile 2009, molto probabilmente questi rimarranno in trappola in quelle stesse abitazioni dalle quali erano usciti indenni il 6 Aprile 2009.
Ecco, questo è quello che si sta facendo per la prevenzione.
Tutta questa gente non ha ancora aperto gli occhi, non ha ancora preso coscienza, non si è resa conto che in seguito a questa legislazione regionale, quando rientreranno, se mai rientreranno nella propria casa, rientreranno in una trappola.
Stiamo gettando le basi per la prossima strage di Stato annunciata!
E ancora nessuno fa nulla.
Si fa finta di non sapere che in Italia questo territorio è in assoluto, quello ha più alto rischio sismico, e questo non lo dico io, questo è quanto afferma INGV a fine Agosto 2010 successivamente alla ripresa della sequenza sismica nell’alto Aterno.
Tutto ciò mi pare inaccettabile, non possiamo costruire il futuro della nostra città ancora una volta sull’ambiguità.
I crolli di “campo di fossa” sono la conseguenza di una costruzione intensiva su un terreno di riporto, composto dalle macerie dei passati devastanti eventi sismici che hanno interessato la città di L’Aquila. Si è dimostrato, a seguito dei studi condotti dell’Ing. Gaetano De Luca, che questo tipo di terreno ha un effetto amplificatore delle onde sismiche e dell’accelerazione al suolo, come è dimostrato che il sisma del 6 Aprile 2009 a avuto gli effetti di una scossa di magnitudo 6.8, anche se i strumenti hanno registravano una magnitudo di 6.3.
La stessa Commissione Grandi Rischi, quella che il 31 Marzo 2009 si riunì per decidere di non decidere sull’allarme sisma, ha richiamato l’attenzione di tutti su un unico fattore “la sicurezza”, che può essere ampiamente condiviso: “l’unica sicurezza che si può oggi dare alle popolazioni è quella di costruire bene, garantendo quindi il massimo grado sicurezza sismica conosciuto, per tutte le costruzioni” e allora domando:
“Perché dopo ormai 17 mesi L’Aquila e la zona del cratere sismico del 6 Aprile 2009 sono ancora a livello di rischio sismico 2?
Quali interessi dobbiamo ancora coprire?
E le nuove costruzioni che stanno sorgendo a L’Aquila, ad esempio nel quartiere di Pettino, a soli 10 m da edifici che vengono abbattuti, come vengono edificate?
A quale livello di rischio sismico debbono rispondere, livello 1 “S12” o 2 “S9”?
Voglio, esigo, esigiamo delle risposte, immediate, convincenti.
Ma soprattutto esigiamo che la Regione riporti immediatamente la zona del cratere dal livello di rischio 2 a 1 così come era prima del 2003.
Contestualmente, come si è messa giustamente sotto inchiesta la Commissione Grandi Rischi per il mancato allarme, sono a richiedere che a Voi, che amministrate questa città, di farVi promotori per un intervento della magistratura, verso tutti coloro che hanno de-classificato L’Aquila e l’aquilano da 1 a 2.
Ritengo necessario che si indaghi: come, con quali conoscenze tecniche e con quali competenze, degli amministratori abbiano potuto modificare una tabella di sicurezza, di rischio, stilata da tecnici, mettendo con questa delibera a rischio la vita tutti gli abitanti, e determinando la conseguente morte di 308 concittadini, quella che ricorderemo come: “La strage del 6 Aprile 2009”.
Occorre che la magistratura verifichi chi ha potuto godere di questi vantaggi, e persegua, se sono perseguibili, costoro. Stefania, Massimo fate qualcosa per la vostra città prima che sia troppo tardi?
31 Agosto 2010 la terra torna a tremare, 17 mesi dopo torna la paura ( Agosto 2010)
Nella mattina di ieri, “31 Agosto 2010” due scosse di terremoto sono state avvertite nel distretto sismico dei Monti Reatini,
- la prima è avvenuta alle ore 05.00, con magnitudo 3.4°,
- la seconda alle ore 09.12 con magnitudo 3.6°
Colpisce, in particolar modo, la profondità della prima scossa, 3 chilometri appena, mentre la seconda, dopo quattro ore, ha una profondità di 8.6 chilometri. L’epicentro viene individuato tra i comuni di Montereale (L'Aquila), Amatrice (Rieti) e Borbona (Rieti), ma le scosse sono state avvertite anche nella zona ovest dell'Aquila (Pettino).
- Alle 13.45, ancora una scossa questa volta più lieve, 2.3°, che ha anticipato una scossa di 3.3° con profondità di 2.3 chilometri, registrata alle ore 14.06.
A seguito di ciò il sindaco di Cagnano ha chiesto alla Protezione Civile di poter riallestire le tendopoli, la situazione sta evidentemente precipitando, sembra di rivivere un film già vissuto solo 17 mesi fa, anche allora come oggi la frequenza delle scosse aumentò improvvisamente sia di numero che d’intensità, anche allora ci fu una forte scossa premonitrice del 4°.
Forse tutto ciò che segue non è opportuno, ma evidenzio semplicemente una differenza di comportamento delle istituzioni, e mi/Vi pongo una domanda:
Dopo la scossa premonitrice di fine Marzo 2009, del 4.0° su scala richter, ci dissero che non poteva accadere nulla. Oggi, dopo queste ultime scosse, che hanno avuto il picco più alto di 3.6° su scala richter, si lancia, ritengo giustamente, un preallarme?
Questa è una semplice analisi dei fatti, solo per evidenziarVi quanta malafede c'è stata nell’avvenimento sismico che fu registrato a Marzo 2009, esattamente una settimana prima dell'evento distruttivo di L'Aquila.
A seguito di ciò è stata decisa l’immediata chiusura precauzionale per un periodo per ora limitato a due giorni, del centro storico della città di L’Aquila e di tutte le frazioni, comprese le zone che erano state parzialmente riaperte al transito pedonale, inoltre per lo stesso motivo sono stati chiusi anche tutti i cantieri inerenti la ricostruzione, come sono stati chiusi gli asili fino al 5 Settembre.
Ora provocatoriamente domando, ben sapendo la risposta:
Per quale motivo oggi ci si comporta così?
Semplicemente perché questo è quanto previsto dalle vigenti norme di legge, che erano in vigore anche prima del 6 Aprile, ma che allora non vennero prese in considerazione.
Emerge in tutta la sua chiarezza la colpa gravissima della Protezione Civile Regionale, dell’On D. Stati, che se fosse ancora assessore con delega alla Protezione Civile, se non si fosse dovuta dimettere perché coinvolta in un giro d’affari, diciamo solo “poco chiaro”, avrebbe sicuramente qualche cosa da raccontarci in merito.
Emerge altresì la gravissima responsabilità della Protezione Civile Nazionale, che per bocca del suo numero due De Bernardinis, ci suggerì di berci un buon bicchiere di vino, mentre con gli altri membri della Commissione Grandi Rischi si affrettò a perseguire per procurato allarme l’unica persona che aveva avuto buon senso, quel Giampaolo Giuliani, tecnico di laboratorio nell’INFN del Gran Sasso, che indipendentemente da ciò che rilevava con le sue macchine, suggeriva, come oggi, la massima cautela.
Tutto ciò pesa come un macigno, accusa senza attenuanti tutti quei superburocrati della Protezione Civile Nazionale e Regionale oltre ai politici ed i componenti della Commissione Grandi Rischi, tra i quali sedeva anche il prof. Barberi, colui che solo alcuni anni prima aveva stilato il famoso rapporto che prende proprio il suo nome “Rapporto Barberi”, sulla sicurezza e prevenzione sismica in Italia, colui che aveva contribuito a classificare in zona a rischio sismico 1 L’Aquila e l’aquilano, che verranno poi retrocessi dalla giunta Regionale presieduta dall’On. Pace nel 2003, in zona a pericolo sismico 2.
In quella riunione, nessuno tenne conto di ciò che stava accadendo, e invece di allertare la popolazione, colpevolmente si attivo per tranquillizzata.
A questo punto le possibilità sono due.
- O è corretto il comportamento che le istituzioni hanno avuto nel caso della scossa di 4.0° di fine Marzo 2009.
In questo caso, essendo di 3,6° la punta massima fino ad ora registrata, il comportamento delle istituzioni andrebbe perseguito per “procurato allarme”, proprio com’è accaduto nel caso di Giuliani.
- Oppure è corretto il comportamento che le Istituzioni stanno mantenendo ora.
In questo caso balza agli occhi di tutti come sia colpevole il comportamento mantenuto nel 2009.
La realtà per ora è una sola, dopo la scossa di 4.0 di Marzo 2009 c'è stato l'evento del 6 Aprile, mentre oggi, ci auguriamo tutti che non ci sia una replica di un simile evento.
Detto ciò, da questa esperienza ne consegue che è e meglio lanciare un allarme, magari anche ingiustificato, se solo c'è una lontanissima ipotesi che possa verificarsi un evento calamitoso, distruttivo, che rimanere passivi, o peggio, tranquillizzare la popolazione.
Infatti, se come si è detto non è dimostrabile che coloro che sono rimasti sotto le macerie, sono deceduti perché non gli è stato esplicitamente detto di uscirei casa, è vera anche la tesi opposta.
Le istituzioni non avrebbero dovuto tranquillizzare la popolazione, ma dare, come sta accadendo in questi giorni, informazioni corrette, avrebbero dovuto informare come ci si deve comportare simili situazioni di preallarme, predisporre piani di evacuazione e centri di raccolta, questi sono i compiti delle istituzioni.
308 nostri concittadini sono rimasti sotto le macerie, la loro unica colpa è stata quella di aver avuto fiducia nelle istituzioni, ma evidentemente questa era mal riposta.
Tornando ai fatti di questi ultimi giorni, tutto ciò, accadeva nell’imminenza dell’apertura del nuovo anno scolastico.
Ora che nel centro storico ancora interdetto, pieno di macerie, con i militari che controllano gli accessi alla zona rossa, i cittadini cominciavano ad affacciarsi nuovamente, ora che avevano cominciato ad accettare di vivere, li, in mezzo alle macerie, come se tutto fosse normale, arriva questo nuovo sciame sismico proprio nel momento in cui i cittadini, e la città, stavano lentamente tornando ad una normalità, anche se tutti noi eravamo consci del fatto che questa vita, non aveva, e non avrebbe mai potuto avere nulla di normale, vista la situazione in cui versa ancora la città.
Proprio ora doveva riemergere il mostro dalle viscere della terra, portando ancora sgomento e angoscia tra la popolazione.
L’Assegnazione del M.A.P. n.°38 (23 Settembre 2010 - 17 mesi e 19 giorni dopo il 6 Aprile 2009)
Sono trascorsi ormai oltre 17 mesi da quel tragico 6 Aprile 2009, con la famiglia risiediamo ancora nel comune di Isola del Gran Sasso che ci ospita ormai da 11 mesi.
Per noi il grande miracolo aquilano non c’è mai stato.
Anzi, ancora non sappiamo quando arriverà, se mai arriverà l’assegnazione del M.A.P., per ora non abbiamo nessuna notizia, nemmeno una previsione, siamo rimasti solo noi e un gruppo di sfollati ancora assistiti in una struttura alberghiera della frazione di Stiffe.
Per la verità, l’ultimo gruppo di moduli del nostro comune è pronto dal mese di Giugno 2010, è stato edificato nella frazione di Collarano, ma ancora non è stata fatta nessuna assegnazione, sono da completare, anzi sono proprio da realizzare completamente tutte le opere d’urbanizzazione e le relative infrastrutture, mancano le fogne, il gas, la luce, le linee telefoniche oltre a strade asfaltate, marciapiedi e illuminazione stradale.
Praticamente rimane da fare ancora tutto, all’infuori dell’edificazione di queste baracche non c’è nulla che assomiglia a un posto vivibile, inoltre i lavori in questo villaggio dovevano essere conclusi entro il 10 Marzo 2010, come si evince dalla tabella del cantiere, la consegna è in leggerissimo ritardo sul master plan dei lavori, appena cinque mesi di ritardo,
Mi sto rendendo conto che rappresento la testimonianza vivente, in negativo, dei record sbandierati in TV dal nostro premier e dal suo fido Bertolaso, in questi 17 mesi di post-sisma, di parole, di nulla.
Non ne possiamo proprio più, la vita nel residence che ci ospita non è tutto sommato sgradevole, ma ormai la mancanza di un punto di riferimento in città è diventata insostenibile, sono quasi 18 mesi che facciamo i pendolari tutti i giorni, per cui io e mia moglie Anna decidiamo che è giunto il momento d’alzare la schiena, di dire basta a voce alta, di fare valere i nostri diritti civili costituzionalmente garantiti.
Ed è il caso a darmi un grosso e insperato aiuto.
Un mio ex collega di quando lavoravo in Opti.Me.S. oggi ricopre un’importante carica istituzionale, per cui decido, anche se la cosa non fa parte della mia cultura, di rivolgermi a Lui, solo per un consiglio, per avere un’indicazione sul come comportarmi con questa “gente” che continua, a decidere di non decidere, e forse tutto ciò, sperando, che alla fine la decisione la prendiamo noi, andandocene via.
Ma, l’indicazione che cercavo è molto di più di quello che mi aspettavo di poter ottenere, e una volta esposti i fatti, viene immediatamente predisposto un documento da sottoporre alla “Procura della Repubblica di L’Aquila”, nel quale si chiede conto al comune della situazione, firmo, e la procedura si mette in moto.
Non avrei mai immaginato che poteva bastare questo semplice gesto, ma ciò che segue è un dato di fatto.
Dopo quest’avvenimento, di colpo il cantiere si è animato, i lavori che prima procedevano con la velocità di una lumaca, hanno cominciato a procedere più speditamente, il cantiere che prima era deserto, o che al massimo veniva frequentato saltuariamente da qualche operaio, che faceva poco più di una presenza, si è animato di molti operai, pure indaffarati.
Così potevamo verificare con cadenza ormai quasi giornaliera, che dopo avere presentato quel documento in Procura i lavori ora procedevano quasi speditamente, ci accorgevamo chiaramente che nell’ultimo periodo c’era stato un evidente cambiamento, ma non osavamo credere che potesse essere legato direttamente a quella nostra presa di posizione.
Invece, tutto comincia con una telefonata.
Il comune mi convoca per il 23 Settembre 2010 per l’assegnazione del M.A.P..
Prima di andare avanti nel descriverVi quanto accaduto, è bene fare il punto soffermandoci sul del termine “assegnazione”.
Dal dizionario “Hoelpi”:
Assegnare, Dare, attribuire, fissare a favore di qualcuno o di qualcosa: un incarico, un ufficio; un oggetto un valore che non ha. Fissare, stabilire: mi hanno assegnato due giorni per terminare questo lavoro. Affidare: la custodia dei libri è assegnata a me; ho eseguito con attenzione il lavoro che mi è stato assegnato. Destinare: lo hanno assegnato a un altro reparto
Assegnazione, Azione e risultato dell’assegnare: l’assegnazione di un terreno, di un premio di un ufficio a qualcuno
Assegnatario, Colui a cui viene assegnato qualcosa: l’assegnatario del fondo
Sinonimi sono: “attribuzione, aggiudicazione, conferimento, dotazione, consegna, distribuzione”, detto ciò, mi pare che possiamo essere d’accordo se escludiamo come sinonimo o significato il termine “scelta”.
Fatta questa premessa sul significato del termine assegnare, Vi voglio appunto testimoniare come è avvenuta “l’assegnazione” del mio M.A.P..
Io mi ero immaginato questa scena:
Entro in un ufficio dove sono presenti: il Sindaco o chi ne fa le veci, un tecnico comunale che verifica se la mia famiglia ha i requisiti per ottenere il M.A.P., e un funzionario della Protezione Civile che una volta verificati questi requisiti ci assegna su una planimetria un Modulo Abitativo, dopodiché, una serie di raccomandazioni e di divieti, come comportarci in caso di problemi tecnici, ed infine dopo aver sottoscritto il contratto, un appuntamento per la successiva consegna dell’abitazione.
Niente di tutto questo.
Ci troviamo invece in un’assemblea, sono presenti tutte le famiglie che risultano assegnatarie di un M.A.P., dopo circa 10 -15 minuti arriva il Sindaco con un paio d’impiegati comunali, questi sfogliano una grande planimetria su un tavolo, mentre prende la parola il Sindaco.
Già questo inizio mi pare anomalo, visto comunque l’evidente stato di necessità, sono ormai 18 mesi che con la mia famiglia viviamo da sfollati, alloggiati ora qua ora la, decido di frenare l’impulso di ribellione che in quel momento stava per prendere il sopravvento.
Il Sindaco esordisce, informandoci che con quest’ultima assegnazione, tutti nel comune avevano un alloggio provvisorio, dopodiché continua “seguiremo la prassi già utilizzata con successo nelle precedenti occasioni, pertanto come potete vedete sul tavolo c’è, a vostra disposizione, la planimetria dei M.A.P. da 50 e da 70 mq. che dobbiamo assegnare, con calma, cominciamo con chi deve ricevere quello da 50, vi avvicinate e scegliete sulla planimetria quello che vorreste avere, se più famiglie scelgono lo stesso M.A.P. o raggiungono un accordo tra loro o facciamo il solito sorteggio per decidere a chi viene assegnato. capito tutto?, ok procediamo”.
E continua: “prima di cominciare diamo però la precedenza alla Signora …….. (la chiameremo Maria), che essendo la proprietaria del terreno su cui sorgono i M.A.P., credo che siamo tutti d’accordo, nel ritenere giusto, che abbia la precedenza nella scelta”
A questo punto mi si è fatto tutto nero, mi bolliva il sangue dalla rabia per l’assurdità di ciò che avevo ascoltato, avrei voluto intervenire, avrei voluto urlare le mie ragioni:
“Ma come, lo Stato non ha forse requisito per pubblica utilità i terreni, confiscandoli, per permettere l’edificazione del progetto CASE come dei M.A.P.?
E se i terreni sono stati confiscati, ora sono proprietà dello Stato, che c’entra la signora Maria? Per quale motivo dovrebbe avere questo privilegio?
E poi, io sono stato convocato per una assegnazione di un M.A.P., non per la sua scelta?
Se è possibile scegliere, deve anche essere possibile visionare l’oggetto, o gli oggetti della scelta, possibilità che a me non è stata mai resa nota, ne ho mai pensato di visionare, o chiedere di visionare i M.A.P. preventivamente?
E comunque, non sono forse stati pagati questi terreni?, Magari poco, ma comunque pagati?”
mi sono trattenuto ed ho continuato ad assistere a quella penosa farsa.
Perché con quella frase, la Signora “Maria” da quel momento era stata investita di una autorità che nessuno poteva darLe, una autorità che doveva rimanere dell’amministrazione comunale.
Ma quello che segue è pure peggio.
Una volta che la Signora “Maria” ha scelto il suo Modulo, accade che una folla, di poveracci, che evidentemente non si rendevano conto di essere maldestramente usati, si è accalcata intorno al tavolo sul quale era stata distesa la planimetria.
Comincia un caos indegno per un paese che si dice civile, gente che urla, che si accalca per conquistare una posizione migliore, le persone sono uno sopra l’altra, sgomitano per avvicinarsi al tavolo in un pandemonio indescrivibile, questa squallida scena dura due ore, il tempo necessario per assegnare a tutti un M.A.P..
Io e mia moglie Anna, rimaniamo per due ore tranquillamente seduti a gustarci questa squallida scena, fino a che si alza la voce di uno dei due collaboratori del Sindaco “è rimasto da assegnare ancora un M.A.P., e c’è ancora una famiglia, …… la famiglia Torregrossa non ha ancora scelto, signori Torregrossa …….., avvicinatevi, dovete fare la vostra scelta”
risponde mia moglie Anna, “per noi va bene quello che è avanzato!, non c’è nulla da scegliere!, tanto sono tutti uguali, no!
“Allora il vostro M.A.P. è il n.° 38, va bene?” - “Va bene, va bene, noi non abbiamo preferenze”
A questo punto, disgustati per quello a cui avevamo assistito, per le modalità, per le frasi pronunciate dal Sindaco, andiamo via, torniamo verso il nostro residence che si trova dall’altra parte del Gran Sasso, a Isola del Gran Sasso, e in macchina ad alta voce commentiamo:
ci hanno convocato per l’assegnazione del M.A.P., e invece di darci sta benedetta baracca, abbiamo partecipando ad una assemblea, nella quale ha preso la parola il Sindaco, che con le sue frasi di colpo ci ha riporti nel medioevo.
- il paese è paragonabile al feudo, e questo è governato dal suo Signore, che è “il Sindaco”;
- costui investe il suo Vassallo, la sig.ra “Maria” conferendole terre e privilegi;
- la sua corte sono “gli impiegati comunali” che non osano interferire con il loro Signore;
- i suoi fedeli sudditi, “gli sfollati”, che lo hanno acclamano quando gli ha permesso di scegliere “Il M.A.P.”.
Anche per quell’epoca, questa situazione sarebbe stata veramente squallida, e se tutto ciò non lo avessi vissuto in prima persona, se non fossi io che lo sto rappresentando a Voi, sembrerebbe il frutto di una fantasticheria, invece è la realtà.
Ma come hanno potuto ridurci in una simile condizione?
Una riflessione sugli ultimi avvenimenti (Settembre 2010)
Tutto ciò che Vi ho descritto accade nel 2010, in una delle otto maggiori economie mondiali, in un Paese che è membro di quel G8 che si è svolto, nel Luglio del 2009, per volere del nostro primo ministro, proprio in questa città.
Come avrete certamente potuto rilevare dalla lettura di ciò che vi sto proponendo, oggi siamo ridotti in condizioni certamente non confacenti ad una della maggiori economie mondiali. Oggi in questi luoghi, ci stiamo litigando una baracca, in legno precompresso e cartongesso, tutto ciò è veramente assurdo.
Sono riusciti a trasformare delle squallide baracche, perché è inutile girarci intorno con definizioni e nomi altisonanti, di questo si tratta, altro che ville, nell’oggetto del desiderio di tanta povera gente.
Ed i miei compaesani se le sono pure litigate.
Solo per ottenere quella che ritenevano la migliore, solo perché ha un posto auto più accessibile, più vicino, o uno straccio di terreno sassoso e pieno d’erbacce da trasformare con molta fantasia in un orto, piuttosto che posizionarci un gazebo con un barbecue per gli arrosticini.
Non si sono resi conto che le istituzioni hanno sfruttato la loro precaria situazione, per ottenere una gratitudine incondizionata per aver concesso loro ciò che è un diritto, che viene fatto passare come la benevola concessione elargita da un benefattore.
Ma siamo proprio tutti pazzi?, ma ci rendiamo conto di che cosa stiamo parlando?
Quello che questo Paese ha fatto, che questo Governo “del fare” sostiene, è evidentemente falso, infatti, solo una minima parte di ciò che è stato sbandierato ai quattro venti è stato realizzato, anche male, e comunque tutto ciò rientra nei doveri di un Paese che si autodefinisce civile.
Questo Governo che sembra stia facendo enormi sforzi per gestire i diversi avvenimenti calamitosi che continuamente accadono in questo paese, continua a nascondere la verità.
Tutti noi sappiamo che spesso questi avvenimenti trovano origine proprio nell’assoluta mancanza di prevenzione, di tutela del territorio, come siamo a conoscenza che tutto ciò è una competenza di quel Dipartimento di Protezione Civile che dipende dalla Presidenza del Consiglio.
Le colpe, i mandanti dei molti disastri che colpiscono ogni anno l’Italia sappiamo bene di chi sono. Come sappiamo che è uno specifico compito di chi governa, amministrare, gestire e risolvere gli eventi calamitosi che ci colpiscono, utilizzando ad esempio, i tributi che tutti noi versiamo con le tasse, che dovrebbero essere impiegati per la prevenzione, e dove non fosse possibile, come nel caso di un evento naturale quale quello del 6 Aprile, dovrebbero essere impiegati per gestire l’emergenza, predisponendo tutti quei servizi necessari alla collettività.
E allora domando: “non è forse un servizio alla collettività, quello di intervenire in modo adeguato in caso di calamità naturale?”
Ma quale benevola concessione?
State semplicemente dandoci, anzi state solo promettendo di darci, ciò che ci spetta, ed i M.A.P., o meglio le baracche che ancora oggi vengono edificare a 750.00 €/Mq., sono uno di quegli oggetti che lo Stato ha l’obbligo di donare in simili circostanze.
Deve essere chiaro questo concetto, non siamo difronte ad una benevola elargizione di un benefattore, ma difronte a uno specifico dovere di uno Stato verso i suoi cittadini colpiti da una catastrofe naturale.
Il MIRACOLO AQUILANO?
Ma quale miracolo, ma vergognateVi, state speculando sulla vita di 308 vittime, sul dolore di gente che ha perso tutto. Fate proprio schifo.
La Firma del contratto di “comodato d’uso gratuito (7 Ottobre 2010 18 mesi e 1 giorno dopo il 6 Aprile 2009)
Sono passati ormai una decina di giorni da quella squallida assemblea, e di firma di uno straccio di contratto nemmeno l’ombra.
Poi mi arriva una telefonata del mio ex collega di lavoro, mi chiede se c’erano stati sviluppi riguardo la mia situazione, l’informo, e concordiamo che è opportuno ritirare la denuncia inviata alla Procura della Repubblica di L’Aquila.
Dopo qualche giorno, ancora una comunicazione telefonica dal comune, convocazione per il giorno 7 Ottobre 2010 per la firma del contratto, sono passati 14 giorni dall’assegnazione, e 18 mesi da quel 6 Aprile 2009.
Questa volta le cose sembrano svolgersi, almeno inizialmente, in maniera più seria, la firma avviene presso la sede provvisoria del comune, il messo comunale mi sottopone un plico composto da 6 (sei) fogli vidimati con il timbro del comune e mi chiede di apporre n.° 3 firme, quindi mi informa che nel pomeriggio dello stesso giorno verso le ore 14.00 sarà presente l’incaricato della società del Gas per stipulare il nuovo contratto di fornitura.
Firmo, e lascio il comune avviandomi verso la macchina, dove comincio a sfogliare il documento che ho appena firmato per accettazione.
Leggo velocemente, e mi rendo immediatamente conto che mi è stata estorta una delle firme, precisamente quella dell’allegato che indica e riporta l’elenco degli arredi che mi sono consegnati con il M.A.P..
Poi leggendo con più attenzione, mi accorgo di una serie di clausole contrattuali, infilate lì, in quello che “loro”, definiscono contratto.
Sembrano inserite apposta per fregarmi in un momento successivo, come se qualcuno stesse pensando a come incastrarmi, approfittando di uno stato di necessità, dell’euforia di chi è stato deportato per 18 mesi fuori casa e non vede l’ora di poter rientrare, e nel momento che questa occasione si presenta non bada a quello che gli viene richiesto di firmare.
Proprio un comportamento vergognoso, ancora più vergognoso e grave perché perpetrato da quel Dipartimento di Protezione Civile, nel quale tutti, chi più chi meno, ripongono la propria fiducia.
Il fatto è questo:
- Il documento che ho firmato recita così:
a. Articolo 15 “la data di decorrenza è quella dell’apposizione delle firme al presente atto”
Ora l’atto è stato firmato in data 7 ottobre 2010, ma le chiavi del M.A.P. non mi sono state contestualmente consegnate.
Quindi questa clausola è da considerarsi nulla, come può avere valore un contratto, quando l’oggetto stesso del contratto non viene messo a disposizione della parte contraente.
Il comune nel momento che non mi consegna le chiavi, di fatto non rispettata la data di decorrenza del contatto, che deve coincidere con il momento in cui la cosa può essere utilizzata, stando così le cose il comune risulta inadempiente.
Inoltre il mancato possesso della cosa (il MAP), impedisce di verificare lo stato degli arredi che con quello stesso documento vengono assegnati e che con l’apposizione della mia firma ho dichiarato di avere ricevuto e verificato.
b. Articolo 3 “ …… omissis ….. composta da cucina, bagno, camere da letto n.° 3, completa di arredi, come elenco allegato e sottoscritto dalle parti;”
Articolo 5 “Il comodatario è tenuto a conservare la cosa con diligenza del buon padre di famiglia”
Articolo 8 ”Il comodatario esonera il comodante da ogni responsabilità per danni diretti ed indiretti che potessero derivargli dall’uso dell’immobile concesso in comodato d’uso gratuito”
Altra inadempienza, infatti sarebbe buona norma che quando si stipula un contratto, sottolineo il termine contratto, le parti svolgano assieme un sopralluogo per verificarne lo stato della cosa, per verbalizzare le eventuali difformità.
Questo diventa obbligo, se come recita articolo 5 “Il comodatario è tenuto a conservare la cosa con diligenza del buon padre di famiglia”, è evidente che per “conservare con diligenza” è necessario stabilire prima lo stato di conservazione iniziale.
Inoltre in base a quanto stabilito dall’articolo 8 ”Il comodatario esonera il comodante da ogni responsabilità per danni diretti ed indiretti che potessero derivargli dall’uso dell’immobile concesso in comodato d’uso gratuito”, è evidente che diventa prioritario a tal fine verificare lo stato della sicurezza della cosa (il M.A.P.), e degli accessori di arredo, per accertarsi che non esista nessun evidente rischio o pericolo per le persone che vi risiederanno.
c. Articolo 7 “sono a carico del comodatario tutte le spese per servirsi della cosa”
Di per se questo articolo sembra di una linearità sconcertante, se non fosse che all’atto della firma, il messo comunale, sicuramente in buona fede ed eseguendo comunque una disposizione di superiori, mi ha comunicato che nel pomeriggio dello stesso giorno “7 Ottobre 2010”, sarebbe stato presente l’incaricato della società del GAS, per la stipula del contratto di fornitura.
Evidenziandomi che l’incaricato veniva appositamente.
Sottolineo che nelle mie stesse condizioni si trovano 49 famiglie assegnatarie di quest’ultimo gruppo di M.A.P., che quindi come me dovranno sottoscrivere altrettanti contratti di fornitura del gas, e come me sono stati messi a conoscenza di questa opportunità.
Ora, premesso che questa è la stessa compagnia della quale mi servivo prima del sisma, per una mia libera scelta, ritengo che è qui che nasce il problema.
Infatti, secondo quanto recita l’articolo 7, sono a carico del comodatario tutte le spese per servirsi della cosa, e allora è lecito aspettarsi che costui possa scegliere liberamente la società erogatrice per le forniture di Luce, Gas e Telefono.
Invece le cose non sono andate esattamente in questa maniera.
Di fatto non ho potuto esercitare questo diritto, non perché qualcuno l’abbia mai impedito, ma semplicemente perché per ottenere l’accesso al MAP è necessario attivare una fornitura di gas, la maniera più veloce che mi si prospettava era quella d’approfittare di quell’opportunità.
Si è usato questo stato di evidente necessita per costringere di fatto, indiscriminatamente tutti, ha sottoscrivere il contratto di fornitura del gas con questa compagnia, approfittando del fatto che quel pomeriggio era per caso presente il tecnico.
A questo punto emerge un nuovo problema, che è rimasto ben celato fino a quel momento, ma ora emerge, evidenziando la frode perpetrata da questa società ai danni dei sfollati, almeno di tutti coloro che avevano già un contratto di fornitura prima del sisma con questa stessa compagnia.
Mi spiego meglio.
Credo che siamo d’accordo nell’affermare che tutti coloro che hanno avuto in assegnazione un alloggio del progetto CASE o un M.A.P. prima del sisma avevano o un’abitazione di proprietà o in affitto, quindi anche regolari utenze di fornitura per il gas, la luce ed il telefono, ora essendo questi assegnatari di una nuova abitazione, ed avendo ancora in corso di validità i contratti per le vecchie utenze, mi pare evidente che sarebbe bastata una voltura di questi contratti al nuovo contatore, al nuovo indirizzo.
Perché costringere famiglie che hanno già pagato, che hanno già perso tutto ciò che potevano perdere, a stipulare nuovi contratti di fornitura con le stesse compagnie che li servivano prima del sisma?
Immancabilmente la società fornitrice del gas, invece di propormi una voltura, mi ha estorto un nuovo contratto di fornitura, tutto ciò comporta spese di registrazione del contratto e deposito cauzionale, che come recita l’articolo 7, rimangono a carico del comodatario, a mio carico.
Quindi, ricapitolando, dopo la firma del contratto:
- non mi è stato possibile ne prendere possesso del M.A.P., ne verificarne lo stato, per l’evidente mancata consegna delle chiavi d’accesso;
- approfittandosi quindi di una evidente situazione di necessità, mi e stata chiaramente estorta la firma sulla parte del contratto relativa agli arredi;
- sono stato costretto a stipulare un nuovo contratto di fornitura del gas, per poter avere accesso al M.A.P., mentre avrei potuto ottenere una semplice voltura a costo zero.
Per tutti questi motivi, ritengo che i relativi articoli che regolano questo contratto contengano delle clausole che ritengo vessatorie secondo quanto previsto dall’Articolo 33 del codice del consumo “d. lgs. 6 settembre 2005, n. 206”,
le clausole vessatorie sono le clausole presenti nei contratti conclusi tra il consumatore “comodatario” ed il professionista “comodante” che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore “comodatario” un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
Inoltre accade le il mio M.A.P. come tutti gli altri che sono stati assegnati contemporaneamente al mio abbiamo già attiva l’utenza ENEL, senza che nessuno di noi abbia mai sottoscritto un contratto di fornitura con questa società.
Ora, se l’utenza ENEL relativa alla fornitura di energia elettrica rimane a carico del comune o della protezione civile, come avviene per gli alloggi del Progetto Case, la cosa mi pare lineare, ma se come recita il contratto, la fornitura di energia elettrica è a carico del comodatario, domando:
- “Quando mai ho sottoscritto un contratto di fornitura con l’ENEL”
Mi pare evidente l’illegalità di questa azione, ed è evidente che l’ENEL non potrà fatturare a mio nome, ne potrà pretendere la sottoscrizione di un contratto, ne potrà vantare nessun credito nei miei confronti.
Per quanto riguarda la linea telefonica ho invece verificato che il M.A.P. è totalmente sprovvisto di presa telefonica, ma la cosa ancora più grave è che il sito dove sorge questo villaggio non è servito da una cabina per la fornitura di questo servizio, e allora domando:
- “Ma i costi e le opere d’urbanizzazione in cosa consistono?”
- “e le infrastrutture?”
- “ma il telefono non rientra nelle opere d’urbanizzazione, non è forse una infrastruttura?
- “ma chi è che ha deciso che i sfollati non debbono accedere ai servizi telefonici, a internet?”
Mi sorge un dubbio in merito a quest’ultimo punto, facciamo così, io lo espongo, e voi lo giudicate e se credete lo condividete.
“forse qualcuno, lascio a voi ipotizzare chi, in questo modo vuole impedire, censurare in maniera preventiva l’informazione che potrebbe correre liberamente attraverso internet.”
- Siamo d’accordo nel ritenere internet un mezzo di diffusione di massa di grande efficacia;
- Come siamo d’accordo nel ritenerlo un mezzo che può veicolare molto facilmente la controinformazione.
Guarda caso, accade che proprio a chi potrebbe testimoniare particolari situazioni vissute negativamente, sulla propria pelle, situazioni che certo non testimoniano favorevolmente all’eccezionale miracolo aquilano, che da 18 mesi si vuole imporre all’opinione pubblica, a queste persone viene di fatto impedito di accedere a questo specifico servizio, rendendolo di difficile fruizione.
E’ evidente, che testimonianze dirette, di chi questi problemi li sta vivendo in prima persona, possono dare fastidio, o creare problemi ai politici, alla politica, come ai media di Stato, che continuano a veicolare da 18 mesi informazioni che prima vengono verificate, controllate, infine censurate, avendo cura di selezionare e divulgare solo quelle che possono tornare utili.
Credo di poter affermare che tutto ciò mi sembra proprio voluto, e lo reputo molto grave e pericoloso per la democrazia di questo Paese.
d. Infine allegata alla documentazione del contratto, è inserita una nota del comune, protocollo 4023 del 23 Agosto 2010.
Con questo documento che è evidentemente retrodatato “23 Agosto 2010”, si informa che a far data da Lunedì 26 Luglio 2010 è stata modificata la procedura per la richiesta degl’interventi di manutenzione per i MAP in tutti i comuni del cratere.
Inoltre, da quella stessa data è attivo il numero verde di “linea amica”, che provvederà all’inoltro delle richieste d’assistenza alla “direzioni lavori del Dipartimento della Protezione Civile.
Se avete solo un poco di conoscenza di diritto, Vi renderete conto da soli, che l’inserimento di questo documento dentro il contratto stesso lo rende di fatto nullo.
Infatti il contratto viene stipulato tra due parti che sono indicate e denominate rispettivamente comodante “il comune” e comodatario “il titolare del diritto”, ciascun singolo sfollato che riceve in comodato d’uso gratuito il M.A.P., mentre nell’ultima pagina del contratto, con l’inserimento di questa nota, che diventa parte integrante del contratto stesso, intervengono delle figure che nel contratto non sono previste, più precisamente:
- la figura della “direzione lavori” del Dipartimento di protezione Civile;
- la figura del servizio telefonico di “linea amica”
parti che non sono vincolate in alcun modo nel contratto, che viene sottoscritto, tra le uniche due parti stipulanti “comodate e comodatario”.
E’ l’incredibile è, che questo contratto è stato predisposto dallo Stato, dal Dipartimento di Protezione Civile che dipende addirittura dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Ma come è possibile partorire delle mostruosità giuridiche simili?
Lo Stato predispone e costringe a sottoscrive contratti capestro, ai danni dei stessi sfollati che ha l’obbligo di assiste?
Ma in che mondo viviamo?
Ma che razza di Paese è mai questo?
Un simile contratto, se proposto a privati, avrebbe richiesto l’intervento di civilisti a tutela di una delle parti, e non sarebbe stato giudicato valido.
Ora accade che questo stesso contratto, che è predisposto dallo Stato, viene sottoposto alla firma dei naturali contraenti, che sono sfollati, sinistrati scampati ad una catastrofe naturale.
Questa gente invece di essere assistita, invece di ottenere il ripristino di alcuni sacrosanti diritti andati persi, smarriti, a causa degli eventi che li hanno coinvolti, quali: “il diritto allo studio, alla casa, al lavoro, viene volutamente raggirata.
Ma Vi rendete conto che mostruosità?
Ma con queste premesse quando, e come la ricostruiscono L’Aquila?
E gli altri 56 comuni del cratere?
E gli altri 30 comuni che non fanno parte del cratere ma che hanno ugualmente subito danni a causa del sisma?
Chi vuole rispondermi lo faccia a questo indirizzo di posta elettronica fausto.torregrossa@virgilio.it, aspetto con fiducia.
La consegna della baracca n.°38 del campo di prigionia di Collarano (Aq) (18 Ottobre 2010 18 mesi, 12 giorni dopo il 6 Aprile 2009)
Comunque una volta firmato sto benedetto contratto, accade che sabato 16 Ottobre, 23 giorni dopo la cosi detta assegnazione, mentre con mia moglie Anna eravamo in viaggio verso Nettuno, per recuperare un poco di biancheria ed abiti più pesanti, mi è arrivata la solita telefonata dal comune, mi informavano che dalle ore 10.30 di quel sabato erano in consegna le chiavi dei M.A.P., potevo quindi recarmi a ritirare le chiavi del mio M.A.P. n.°38.
Ho fatto presente che mi trovavo fuori regione ed abbiamo concordato la consegna per Lunedì 18 Ottobre.
Non so se essere felice per la notizia appena ricevuta.
Significa che entro il mese di Ottobre, dopo 18 mesi di vita da sfollato, posso rientrare nel mio comune di residenza, che per me, per la mia famiglia equivale al rientro a L’Aquila, abbiamo finalmente finito di viaggiare, tutti i giorni 120 – 150 km, e questa vita è durata 18 mesi, oltre 500 giorni sono trascorsi da quel 6 Aprile 2009.
Questa è la parte buona, della notizia appena ricevuta.
La parte meno buona, è rappresentata dalla preoccupazione per la nuova situazione che dovremo affrontare.
Ricomincia la vita, ma in un posto che non è più quello in cui avevamo vissuto tranquillamente, bene, per oltre 20 anni.
Io lo so perché non ho mai smesso di viverci, tutti i giorni in questi mesi ho fatto il pendolare, ho visto questo territorio agonizzante, distrutto, invivibile, poi ho visto preso d’assalto, terra di conquista di imprenditori lestofanti e faccendieri di palazzo, sotto stato d’assedio durante il G8, poi ho assaporato la speranza di una ripresa mentre venivano smontati i campi profughi, e poi ………………. .
Ormai, questo territorio non è più quello che conoscevamo prima del sisma, non è rimasto neanche un solo punto di riferimento della nostra precedente vita, come era e come lo conoscevamo.
Ora sarà veramente dura, credo che per la mia famiglia comincia adesso la vita da sfollati, una vita che io ho già vissuto solo in parte in questi tristi mesi da pendolare, impegnato nella ricostruzione che non c’è, che non parte per un’assurda burocrazia che interferisce continuamente.
Ma la cosa triste è che dopo 18 mesi, non ci troveremo neanche a rientrare in una nuova città, ma in un caos generale e totale, pure male organizzato, sottoposto a delibere ed ordinanze, che ogni giorno possono intervenire a cambiare vita e le abitudini di chi ci vive, studia e lavora, se mai ci fossero ancora delle abitudini da poter prendere in questa situazione.
E poi mi assale la preoccupazione per i costi che questo rientro ci riserverà. Questo tornare, poi sarà veramente un tornare a vivere?
In questi mesi abbiamo cercato e sperato di poter rientrare nel più breve tempo possibile, ed ora che è alla nostra portata, ci fa paura, come faremo a sopravvivere?
E poi il pensiero al mutuo per una casa che non ho più, che da fine anno dovrò riprendere a onorare, attualmente non ho più ne un lavoro, ne un reddito, l’azienda nella quale svolgevo le mie mansioni prima del sisma ha cessato l’attività, ha chiuso lo stabilimento.
Mi è rimasto solo l’impegno e il lavoro che ne deriva, dall’attività che sto svolgendo riguardo la ricostruzione. Tanto lavoro, che però da 18 mesi non produce nessun reddito, solo spese, che fino ad ora mi sono accollato non avendo altre spese da sostenere per la sopravvivenza, ma ora sorgerà il problema, ora sarà necessario trovare prima possibile una minima fonte di reddito per sopravvivere, un vero lavoro, magari piccolo, che produca un minimo di redito.
Ma a L’Aquila è tutto fermo, a parte qualche iniziativa commerciale, che credo non avrà vita lunga se non riparte la vera economia, industrie, artigianato e terziario, la situazione la vedo proprio brutta.
Intanto la giornata è passa veloce, carichiamo la macchina con tutto ciò che può servire, il piano di recupero dell’abbigliamento si è modificato in corso d’opera, ora ciò che dobbiamo riportare dovrà bastarci per almeno un mese, fino a inizio Dicembre, solo quando ci saremo sistemati nel M.A.P. potremo pensare di riprendere ciò che avevamo portato a Nettuno in quel tragico mese di Aprile 2009.
Caricata la macchina, partiamo alla volta di Isola del Gran Sasso, in macchina commentiamo la nuova situazione che va sviluppandosi, e decidiamo che tutto ciò che si trova in macchina, all’arrivo rimarrà lì, in attesa di poter essere scaricato nel M.A.P. Lunedì, una volta ritirate le chiavi.
Come si dice, la fortuna e cieca, ma la sfiga ci vede benissimo, infatti solo pochi giorni prima, era accaduto che una coppia di amici conosciuti nel residence che ancora ci ospita, trasferitasi in un albergo di L’Aquila già dal mese di Gennaio, era finalmente potuta rientrare nella propria abitazione, ma proprio nel giorno del rientro la signora Annamaria aveva avuto un brutto incidente in casa, a seguito del quale è stato necessario un ricovero ed un successivo intervento chirurgico di ricostruzione del femore rotto.
Tutto ciò ha comportato, e le sta tutt’ora comportando, una totale infermità, che durerà almeno per altri 30 giorni, dopodiché comincerà una la lenta riabilitazione, per questo motivo, non appena è stata dimessa ha chiesto a mia moglie Anna se poteva in qualche modo darle una mano.
Per questo motivo lunedì 18 Ottobre mi reco da solo in comune per il ritiro delle chiavi di “casa”.
Arrivo nel luogo dove hanno edificato il mio M.A.P., comincio a scaricare la macchina, giro per quella che mi hanno venduto come casa, e mi rendo immediatamente conto che l’abitazione, il M.A.P.n.°38 , assomiglia molto di più ad una Baracca che alla Villa a cui si era continuamente riferito il Presidente del Consiglio.
E poi, rispetto a ciò che avevo visto in Tv sui principali canali d’informazione quali TG1, TG2, TG3, TG4, TG5, Studio Aperto e TG La7, non c’era proprio paragone,
- niente spesa per una settimana, il frigo era completamente vuoto;
- niente champagne;
- niente torta per festeggiare;
- niente letterina di benvenuto di Berlusconi e Bertolaso;
ma poi che c ….. o dovrebbero festeggiare coloro che l’hanno trovato torta e champagne?
Forse il fatto che non hanno più casa, o che non hanno più un lavoro, o magari che non sono rimasti sotto le macerie, nonostante fossero stati tranquillizzati proprio da quelle stesse istituzioni che ora affermano di avergli fornito una villa, in sostituzione della casa che non hanno più, oppure dovrebbero brindare per i grandi affari che hanno potuto arricchire le varie cricche che si sono finora susseguite in questa scandalosa, finta ricostruzione.
Insomma, entrato in “casa”, ho avuto la prova provata che anche in questo terremoto, ci sono sfollati di serie A e sfollati di quarta serie.
Dove quelli che ho definito di serie A, sono coloro che sono entrati in questi nuovi alloggi durante i periodi preelettorali, o quando c’erano le TV, che riprendevano l’evento da trasmettere nelle case degli italiani.
Gli altri, quelli di quarta serie, sono tutti coloro che come me, hanno ricevuto questa sudata baracca, definita da sua maestà Silvio I° d’Arcore villa, a fari spenti, quando non c’era nessun che riprendeva, commentava o intervistava.
Così, comincio a fare un giro per le stanze, poso facilmente notare una serie evidenti intollerabili difetti di costruzione, e poi queste “ville” costano 750,00 €/mq, più le opere d’urbanizzazione e le infrastrutture. Tutto ciò fa lievitare il costo fino a 1.200,00 - 1.400,00 €/mq, e anche per questo motivo che ritengo inaccettabili questi difetti costruttivi.
Badate bene non sto parlando di difetti strutturali, ci mancherebbe, ma di tutti quei difetti che contraddistinguono una abitazione costruita per viverci, da una baracca di fortuna, una capanna, un tetto per passarci giusto qualche mese in attesa di una sistemazione definitiva.
Ma la verità la conosciamo tutti.
In quelle baracche, che di casa non hanno nulla, che di funzionale, per viverci non hanno niente, al di fuori di uno scandaloso televisore a cristalli l, messo lì per continuare a propinarci trasmissioni demenziali, come “Il grande fratello, Amici, …..” e tutte le altre, che questa malata democrazia telematica da alcuni anni ci propina, avendo invece cura di nascondere tutta quell’informazione che potrebbe in qualche maniera attivare il cervello o il pensiero dei video-ascoltatori.
Tutto ciò, come se possedere un televisore a cristalli, potesse rappresentare un bisogno impellente per una famiglia di sfollati, di gente che ha perso tutto, che deve ricostruire, ricominciare una vita partendo da sotto zero.
Ma siamo seri.
Chi è che ha potuto partorire simili mostruosità?
Chi è l’ingegnere, l’architetto che in quei moduli ci ha trascorso una sola settimana, e può continuare sostenere che queste sono abitazioni, case?
Il M.A.P. n.° 38 di Collarano (18 Ottobre 2010)
Ma la situazione del mio M.A.P. è del tutto particolare, ecco l’elenco dei difetti e dei problemi emersi dopo una prima veloce ispezione:
- le travi che sostengono il tetto sono tutte spaccate, segno evidente della presenza d’umidità nel legno;
- i pilastri risultano malamente piallati, ne sono levigati e risultano privi di verniciatura di finitura “turapori”, mentre sono evidentemente scheggiati e spaccati, segno di una lavorazione precaria;
- le pareti di cartongesso che delimitano il perimetro delle stanza che compongono l’abitazione non sono ancorati alle pareti perimetrali della struttura in legno precompresso, segno della mancata finitura d’ancoraggio di queste parti con rete;
- a seguito di ogni utilizzo dallo sciacquone del water, parte la caldaia, segno evidente che l’impianto idrico è stato montato in maniera errata, è stata collegata la linea dell’acqua calda allo scarico;
- alcuni scuri esterni delle finestre non si aprono, altri non si chiudono, frutto di un evidente pressapochismo dei montatori degli infissi;
- la porta blindata ha un gioco da terra di almeno 2 -3 cm., segno che è stata montata senza nessuna messa a punto dell’infisso;
- non mi sono state fornite tutte le chiavi della porta blindata, per l’esattezza mancano ancora due delle tre chiavi a corredo;
- il lavabo del bagno è in equilibrio precario, così come il termosifone ballano vistosamente, segno che non sono stati fissati con la dovuta perizia ai muri in cartongesso;
- i mobili sono imbullonati mediante tasselli ai muri in cartongesso e non possono essere rimossi, e comunque rimovendoli è necessario ancorarli nuovamente ai muri perché rimangono sempre in equilibrio precario;
- Il M.A.P. è arredato con due camere da letto matrimoniali, munite di letto, rete e materasso matrimoniale, segno evidente che al momento dell’arredo del modulo non si è preso in considerazione la composizione del nucleo familiare che l’avrebbe abitato;
- L’interno è perfettamente pulito, i mobili sono splendenti, aprendo le finestre si può ammirare un panorama mozzafiato, neanche una di queste affermazioni è vera, il modulo è tutto da pulire sul linoleum c’è del bostik ormai secco, i mobili presentano due dita di polvere, la baracca è circondata da rete oscurata da teli che impediscono qualunque visuale, proprio un campo di prigionia, “la baracca n.°38 del capo di prigionia di Collarano”
- …………………..
A questo punto, con mia moglie Anna abbiamo deciso di chiamare “linea amica”, per chiedere un intervento della Protezione Civile, che per la verità non si è fatto attendere, nel primo pomeriggio sono intervenuti degli operai che hanno svolto, secondo le direttive ricevute, degli interventi, che non mi sembrano molto ben fatti.
Successivamente, sono intervenuti dei tecnici, si sono presentati in divisa e si sono qualificati come ingegnere strutturista, e come progettista direttore dei lavori del villaggio, appartenenti alla Protezione Civile Nazionale.
Alle nostre immediate rimostranze per ciò che avevamo appena ricevuto in assegnazione dopo 18 mesi d’attesa, vissuti da sfollati, da pendolari, sbattuti nelle strutture alberghiere che loro avevano scelto, che ci avevano imposto, hanno prima ribattuto che quello dove ci trovavamo era uno dei migliori M.A.P., poi che le doppie camere matrimoniali erano una scelta atta ad ospitare la famiglia media italiana, che per loro è composta da: una coppia di coniugi con figlio e i genitori di uno dei due coniugi a carico.
Al che si è accesa un’aspra polemica, ci siamo alterati, abbiamo alzato la voce e i toni della discussione.
Abbiamo ribattuto che in quei 18 mesi avevamo partecipato a ben quattro censimenti, e che l’anagrafe del nostro comune conosce benissimo la composizione della famiglia giacché ci stanno mantenendo da 18 mesi ed ha speso fino ad ora oltre 150.000,00 €.
E poi abbiamo continuato, gridandogli in faccia, che tutto ciò era una vergogna, che quei moduli, quel M.A.P. era costato oltre 750,00 €/mq., cioè 60.000,00 €, 120.000.000 £, non potevamo accettare che si potessero spendere tutti quei soldi, sottraendoli alla vera ricostruzione, per ottenere dei manufatti in quelle condizioni.
E loro, a replicare che avevano dovuto costruire in poco tempo, che quella era edilizia economica e popolare, che quindi non erano previste finiture, e non le potevamo pretendere, e aggiungevano che se non ci piaceva il M.A.P. potevamo rinunciarci e passare all’autonoma sistemazione.
E noi, a ribattere che 18 mesi non ci sembravano proprio poco tempo, e poi dove stava scritto che l’edilizia economica e popolare non deve prevedere dei lavori eseguiti a regola d’arte, quelle che avevamo segnalato non erano finiture mancanti, ma solo lavori fatti male, fatti alla meglio, evidentemente da personale inesperto, insomma per dirla in breve tutto arrangiato, e dopo 18 mesi tutto questo non poteva certo essere accettato.
Soprattutto non potevamo ne intendevamo accettare un simile contradittorio che ci veniva proposto proprio dai diretti responsabili di quell’intervento, da coloro che svolgono queste mansioni a nome del Dipartimento di Protezione Civile, pagati da tutti noi.
E per finire, costoro hanno avuto pure l’ardire di lagnarsi, perché loro non hanno alloggiato in albergo come noi, loro in quei 18 mesi erano sati costretti a vivere accampati per assisterci.
Scordando banalmente, che loro forse avevano vissuto in condizioni disagiate, ma solo per cinque giorni a settimana, e per questo motivo percepivano oltre a un lauto stipendio, anche una indennità di trasferta, e comunque quella era la loro professione, il loro lavoro..
Scordando banalmente che trascorsa la settimana lavorativa, il venerdì sera potevano tranquillamente rientrare in una casa, potevano condurre una vita normale con la loro famiglia, mentre noi, che eravamo veramente sfollati, stavamo vivendo, magari in albergo, semplicemente perché una casa, un lavoro, una vita normale non l’avevamo più.
Quel M.A.P. che era diventato argomento di un così aspro dibattito avrebbe rappresentato per noi, per tutta la nostra famiglia, il punto di riferimento per la vita dei nostri prossimi 10 – 20 anni, non potevamo ne permettere, ne accettare, di svendere i nostri diritti, se avessimo ceduto sarebbe stato per sempre, e questo non era giusto non tanto per noi, ormai ultracinquantenni, ma per i nostri figli che avrebbero dovuto condividere con noi quel tipo di vita ancora per diversi anni.
A seguito di ciò, il giorno successivo, il 20 Ottobre 2010, ho presentato un esposto al mio comune, nel quale richiedevo gli interventi di manutenzione necessari, e la fornitura di due letti singoli in sostituzione di una delle due stanze matrimoniali, in modo da poter dare un letto a ciascuno dei miei tre figli.
Ecco questa è la ciliegina sulla torta che questo Governo mi ha regalato dopo questi 18 mesi trascorsi da sfollato deportato.
Grazie Silvio, grazie Bertolaso, Vi siete superati nel portare a termine questo MIRACOLO AQUILANO, solo che io questo miracolo proprio non ci riesco a vederlo, anche se mi sforzo, non c’è, non c’è mai stato e fino che sarete Voi a gestire la nostra, la mia vita, non potrà esserci.
Capitolo secondo : La commissione grandi rischi, il mancato allarme, il caso Giuliani
La commissione grandi rischi (Marzo 2009, una settimana prima del sisma)
A seguito del precipitare degli eventi il sindaco Massimo Cialente richiede la convocazione della Commissione Grandi Rischi, che si riunisce a L’Aquila il 31 Marzo, solo sei giorni prima del tragico evento.
Questa ha provveduto a tranquillizzare la popolazione, affermando: “che nulla di grave poteva accadere” vedi testuali parole tratte dal verbale:
- (Prof. Boschi), “ ……. Improbabile che ci sia a breve una scossa come quella del 1703, pur se non si può escludere in maniera assoluta” aggiunge “ …..Quindi la semplice osservazione di molti piccoli terremoti non costituisce fenomeno precursore. ………. E’ invece noto che il comune di L’Aquila è classificato in zona 2, e comunque è caratterizzato da una sismicità che richiede una particolare attenzione verso le costruzioni, che vanno rafforzate e rese capaci di resistere ai terremoti.”
Le costruzioni, vanno rafforzate? Rese capaci di resistere ai terremoti? Infatti ci si è subito preoccupati di verificare dopo gli innumerevoli allarmi lanciati dai studenti, lo stato della sicurezza della Casa dello Studente, ci si è accorti immediatamente che mancava semplicemente un pilastro.
Mai sentito parlare del “Rapporto Barberi”?
- (Il prof. Calvi)“ aggiunge …… sulla base del documento distribuito dal DPC (Dipartimento Protezione Civile), …..le registrazioni delle scosse sono caratterizzate da forti picchi di accelerazione, ma con spostamenti spettrali molto contenuti, di pochi millimetri, e per ciò difficilmente in grado di produrre danni alle strutture.”
Mai sentito parlare di “Abruzzo Engineering”
Infatti, dopo il sisma, dato che gli spostamenti erano di pochi millimetri, il centro è tutti i borghi storici dei comuni limitrofi sono rasi al suolo.
E fortuna che questi eventi non potevano produrre danni alle strutture.
Il dubbio, che da parte di qualche luminare si sia sottovalutata la situazione, c’è e resta.
Questi luminari, come tutti gli esseri umani, possono commettere errori di valutazione, questo fa parte della professione che si svolge, e non c’è possibilità di evitare simili errori.
La cosa invece veramente grave, è che questi baroni della scienza, si sono permessi di giudicare, di concorrere alla denuncia per procurato allarme verso altri tecnici, che loro, con molta arroganza hanno ritenuto inattendibili e meno qualificati.
Con il loro atteggiamento, nella veste di assoluti e unici studiosi qualificati, hanno gettato discredito su queste persone, che non sono più state prese sul serio, i loro allarmi non sono più stati ascoltati.
Per la stupida presunzione di qualche luminare sono rimaste sotto le macerie 308 persone, che come me, come tutti noi, hanno avuto fiducia nel ruolo istituzionale che rappresentavano.
E questi luminari esprimono, e continueranno ad esprimere opinioni, che equivalgono per tutti noi, a sentenze.
- Continua l’intervento (il prof Barberi) “…. non c’è nessun motivo per cui si possa dire che una sequenza di scosse di bassa magnitudo possa essere considerata precursore di un forte evento.”
Eventi di bassa magnitudo, 4° – 4,5° gradi sulla scala richter, sono eventi di bassa magnitudo, ma per preoccuparsi, per dare un allarme doveva proprio venire giù tutta la città?
Ma professore, il famoso rapporto Barberi, quello che porta proprio il suo nome, si è scordato di averlo redatto proprio Lei?
Di averlo inviato a sindaci, a presidenti di provincia e di regione?
Ma, siamo sicuri di pagare questi luminari, perché con i loro studi, ci aiutino a prevenire eventi calamitosi?
Se non danno l’allarme quando si verificano scosse di questa entità, durante una sequenza sismica che dura da 3 – 4 mesi, quando lo danno sto benedetto allarme?
Forse quando la città e rasa al suolo?
Se è così, possiamo anche mandarli a casa, non c’è motivo di spendere denaro.
Allora, mettiamoci d’accordo, se non è possibile prevedere un terremoto non è neanche possibile smentire che un simile evento si possa verificare.
Ma cari accademici, volete essere coerenti con le vostre stesse affermazioni?
Allora, chi vuole spiegare il motivo per il quale, dopo il sisma del 6 Aprile 2009, per paura di forti scosse la popolazione, anche quella con casa classificata “A, agibile”, è stata allontanata?
Ma le scosse dal dopo sisma, non erano semplici scosse di assestamento, del tutto normali, senza pericoli per la popolazione?
Ma non si era detto che non era possibile una scossa paragonabile a quella del sisma del 1703?
Ancora tutte pu …… te, utilizzate con maestria dai pubblicitari del nostro premier, ma sempre e solo pu ..… te, che sono costate la vita a 308 persone. che si sono fidate delle parole di chi rappresenta le istituzioni.
Infatti solo dopo pochi giorni la grande scossa, l’8 aprile 2010, viene pubblicata l’Intervista a Daniela Pantosti dell’INGV. L’argomento dell’intervista riguarda, guarda caso, proprio la faglia di Paganica, quella per intenderci responsabile del disastro.
Testo dell’Intervista a D. Pantosti:
“la faglia di Paganica”
La mattina stessa del terremoto de L'Aquila del 6 aprile le squadre del Gruppo MERGEO si sono recate in area epicentrale per rilevare gli effetti sull'ambiente naturale prodotti dal terremoto.
EMERGEO: un gruppo di lavoro INGV che ha come scopo il rilievo geologico in caso di evento sismico
In questa mappa oltre alle tracce delle faglie che vediamo qui riportate in nero vedete questi cerchietti colorati che rappresentano tutti i punti di osservazione degli effetti naturali prodotti dal terremoto.
Gli effetti più comuni erano quelli legati comunque alla accelerazione del suolo prodotta dal terremoto come frane, caduta massi, e scoscendimenti in zone alluvionali e pianeggianti.
Molto frequente è stata anche l'osservazione di fratture, come questa in questo campo agricolo con una componente del movimento sia verticale che un'apertura.
Molto spesso queste fratture interessavano anche manufatti chiaramente strade asfaltate e/o anche l'interno di abitazioni, giardini, muretti di recinzione.
Le fratture avevano la caratteristica di essere allineate lungo elementi tettonici preesistenti.
La faglia di Paganica
In particolare quelli riportati qui in rosso lungo la faglia di Paganica sono quelli che consideriamo l'espressione in superficie della deformazione prodotta in profondità dal terremoto.
Qui in particolare vediamo la zona dove le fratture lungo la faglia di Paganica sono le più evidenti e sono quelle che sono considerate direttamente legate al piano in profondità. E in questo piccolo blocco - diagramma potete vedere come, in modo molto schematico, il piano di faglia che raggiunge la superficie praticamente corrisponda nella parte superficiale alle rotture della faglia di Paganica.
Nei mesi successivi al terremoto gli studi geologici si sono concentrati alla caratterizzazione e mappatura di dettaglio delle faglie che caratterizzano la zona epicentrale, ed in particolare la faglia di Paganica.
Questo perché abbiamo visto quanto, sia per il rischio di fagliazione superficiale che per dare un contributo più importante agli studi di pericolosità sismica, sia importante la conoscenza delle faglie attive.
Alla ricerca dei terremoti del passato: gli scavi paleosismologici
Questi studi vengono anche supportati da indagini paleosismologiche.
In pratica si cerca geologicamente di riconoscere le evidenze di terremoti del passato che hanno prodotto come nel 2009 delle rotture in superficie come questa.
Questo è un caso molto bello in cui potete vedere che la rottura in superficie, quindi la frattura lungo la faglia di Paganica, corrisponde in profondità con una faglia geologica che mette a contatto queste brecce bianche con dei depositi olocenici, quindi di circa 10.000 anni, più scuri, più organici.
In questo altro scavo invece, i depositi sono di natura diversa, hanno una matrice organica e la traccia del piano di faglia al di sotto delle rotture del 2009 che sono rappresentate da questo piccolo scalino sono sicuramente più difficili da vedere.
Ma se si seguono questi contatti tra un tacco e l'altro, quindi la linea verde e la linea gialla ed il blu, si può notare che questi contatti mostrano un incremento con l'età del ribassamento di questo settore a destra rispetto quello a sinistra.
Un'analisi attenta di tutti i depositi e dei rapporti strutturali ci ha permesso di riconoscere ben 5 eventi compreso il 2009.
La datazione con radiocarbonio e con dei frammenti di ceramica di epoca storica ci ha permesso anche di datare, quindi dare un'età, ad ognuno di questi tacchi.
Queste informazioni ci hanno permesso di ricostruire - diciamo - una storia sismica di questa faglia, ed in particolare 5 eventi di cui in particolare il 2009 è il più recente, il 1461 è molto probabilmente l'evento precedente, e poi altri 3 eventi più antichi.
Quello da notare è che gli eventi - questo è il ribassamento verticale di ogni evento - sono tutti di entità molto simili al 2009 e anche la loro spaziatura nel tempo sembra abbastanza regolare quindi dell'ordine dei 500 - 800 anni.
Queste informazioni sono molto importanti per gli studi di pericolosità sismica.
Il mancato allarme - Bertolaso io sereno (Gennaio – Marzo 2009)
Articolo tratto da “Il Centro”
di Enrico Nardecchia
Il capo della Protezione civile bacchetta gli enti locali e ammicca al popolo delle carriole
«Abbiamo fatto tanto, ora tocca agli altri. Ma non ci tiriamo indietro. E, se serve, torniamo». Guido Bertolaso è un guerriero ferito dall’inchiesta su appalti e corruzione, che lo vede indagato, e pure dalle intercettazioni telefoniche. Ma all’Aquila, dove prima della bufera giudiziaria era un mito assoluto, sembra ritrovare la forza dei giorni migliori. Qui glissa sulle indagini («Pronto a dare, se richieste, tutte le spiegazioni»), richiama gli enti locali a un maggiore impegno, corregge il tiro sulle carriole, promette soluzioni rapide per le famiglie ancora sulla costa e parla anche del mancato allarme. «Gli esperti qui convocati non hanno evidenziato segnali di pericolo tali da poter programmare piani di evacuazione».
Delle cose fatte all’Aquila, quale racconta per prima?
«Valga per tutte il lavoro sulle scuole. Senza l’avvio dell’anno scolastico, nello scorso settembre, non vi sarebbe stata nessuna possibilità di dare speranza all’Aquila e agli aquilani perché, ovviamente, c’era il rischio che vi fosse una diaspora delle famiglie verso altri centri dove fosse garantita l’educazione dei propri figli. Per noi è stato un investimento, una sfida, un traguardo che a tutti i costi dovevamo raggiungere e l’aver fatto rientrare a scuola, tra fine settembre e primi di ottobre, circa 17mila studenti all’Aquila e nei Comuni del cratere credo sia stato il vero forte segnale che si poteva investire sull’Aquila. Successivamente, le iscrizioni all’Università, che dovevano essere limitatissime, hanno conosciuto, invece, sviluppi e numeri al di là di ogni previsione».
Emergenza casa. Altra Pasqua da esiliati per migliaia di aquilani. Quali soluzioni ci sono?
«Vi siamo sempre vicini e seguiamo con attenzione tutta la problematica dell’assegnazione di alloggi e sistemazioni di quelli che ancora attendono un luogo sicuro. Ci sono sempre i tecnici del Dipartimento insieme a Comune e Regione. Continua quel gioco di squadra che ci consente di poter affermare che, nell’arco delle prossime settimane, anche quei single e quelle coppie in attesa di una sistemazione troveranno un’accoglienza degna in qualche struttura dell’Aquila».
Prima e dopo. È cambiato il vostro impegno qui?
«Piuttosto è cambiato il clima, la situazione. C’è una seconda fase altrettanto complessa e difficile da portare avanti ma, comunque, con la consapevolezza che la stragrande maggioranza degli aquilani si trovano in condizioni confortevoli, dalle quali possono programmare e pianificare l’attività di ricostruzione».
Mancato allarme. È rimasta appesa la sua frase al forum del Centro: “Prima di andare via dirò cosa penso di queste cose”. Che risposte per quei genitori rimasti senza figli?
«Riservatamente e privatamente, a quelli che si sono rivolti a me direttamente, ho risposto in modo articolato, dettagliato, puntuale senza sfuggire di fronte a domande e problemi posti. In questo momento bisogna ancora attendere le attività che sta portando avanti la magistratura. Apprendo dai giornali di un’indagine in corso. Quando ve ne sarà l’occasione e l’opportunità, magari, si parlerà di questo anche in modo più ufficiale e più pubblico».
Davvero non c’erano attività di prevenzione da attuare dopo la commissione Grandi rischi del 31 marzo?
«Quella riunione del 31 marzo mi convinse molto: quella è la nostra struttura tecnico-scientifica nazionale di riferimento. Le indicazioni della commissione le abbiamo seguite. Si parlava soprattutto di cercare di avere un sistema di risposta all’eventuale emergenza che fosse il più efficace possibile. E mi pare che il mondo abbia riconosciuto che questa gestione sia stata indiscutibile. Scienziati di tutto il mondo venuti qui hanno sottolineato che i segnali non erano tali da poter indurre decisioni che comportassero piani di evacuazione o altro. L’informativa della polizia? Non ne so nulla. La documentazione l’abbiamo consegnata da tempo. Se c’è da dare ulteriori chiarimenti siamo a disposizione».
Prima, nell’emergenza, s’è detto: bravo Bertolaso. Oggi, per le magagne, si dice: colpa di Cialente. Gli avete lasciato il cerino in mano?
«Bisogna mettersi d’accordo. Per mesi qualcuno si lamentava che Bertolaso aveva sottratto alle realtà locali e agli amministratori la responsabilità degli interventi e della ricostruzione. Dopodiché, passato il testimone, com’era giusto che fosse, si comincia a temere che le realtà locali non siano messe nelle condizioni di poter svolgere il loro mestiere. Delle due l’una: o era corretto il lavoro che si stava svolgendo prima, oppure bisogna decidere ora chi è che deve portare avanti questa responsabilità. Noi non abbiamo mai, neppure per un istante, sottratto compiti e responsabilità al cosiddetto territorio. Quando c’era il momento delle decisioni rapide, tempestive, urgenti, difficili per dare risposte agli abitanti ci siamo caricati questo genere di compito. Oggi che la situazione può essere portata avanti con maggiore condivisione approfondendo le problematiche e individuando le soluzioni nel lungo periodo lo devono fare le autorità locali. Se poi loro hanno bisogno di una mano, non v’è il minimo dubbio sulla nostra assoluta totale disponibilità».
Ricostruzione e soldi. Ci sono risorse? E quante di queste sono certe?
«Dal punto di vista economico i soldi ci sono. C’è anche una buona e sostanziale somma di un paio di miliardi di euro stanziati dal decreto legge. Invece di continuare a dire “ce la facciamo da soli” o no, “ci abbandonano” o meno, bisogna pensare a rimboccarsi le maniche e ad andare avanti con lo stesso impegno che noi abbiamo garantito nei passati mesi».
Ricostruzione lenta, poche idee. La pensa così?
«Vi erano normative per una ricostruzione e progettazione molto rapide, assicurate nelle mani di proprietari e cittadini, cercando di evitare la burocrazia. Purtroppo non è stato così. Domande con lentezza, parte tecnica oberata di lavoro, imprese con numerosissime richieste. Tutto questo non ha facilitato il compito».
Perché le carriole non le sono simpatiche?
«Non è vero. Le ho usate quand’ero più giovane e in tante altre situazioni. Non vedo nessuna polemica strumentale. Lo interpreto come un segnale di volontà di ricostruire quel centro storico al quale tutti guardiamo con grande speranza».
Bertolaso via senza aver realizzato...
«Da settembre avevamo un progetto per la zona rossa. Se non ricordo male vi fu una certa levata di scudi di alcune autorità locali. Facemmo marcia indietro. Con quella proposta oggi saremmo più avanti...».
Il mancato allarme - Onna denuncia esposto alla commissione Grandi rischi (Gennaio – Marzo 2009)
Articolo tratto da “Il Centro”
di Giampiero Giancarli
In Procura esposto dei residenti contro la commissione Grandi rischi. In mano ai pm studi di sismologi che contraddicono le valutazioni della commissione. Sono oltre cento finora le possibili parti civili pronte a costituirsi nel processo penale
L’AQUILA. Arriva anche da Onna una denuncia contro la commissione Grandi Rischi. Infatti, tempo addietro, un gruppo di cittadini della frazione che ha pagato il più alto tributo di vittime per il sisma, si è rivolto a un legale per fare chiarezza sul mancato allarme.
ONNA. Queste denuncia, come del resto altre segnalazioni alla polizia giudiziaria fatte in precedenza, è stata corredata da interviste rilasciate sia su carta stampata che televisive, con le quali sono state date le incaute rassicurazioni alla gente; ma anche da studi di sismologi secondo i quali forse si doveva prestare maggiore attenzione allo sciame che ha preceduto la tremenda scossa del 6 aprile. L’esposto, nel quale si ipotizza il reato di omicidio colposo plurimo, è stato presentato tramite l'avvocato Fabio Alessandroni.
Onna è stata la frazione aquilana più martoriata dal terremoto: 40 le vittime a fronte di poco meno di quattrocento residenti.
ALTRI ESPOSTI. Finora sono una trentina gli esposti presentati alla procura, tramite i familiari delle vittime, ognuno dei quali contempla molti sottoscrittori. Ne consegue che sono già decine e decine, forse già un centinaio, le parti offese pronte a chiedere la costituzione di parte civile qualora l’indagine, portata avanti dai Pm Alfredo Rossini e Fabio Picuti, dovesse andare molto avanti. Del resto se sono molte già adesso le persone che hanno già avviato decise azioni giudiziarie è prevedibile che altrettante si faranno avanti in futuro visto che il termine per la costituzione di parte civile è quello dell’udienza preliminare: data ancora molto lontana in una inchiesta che deve ancora definire gli indagati.
PRIMA DENUNCIA. L’inchiesta è stata avviata dalla procura aquilana dopo la denuncia presentata il 17 agosto 2009 dall’avvocato Antonio Valentini nella quale si avanzavano grosse perplessità sull’atteggiamento della commissione. Nella stessa denuncia si indicarono sette persone, familiari di altrettante persone decedute, pronte a testimoniare che i loro cari erano restati a casa dopo le prime scosse in seguito alle rassicurazioni date da persone più esperte di loro.
IL NODO. Al di là dei contributi tecnici e dossier forniti a tutto campo dagli autori degli esposti, il punto nodale che accomuna tutte le denunce gira sempre intorno alla stessa domanda: perché sono state rilasciate dichiarazioni rassicuranti da persone autorevoli sulle conseguenze dello sciame sismico precedente al 6 aprile visto che i terremoti non sono prevedibili?.
SVILUPPI. Le indagini, sulle quali il pm Alfredo Rossini, non intende fare alcun commento, sono affidate alla squadra mobile e alla squadra di pg della polizia di Stato che hanno ascoltato circa 50 persone informate sui fatti. Nelle passate settimane il procuratore capo aveva sottolineato che la svolta su questo atteso filone non era imminente. Da fonti interne della procura è poi emerso che i pm avrebbero atteso lo svolgimento delle elezioni per non influenzare il clima politico con una inchiesta i cui esiti avranno risonanza nazionale.
Il mancato allarme - «Ho perso tutto, dissero di stare tranquilli» (Gennaio – Marzo 2009)
Articolo tratto da “Il Centro”
di Roberto Raschiatore
Parla per la prima volta il pediatra medaglia d’oro rimasto senza figli e senza moglie: Chiedo verità e giustizia, del mio condominio in via Campo di Fossa si parla poco malgrado i ventisette morti
Massimo Cinque, medico pediatra, accetta di aprire per la prima volta da un anno la sua pagina del dolore, e di raccontarla. Il 6 aprile 2009 il medico Massimo Cinque ha perso tutto nel crollo della sua abitazione in via Campo di Fossa al civico 6: i figli Matteo e Davide, le sue «piccole pesti» di 9 e 11 anni, sua moglie Daniela Visione, di 43 anni.
L’AQUILA.
Fissa un punto nel vuoto e racconta.
Racconta e si tormenta le mani, rigira la fede rimasta all’anulare, senza più una lacrima da perdere in un futuro che non riserva sogni o conquiste. Racconta con gioia dei suoi figli e della moglie perduti nella terribile notte. Racconta con rabbia del mostro terremoto, degli allarmi inascoltati, delle troppe rassicurazioni traditrici, dei 308 martiri uccisi da sassi e cemento fragile.
Massimo Cinque l’ha risparmiato il destino.
Quella notte di un anno fa era in servizio nell’ospedale di Sulmona, dove lavora da sette anni. «Alle 23,30 mi chiamò mia moglie Daniela», racconta, «mi disse che c’era stata l’ennesima scossa e mi chiese come doveva comportarsi. Non ti preoccupare, le risposi, dormi tranquilla. Le ripetei le parole che ci avevano detto gli esperti. Quella è l’ultima volta che l’ho sentita. Alle 3.32 fui svegliato dal terremoto, ma non mi preoccupai, non so per quale motivo. E tornai a dormire. Due ore dopo le infermiere mi avvisarono che la televisione stava trasmettendo le immagini dell’Aquila distrutta. A quel punto ho capito qual era la gravità, ho provato a contattare i miei, sono partito. Sulla Statale 17, a Castelnuovo, ho avuto un brivido di fronte alla prima casa sventrata. All’Aquila ho trovato e visto l’inferno. Della mia casa in via Campo di Fossa era rimasta solo polvere. Un palazzo sbriciolato. In venti secondi ho perso tutto ciò che un uomo può perdere. Una moglie e una madre esemplare. Matteo e Davide, due bimbi pieni di vita. I vigili del fuoco li hanno trovati nel lettone. Non passa giorno della mia nuova vita senza un pensiero rivolto a loro. Un ricordo sempre vivo. Ringrazio il Signore che mi ha dato la fortuna di averli avuti a fianco, anche se per poco. Li porto nel cuore. Come porto nel cuore i tanti che mi hanno aiutato in questi mesi. Molti amici, i miei suoceri, mio cognato, i miei genitori. Sono stati al mio fianco, le istituzioni no».
Qui il ricordo si fa rabbia. Massimo Cinque, a pochi giorni da questo primo anniversario, ha ricevuto una medaglia d’oro dal ministro della Salute, Ferruccio Fazio. Una medaglia perché il medico è tornato al lavoro subito dopo i funerali e ha prestato la sua opera in favore delle popolazioni colpite dal terremoto. «Ho fatto semplicemente il mio dovere», riprende Cinque, «sono un medico, faccio il pediatra, e ogni giorno devo assumermi delle responsabilità per i miei piccoli pazienti, prendendo decisioni anche immediate. Posso camminare sempre a testa alta, dovunque vada. Altri la testa la devono abbassare.
Sì, sono critico. Il 31 marzo di un anno fa la riunione della commissione Grandi rischi si concluse in venti minuti. Come una riunione di condominio. E senza adottare alcuna decisione. Il vicecapo della Protezione civile De Bernardinis disse di stare tranquilli, di stare in casa e bere una buona bottiglia di vino Montepulciano. Quelle parole sono impresse nella mia mente. Mi sono fidato, ci siamo fidati di persone che ricoprono ruoli di grande responsabilità. Quelle parole le ho ripetute a mia moglie in quell’ultima telefonata: le ripetei di stare tranquilla. Ci dissero che la terra più scarica energia e meglio è. Dovevano invece avvertirci che ci trovavamo in uno stato di allerta, che i terremoti non si possono prevedere ma che non si possono neanche escludere. Bisognava realizzare dei punti raccolta per la popolazione, perché la situazione non era così tranquilla. Quanto è successo è vergognoso e inconcepibile. Ho dubbi atroci, mi pongo tante domande. Perché dopo il 6 aprile tutti gli scienziati che studiano questi fenomeni hanno detto che il terremoto dell’Aquila ha dato ampi segnali, si è fatto annunciare con grande anticipo? Questo mostro bussava alle nostre porte da più di quattro mesi e io quella notte l’ho fatto entrare in casa mia perché qualcuno mi aveva rassicurato. Per questo chiedo verità e giustizia. Le chiedo per mia moglie e i miei due angeli, per tutti i 308 martiri morti quella notte. Martiri perché hanno pagato le colpe di altri. Nel mio palazzo, costruito negli anni Sessanta, sono morte 27 persone, fra le quali due bimbi piccoli e una quindicina di studenti universitari. Non so a che punto sia l’inchiesta della magistratura, però ricordo che non possono esserci morti di serie B. Sarebbe il caso di parlare un po’ di più di questo palazzo in via Campo di Fossa, come si fa per la Casa dello studente o per l’edificio in via D’Annunzio. Ho incontrato il capo della Protezione civile Bertolaso pochi giorni fa, alla presentazione del libro di Roberto Grillo. Una rapida stretta di mano e niente più. Da Bertolaso aspettiamo ancora delle risposte. Il 14 agosto, durante il video forum organizzato dal Centro, il giornalista Giustino Parisse pose la domanda che ci facciamo tutti:
si poteva fare qualcosa prima?
Bertolaso rispose:
parlerò il 31 dicembre nel momento in cui vi saluterò. (ancora aspettiamo i chiarimenti)
Dopo, alla lettera del padre di una giovane vittima pubblicata sempre sul Centro, lo stesso Bertolaso riferì che c’erano state troppe morti, annunciò che alla fine del suo mandato avrebbe detto cose che allora non si potevano dire.
Aspettiamo queste risposte. Le dobbiamo ai nostri martiri. Le pretendo per la mia splendida moglie e per i miei piccoli angeli».
Il caso Giuliani (Aprile – Dicembre 2009, la mancata prevenzione)
Mentre a L’Aquila la terra trema, la Protezione Civile e Bertolaso sono presso l’isola della Maddalena impegnati nelle operazioni di organizzazione del programmato G8.
Quando Bertolaso viene informato che c’è un individuo, un ricercatore che sta lanciando allarmi invece di verificare cosa sta accadendo ritiene giusto denunciare per procurato allarme, il semplice Sig. Giampaolo Giuliani, che ha la sola colpa di essere un tecnico, e come tecnico verifica tutti i suoi esperimenti, e da queste verifiche conclude che un gas che si trova in natura, ha la particolarità di variare la sua concentrazione con un anticipo di circa 6 – 24 h su un successivo evento sismico.
Costui, da dieci anni conduce studi a proprie spese, non è sovvenzionato dallo Stato, come l’I.N.G.V. o come la mirabile macchina istituzionale della Protezione Civile, che dovrebbero occuparsi di prevenzione, invece d’organizzare eventi fieristici per il nostro premier, in difficoltà per la sua condotta, in difficoltà con la stampa, in difficoltà con la di Lui consorte.
Costui dicevo, realizza dei prototipi di macchie denominate PM2 e PM4, che sono oggi in grado, mediante triangolazioni sul territorio, di stabilire l’epicentro di un possibile sisma nelle successive 6 – 24 ore dalla registrazione della variazione della concentrazione di radon, oltre ad indicare la magnitudo espressa in gradi su scala richter con uno scostamento di +- 0,2°.
Ma nessuno ha ritenuto semplicemente utile verificare l’attendibilità di queste macchine.
Perché, quali sono o erano gli interessi in gioco?
Chi ha il coraggio di dare una risposta sensata, accettabile, condivisibile da uno sfollato che ha perso tutto, che ha subito dei lutti, che non ha più un lavoro o la sua attività, che vive o ha vissuto al freddo sotto una tenda e per ottenere il pasto nella mensa del suo campo deve presentare il passi, come se stesse mendicando?
Chi ha il coraggio di dare questa risposta a costoro, che per raggiungere i servizi igienici del campo nel quale sono ospitati, nella migliore delle ipotesi debbono percorrere 500 – 1000 m, sotto l’acqua, nel fango, al freddo o sotto un sole cocente, o a coloro che sono ospitati in una delle meravigliose strutture alberghiere della costa dove debbono sopportare le peggiori vessazioni, e per raggiungere la città per recarsi al lavoro, o solo per portare la scuola i figli, debbono partire entro le 6.00 per essere in città alle 8.00, per rientrare nella struttura che gli ospita alle 21.00, percorrendo mediamente tra andata e ritorno 200 – 250 km/gg..
Su datela questa risposta?
Ma fate i modo che abbia un senso compiuto?
Siamo tutti curiosi di capire quello che ancora oggi ci risulta incomprensibile.
Ma il tempo è sempre il miglior giudice, così può accadere che quello che solo pochi mesi prima pareva un’eresia agli occhi degli esperti, dei superburocrati dell’INGV, si possa trasformare in una grande scoperta scientifica.
Così accade che ad un anno dal sisma apprendiamo dalla TV che l’INGV “Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia” ha condotto e portato a termine una ricerca con l’università “Tor Vergata” di Roma, dalla quale emerge che il radon, guarda caso, proprio lo stesso gas studiato da Giuliani, può essere considerato un precursore di eventi sismici.
Un precursore sismico?
Ma l’INGV non è lo stesso ente di Stato, che per bocca dei suoi superpagati tecnici, ingegneri e vari altri superburocrati, aveva reso di pubblico dominio l’affermazione riguardo l’imprevedibilità dei terremoti?
Questi non sono forse gli stessi tecnici che avevano dichiarato che non esistono precursori sismici?
Che avevano definito Giuliani un imbecille, ed avevano fatto in modo che ricevesse pure un avviso di garanzia per procurato allarme?
Manco a dirlo, anche questa notizia riguardante i risultati di questa importante ricerca, ottenuti solo un anno dopo il sisma di L’Aquila, passa senza ottenere nessuna particolare risonanza dai media.
Il Paese non deve sapere che la previsione di Giuliani aveva un fondamento scientifico, e che questo ora è anche provato da una ricerca universitaria condotta proprio da INGV, la stessa istituzione che Lo aveva denunciato per procurato allarme.
Come non si deve sapere che Giuliani aveva previsto la scossa del 6 Aprile, e che questa notizia era stata raccolta in un intervista la sera di quel 31 Marzo da una troupe Rai, ma quel servizio non andò mai in onda per volere di qualcuno.
Di chi?
Perché?
Che dire, come si fa a commentare serenamente questi fatti, diciamo che sono troppo coinvolto, perché francamente è difficile un commento dopo ciò che è accaduto, ci sono 308 vittime che chiedono giustizia, 308 OMICIDI colposi.
Intanto la magistratura comincia a dare i primi segnali, arrivano i primi avvisi di garanzia, e guarda caso tra gli indagati ci sono i membri di quella Commissione Grandi Rischi, che in 28 minuti di riunione, quel giorno, decise di non decidere.
Dopo tre anni si torna a parlare del terremoto de L’Aquila e delle peripezie subite da tutti i suoi abitanti. Lo fa Fausto Torregrossa tramite il suo "diario", un ’racconto denuncia’ tra ricordi, prove e fatti. Erano le 3:32 del 6 aprile 2009 quando tutto ebbe inizio. O forse no? Il racconto di questa tragica storia italiana non comincia quel giorno. Inizia qualche settimana prima del tragico evento, raccontando le tante omissioni che hanno apportato i loro ulteriori danni, quelle omissioni oscurate da quasi tutti i mezzi d’informazione da quei giorni fino ad oggi. E così, nel silenzio di tutti, il terremoto. Nel silenzio di tutti l’epopea dei tanti aquilani attraverso l’Italia. L’epopea di Fausto costretto da sfollato a viaggiare tra una città e l’altra per poi tornare nel suo paese completamente distrutto, rubato ai suoi abitanti, venduto a tutto il mondo, inghiottito dal G8. Il racconto quindi non basta, arrivano le testimonianze, i dati, i fatti. Un saggio per denunciare le gravissime condizioni in cui erano costretti a vivere i terremotati: alberghi di lusso diventano lager, la vita diventa pubblicità per fare interessi altrui. Si ride e si mangia su L’Aquila. La voglia di riscatto però resta. Dopo tre anni ancora a voce alta si cerca di denunciare tutto. Si urla ancora contro i tanti "Sciacalli!!!".
Francesco Fragnito
Dalla collana : “6 Aprile 2009, una storia italiana”
Il primo libro
“ 6 Aprile 2009 – Il diario di uno sfollato” sterza edizione
Copyright © 2009 Fausto Torregrossa
Per informazioni e ordini
Mail: fausto_torregrossa@alice.it
Cell: 346-0191448
Mi presento
Fausto Torregrossa,
nato a Roma il 16-11-1953, coniugato con Anna Maria Rita Carlino, tre figli Marco, Luca e Chiara.
Fino al 2007, opero nell’industria manifatturiera, prima a Roma in “Autovox” successivamente, una volta trasferito a L’Aquila (1987) in “Opti.Me.S., Rhone-Poulenc Argo, Aventis Crop Science e Agriformula”, occupandomi di logistica di stabilimento (Pianificazione, Programmazione, Controllo avanzamento lavori, Magazzini, Inventari, Movimentazione Materiali, Acquisti) software applicativi per l’industria (C.M. Control Manufacturing – SAP r3 – Diapason 5), Capo Progetto sistemi informatici (MRP1, MRP2, ERP).
Stabilito a L'Aquila dimoro per alcuni mesi nella frazione di Paganica, successivamente mi trasferisco in città nel quartiere di Santa Barbara, dove vi risiedo per 15 anni per poi trasferirmi nel vicino quartiere di Pettino.
Nel 2007 un nuovo trasferimento nel vicino comune di San Demetrio né Vestini, dove risiedo fino a quella tragica notte del 6 Aprile 2009.
Oggi vivo da sfollato con tutta la famiglia, presso il comune di Isola del Gran Sasso (Te), in attesa di ricevere in assegnazione un M.A.P. nel comune di residenza.
Impegnato in attività sindacale fin dalla metà degli anni settanta, prima in FLM poi a seguito della scissione in CGIL-FIOM e successivamente a L’Aquila in CGIL- FILCEM.
Sono attivista di Legambiente, mi occupo, collaborando con alcune aziende del settore, di energie alternative: “Fotovoltaico, Solare termico, Geotermia, Climatizzazione” e costruzioni alternative “Bioedilizia”.
Dal giorno del sisma collaboro con alcune imprese impegnate nella ricostruzione nei 57 comuni del cratere.
Dal Dicembre 2011 svolgo la mia attività come LSU (Lavoratore Socialmente Utile) presso la Corte d’Appello di L’Aquila sez. Penale occupandomi dell’iscrizione dei nuovi fascicoli (processi d’Appello).
Come nasce il libro
Questo volume nasce per caso, inizialmente era un comune diario personale in formato “word”, fatto solo per scaricare la tensione di quei giorni, raccoglieva gli avvenimenti più importanti che accadevano di giorno in giorno, riportava ciò che quotidianamente coinvolgeva me, i miei familiari o chi condivideva quelle stesse esperienze con noi.
Poi, rendendomi conto che ciò che scrivevo, trovava puntuali conferme sui quotidiani, l’ho arricchito con una attenta ricerca, condotta in internet.
Così lentamente si è trasformato in una cartella contenente file di: filmati, interviste e link di collegamento a siti o materiali presenti in internet.
Molti dati e/o avvenimenti riguardavano avvenimenti che giornalmente venivano caricati in internet da altri utenti, come me sfollati, che in quei giorni stavano vivevano le più incredibili vicissitudini, a cui nessuno permetteva di manifestare il proprio disagio, sempre e comunque censurati dai media, costoro avevano come unico mezzo di comunicazione internet.
A ciò ha fatto seguito, l’arricchimento con altro materiale, foto, videoclip, e documenti personali, ed è stata una logica conseguenza la successiva raccolta di tutti questi dati su supporti informatici (DVD).
Solo alcuni mesi dopo, la parte riguardante il diario, si è trasformata con la collaborazione e l’impegno di mia moglie “Anna”, che si è dedica alla correzione delle bozze originali, nell’attuale dimensione di libro.
Ora leggendo queste righe, potrete apprezzare il lavoro da Lei svolto, ricordando che tutto ciò che è viene riportato sono avvenimenti veri, realmente accaduti, raccontati da chi li ha vissuti in prima persona, il tutto come potrete verificare è ampiamente documentato.
PREMESSA
Questo è il secondo volume che compone la collana “6 Aprile 2009, una storia italiana”, allo stato attuale è in lavorazione il terzo volume, ma non è detto che in futuro non c’è ne siano altri.
Il progetto prevede che ciascuno dei tre volumi tratti una parte degli avvenimenti riguardanti il sisma in Abruzzo, con particolare riguardo al capoluogo L’Aquila, i contenuti sono perciò suddivisi nei tre volumi come segue:
- “6 Aprile 2009, il diario di uno sfollato”, gli argomenti trattati sono:
- La vita prima del sisma;
- Il sisma,
- L’emergenza,
- la vita nei campi,
- La vita sulla costa,
- Alcuni episodi di vita vissuta
- Giuliani ed il mancato allarme.
- “6 Aprile 2009, la ricostruzione che non c’è”, gli argomenti trattati sono:
- Il progetto C.A.S.E. e i MAP,
- I ritardi nella costruzione dei nuovi insediamenti,
- La viabilità e il G8,
- L’effetto mediatico dei mezzi d’informazione,
- La burocrazia ostacola la ricostruzione,
- Le possibili alternative ignorate.
- “6 Aprile 2009, e la storia …… continua” gli argomenti trattati sono:
- I veri danni del sisma,
- La “Commissione Grandi Rischi” rinviata a giudizio,
- Il sismologo Gaetano De Luca (INGV) parla,
- Dopo il sisma la Procura indaga,
- Le inchieste,
- Mafie e progetto C.A.S.E.
- Ancora l’effetto mediatico su L’Aquila, “Bertolaso, D. Stati, G. Letta, Studio Aperto”
- Protezione Civile SpA
- Seminario d’urbanistica
Sotto, Roma 07 luglio 2010 manifestazione di protesta degli aquilani
Dopo 15 mesi sono ancora 48.000 i sfollati a L’Aquila. La città è morta, l’economia al collasso, 16.000 i cassaintegrati per i quali non ci sono prospettive mentre i professionisti abbandonano la città. I lavori di recupero nelle abitazioni B e C sono fermi perché mancano i fondi, mentre le E, le abitazioni inagibili, ancora non c’è nessuna possibilità di vero recupero specialmente nelle zone Rosse e nei centri storici sottoposti a tutela. Intanto dal 1° luglio il regime fiscale è tornato quello pre-sisma. Gli aquilani sono qui a manifestare le loro sacrosante rivendicazioni, ed il governo li accoglie schierando la celere in tenuta antisommossa, 5 giorni dopo denuncerà gli organizzatori di una manifestazione autorizzata, scortata da L’Aquila a Piazza Venezia, prima dalla polizia, poi dalla municipale di Roma.
Questa è la fine della “DEMOCRAZIA”.
6 Aprile 2009 – Il diario di uno sfollato
YouTube - Terremoto Abruzzo - TG1 - Edizione straordinaria ore 1300 del 6Aprile2009
Sopra, lo spirito di riscossa del popolo abruzzese dopo il sisma.
6 Aprile 2009 – Il diario di uno sfollato
Sopra, L’Aquila Natale 2010
L’Aquila 6 Marzo 2010 – Per non dimenticare – Un disastro annunciato.
Sopra, il giorno del ricordo
L’Aquila 6 Aprile 2010
25.000 fiaccole, 308 vittime, 308 rintocchi
mentre la città torna ai cittadini
Sopra, L’Aquila la fiaccolata del 6 Aprile 2010
Poche righe per un triste ricordo.
In una città fantasma, dimenticata per un anno dai media che si sono prostrati al volere di chi ha voluto diffondere una verità monca, di parte, nella quale si è dato ampio spazio e luce di riflettori ai nuovi insediamenti del progetto CASE, alle new towns, mentre quegli stessi obiettivi, quei microfoni non sono mai stati concessi ai cittadini, dando spazio alla città. L’Aquila, la città distrutta, presidiata dalle forze dell’ordine e dall’esercito, sottratta da un anno ai suoi abitanti.
La gente non ha mai potuto parlare di se attraverso i media, quella stessa gente che oggi, in questa fredda notte, silenziosa si è radunata per ricordare quel triste evento.
Oggi sono oltre 25.000 i cittadini che si sono spontaneamente raccolti, e sono tanti per una città che prima del sisma contava solo 74.000 anime, e che ancora oggi ha oltre 52.000 abitanti che non hanno casa, assistiti in vario modo dalla Protezione civile.
L’appuntamento alla Fontana Luminosa, quattro grandi cortei partiti da altrettante periferie hanno attraversato la città, oltre 25mila persone hanno sfilato nella grande fiaccolata per le vie, quelle percorribili del centro.
Alle 3,32, lettura dei nomi delle 308 vittime del sisma in una Piazza Duomo gremita di folla.
In precedenza si era tenuto un consiglio comunale all’aperto, durante il quale sono stati letti il messaggio del premier, che tra le righe riporta testualmente: “C'è chi infanga il lavoro del governo, ma noi abbiamo fatto record”, e qui, sull’argomento del “fare” parte una bordata di fischi e rumori che hanno coperto del tutto le parole dell’oratore di turno.
Successivamente, è stata la volta del discorso del Presidente della Repubblica, che in un passaggio dice ”L'Italia seppe unirsi. La Protezione civile si dedichi solo alle calamità. Non si perda in altre direzioni”, e al riferimento del ruolo istituzionale del ruolo che dovrebbe svolgere la Protezione Civile non sono mancati gli applausi.
Intanto in internet sul social network “Facebook” è partito l’evento "Una candela per l'Aquila".
Sopra e Sotto, la grande fiaccolata del 6 Aprile 2010 a L’Aquila.
Sotto, ancora immagini della fiaccolata del 6 Aprile 2010 a L’Aquila.
Sopra, quattro grandi cortei hanno attraversato la città, sono oltre 25.000 persone, sfollati giunti da tutte le parti per la fiaccolata del 6 Aprile 2010 a un anno dal sisma.
Sopra, manifestazione di protesta per la riapertura del centro storico
Sommario
Capitolo primo : Il sisma , gli avvenimenti che lo hanno seguito. 12
La vita prima del sisma (Gennaio - Marzo 2009, prima del sima) 13
Gli eventi (6 Aprile 2009, il sisma) 16
La fuga (6 Aprile 2009, subito dopo il sisma) 20
Roma (i primi 10 giorni dopo il sisma) 22
Nettuno (La vita da sfollati, i primi tre mesi) 24
Ciò che i media non hanno detto (analisi della situazione dopo quattro mesi) 27
I sfollati in tenda (lo smantellamento dei campi, sei mesi dal sisma) 29
La deportazione di massa sulla costa (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa) 31
I° episodio: ”La convivenza forzata” (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa) 32
Il controesodo, gli sfollati si riavvicinano a L’Aquila (riaprono le nuove scuole, i MUSP) 37
La vita ad Isola del Gran Sasso, l’agriturismo lager (Agosto – Ottobre 2009) 38
Le cose possono cambiare, una speranza per il futuro (la situazione dei sfollati dopo nove mesi) 43
Lo sporco uso della propaganda politica - (Marzo 2009) 45
Il giro d’Italia passa per L’Aquila - E la propaganda continua - ( 21 Maggio 2010) 48
Giugno 2010 - ed ancora non è finita - (fino al 6 Giugno 2010) 50
Gli ultimi avvenimenti (Giugno 2010) 52
16 Giugno 2010, il riscatto di L’Aquila e degli aquilani - (inizia la rivolta – Giugno 2010) 55
Ancora una volta a Roma - (07 Luglio 2010) 57
Un brutto presentimento (Agosto 2010) 60
Lettera al Vescovo Molinari ”Caro Vescovo” (Perdonanza Agosto 2010 ) 62
Lettera All’ass.re Stefania Pezzopane e al Sindaco Massimo Cialente (Agosto 2010 ) 64
31 Agosto 2010 la terra torna a tremare, 17 mesi dopo torna la paura ( Agosto 2010) 68
L’Assegnazione del M.A.P. n.°38 (23 Settembre 2010 - 17 mesi e 19 giorni dopo il 6 Aprile 2009) 70
Una riflessione sugli ultimi avvenimenti (Settembre 2010) 73
Il M.A.P. n.° 38 di Collarano (18 Ottobre 2010) 82
Capitolo secondo : La commissione grandi rischi, il mancato allarme, il caso Giuliani 85
La commissione grandi rischi (Marzo 2009, una settimana prima del sisma) 86
Il mancato allarme - Bertolaso io sereno (Gennaio – Marzo 2009) 90
Il mancato allarme - Onna denuncia esposto alla commissione Grandi rischi (Gennaio – Marzo 2009) 92
Il mancato allarme - «Ho perso tutto, dissero di stare tranquilli» (Gennaio – Marzo 2009) 93
Il caso Giuliani (Aprile – Dicembre 2009, la mancata prevenzione) 95
Capitolo primo : Il sisma , gli avvenimenti che lo hanno seguito
La vita prima del sisma (Gennaio - Marzo 2009, prima del sima)
Tutto comincia il 5 Aprile 2009, la situazione economica della città di L’Aquila e dei comuni limitrofi dopo anni di lenta agonia ha raggiunto il livello più basso, siamo alla sopravvivenza.
Sono ormai ricordi gli insediamenti industriali di Italtel, Selenia, Alenia, Res Romoli, Optimes, Calzaturificio Aquilano, Ada, Ravit, Rhone-Poulench Agro, Aventis Crop Science, Agriformula ……….. stabilimenti, che negli anni, avevano permesso una discreta crescita occupazionale nella città e nei comuni limitrofi, tale da richiedere una ampia espansione degli insediamenti urbani sul territorio, al punto da ricercare, destinare e realizzare nuove aree edificabili, nuovi quartieri come il popoloso quartiere di Pettino.
Solo dopo il disastroso evento, scopriremo che è stato edificato sopra una pericolosa faglia.
Poi, vuoi per la crisi economica che ha colpito tutti i paesi occidentali, vuoi per l’incapacità di pseudo industriali, e/o pseudo imprenditori, ai quali si è aggiunta una politica economica ed industriale di un governo incapace, rimasto scollegato dalla realtà del paese, intento solo a creare consensi con proclami elettorali, utilizzando allo scopo, tutti i mezzi di informazione disponibili, confezionando una realtà di parte, virtuale, la situazione economica è precipitata.
Infatti, solo dopo pochi mesi dall’inizio della più grande depressione economica dopo quella degli anni ‘30, tutti quei proclami sbandierati ai quattro venti, si sono spenti uno dopo l’altro, lasciando sulla strada intere famiglie in Italia, e soprattutto in questa provincia.
E a L’Aquila, le cose sono andate anche peggio, così mentre chiudevano uno ad uno tutti gli insediamenti più importanti, quelli che operavano ormai da decenni, la crisi occupazionale ed economica assumeva proporzioni devastanti.
Da ciò possiamo quindi concludere, che la situazione economica del territorio prima del 6 Aprile 2009 non era buona, anzi potremmo definirla agonizzante, all’epoca gli unici insediamenti industriali di un certo livello che ancora andavano discretamente erano quelli ad ovest della città, rappresentati dal polo farmaceutico composto da Sanofi Aventis, Dompè, Menarini, oltre agli impianti ad est, quelli del polo metalmeccanico che comprendevano Otefal e Edimo.
Tutti questi pochi impianti ancora attivi, nel loro complesso, potevano occupare un migliaio di addetti, ben poca cosa al confronto dei quasi cinquemila dipendenti della sola Italtel dei tempi d’oro considerando che la popolazione dell’agglomerato urbano cittadino superava le 70.000 unità
L’Aquila (prima del sisma)
Una città ancora bellissima, ricca di palazzi storici, chiese d’epoca, e beni sottoposti a vincoli ambientali e paesaggistici.
Un centro storico, che di per se è un monumento, immersa fra tre parchi nazionali, nelle regione VERDE d’Europa, dove la vita correva tranquilla, nonostante le già citate difficoltà economiche, dove si poteva ancora vivere bene, dove bastava uscire da casa per fare una passeggiata in centro, oppure, in 30 minuti, dal quartiere Santa Barbara, tra piante e boschi, immersi nella natura, era possibile raggiungere la Madonna Fore, che sovrasta la città, e che solo un anno prima, dei delinquenti avevano bruciato dandole fuoco, piuttosto che raggiungere in macchina la vicina pineta di Roio, sede della facoltà di Ingegneria, una delle migliori d’Italia o ancora andando verso Assergi, percorrendo la strada che collega la città alle sciovie del Gran Sasso “Campo Imperatore”, si incontra sulla destra la chiesetta della Madonna d’Appari, ricca di affreschi di assoluto pregio, e poi i suggestivi borghi del circondario molti dei quali si estendono nei quattro parchi regionali, tre dei quali contornano L’Aquila.
Questi, sono solo alcuni dei posti cari e noti a tutti i cittadini di L’Aquila, posti che solo se saremo fortunati un giorno potremo riavere, e che per ora rimangono ancora solo uno struggente ricordo di un passato che è andato irrimediabilmente perso, distrutto.
Poi, da Novembre 2008, comincia la lunga sequenza sismica, alla quale inizialmente non fa caso nessuno, poi i tremori aumentano di frequenza e intensità, da Gennaio 2009 la sequenza comincia ad avere una dinamica giornaliera, cominciano i primi commenti sulla stampa.
Ma la vita continua, mentre tra la popolazione cresce la preoccupazione, fino ad arrivare all’ultima drammatica settimana prima del sisma, fino alla chiusura forzata di tutte le scuole, imposta e voluta dal sindaco della città Massimo Cialente, fino alla ormai tristemente nota riunione della Commissione Grandi Rischi, tenutasi a L’Aquila quel 31 Marzo, anche questa richiesta è voluta dal sindaco, per arrivare al fatale annuncio dell’assessore regionale On. Daniela Stati, che, successivamente alla riunione della Commissione Grandi Rischi, in TV tranquillizzava la popolazione garantendo che non ci sarebbe potuto essere nessun evento di particolare rilievo.
Invece in quella nella notte drammatica, la terra trema nuovamente, trema prima alle 23.00 del 5 Aprile, poi ancora alle 01.00 del 6 Aprile 2009, sono le avvisaglie dell’imminente distruzione in arrivo.
Alle 3,32, una scossa di magnitudo 6,3 sulla scala richter, distrugge la città di L’Aquila e altri 56 comuni compresi nel cratere, provocando ingenti danni in altri 30 comuni, complessivamente sono coinvolte da questo triste evento circa 170.000 abitanti, per la maggior parte residenti nella provincia di L’Aquila.
Inizia qui il mio diario, da quando solo pochi giorni dopo il disastro comincia l’esodo, poi la fuga, ed infine la triste deportazione di massa di 40.000 abitanti, il 55% della popolazione cittadina, mentre vengono allestiti in tutti i comuni coinvolti, campi d’accoglienza, saranno alla fine 179 e conterranno fino a 20.000 sfollati, che per sette lunghi mesi dovranno vivere in una vergognosa situazione da terzo mondo, saranno oscurati dai media e scordati da tutti.
Infatti, la macchina della propaganda governativa, cavalcando la tragedia, decide di spostare il programmato G8, da l’isola della Maddalena a L’Aquila, raccontando che in questa maniera si sarebbe data maggiore visibilità alla tragedia di L’Aquila.
In realtà, tutto ciò aveva il solo scopo di nascondere la tragicità degli eventi, distogliendo, in quei tre mesi di preparazione dell’evento, l’informazione sulle reali condizioni di vita nei campi profughi e negli alberghi sulla costa, spostandola invece sui preparativi del G8 e sugli argomenti di politica internazionale, che agli occhi dell’opinione pubblica sono apparsi d’importanza mondiale.
Così mentre i problemi dei sfollati venivano oscurati dai media, la macchina della Protezione Civile coperta dagli eventi del G 8, passati in primo piano, cominciava a lavorare alle spalle di tutti noi, allontanati dalla città, dalle nostre case, e poi ingannati, utilizzati, strumentalizzati ed infine traditi.
Così noi delusi dagli eventi, tristi, perché deportati fuori città, allontanati dal nostro ambiente, dalla casa, senza la possibilità di frequentare amici che solo prima del sisma non sopportavamo, ed ora nella nostra solitudine ci mancavano terribilmente, senza riferimenti o luoghi di ritrovo, che da quella tragica notte ci erano preclusi, con la città bombardata come Beirut sotto stato d’assedio, controllata in ogni via, in ogni incrocio dai blindati dell’esercito, e dai servizi di polizia, avevamo perso tutto ciò che avevamo costruito in una vita, in 30 maledetti secondi, per sempre, ma ancora non immaginavamo cosa stava per accadere, ne cosa sarebbe accaduto.
Solo 10 mesi dopo, scopriremo, a seguito di intercettazioni ed inchieste condotte dalla magistratura, quali meccanismi, e quanti affaristi di palazzo si sono arricchiti sulla nostra pelle, sapremo che questo business è servito per permettere ai soliti amici degli amici di fare soldi facilmente.
Apprenderemo, che mentre i vigili del fuoco erano impegnati ad estrarre dalle macerie i sopravvissuti al cataclisma, alcuni delinquenti se la ridevano alle nostre spalle, persone che si sono spacciate per imprenditori, se la ridevano pensando ai ricchi appalti della ricostruzione.
SCIACALLI!!!!!!!!!!
Ci sono stati appelli, si temevano infiltrazioni mafiose nei cantieri della ricostruzione, invece scopriamo faccendieri di palazzo, invischiati con politica e con lo stesso Dipartimento della Protezione Civile nella costruzione dei nuovi quartieri del progetto CASE.
Così, mentre noi eravamo deportati sulla costa o richiusi in qualche campo dal lugubre aspetto, loro studiavano il modo per fare soldi, tanti soldi ed in poco tempo, sulle nostre disgrazie, fuori da qualunque controllo legislativo, coperti da leggi speciali, da ordinanze, che per gestire l’emergenza della situazione permettevano qualunque azione, giusta, pulita, onesta, ingiusta, sporca e disonesta, secondo gli attori che la recitavano.
Si dirà solo dopo, molto tempo dopo, che questo evento è stato il più grave, il più drammatico cataclisma, che ha colpito l’Italia negli ultimi 100 anni.
Gli eventi (6 Aprile 2009, il sisma)
Dopo il sisma delle 3 e 32, appena due ore dopo, la mirabile macchina istituzionale, era già attiva, addirittura in alcuni centri oltre a L’Aquila, erano già presenti le prime colonne di soccorso, mentre quella stessa notte, in città, erano in servizio solo una dozzina di vigili del fuoco.
Come mai?
Si è sbandierato ai quattro venti quest’efficienza, tutti sono rimasti colpiti da ciò, ma nessuno ha avuto il coraggio di formulare una domanda, la sola, che se fosse stata fatta, ed avesse avuto una risposta sensata, avrebbe automaticamente condannato proprio la mirabile macchina dei soccorsi.
Vi spiego:
Per percorrere l’autostrada Roma – L’Aquila, un automobilista che non vuole incorrere nel ritiro della patente o in salatissime multe, mantenendo una velocità di crociera di 110 km/h per tutto il percorso, che comprende viadotti, curve, gallerie e salite, ci può mettere con molte difficoltà 1 h, se non ci credete, provate.
Ora, chi è in grado di spiegarci, come, una colonna, composta da mezzi di soccorso, mezzi pesanti, che viaggia tutta assieme, con una vettura in avanguardia per rilevare lo stato della percorribilità della strada, riesce a raggiungere L’Aquila, partendo da Roma in appena due ore?
La cosa non sarebbe stata possibile, neanche se tutti i mezzi di soccorso, si fossero trovati pronti a partire al casello di Roma.
Quindi, è evidente, che c’è qualche elemento che non combacia con la realtà dei fatti.
Forse qualcuno sapeva e ha taciuto?
Forse qualcuno aveva previsto?
O semplicemente, vista l’anomala sequenza sismica che interessava il territorio da alcuni mesi, aveva allertato i soccorsi, trasferendoli in luoghi vicino alle zone poi colpite, con una precisione che ha del profetico?
Tutto ciò, considerando che solo il 31 di Marzo, sei giorni prima, la commissione grandi rischi che si era riunita a L’Aquila, aveva concluso i lavori in 30 minuti, dichiarato che tecnicamente era impossibile prevedere terremoti, e che comunque era da escludersi la possibilità di un terremoto disastroso, simile per intenderci a quello del 1703.
Ma quale grande macchina organizzativa, ma quale efficienza, chi credete possa realmente credere alla storia dei soccorsi efficienti.
La verità è davanti agli occhi di tutti, ufficialmente si è detto che nulla si poteva prevedere, che non esistono strumenti tecnici scientificamente attendibili, si è esclusa la possibilità di un sisma catastrofico simile a quello del 1703, ma la realtà è che subito dopo quella riunione è cominciato un monitoraggio a tappeto degli avvenimenti, che fino a quella data erano stati sottovalutati.
La verità è che già alla scossa delle 23.00, mentre alla popolazione non è stato dato nessun preallarme, questo veniva dato alla macchina dei soccorsi, che si è immediatamente allertata, la verità è che i mezzi di soccorso della Protezione Civile provenienti da tutta l’Italia, già si trovavano nei pressi dell’aquilano, quindi è stato facile intervenire in poco tempo.
Direte Voi, ma come, per essere pronti a gestire una possibile emergenza, il preallarme è stato talmente efficiente da riuscire a rispondere al momento del bisogno, in tempi da record, e Vi lamentate.
Si che ci lamentiamo, ci lamentiamo perché questo insensato comportamento, è stato la concausa di 308 vittime, persone che hanno avuto la sola colpa di credere, di fidarsi delle istituzioni che le tranquillizzavano, mentre non avevano preso in seria considerazione, ciò che stava ormai accadendo da tre mesi.
Oggi, nel dopo sisma, si vuole fare passare l’idea, che la colpa di questo disastro, sia da attribuire solo a quei costruttori, a quei tecnici che hanno edificato o permesso l’edificazione di abitazioni che di antisismico non hanno neanche il nome, o a quei politici, che hanno reso edificabili aree da interdire, aree attraversate da pericolose faglie.
Se tutto ciò è indiscutibilmente vero, come emerge dalle indagini della magistratura, è altresì vero ed evidente il concorso di colpa di chi doveva informare la popolazione e non lo ha fatto, di chi ha tranquillizzato la popolazione per paura del panico che si poteva generare dando un allarme o semplicemente un allerta, di chi non sapendo gestire gli avvenimenti di quei giorni ha preferito rischiare, giocando con la nostra pelle e quella di 308 vittime innocenti.
Infatti, a seguito di ciò, la magistratura a fine Marzo 2010, esattamente un anno dopo dalla famosa riunione della Commissione Grandi Rischi, che il 31 Marzo 2009 in soli 28 minuti, decise di non decidere, ha aperto un fascicolo a carico di una decina fra tecnici dell’INGV e di responsabili della Protezione Civile che diedero colpevolmente, informazioni tranquillizzanti attraverso i media alle popolazioni.
Domando, ma il Dipartimento delle Protezione Civile “D.P.C.”, da cosa ci ha protetto?
E, chi ha protetto?
E, come ha protetto?
Avanti, voglio risposte, che non siano però i soliti giochi di parole, risposte vere, da dare a chi ha avuto lutti, ai genitori di quei poveri ragazzi rimasti sotto le macerie della casa dello studente, o del convitto per esempio.
Il D.P.C. si è semplicemente limitato, ad intervenire dopo l’evento calamitoso, portando, si, generi di conforto, tende, coperte, ma anche bare e sacchi per recuperare le salme delle vittime di questa catastrofe, in totale 12.000 pezzi, 3.000 bare e 9.000 sacchi, ma per questo lugubre lavoro di recupero, bastavano i vigili del fuoco, l’esercito, il genio ed i servizi di onoranze funebri.
E allora mi domando e Vi domando, come mai la Protezione Civile si è presentata con un così considerevole numero di strumenti per il recupero delle possibili vittime?
Esisteva forse una previsione sulle consegue di una simile evenienza?
E allora, perché non si è fatto nulla per diminuire questo rischio, visto che le avvisaglie c’erano da alcuni mesi?
Forse il D.P.C., serve semplicemente per giustificare i stipendi di funzionari, dirigenti, superburocrati o portaborse del politico di turno, che operano alle spalle di quei giovani ragazzi, che credono di svolgere un’opera di volontariato, un’opera sicuramente ammirevole, svolta con impegno e dedizione, che loro, i superburocrati, sbandierano ai quattro venti, vantandosi dei risultati raggiunti, per i quali loro non danno, ne hanno mai dato un contribuito, un valore aggiunto, si sono semplicemente attribuiti meriti non loro.
Non tutti però sono a conoscenza, che una legge impone a tutti i comuni di avere un piano di emergenza, di evacuazione, che prevede delle aree già attrezzate con campi d’accoglienza, impone di predisporre nel tempo esercitazioni tra i civili per verificare l’efficienza di questi piani, e per metterne a punto di nuovi, più efficienti.
Ricorderete che solo alcuni anni fa, nel comune di L’Aquila venne simulato il terremoto, che piazza d’Armi fu trasformata in tendopoli, proprio come poi doveva tristemente accadere nella realtà.
Ora domando, ma dopo tre mesi di continue scosse, e soprattutto dopo la scossa del 4° registrata il 30 Marzo, possibile che nessuno, nel Dipartimento di Protezione Civile, ha ritenuto semplicemente utile montare questi campi, verificare il piano d’emergenza del comune, dare istruzioni alla popolazione civile, monitorare tutti quegli edifici che Abruzzo Engineering aveva segnalato pericolosi in caso di sisma?
No, questo non si poteva fare, c’era il rischio di creare allarmismo tra la popolazione, ma uno slogan pubblicitario, che è andato in onda anche sulle reti del nostro premier, non diceva che prevenire è meglio che curare?
Ed allora, un Dipartimento che ha come sua definizione “la Protezione dei Civili”, non dovrebbe forse fare prevenzione?
E non è forse prevenzione, dare istruzioni precise alla popolazione, montare qualche tendopoli, qualche ospedale da campo, qualche cucina da campo, al limite evacuare zone a rischio, com’era già accaduto in passato alcuni anni prima, quando proprio per un allarme sismico fu evacuato un comune intero.
Era già accaduto, poteva quindi essere evacuata anche una città intera, se solo c’era la possibilità di un simile evento, si dovevano dare informazioni dettagliate, precise, si doveva fare qualche cosa per prevenire danni ai civili al verificarsi di un simile evento catastrofico.
In questi casi, chi ha queste responsabilità, non dovrebbe pensare alla poltrona che occupa, ma alla professione che svolge, al ruolo che ricopre, al fatto che ogni sua mossa, ogni sua decisione, raccoglie la fiducia di tutta la popolazione.
Prima di denunciare il povero Sig. Giampaolo Giuliani, tecnico di laboratorio del I.N.F.N. del Gran Sasso, per procurato allarme, non sarebbe stato più saggio verificare il protocollo del funzionamento delle sue macchine, semplicemente testarle, vista la particolare situazione che si stava preparando a L’Aquila e dintorni.
Protezione Civile, ma se un ente che ha questo nome, non ci protegge da possibili eventi catastrofici come quello del sisma in Abruzzo, a che serve, quale utilità ha per la comunità?
Oggi, apprendiamo che il governo ha predisposto la trasformazione del Dipartimento della Protezione Civile in “Protezione Civile Spa”, e che questa si occuperà di tutti i grandi eventi.
E allora, ecco spiegato il perché, di come sono andate e stanno andando le cose.
Vigliacchi, avete approfittato di questa possibile disgrazia, avete sperato che questo evento ci fosse, solo per i vostri sporchi comodi, solo per fare un business, solo per i vostri zozzi guadagni.
Sono passati molti mesi da quella notte del 6 Aprile 2009.
Quella che viene descritta è un’analisi fatta a freddo, dopo una serie di avvenimenti, di scelte, che per i più vengono considerate eccellenti, quanto di meglio si poteva fare.
Probabilmente leggendo queste righe Vi renderete conto che forse la verità non è quella che è stata rappresentata dai media ufficiali, o almeno apprenderete che esiste anche un’altra verità, come in tutte le cose c’è sempre l’altra faccia della medaglia, quella che in questo caso specifico si è voluto e si vuole mantenere nascosta all’opinione pubblica.
Nessuno ha mai avuto, fino ad ora, la possibilità di contestare, criticare, o semplicemente esprimere un’opinione dissonante dal coro estasiato di genti che ancora oggi si dicono felici e riconoscenti.
L’obiettivo di quanto leggerete è appunto quello di dare voce ai dissidenti, senza sterili polemiche, senza pregiudizi, ma basandosi su dati reali, ben visibili e riscontrabili da chiunque, dati che anche Voi se vorrete potrete ricercare sulla rete, dati forniti e prelevati dai siti ufficiali della Protezione Civile e dai quotidiani che li hanno raccolti.
Iniziamo con una domanda. Si è detto, popolazioni felici e riconoscenti, per cosa e di cosa?
Da qui, da questa domanda inizia la mia, la nostra storia di sfollati.
La fuga (6 Aprile 2009, subito dopo il sisma)
Quella notte la terra aveva già tremato alle 23.00, io in quel momento ero già a letto, ed i figli si trovavano tutti in casa nelle loro stanze, dirò poi fortunatamente, mentre mia moglie stava finendo di sistemare la cucina.
Ricordo ancora il grido di Luca, che di corsa entra in cucina allarmato, preoccupato per la violenta botta e per la presenza di fronte alla sua camera, di un rudere malfermo, pericolante, sicuramente pericoloso per l’ambiente circostante.
Non abbiamo dato peso a tutto ciò, lo abbiamo tranquillizzato con le stesse parole che pochi giorni prima i portavoce della commissione grandi rischi avevano utilizzato per tranquillizzare la popolazione, sminuendo il rischio e la gravità della situazione che si andava delineando, solo dopo ci siamo resi conto del pericolo a cui ci eravamo esposti e avevamo esposto i figli.
Siamo andati quindi tutti a dormire, nella più assoluta tranquillità, certi che nulla poteva accadere.
Invece alle 3 e 32 la terra a tremato di nuovo, violentemente, tanto violentemente, al punto di svegliarci tutti, ricordo le grida di mia moglie Anna “Fausto il terremoto,… il terremoto …”, ricordo che ho cercato di tranquillizzarla con un abbraccio, ricordo, che mentre tremava la terra e ballava il letto sono andato con la mente ai figli, cosa stavano facendo? Cosa stava accadendo nelle altre stanze della casa, una casa del ‘600, in pietra, con i solai a volta, di per se pericolosa ……. ?
Poi la terra si è fermata, siamo corsi fuori dalla camera da letto, verso le stanze dei figli che avevano percorso la strada in senso opposto al nostro, ci siamo tutti ritrovati in cucina, e come per magia, sono partiti una serie di ordini perentori, in sequenza, a ciascuno di noi un compito, come se avessimo provato centinaia di volte un piano d’emergenza, la fortuna vuole che tutti i figli sono ex scout e noi abbiamo frequentato quell’ambiente per almeno 10 anni, quindi il panico non ha avuto il sopravvento sulla ragione.
Così mentre Marco usciva per spostare la sua autovettura, io prendevo documenti, soldi e chiavi della macchina, Luca e Chiara recuperavano qualcosa per coprirsi ed Anna terrorizzata, usciva da casa andando incontro ai nostri vicini, gridavano, parlavano ma non capivo di che, siamo fuggiti da casa, ci siamo salvati.
Tempo pochi minuti e siamo tutti in macchina, decidiamo prima di andare verso il comune, ma raggiunta metà strada la troviamo già interdetta per il crollo della chiesa del paese, allora decidiamo di spostarci verso L’Aquila, ma ci rendiamo conto che da tutti i paesi limitrofi alla città si è messo in moto un lungo corteo di macchine di sfollati.
L’unica soluzione che mi pare praticabile, e che viene condivisa subito da tutti in famiglia è quella di rimanere in zona, in macchina, possibilmente in un terreno sicuro, lontano da costruzioni o linee elettriche, in attesa del giorno e/o di istruzioni e soccorsi, quindi ci dirigiamo verso il posteggio del nuovo capannone Edimo, che poi sarebbe divenuto uno dei più importanti fornitori del ben noto progetto CASE.
Qui ci rifugiamo tutti in una sola macchina, con il riscaldamento acceso, perché a L’Aquila ad Aprile è ancora inverno e normalmente fa freddo, ma quella notte il freddo per ovvie ragioni era proprio tanto.
Intanto decidiamo di spegnere tutti i telefonini, meno uno quello di Marco, in modo da preservare la carica delle batterie consentendoci di avere per più tempo la possibilità di mantenere contatti telefoni con eventuali soccorsi, o per comunicare con i nostri familiari, tutti residenti a Roma e provincia, che credevamo in pena, scopriremo invece tranquilli fino alle notizie del giornale radio delle 7.30.
Proviamo ad avere notizie di ciò che è successo via radio, ma tutte le stazioni sono saltate e l’unica che riusciamo a sintonizzare trasmette solo musica classica, proviamo continuamente a telefonare sia a parenti che ai più stretti amici, ma il telefono rimane muto, intanto la terra continua a tremare una, due, tre, quattro volte, sempre forte, la macchina balla da paura, le scosse non le conto più, Anna non ha più voce, ad ogni scossa e un urlo, io e Marco cerchiamo di mantenere i nervi saldi, dando coraggio a tutti, ma nel nostro intimo abbiamo anche noi paura, e ci rendiamo conto che la situazione è estremamente seria.
Poi verso le 5.00 vediamo che dalla statale per Popoli scende una lunga colonna di mezzi, siamo distanti quindi non possiamo capire di quali mezzi si tratta, ma rimane nella nostra convinzione che si trattasse di mezzi di soccorso, di vigili del fuoco, protezione civile, chissà…………..
Siamo tutti colpiti da questo efficientismo, già ci assalgono i primi dubbi, già ci poniamo le prime domande, quelle che ancora oggi non hanno trovato risposta.
Come è possibile che solo dopo 1,30 h siano giunti i primi soccorsi provenienti da Pescara, percorrendo almeno 30 km di statale, oltre all’asse attrezzato e l’autostrada?
Intanto si è fatto mattina, il sole è sorto, torniamo verso casa, incontriamo una pattuglia dei carabinieri della locale stazione che ci informa sui danni in paese, e sulle prime cinque vittime accertate, incontriamo anche i vicini, siamo tutti annichiliti, sembriamo dei zombi, siamo assonnati, rimbambiti, impauriti, non trovo altri aggettivi, la vicina nota che Anna è uscita di casa in pantofole e senza calze, quindi le offre un paio delle sue.
Decidiamo di andare via da San Demetrio, non sappiamo per quanto tempo saremo fuori, prendiamo a casa poche cose, recuperiamo Leo, il gattino di Chiara, e partiamo.
La prima tappa è trovare una pompa per fare rifornimento, ma per ora manca la corrente, sono le 8,30, tutte le pompe sono ancora chiuse, intanto dalla radio apprendiamo che la scossa delle 3.32 a provocato ingenti danni a L’Aquila e che le autostrade A24 e A25 sono state chiuse al traffico per verificare la stabilità dei viadotti, anche la SS Tiburtina ha subito la stessa sorte, scopriremo solo più tardi che l’unica strada ancora percorribile per Roma e la SS 17 fino ad Antrodoco per poi proseguire sulla Salaria fino a Roma nord.
Riusciamo a rifornirci di carburante, e via, si parte fra la disperazione che ci assale percorrendo la Statale per L’Aquila, all’altezza di Onna, ancora siamo all’oscuro della distruzione del paese e del numero delle vittime che ci sono state, vediamo una folla di sfollati si è riunita nel posteggio CRAI, solo dopo capiremo che erano gli abitanti di Onna e Paganica scampati alla distruzione, da quel punto inizia una lunga colonna di vetture che procede verso L’Aquila.
Dopo almeno un’ora di fila raggiungiamo e superiamo il bivio per l’Altopiano delle Rocche, arrivati nei pressi della salita di Collemaggio, la polizia ci blocca, l’acceso in città e precluso, per Roma si deve passare per la Mausonia percorrere il traforo di Roio e quindi riuscire sulla SS 17 all’altezza della Motorizzazione, da qui fino ad Antrodoco per poi proseguire per la via Salaria.
Ci dirigiamo verso Roma, durante il viaggio continuiamo ad ascoltare per radio le frammentate prime notizie sul sisma, ancora non sappiamo cosa è accaduto in realtà, non abbiamo ancora visto nulla, il peggio lo avremmo appreso una volta giunti a Roma, dai primi telegiornali, dalle prime immagini e dal conteggio delle vittime, che di ora in ora aumenta.
Roma (i primi 10 giorni dopo il sisma)
Siamo giunti a Roma, decidiamo di andare verso casa del suocero, che proprio quel Lunedì 6 Aprile 2009 usciva da un ricovero in ospedale. A dire il vero, per quel giorno, era comunque previsto che Anna sarebbe andata a Roma, e si sarebbe occupata del padre che veniva dimesso dall’ospedale, visto che i fratelli erano tutti impegnati per lavoro.
Giunti in casa, ci accolgono le sorelle ed i cognati di Anna, che inizialmente sembrano interessati ad avere notizie aggiornate, su quanto è accaduto a L’Aquila, invece nel tempo verrà alla luce tutta l’ipocrisia delle cose dette e fatte solo per circostanza, la falsità di facciata, che tutti noi abbiamo e non vogliamo ammettere di avere.
Così nel tempo, tra i parenti ci sarà chi avrà le più infelici uscite, ci sarà chi affermerà, che i terremoti come le guerre servono all’economia del paese, perché creano opportunità di lavoro e guadagno. Proprio quelle stesse parole, quei stessi concetti che verranno intercettati, quei stessi dialoghi tra imprenditori senza scrupoli che se la ridevano immaginando i guadagni che avrebbero avuto con la ricostruzione.
E poi, ci sarà anche chi avrà la sfrontatezza di proporci in affitto l’abitazione libera di un congiunto, abitazione, che fino a quel momento aveva rappresentato un costo, solo spese e tasse, mentre offrendola in affitto a sfollati, a canone concordato, magari pagato dalla Protezione Civile, così come previsto dalle successive ordinanze in materia, si sarebbe trasformata da un costo in una rendita, fatto veramente spregevole, perché proposto da uno stretto parente, operato sulla nostra pelle, esattamente come doveva accadere alcuni mesi dopo a tanti altri sfollati.
Ma anche i miei di parenti, avranno modo di mettersi in luce, questi infatti pure essendo tecnici delle costruzioni, pure essendo imprenditori nell’ambito delle costruzioni e delle componenti costruttive, mi proporranno di tornare a San Demetrio per verificare la situazione della casa, non avranno poi neanche il coraggio di salire le scale semplicemente per entrare in casa, per visionarla, e darmi quel conforto che in quei momenti poteva fare solo bene, anche se fosse stato solo di circostanza.
Una volta in casa, mi permetteranno di recuperare solo la poca biancheria intima trasportabile, quindi mi porteranno a visitare il comune di Rocca di Mezzo, per verificare, questa volta veramente da vicino, lo stato di agibilità delle seconde case.
A seguito di ciò, potevo rendermi conto quale fosse il reale motivo di questo viaggio.
Dopo soli tre giorni dal sisma, credendo di fare bella figura, i miei fratelli si erano offerti d’accompagnarmi a casa a prendere quelle poche cose strettamente necessarie alla sopravvivenza, ma mi rendevo conto che erano interessati solo a verificare i propri interessi, mentre loro non si rendevano conto della grande delusione che mi stavano dando, non mi sarei mai aspettato tanto cinismo.
E, mentre noi eravamo sconvolti dalle notizie dei danni, e delle vittime che di ora in ora, di giorno in giorno aumentavano, mentre seguivamo in TV l’immagini che continuavano a mostrare la distruzione di Onna, dell’ospedale regionale di Pettino, della Prefettura di L’Aquila, della Casa dello Studente, di Collemaggio, c’era chi tra i familiari “siamo nella Settimana Santa”, approfittando della nostra presenza a Roma, trovava comodo sbolognare i propri figli per essere libero per le proprie faccende, fregandosene allegramente della nostra situazione oggettiva di sfollati.
Poi è arrivata Pasqua, per noi questa non è stata una festa, bensì un triste lutto, dove tutto ci ricordava, casa, gli amici, il concerto che Chiara, con il coro delle voci bianche della “Barattelli”, avrebbe dovuto fare come tutti gli anni nella chiesa delle Anime Sante che avevamo visto in TV distrutta dal sisma, e poi il pensiero agli amici che da quella notte ancora non avevamo potuto contattare, mentre loro, i familiari, banchettavano in allegria con il nostro agnello, che non soddisfa il loro fine palato.
Credo che tutti noi, sfollati, sopravvissuti alla catastrofe, a seguito di quanto è accaduto, a seguito del comportamento che amici, parenti e familiari hanno avuto nei nostri riguardi abbiamo rivisto la nostra personale scala di valori, l’importanza delle cose, delle amicizie, e poi la degli affetti, anche quelli più stretti, anche quelli familiari, anche quelli dei genitori, fratelli e sorelle, riclassificando tutto secondo altre priorità.
Dopo sole 2 settimane trascorse a Roma, ci siamo resi conto che sarebbe stato impossibile convivere in quello stato, ci siamo resi conto che rimanendo più a lungo tra i parenti saremmo andati incontro a violente discussioni con tutti loro, quindi abbiamo deciso di trasferirci a Nettuno nella casa al mare dei miei.
Questo terremoto ha reso trasparenti le persone, ci ha permesso di rivedere molti giudizi sui conoscenti, gli amici, i familiari, ci ha permesso di dare importanza a valori scordati nel tempo.
Nettuno (La vita da sfollati, i primi tre mesi)
Cosi, dopo sole due settimane dal sisma possiamo già tirare una riga, fare un bilancio della situazione.
Allora, non abbiamo più una casa, scuola, lavoro, e poi non c’è più una città, non ci sono gli amici, i ritrovi, i riferimenti, le associazioni che frequentavamo, nulla.
Una volta trasferiti a Nettuno, dopo che con i miei fratelli e Marco avevamo riportato da San Demetrio tutto quello che si poteva prendere, la prima cosa che emerge è che l’abitazione non è attrezzata per viverci, ormai dopo anni di quasi abbandono, è solo una casa per le vacanze, manca tutto ciò che occorre in una casa per condurre una vita normale.
Inoltre la casa che avevamo appena lasciato era al massimo dell’efficienza e della vivibilità, tutti elettrodomestici nuovi in classe A+, mobili nuovi, 4 kw di impianto fotovoltaico da montare, e poi doccia idromassaggio, caldaia a condensazione, librerie, un comodo divano in sala, tutto arredato in modo confortevole ispirato alla massima efficienza energetica, avevamo messo su proprio una bella e confortevole casa, tutti avevano la loro bella stanza, non le comuni stanze delle costruzioni moderne, ma quelle di una volta, con spazi per tutti, con volte alte anche 4 m, stanze ben isolate con muri di oltre 60 cm di spessore, talmente spessi che Anna aveva dovuto attrezzare in cucina una campana per chiamarci tutti a pranzo.
Visto che, solo dopo un mese trascorso fuori casa, avevamo capito che il rientro sarebbe avvenuto in tempi lunghi, e che ci eravamo altresì resi conto che la casa che ci ospitava era carente in tutto, ed oltre ad offrirci un tetto, cosa da non sottovalutare viste le condizioni dei molti sfollati sotto le tende, non poteva offrirci nulla di più, abbiamo preso la decisione di migliorare la vivibilità dell’abitazione, almeno dove era possibile.
Quindi, per poter tornare a un livello decente e soprattutto per non fare pesare ulteriormente la situazione ai figli, abbiamo deciso di correre al riparo, acquistando nell’ordine: una nuova camera da letto completa di reti, materassi, armadio 4 stagioni e comò, un secondo armadio 4 stagioni e due scrivanie per i computer di Marco e Luca, un letto completo di materasso e una libreria per Chiara, e poi ancora un armadio per asciugamani, accappatoi, prodotti d’igiene e accessori da bagno, ed ancora un armadio per l’esterno per detersivi e accessori per la casa, quindi una macchina a gas per la cucina, un congelatore, una lavatrice e un condizionatore, avevamo di fatto arredato completamente la casa al mare, ora almeno ci si poteva almeno vivere nella normalità.
Per liberare gli spazzi occupati dai vecchi ed inutilizzabili mobili, li abbiamo smontati, avendo cura di depositarli per un loro eventuale impiego nel momento che ce ne fossimo tornati nella nostra abitazione.
Il bilancio, dopo aver trascorso solo un mese fuori casa, è questo: abbiamo speso circa 8.000,00 € nella speranza di poter iniziare una nuova vita, almeno per il tempo che saremmo rimasti in quell’abitazione di fortuna, di poter tornare vivere degnamente, ma ci illudevamo e molto presto ci saremo resi conto che il tempo da trascorrere in quella casa si sarebbe misurato in anni, e non in mesi come voleva farci credere l’informazione ufficiale, l’informazione di Stato che ci bombardava di notizie attraverso i media.
Ma in quel periodo ancora storditi dagli avvenimenti, credevamo anche noi alle favole, solo alcuni mesi dopo ci saremo resi conto della gravità della situazione.
Comunque, fatto sta, che dopo un mese ci ritroviamo a circa 250 km da casa, in un comune che si trova a 60 km da Roma, immersi in un ambiente che ormai non ci appartiene più, anche se siamo nati e abbiamo vissuto per oltre 35 anni a Roma e dintorni.
Nettuno, era per me il luogo delle vacanze fin da quando ero bambino, il paese lo conoscevo molto bene, pensavo che non sarebbe stato difficile integrarsi, ma non consideravo che ormai avevamo vissuto per 23 anni a L’Aquila, che in quegli anni avevamo imparato a vivere, mentre qui, come in gran parte dell’Italia, si doveva sopravvivere.
Infatti, come era da immaginare, non ci siamo più ritrovati in questo ambiente, tutto ciò che accadeva ci portava sempre al confronto con quello che era ormai, il nostro naturale ambiente, il nostro vivere quotidiano, facevamo continuamente riferimento all’ambiente ed alla città che non avevamo più, coglievamo in tutte le più svariate occasioni che si presentavano sempre e solo i lati negativi, probabilmente perché i lati positivi non c’erano.
Stavamo facendo senza rendercene conto, le stesse valutazioni che avevamo fatto 23 anni prima, quando trasferiti da Roma per lavoro a L’Aquila, non riuscivamo a capire, ad inserirci in un ambiente che ci pareva composto da marziani.
Ora una volta inseriti in quell’ambiente, una volta fatto nostro quel sistema di vita, che ovviamente in una metropoli, in una città come Roma o come qualunque altra città di simili dimensioni, non poteva emergere, una volta cambiato uno stile di vita, ci accorgevamo che tornare all’origine non era più possibile, in quei 40 tragici secondi avevamo perso per sempre una parte di noi, ma questo dopo tutti questi mesi ancora nessuno lo ha capito.
Nessuno tra i parenti, tra i familiari ha compreso, ne poteva comprenderlo, loro da sempre avevano vissuto in quello ritenevano che in assoluto fosse il migliore stile di vita, non avevano avuto la fortuna di sperimentare come noi l’esistenza d’altri modi di vivere, loro non sapevano, ne lo potranno mai sapere, che si può vivere diversamente e meglio.
Presi dall’angoscia cominciamo a cercare informazioni sulle reali condizioni di L’Aquila attraverso la stampa, poi telefonando agli amici che erano ancora nelle tende, ci accorgiamo che ormai non ci basta avere notizie in questo modo, passiamo a cercare notizie su internet, visitando i siti dei comitati, e poi una, due, tre volte a settimana partiamo da Nettuno alla volta di L’Aquila, qualunque scusa e buona per tornare in città, per vivere poche ore soffrendo nella ormai sempre più nostra amata città.
Andata e ritorno circa 500 - 520 km in un giorno, uno stress che emergerà in poche settimane con un violento impatto sulla nostra salute.
Spostamenti massacranti, non solo per il viaggio in se stesso, ma per quello a cui dovevamo assistere ogni volta, sull’autostrada Roma – L’Aquila gli unici mezzi che si incontravano erano quelli dei vigili del fuoco, della Protezione Civile, e poi in città sempre ed ovunque mezzi dell’esercito, blindati, e polizia di stato, finanza, carabinieri, che in quel periodo di preparazione al G8, erano presenti ovunque e sempre in assetto antisommossa.
Ogni volta appena usciti dal casello Aquila-Ovest avevamo la sensazione di entrare in una città che sembrava appena conquistata dopo una estenuante battaglia condotta casa per casa, porta per porta, sembravano le immagini che molto spesso ci erano giunte in TV, quando ci mostravano le notizie che arrivavano da Beirut, prima sottoposta a spietati bombardamenti, e poi occupata dall’esercito.
E poi le manifestazioni, abbiamo partecipato da Nettuno a quasi tutte le manifestazioni che si tenevano a L’Aquila, organizzate di volta in volta da un comitato di cittadini, ad ogni manifestazione la triste conta delle presenze, notare che i giovani erano sempre pochi, troppo pochi per sperare di conquistare visibilità, e la Digos infiltrata tra di noi come fossimo i studenti ribelli del ’68, e quasi tutti eravamo irriducibili ex sessantottini con pochi capelli che tendevano impietosamente al bianco, vecchi cinquantenni ancora una volta fronteggiati da polizia e carabinieri in assetto antisommossa, per noi sessantottini d’allora e cinquantenni d’oggi la vita è stata proprio impietosa.
Cose indescrivibili, e difficili da comprendere per chi non le ha vissute sulla propria pelle.
Alla fine, logica conseguenza di questo stillicidio al quale ci siamo sottoposti per nostra scelta, è stata quella di ammalarci, la pressione è andata alle stelle, la notte non dormivamo più, avevamo continui attacchi di depressione, il medico che ci seguiva a Nettuno, ci aveva dato un tale numero di pillole da assumere giornalmente, che avevamo riempito un intero cassetto.
A questa situazione non proprio salubre, si sono andate ad aggiungere le notizie da gossip, che in quel periodo apparivano su tutti i quotidiani, ci rendevamo conto che si stavano spegnendo i riflettori su L’Aquila, spostandosi ancora una volta, tristemente sulla vita di quel personaggio, che definire ambiguo è poco.
Notizie che ci narravano le sue avventure con la minorenne di turno, o con la escort procurata da qualche imprenditore senza scrupoli, o faccendiere di palazzo, per ottenere favori dal consumatore finale, giusto per usare le parole dell’On. Avv. Ghedini.
Avventure, che non avremmo mai immaginato, potessero poi essere in qualche maniera replicate a L’Aquila, da altri imprenditori e funzionari dello Stato, coinvolti a vario titolo nella pseudo ricostruzione della città.
Intanto, ogni giorno che passa, prendiamo coscienza cosa abbiamo perso, ci rendiamo conto che il nostro disagio, la nostra situazione, non è capita da nessuno, neanche dai più stretti familiari, ed è a causa di ciò che i rapporti sono ormai ai ferri corti, per cui dopo tre mesi trascorsi in quella maniera, decidiamo che è giunto il momento di prendere una decisione.
La prima decisione che matura, valutata la nostra situazione, valutata l’oggettiva situazione nazionale, è quella di lasciare l’Italia, emigrare, ma dove?
Dopo una attenta analisi della situazione, ci sembra che la soluzione Svezia, possa in fin dei conti essere quella ottimale, e allora ci siamo buttati in internet alla ricerca di informazioni più aggiornate, siamo già a conoscenza che la Svezia è una democrazia socialista del baltico portata ad esempio per l’efficienza dello stato sociale. Siamo talmente convinti di questa possibile scelta che decidiamo di verificare il costo della vita, così apprendiamo che è paragonabile al nostro, fatto salvo che la loro moneta, la corona, vale 1/11 dell’euro, ed io avendo ancora a disposizione una parte della liquidazione la potrei investire in una attività o nell’acquisto di una casa.
Optiamo per la casa, dopo una nuova ricerca in internet, scopriamo che con l’equivalente di 55.000,00 € si può acquistare una signora casa, prendiamo accordi e contemporaneamente contatti con l’Ambasciata di Svezia in Italia che ci invita ad effettuare un viaggio per prendere contatti con il consolato italiano.
Per il mese di Giugno programmiamo il viaggio, dobbiamo prima verificare con i figli, in particolare con Marco questa evenienza, ma mentre Luca e Chiara sono entusiasti, Marco è contrario, non vuole lasciare l’Italia ne tanto meno L’Aquila.
La discussione diventa serrata, alla fine è Marco che ha la meglio, a questo punto, anche se l’idea di emigrare all’estero è stata accantonata, e certo che noi non intendiamo rimanere a Nettuno, l’unica alternativa che rimane è quella di riavvicinarci a L’Aquila.
E’ giunto il momento di tornare nel nostro mondo, dobbiamo essere noi a prenderci carico del nostro destino, del nostro futuro, prima che ci cada irrimediabilmente addosso dall’alto.
Così, contattiamo il nostro comune, chiediamo di rientrare, di trovarci una qualunque sistemazione, anche una tenda, siamo disposti a tutto pur di tornare nel nostro mondo, tra chi ha come noi ha vissuto quei tragici momenti, tra chi può capire i nostri sentimenti e il profondo l’attaccamento per quei posti ormai distrutti.
Dopo soli due giorni di attesa, ci informano che ci hanno sistemato in albergo a Roseto, il tempo di preparare poche cose e partiamo.
Inizia da questo momento la nostra avventura da sfollati, avventura che ancora oggi stiamo vivendo, e che ci rendiamo conto durerà molto, ma molto tempo ancora.
Ciò che i media non hanno detto (analisi della situazione dopo quattro mesi)
Ricordate i primi giorni dopo il sisma?
Dalle riprese fatte per lo più dall’alto, si mostrava si una città danneggiata, ma quello che si distingueva chiaramente, erano i centri storici dei piccoli borghi e comuni limitrofi, dove le abitazioni in pietra erano rovinosamente venute giù, dove si potevano vedere chiaramente gli edifici scoperchiati.
Mentre le visioni di insieme, prese dall’alto mostravano il resto della città senza evidenti danni, le periferie, il quartiere di Pettino, quello più nuovo e popolato, essendo nella sua totalità edificato in cemento armato, sembra non aver subito danni.
Il messaggio che è passato sui media è stato questo: “la parte vecchia della città, i monumenti, e le vecchie chiese, sono venute giù a causa dell’età e del tipo di costruzione in pietra. Nei borghi ci sono danni per lo stesso motivo, il resto della città, come evidenziato dalle immagini televisive dall’alto, non mostra danni evidenti, eccetto qualche edificio che si precisa costruito malamente come la Casa dello Studente”.
Tutto sommato poteva andare peggio, in fin dei conti ci sono state solo 308 vittime, disprezzando le vite di quei poveri innocenti rimasti sotto le macerie della città, delle frazioni, dei borghi e di tutti i comuni coinvolti nel catastrofico evento.
Allora cominciamo con un poco di vecchia e sana controinformazione, andiamo a vedere i palazzi in cemento armato da vicino.
Quello che dall’alto sembra una zona sicura, si rivela un disastro, i pilastri dei primi piani hanno quasi tutti collassato, palazzi di tre, quattro piani sono letteralmente scesi di un piano, quelle che prima erano cantine, box o garage, non esistono più, i primi piani sono divenuti piano terra.
Tutto ciò dall’alto, con le riprese fatte dagli elicotteri, non è, e non può essere visibile. Le immagini vere, reali, non sono mai andate in onda, nessuna rete televisiva nazionale si è curata di ciò.
Solo pochi giorni dopo il sisma era iniziato il controllo sull’informazione, mentendo alla nazione che da subito è stata privata della verità, mentre le sole informazioni che passavano erano quelle che avrebbero fatto comodo, che sarebbero tornate utili ai politicanti di turno.
L’informazione dei media si è soffermata sulla evidente totale distruzione di Onna, dove in riferimento agli abitanti c’è stato il maggior numero di vittime. Utilizzando ad arte questi lutti, il dolore e la paura della gente, si è strumentalizzato il messaggi che veniva inviato alla nazione.
Onna contava circa 300 abitanti, L’Aquila nel suo insieme ne contava oltre 70.000, la differenza è evidente, quella che agli occhi di tutti è la distruzione di un centro abitato, di una periferia, è ancora più evidente nelle foto della città che non sono mai state rese di pubblico dominio.
Non si è detta la verità sulla catastrofe, non sono stati raccontati gli avvenimenti prima di quel 6 Aprile, nessuno ha passato l’informazione relativa ai messaggi tranquillizzanti lanciati dai mezzi d’informazione fino ad una settima prima del disastro.
L’informazione è stata strumentalizzata, usata con sapienza per inviare i messaggi che interessava inviare, con i contenuti di volta in volta più convenienti al caso, dimenticando di dire che la città di L’Aquila, che tutto il suo vastissimo centro storico, dove pulsava l’economia cittadina, era composto da edifici medioevali, d’epoca, tutelati ancora oggi per la maggior parte dalla sovrintendenza, che questi, per le loro caratteristiche, non potevano certo essere paragonati per grado di sicurezza ad edifici in cemento armato, che erano per la maggior parte edifici in pietra, adeguati nel tempo alle leggi sull’edilizia risalenti a 50 – 60 anni fa.
Non si è detto, che in considerazione di ciò che stava accadendo da oltre tre mesi, era il caso di verificarne la stabilità, non si è detto che le istituzioni, le stesse osannate per l’efficienza dei soccorsi, non si erano assolutamente preoccupate colpevolmente di ciò, non si è detto che uno studio condotto dal fisico Gaetano De Luca e successivamente dalla Regione Abruzzo, aveva indicato alcuni anni prima, il rischio sismico degli edifici istituzionali della città, quegli stessi edifici che sono poi rovinosamente venuti giù.
E se il sisma delle 3,32 ci fosse stato alle 8,32?
Quando tutti i palazzi istituzionali erano in piena attività, quando tutte le scuole di ogni ordine e grado erano piene di studenti e insegnanti, quando le aule dell’università di L’Aquila erano complete con oltre 24.000 studenti, ci rendiamo conto quale disastro? Che proporzione avrebbe assunto questo evento?
Non si è detto che la zona interessata dal sisma era stata declassata da zona sismica a livello di rischio 1 in 2.
Non si è detto ……………………………. ma si sapeva già tutto.
Detto questo, fatte queste premesse, emerge automaticamente, che un sisma di magnitudo 6,3° su edifici di questo tipo poteva solo essere devastante, come è stato.
Il centro cittadino, oggi che alcune vie cominciano ad essere percorribili, risulta agli occhi di tutti noi devastato e raso al suolo, emerge così, tutta la gravità della situazione, emerge, come oggi sia economicamente difficoltoso, progettare un modello di recupero del centro storico, come le varie ordinanze della Protezione Civile, risultino del tutto inadeguate per affrontare la specifica problematica, emerge, come la direttiva governativa n.° 39 convertita in legge n.° 77 del Giugno 2009, quella che prevede la ricostruzione delle sole prime case sia del tutto inefficace alla ricostruzione del centro storico e dei borghi dei comuni interessati dal sisma.
A seguito della legge n.° 77, le successive emanazioni, scelte, strategie, ci renderemo conto, come queste siano costruite per andare in una direzione opposta alla ricostruzione, che sempre di più porta ad una sola triste conclusione:
“L’Aquila, il suo centro storico, rimarrà per sempre una rovina, diverrà come Pompei, con una sola differenza, nel frattempo sono passati 2000 anni, e, tristemente si deve ammettere che non abbiamo imparato nulla dalla storia”.
I sfollati in tenda (lo smantellamento dei campi, sei mesi dal sisma)
Immediatamente dopo il sisma del 6 Aprile, mentre 40.000 sfollati vengono spostati verso la costa, facendo loro credere che avrebbero alloggiato nelle moderne e confortevoli strutture alberghiere della costa, solo per i mesi necessari alla costruzione/ricostruzione della città, altri 20.000 sfollati rimasti in città vengono ricoverati nei 179 campi allestiti in tutti i comuni del cratere.
Questi hanno dovuto sopportare prima il freddo del dopo terremoto nei mesi di Aprile e Maggio, poi il caldo torrido nei mesi estivi di Giugno, Luglio ed Agosto, quindi il periodo delle piogge autunnali del mese di Settembre, fino alle prime nevicate del mese di Ottobre.
Tutto ciò con mirabile abnegazione, nel miraggio di ottenere la casa promessa per il mese di Settembre 2009, ottenendo dopo 6 – 7 mesi di vita in tenda, solo una nuova destinazione, sulla costa o nell’entroterra, imposta da qualche luminare, scordando sbadatamente di rivolgersi a sfollati, a scampati al tragico evento che pochi mesi prima aveva commosso e mobilitato l’Italia, scordando di rivolgersi a cittadini ITALIANI, quest’ultima parola scritta a chiare lettere maiuscole e in grassetto ROSSO, colore indigesto all’ imperatore Silvio I° d’Arcore.
Tutto ciò, esattamente come avviene da alcuni mesi per gli immigrati, che sprovvisti del permesso di soggiorno, con l’introduzione del reato di immigrazione clandestina ricevono il FOGLIO di VIA.
Scordando che questi poveracci, sono Italiani per cittadinanza, Italiani per essere onesti lavoratori, Italiani per le tasse e le imposte che loro hanno sempre versato, Italiani perché con le loro imposte hanno consentito a questo Paese, che sembra dimenticarli, di fronteggiare nel tempo, le emergenze delle popolazioni che hanno subito altri disastri simili, come: il Vajont, l’alluvione di Firenze, il sisma in Friuli, in Irpinia, in Umbria nelle Marche….. ed oggi, colpiti dalla più grande catastrofe degli ultimi 100 anni, vengono trattati come clandestini in patria.
Dico solo “VERGOGNA!!!!!” .
Dico inoltre che non si è voluto considerare, che molti dei 20.000 sfollati che non hanno voluto abbandonare la loro città, o il loro paese, che non ha scelto di andare sulla costa, che sono rimasti, accettando di vivere per sette lunghi mesi una vita così disagiata e promiscua, accettando le più incredibili umiliazioni, lo ha fatto per amore della propria terra, per motivi di lavoro, nella speranza o convinzione che restando, continuando a svolgere il proprio lavoro, avrebbero contribuito ad una più veloce ed immediata ripresa, ed un altrettanto veloce ritorno alla normalità.
Mentre, utilizzando questa condizione di evidente disagio, si è voluto perfidamente dividere, indebolire e strumentalizzare le proteste delle popolazioni colpite, mettendo di fatto gli sfollati assistiti nelle tendopoli contro quelli assistiti negli alberghi della costa.
Ed è in questa maniera, che la mirabile macchina istituzionale, ha fatto passare le peggiori porcate, norme, decisioni e ordinanze, come atti necessari per la gestione dell’emergenza, questo senza incontrare nessuna opposizione, strumentalizzando una tragedia di proporzioni apocalittiche, per una sporca propaganda di regime, facendo credere lucciole per lanterne, raccontando attraverso i media la loro verità, una verità di Stato come accade nelle peggiori dittature.
Ma domando, chi ricorda le manifestazioni cittadine di protesta, quando solo 100, 500, fino a 2.500 – 3.000 sfollati partecipavano alla protesta, su una popolazione di 20.000 sfollati in tenda e 40.000 sulla costa.
- Quando i cortei passavano davanti alle tendopoli, e si chiamava a raccolta a gran voce gli ospiti che non potevano uscire, perché presiediate dalle forze dell’ordine;
- quando nei campi era vietato introdurre volantini informativi o di protesta dei comitati cittadini;
- quando la Presidente della Provincia di L’Aquila, per entrare nella tendopoli di Piazza d’Armi, ha dovuto identificarsi, come un qualsiasi estraneo, anche se in veste istituzionale;
- quando nei campi se gruppi di sfollati si riunivano per discutere dei loro problemi quotidiani intervenivano i carabinieri;
- quando per mangiare occorreva presentare il passi;
- quando, per salutare un amico ospitato in una tendopoli diversa da quella d’appartenenza, veniva impedito l’ingresso;
- quando durante il G 8 la città è stata blindata per tre mesi, con Esercito, Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e Digos in borghese, che controllavano tutto e tutti.
Quale TV ha raccontato queste verità?
Quale media ha fatto vera informazione in questi lunghi mesi?
La deportazione di massa sulla costa (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa)
Ma vogliamo parlare anche della vita nelle moderne e confortevoli strutture alberghiere della costa?
Io non mi sono fatto mancare proprio nulla, ho avuto l’abitazione classificata “E”, e dopo tre mesi di autonoma sistemazione sulla costa laziale, sono stato alloggiato sulla costa abruzzese con tutta la famiglia, precisamente nel comune di ROSETO (Te).
Bene, vi posso, e voglio raccontare alcuni episodi accaduti in due mesi di vacanza pagata dai contribuenti italiani, lasciando a voi la libertà di esprimere un giudizio finale.
Premetto che gli avvenimenti che Vi illustrerò sono del tutto veri, realmente accaduti, sono documentati da fotografie, oltre dalle possibili testimonianze degli ospiti, che spero, non vorranno ancora oggi, dopo essere stati raggirati e portati in giro, mantenere ancora il loro atteggiamento omertoso, che ha permesso di raccontare solo falsità.
Allora, cominciamo con quanto previsto dalla Delibera n.° 582 del 12 ottobre 2009, varata della Giunta Regionale d’Abruzzo, riguardo le modalità e le norme di assistenza alle popolazione sfollate accolte negli alberghi.
Cominciamo con il trattamento offertoci presso l’Hotel che mi ospitava con la famiglia, che è composta da cinque persone, me, mia moglie Anna e tre figli Marco, Luca e Chiara, rispettivamente di anni 25, 23 e 15.
Appena arrivato a destinazione ci viene assegnato un appartamento composto da una stanza con il seguente arredo, un letto matrimoniale per me e mia moglie, un letto a castello per Marco e Luca, due comodini, un armadio basso due ante per contenere gli indumenti di cinque persone, quattro adulti ed una ragazza, oltre a uno stanzino con finestra attrezzato con un letto singolo per Chiara, e per finire un bagno con doccia, il tutto forse in 25 mq. scarsi.
Dopo solo una mezza giornata già cominciavo a pensare ai containers di triste memoria, come ad una eccellente soluzione, visto che le meravigliose strutture alberghiere che ci stavano offrendo ospitalità, erano paragonabili proprio a dei container, che avrebbero però avuto un costo infinitamente minore per la collettività, e un impatto ambientale prossimo a zero, inoltre non sarebbe stata necessaria la deportazione di 40.000 individui sulla costa in quanto potevano essere impiegati sul posto, in città, a L’Aquila .
Poi, subito dopo questo flashback, torno nella realtà per pormi alcune consequenziali domande:
Ma le norme di sicurezza, la 626, che fine ha fatto?
E dire che si opera attraverso la protezione civile, ma qui non si rispettano neanche le più elementari leggi sulla sicurezza?
Ma siamo seri!!!
E’ inutile aggiungere che per due mesi, oltre a vivere lo stato di sfollato, oltre al disagio di vivere forzatamente fuori della mia città, la mia abitazione del ‘600 che si componeva di 225 mq, deportato fuori casa, ho anche fatto, forzatamente, per ovvi motivi logistici, voto di castità.
Anche se non più giovani, capite bene, che solo coppie molto legate possono superare questi difficili momenti, fortunatamente noi siamo cresciuti assieme dall’età di 15 anni, non abbiamo subito contraccolpi di questo tipo, ci siamo però ammalati di ipertensione, per dormire abbiamo dovuto fare uso di pillole di ogni tipo, sono stati sicuramente due mesi duri da superare.
Veniamo dunque ad alcuni episodi emblematici:
I° episodio: ”La convivenza forzata” (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa)
Ma, questa situazione, è stata ancora di più dura da superare, per le giovani coppie, costrette a convivere con genitori, parenti e anziani.
Infatti, come volevasi dimostrare, accade che accanto al nostro per cosi dire appartamento, era stipata una giovane coppia con neonato, oltre ai genitori ultra ottantenni di entrambi i coniugi, ben sette sfollati, sei adulti di cui quattro ultraottantenni ed un neonato in un appartamento di meno di 25 mq.
Alla faccia della delibera regionale n.°582.
Ed io aggiungo, alla faccia del G8, e del ruolo di vertice che proprio in quei mesi l’Italia aveva. Per dare più lustro all’avvenimento era stato spostato da l’isola Maddalena a L’Aquila, per mostrare al mondo le capacità del paese, di una delle otto grandi economie mondiali.
Proprio una oscenità.
Ritengo che chi a permesso tutto ciò, andrebbe giudicato dalla “suprema corte di giustizia EUROPEA”, invece, viene dipinto, come il magnifico capo, della mirabile macchina istituzionale, che tutta l’EUROPA ci invidia, viene indicato come l’uomo più amato dagli Italiani, per chi non avesse capito, o avesse frainteso, mi riferisco al colui che è al vertice della Protezione Civile.
La promiscuità di vita che conducevano i nostri vicini da oltre 3 – 4 mesi, ha portato i vecchi (probabilmente già si era manifestato) all’alcolismo, a seguito di ciò, in più di una occasione questa forzata convivenza e sfociata in risse familiari, sedate dalle forze dell’ordine, dall’intervento del 118 e della protezione civile, che si è limitata, dopo un breve soggiorno in ospedale dei feriti/malati, nel rinviare gli stessi sfollati, nello stesso hotel, alle stesse condizioni, nella stessa stanza.
Tutto ciò, senza preoccuparsi minimamente delle motivazioni di quello che accadeva, del disagio psicofisico delle persone coinvolte, delle norme di sicurezza eluse da un imprenditore che definire aguzzino è poco.
Ma dove stavano gli addetti ai controlli?
Ed il Comune, il Sindaco, la Polizia Municipale, oltre alla Polizia di Stato, Carabinieri e la Guardia di Finanza, dove erano?
Che facevano?
Di cosa si stavano occupando?
La risposta è semplice, erano tutti impegnati ad assistere la Protezione Civile nell’organizzazione del G8 dentro la città distrutta, per garantire la sicurezza dei grandi della TERRA, in barba ai calpestati diritti costituzionali degli sfollati.
Ma questo è solo un anticipo di ciò che è stato riservato ai sfollati, di ciò che ho potuto costatare con i miei occhi, in quei due mesi di lussuosa vacanza.
II° episodio: “La discriminazione nelle confortevoli strutture alberghiere della costa” (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa)
La mensa come lo stabilimento balneare dell’hotel che ci ospitava vennero divisi.
Così, mentre i tavoli riservati ai sfollati non erano muniti di segnaposto ed erano apparecchiati con miseri tovaglioli di carta, quelli che ospitavano, o avrebbe ospitato i turisti, gli stranieri, i villeggianti erano ben apparecchiati e tutti muniti di segnaposto con l’indicazione del numero della camera.
Lo stabilimento venne invece diviso fisicamente, con tanto di indicazioni ben visibili anche dal lungomare, queste proponevano ai residenti dell’albergo due distinte zone di arenile, una riservata ai turisti, e l’altra riservata ai sfollati che in quel periodo erano ben oltre le 250 unità.
E fin qui, anche se di cattivo gusto, ci poteva anche stare, poteva sembrare un modo forse poco elegante per mantenere uniti i legami tra una comunità che aveva condiviso le stesse tristi recenti esperienze, una comunità provata da un unico comune drammatico evento, che quindi stando unita poteva curarsi da sola le proprie ferite, poteva trovare in se stessa la forza per reagire a quegli avvenimenti ancora troppo recenti.
Se non fosse che la parte riservata ai sfollati, si trovava nella zona di spiaggia completamente sassosa, sprovvista di arenile, sporca ed in prossimità di scarichi i dubbia provenienza, mentre quella riservata ai turisti risultava pulita, sabbiosa e ben curata, proprio il giorno e la notte.
In quei mesi c’è stata di fatto una evidente discriminazione fra gli assistiti dalla protezione civile “i sfollati”, ed i paganti, “turisti, stranieri, villeggianti”.
I titolari della struttura alberghiera che ci ospitava, si sono comportati come se fossero loro a pagare il soggiorno ai sfollati, che ospitavano per una loro scelta, per una disponibilità offerta alla protezione civile solo per un tornaconto economico di dimensioni inimmaginabili.
Facciamo un giochino con i numeri, vediamo quanto noi sfollati, rendevamo ai titolari della struttura alberghiera che ci ospitava.
Fatti due conti, risulta l’imbarazzante cifra di (250 sfollati * 64,00 € tariffa giornaliera * 30 giorni/mese) = 480.000,00 €/mese, che non mi sembra proprio una miseria per un hotel tre stelle.
E questa rendita parte dal mese di Aprile, che non mi pare proprio “alta stagione”.
Considerando poi, che questa forma d’assistenza si è protratta per sette mesi, il fatturato totale assume la dimensione veramente imbarazzante di (480.000,00 € * 7 mesi =) 3.360.000,00 €, oltre i 6.000.000,000,00 di vecchie £.
E dobbiamo considerare che questo calcolo si riferisce ad una sola struttura alberghiera, ci rendiamo conto delle dimensioni dell’affare?
Ma quale assistenza ai sfollati, ma quale piano per evitare i container, ma quale efficienza.
E’ stata fatta una scelta di carattere economico, che ha permesso ai gestori di aziende ridotte ad un imminente prossimo fallimento, d’ottenere un occulto finanziamento di stato a costo zero, senza nessun tipo di interesse, senza dover offrire nessuna garanzia o credenziale in banca, pagato con il contributo di tutti gli onesti lavoratori italiani.
Si è voluta favorire ancora una volta una lobby di potere, si sono trasferiti soldi dalle tasche degli italiani agli operatori turistici, facendo credere che ciò serviva per gestire l’emergenza sisma, per sottrarre i sfollati dai container, strumentalizzando i sentimenti degli italiani, che hanno ingenuamente creduto a questa versione dei fatti, e ancora oggi in molti continuano ancora a crederci.
E la conferma di ciò, l’abbiamo nella guerra che in quei mesi si facevano le strutture alberghiere della costa, quando si litigavano letteralmente l’opportunità di alloggiare sfollati, che poi trattavano immancabilmente come bestie, non c’era infatti la necessità di fidelizzare il cliente/sfollato, ma solo la necessità di avere un numero sempre maggiore di ospiti sfollati, in quanto a ciascuno di essi corrispondeva un compenso di 64,00 €/gg.
Per strutture a tre stelle, prossime al fallimento, strangolate da una grave crisi economica, vantare (480.000,00 € * 3 mesi)= 1.440.000,00 € di credito con lo Stato, maturato in un periodo compreso tra Aprile e Giugno, è molto più di una boccata d’ossigeno, è un vero terno all’otto, un colpo, un guadagno insperato, che può risolvere i tantissimi problemi che molti in quel periodo avevano.
Si è fatto passare il soggiorno estivo dei sfollati sulla costa, come il brillante risultato della gestione dell’emergenza, si è voluto enfatizzare che per la prima volta, a seguito di un evento di proporzioni catastrofiche, come quello che ha colpito l’Abruzzo, non si sia ricorso ai containers.
Si è fatta ancora una volta della sporca speculazione politica, perché se è vero come lo è, che non si sono utilizzati i container per ospitare i sfollati, è altrettanto vero che nessuno si è curato di verificare come questi fossero trattati nelle confortevoli strutture alberghiere della costa.
Ci si è scordati banalmente che i cosiddetti sfollati, sono prima di tutto esseri umani che hanno avuto lutti, che hanno perso casa, lavoro, vincoli sociali, amici, luoghi di ritrovo, che non hanno più una città o il piccolo borgo di montagna dove tranquillamente risiedevano.
Non si è considerato che in quelle condizioni, del tutto particolari, tutto ciò che accadeva intorno a queste persone veniva enormemente amplificato, veniva tendenzialmente vissuto sempre in maniera negativa, le cose più piccole, quelle insignificanti, quelle che in una condizione normale al massimo ci fanno sorridere, assumono in queste situazioni un peso, ed un valore scatenante, che può sfociare in reazioni incontrollate ed imprevedibili.
Si è voluto far passare questo tipo d’intervento, come il migliore risultato raggiunto da un paese occidentale, addirittura lo si è voluto paragonare con quanto rimaneva ancora da fare negli U.S.A. dopo la disastra dell’alluvione di New Orleans.
Se non è strumentalizzazione questa?
III° Episodio “Lo sfollato single di San Gregorio” (la vita da sfollati nei mesi trascorsi sulla costa)
Vediamo ora a quali nefandezze è stato sottoposto il povero amico ……. che chiamerò Antonio, sfollato single, proveniente dal comune di San Gregorio.
Costui, come molti di noi ha perso tutto, unico suo avere, la sua vetturetta, l’unica vettura che non è andata distrutta in tutta San Gregorio, immortalata su Internet, e recuperata con un’operazione di mirabile tecnica dai Vigili del Fuoco.
Dicevo, costui, ospitato nel mio stesso hotel, più precisamente alloggiato sotto il mio sontuoso appartamento, in una cantina, priva di finestra, con un semplice lucernario, che si affacciava sotto il balcone della mia camera da letto, faccio presente che i fatti si svolgono nel periodo Luglio – Agosto, con 30° di temperatura fissa, in un locale pieno di scarafaggi, non adatto all’uso previsto nella delibera regionale n.° 582, è stato, per la sua semplicità, per la sua bontà d’animo, raggirato, ingannato, usato vigliaccamente dal titolare dell’hotel.
Gli si è fatto credere che per la sua peculiarità di single non avesse diritto all’assistenza della Protezione Civile, che se avesse accettato le condizioni stabilite dal titolare del hotel, sarebbe stato ugualmente ospitato e alloggiato in segreto, che in questa maniera avrebbe ottenuto lo stesso trattamento degli altri sfollati, in cambio avrebbe dovuto semplicemente svolgere alcuni lavoretti di manutenzione, ottenendo per questo anche un rimborso spese.
Nulla di più meschino e falso, per pagarsi questo alloggio ed il conseguente mantenimento che gli spettava di diritto, lo si è costretto a lavorare in condizioni di schiavitù, per ottenere il faraonico rimborso di 100,00 €/mese, ed oltre alle varie incombenze riguardanti l’albergo lo si è costretto a mettere a disposizione anche la propria vettura, spesso a proprie spese, per gli spostamenti dei titolari.
Il povero Antonio ha dovuto subire queste vessazioni, senza che nessuno intervenisse.
Ma dove erano i super pagati Funzionari, e le ispezioni della Protezione Civile?
A seguito della precaria situazione a cui era sottoposto, una villeggiante, fece una denuncia dettagliata in Comune.
Così accade che il giorno 14 Agosto si presentano per gli accertamenti del caso guardie comunali in divisa, e atro personale in borghese non identificabile, per eseguire le verifiche del caso con le seguenti modalità:
ispezione nella hall dell’hotel, dove questi accertatori ricevono, guarda caso in dono e senza che avessero condotto ancora alcuna verifica, un enorme vassoio di pesce.
Immediatamente dopo si conclude l’indagine, che per uno strano caso, non da corso a nessuna constatazione di illecito, e quindi a nessun tipo di sanzione, contrariamente a quanto previsto nella delibera Regionale n.° 582 che per questi casi prevede l’immediata sospensione della convenzione.
Ma non è finita, vi racconto ancora un episodio che contraddistingue l’accoglienza riservata ai sfollati nelle meravigliose strutture alberghiere:
una sera, all’ora di cena il titolare dell’hotel si è rifiutato di servire la cena ai sfollati, perché a suo dire si erano comportati in modo disdicevole per una struttura che ospita turisti.
Ha quindi imposto, per accedere al ristorante dell’hotel, che i sfollati si dovessero pagare il pasto che reclamavano e che spettava loro.
Che dire, non ci sono veramente parole, e questi fatti sono stati riportati anche dalla stampa locale il giorno dopo, ma manco a dirlo, non è accaduto nulla.
E ancora:
le telecamere che controllavano, spiavano i sfollati, in ogni loro azione sia nell’area di proprietà dell’hotel, che negli spazi comuni, nelle strade pubbliche e sull’arenile.
Come vogliamo definire questi comportamenti? semplicemente scandalosi, ma mi pare ancora troppo poco.
Tutto quanto descritto, evidenzia ancora una volta come si siano voluti premiare, finanziare, arricchire i soliti speculatori senza scrupolo, con la scusa della gestione dell’emergenza, dell’assistenza offerta ai sfollati, senza verificare minimamente quali fossero i servizi che realmente venivano offerti, permettendo a questi, come li vogliamo chiamare “imprenditori”, le più incredibili vessazioni verso chi era già stato duramente colpito dalla natura, e in alcuni casi tragicamente colpito.
Tutto ciò, è stato fatto passare attraverso i mezzi di informazione, i media, come una meravigliosa villeggiatura offerta da quell’ipocrita di primo ministro che in quel periodo, in quei tragici giorni, con cinismo aveva nell’ordine, e con una sfacciataggine che ha dell’incredibile, dichiarato:
- che avrebbe messo a disposizione dei sfollati le sue ville, “20 per l’esattezza”,
- successivamente a proposto crociere per i sfollati,
- quindi ha dichiarato di voler passare le ferie estive in tenda, con gli sfollati, di volere casa a L’Aquila, per poi definire le tendopoli camping
- poi …………
Di esseri spregevoli, che usano a proprio piacimento le sventure per costruirci abilmente sopra una notizia, una carriera, al mondo ce ne sono sicuramente molti, ma costui si è veramente superato, costui è stato capace non solo di rivoltare la verità, è stato capace di inventare, divulgare, far credete reale, vera, una realtà virtuale, costruita con la capacità dei suoi personali mezzi d’informazione.
Dire che costui è un essere spregevole è sicuramente riduttivo, ma la cosa grave e contemporaneamente triste è che costui ci governa.
Se ha usato i suoi mezzi personali per costruire finte realtà da diffondere tra la gente che governa solo per ottenere consensi politici, cosa sarà mai capace di fare, se e quando si dovesse trovare coinvolto in affari poco chiari che lo dovessero interessare direttamente?
Meditate gente, meditate.
Quello che è accaduto, che sta accadendo a L’Aquila e nei restanti comuni del cratere, in una prossima occasione potrebbe vederVi come protagonisti.
Il controesodo, gli sfollati si riavvicinano a L’Aquila (riaprono le nuove scuole, i MUSP)
Dopo i mesi trascorsi da deportati nelle meravigliose strutture alberghiere della costa, i più lungimiranti in previsione dell’imminente inizio dell’anno scolastico, hanno capito che era necessario riavvicinarsi alla città, la soluzione offerta agli sfollati è stata quella di rivolgersi al COI della zona di riferimento.
Per me e la famiglia, che ci trovavamo ospiti nel comune di Roseto, il riferimento è stato il COI di Giulianova, qui i volontari della Protezione Civile su richiesta di ciascuna famiglia che si presentava, si attivano per cercare soluzioni alternative al soggiorno sulla costa.
Ma, come era da immaginarsi, essendo appunto volontari, non avevano molta conoscenza del territorio, le soluzioni offerte, si sono rilevate, agli occhi di chi questi luoghi li conosce, improponibili, per lo più fuori luogo rispetto la necessità rappresentate.
In considerazione di quanto sopra descritto, posso evidenziarvi la mia personale esperienza.
Per avvicinarci alla città, il COI di Giulianova, ci ha proposto nell’ordine i comuni di Lucoli, Campo Felice, Rocca di Mezzo, evidentemente, non rendendosi conto, delle distanze ne della precaria viabilità di quei luoghi verso la città.
Ora, chi come noi conosce questi luoghi, chi conosce le distanze e le condizioni della viabilità già prima del sisma, chi conosce la meteorologia di quei luoghi d’invero, comprenderà, che queste sistemazioni, non potevano rappresentare la soluzione per avere un accesso più agevole agli istituti scolastici della città, di quello che avrebbero potuto avere rimanendo sulla costa.
Quindi, come moltissimi altri sfollati, non abbiamo potuto accettare questo tipo d’offerta, ma diversamente da altri, abbiamo insistito che verificassero ancora la disponibilità di soluzioni alternative, e, come per magia, è uscito fuori un agriturismo a Trignano.
Ora, per chi non è di questi luoghi, Trignano è una frazione del comune di Isola del Gran Sasso, un comune che si affaccia sul versate teramano del Gran Sasso, la frazione si trova a 2 km dal casello autostradale di San Gabriele - Colledara, e a solo 35 km dal casello di L’Aquila est, la zona che ospita la maggior parte degli istituti superiori della città disastrata.
Questa soluzione, per le distanze, e per il tipo di strada di collegamento, è tutta autostrada, ci è sembrata immediatamente la migliore, così, seguendo le indicazione che ci sono state date al COI, abbiamo fatto immediatamente visita ai gestori di questo agriturismo, ed abbiamo concordato che ci saremmo trasferiti da loro nel giro di una settimana.
Quindi a metà Agosto inizia nuova avventura in questo agriturismo, durerà tre mesi, poi, come avrò modo di illustrarvi, si risolverà nel peggiore dei modi, ma l’avventura nell’entro terra tremano continuerà e ancora continua, presso un’altra struttura dello stesso comune.
La vita ad Isola del Gran Sasso, l’agriturismo lager (Agosto – Ottobre 2009)
Ricordate, le vessazioni di Roseto, bene in questo agriturismo, le cose se volete, sono andate pure peggio.
Ma cominciamo dall’inizio.
A prima vista il posto, la sistemazione e l’ambiente, potevano apparire migliori di quello lasciato sulla costa, ma ben presto, man mano che sono sopraggiunti nuovi sfollati la realtà si è rivelata.
Nel breve volgere di 10 – 15 giorni ci siamo ritrovati a raggiungere il ragguardevole numero di 30 – 35 presenze, che per una struttura, non proprio alberghiera, nata come agriturismo, come residenza diciamo di fortuna per viaggiatori o vacanzieri mordi e fuggi, si è ben presto rilevata ingestibile.
Mi pongo subito la prima domanda:
ma nella meravigliosa macchina istituzionale, chi, aveva il compito verificare l’accoglienza e la capacità logistica di ciascuna struttura, ammesso che ci fosse qualcuno preposto a questi controlli?
Comunque, questa situazione si è ben presto rilevata ingestibile, soprattutto perché, come è emerso immediatamente dopo pochi giorni di soggiorno, i titolari hanno mostrato tutto il loro pressappochismo, tutta la loro più assoluta incapacità ed incompetenza nella gestione, che è andata sempre più peggiorando con l’aumentare degli ospiti.
Così è emerso:
- che nel passato questa struttura non aveva mai offerto pasti agli ospiti, ma si era limitata a fornire solo l’alloggio;
- che in questa struttura, non operava, ne aveva mai operato personale addetto alla gestione dei servizi;
- che quindi, per fare fronte alla delibera regionale 582, nella struttura, venivano impiegati parenti e amici dei gestori, che via via si sono improvvisati nelle attività di cucina, pulizia, amministrazione, con evidenti disservizi per gli ospiti;
- poi sono venute alla luce le carenze tecniche della struttura stessa, quali:
- inadeguatezza di un impianto di riscaldamento negli alloggi, che non essendo autonomo ma centralizzato, non era adeguato a coprire le singole necessità degli ospiti,
- e successivamente, l’inefficienza dell’impianto elettrico, che erogando una bassa potenza, non copriva l’esigenza di un cosi elevato numero di ospiti, saltando ad ogni banale sovraccarico;
- infine, emergevano tutte le carenze, e lacune derivanti dall’utilizzo nella gestione della struttura, di parenti e amici, che svolgendo nella vita altre professioni, non erano in grado di coprire gli orari imposti dai gestori, divenuti rigidissimi per i pasti;
così, accadeva sistematicamente che i tavoli venivano sparecchiati al volo, si mangiava con l’imbuto per stare nei tempi che i gestori avevano imposto ai sfollati, e a questo personale del tutto atipico;
finiti i pasti, il locale mensa e la cucina venivano chiusi a chiave dai titolari, che nel giro di 30 minuti lasciavano la struttura, e gli ospiti rimanevano fuori dall’unico locale della struttura caldo e coperto;
non rimaneva un luogo di ritrovo, un tavolo, una sedia, nulla per scambiare due parole, per socializzare, neanche ai carcerati viene negata l’ora d’aria;
- così accadeva che, dopo mangiato, nel periodo in cui il tempo lo ha consentito, Agosto metà Settembre, per scambiare due parole, ci incontravamo all’aperto, seduti sui ciglio di un marciapiedi, e poi via nelle nostre stanze;
una vita sempre più difficile da sopportare, scandita solo dagli orari della mensa, colazione, pranzo, cena. Il resto del tempo ogni famiglia lo passava chiuso nella propria stanza, senza nessun rapporto sociale.
Da sfollati deportati, ora ci sentivamo, ed eravamo, prigionieri di questi aguzzini, mia moglie Anna. diceva di sentirsi come in un carcere di massima sicurezza, come a “Le Costarelle”, il carcere di L’Aquila, senza che avesse commesso nessun reato. E questa descrizione, mi accorgevo che calzava a pennello con la situazione che stavamo vivendo in quel periodo.
Ma la situazione, con l’inizio dell’anno scolastico sarebbe ancora precipitata.
Tutti gli sfollati, che nel periodo Agosto – Settembre, si erano spostati dalla costa nell’entroterra, ed in particolare, tutti noi che ci trovavamo ospiti in quel campo di concentramento di Trignano, lo eravamo fatto con l’obiettivo di poter raggiungere le scuole in maniera più agevole, più comoda, senza l’assillo degli orari d’albergo.
Oltre a quanti di noi, avendo ancora un lavoro, speravano di potersi muovere meglio, di poter raggiungere il luogo di lavoro più agevolmente.
Niente di più sbagliato.
La viabilità della città, in quel periodo era ulteriormente peggiorata, vista la contemporanea presenza di cantieri del progetto CASE, di cantieri per la realizzazione dei MUSP (moduli uso scolastico provvisori), cantieri per la viabilità, le famose rotatorie, considerando tutto ciò, i tempi di percorrenza, da e per L’Aquila, erano divenuti ormai imprevedibili.
In aggiunta a quanto descritto, si aggiungeva la problematica di una turnazione caotica dei figli a scuola, vuoi per la precarietà degli edifici scolastici, molti dei quali ancora in costruzione, vuoi per le assenze imprevedibili degli insegnati, e poi gli allarmi sisma ed i conseguenti sgombri improvvisi ad ogni più piccolo evento sismico, e la successiva nevrosi che a tutti noi genitori ci ha assalito, il timore e la preoccupazione per i figli, che ogni giorno lasciavamo, nella speranza che tutto andasse a buon fine.
Insomma per dirla in breve una vita d’inferno.
Solo noi che abbiamo vissuto questi eventi, possiamo descrivere, capire questa situazione di precarietà, che strisciando si andava ad annidare nella nostra vita, trasformandosi in una situazione di normalità, che nulla aveva di normale.
Tutti noi, abbiamo cominciato ad accumulare ritardi su ritardi, non siamo più stati nelle condizioni di rispettare uno solo degli orari stabiliti dai conduttori, o meglio dagli aguzzini dell’agriturismo che ci ospitava, perché ciò era impossibile, vista la precaria situazione della città.
Quindi, si sono venute a creare delle situazioni molto particolari.
Alcune famiglie, come quella dell’amico Gianfranco, composta da quattro persone, lui, la moglie e due dei quattro figli, per una serie di problemi, si è trovata ben presto in difficoltà più degli altri, e nell’occhio del ciclone.
Infatti, come tutti noi, anche Gianfranco aveva la necessita di accompagnare a scuola Mauro, il figlio più piccolo, mentre, come molti di noi, doveva recarsi tutti i giorni al lavoro, ma in più doveva rispettare orari e turnazioni di lavoro, ben presto si è trovato in difficoltà nel coniugarli con gli imprevedibili orari scolastici, inoltre, anche Sara, la figlia che lavorava a Teramo, dovendo anche lei rispondere a turnazioni di lavoro, si è trovata naturalmente nelle condizioni di non poter offrire nessun appoggio alla famiglia, anzi ben presto è stata una degli ospiti più penalizzati.
Per fare fronte a tutti questi problemi, la famiglia di Gianfranco, ad esclusione della figlia, è stata costretta dagli eventi, ad organizzare la giornata autonomamente, quindi la mattina presto con in bocca ancora il sapore di un caffè bevuto di corsa, erano in macchina per rientrare la sera dopo le 20,00 – 20,30 trafelati da una caotica giornata di lavoro, nella vana speranza di potersi rifocillare con tranquillità, di scambiare due parole, di staccare la spina, invece proprio da qui sono iniziate le più scandalose vessazioni.
Sembrava che i conduttori della struttura lo facessero apposta, la cena veniva servita sempre prima, arrivando a servirla alle 19.00 – 19,30. La cattiveria dei conduttori della struttura, non si limitata nel servire loro i pasti sempre più freddi, immangiabili, hanno saputo fare di più, si sono superati, hanno cominciato a servire al tavolo non più nei piatti ma su vassoio.
E fin qui non ci sarebbe nulla di strano, se non fosse che la struttura essendo appunto un agriturismo non aveva un vero locale mensa, questo era stato ricavato da un locale attiguo alla cucina, dove erano sistemati tre tavoli nei quali sedevano per forza di cose tuti gli ospiti della struttura, più nuclei familiari nello stesso tavolo.
A seguito della modifica introdotta, accadeva sistematicamente che la loro parte veniva consumata dagli altri commensali, senza che i conduttori si curassero se ne rimaneva a sufficienza per loro, che quindi rimanevano sempre più spesso senza mangiare, o nella migliore delle ipotesi con le porzioni contate, sempre più ridotte.
Addirittura spesso quando tornavano, trovavano già sparecchiato e dovevano consumare la cena in stanza, cosa che accadeva con regolarità alla povera Sara, che tornando da Teramo doveva sempre mangiare freddo, in stanza, accontentandosi di quel poco che restava.
Una sera, i conduttori dell’agriturismo, sono stati capaci di lasciare il minestrone che era stato servito per cena, fuori dal locale mensa già chiuso a chiave, dentro un pentolone, con piatti, rigorosamente in plastica, e posate, forchette e coltelli, ma senza cucchiai, il tutto rigorosamente freddo, ci troviamo a fine Settembre, e da queste parti come a L’Aquila in questo periodo non è caldo, anzi cominciano le prime notti fredde, e dopo una giornata di lavoro, avrebbe fatto piacere un piatto caldo scambiando due parole.
Una cattiveria che ha dell’inverosimile, dell’immotivato, un comportamento da “Gestapo”, esattamente ciò che imponeva la delibera regionale n.° 582.
Ed i controlli direte, manco a dirlo, neppure l’ombra.
E le cose sono precipitate ancora di più, quando, con l’arrivo di un ultima famiglia, i titolari hanno completamente mollato quel minimo di gestione della struttura che formalmente, malamente, ancora avevano mantenuto, permettendo a questa famiglia, composta da sei persone, di prendere il sopravvento su di essi e su tutti noi.
Così questi nuovi sfollati, hanno potuto in poco tempo imporre i loro tempi, le loro esigenze, il loro modo di vivere a tutti noi.
Cosi è accaduto che la mamma, si è sostituita al personale dell’agriturismo, prendendo di fatto possesso della cucina, imponendo a tutti noi i gusti dei figli.
Una cucina, che se fosse stata sana, poteva anche essere accettata, ma invece si è rilevata disgustosa, fatta solo di porcherie adatte a bambini viziati, quindi abbiamo cominciato a mangiare tutti i giorni, solo ciò che mangiavano queste piccole pesti, roba fritta, congelata, surgelata, e poi dolci improponibili.
Infine, con molto poco buon gusto, questi signori con i loro comportamenti hanno fatto in modo di far trapelare una palese differenza sociale, che evidentemente non c’era, ne poteva esserci, vista la situazione di sfollati che ci accomunava.
Tutto ciò evidentemente frutto di un latente complesso d’inferiorità, che in queste precarie condizioni di sfollati, emerge come un muro a difesa dell’integrità della famiglia, muro e complesso, che probabilmente in una situazione normale, sarebbe stato represso o non si sarebbe manifestato.
Così, mentre noi ci sorbivamo i loro disgustosi gusti, è accaduto che sulla loro tavola si è materializzata una cucina del tutto particolare, sono apparse anche delle “aragoste”, alimenti certamente fuori luogo con l’emergenza di quei giorni, mentre a noi continuavamo ad essere serviti i soliti pasti.
Tutto ciò, di per se, anche se rimaneva di cattivo gusto, sarebbe anche stato accettato per quieto vivere, se la cosa non avesse trovato l’appoggio dei titolari, che praticamente avevano mollato la gestione, consentendo loro:
- prima l’accesso nel locale mensa,
- poi alla cucina,
- a seguire la scelta e l’imposizione dei generi alimentari,
- per finire la gestione dei fornelli.
Tutto ciò che invece a noi era precluso, interdetto, e che nel tempo, ha creato una situazione conflittuale tra le famiglie.
Così tra gli sfollati è cominciata prima la disapprovazione, poi con il tempo sono sorte le prime discussioni nelle quali si sono fatte notare e pesare queste situazioni sgradevoli, quindi le discussioni si sono trasformate in litigate, a volte anche furiose, per finire anche alle mani.
A questo punto, posso affermare che avevamo proprio toccato il fondo. Ho capito che era necessario riportare ordine, visto che quanto accadeva era in contrasto con i più elementari principi di convivenza, e con quanto previsto dall’ordinanza regionale n.° 582.
Così abbiamo cominciato ad indagare, abbiamo scoperto che il personale che svolgeva i compiti di cucina, pulizia e amministrazione non era assolutamente in regola, non era segnato, erano per lo più amici e parenti dei conduttori, veniva retribuito a nero, e non aveva le necessarie autorizzazioni sanitarie, ne aveva indumenti idonei a svolgere il lavoro, sia dal punto di vista della sicurezza, che dal punto di vista igienico sanitario.
Ma, a seguito di questi controlli, la cosa più grave che emergeva, e che questa struttura non avendo il personale in regola, era inadempiente con i versamenti INPS e INAIL.
Di conseguenza, se ci fossero stati dei controlli adeguati, non sarebbe stata in regola neanche con il relativo “DURC”, per cui non avrebbe potuto ottenere la convenzione con la Regione per la somministrazione dell’assistenza ai sfollati.
E allora mi domando ancora una volta:
Ma chi è che doveva fare questi controlli?
E perché non sono stati mai fatti?
E quante altre strutture hanno operato in questa maniera?
E tutti questi denari pubblici che si sono riversati su queste strutture, non sono forse un finanziamento illecito di attività fuori legge?
Ci sarà mai qualcuno che interverrà su questi temi?
Intanto i titolari, che avevano completamente perso il controllo della situazione, hanno cavalcato la situazione conflittuale tra le persone, aggiungendo benzina al fuoco, la situazione è ben presto divenuta esplosiva in vivibile.
Così, nel giro di 20 giorni i 35 sfollati ospitati nella struttura si sono volatilizzati, ogni famiglia è andata via, ha trovato una nuova sistemazione per proprio conto attraverso il COI di Giulianova, lasciando quel posto dove eravamo tutti divenuti prigionieri di questi aguzzini, nelle nostre stanze, dalle quali non uscivamo più neanche per mangiare, per evitare d’incontrarci.
Anche noi, che abbiamo cercato di rimanere il più possibile fuori da qualunque discussione, che abbiamo cercato sempre, in tutti i modi di evitare qualunque possibilità di attrito, alla fine, nostro malgrado, siamo stati coinvolti, ed ha quel punto, nel giro di due giorni, come gli altri abbiamo cambiato aria, trasferendoci in un’altra struttura alberghiera sempre nel comune di Isola del Gran Sasso nello stesa struttura dove l’amico Gianfranco ci aveva preceduto solo la settimana prima.
Ma mentre traslocavamo per l’ennesima volta, mi ponevo ancora una domanda:
“Ma come poteva essere possibile che il COI di Giulianova non inviasse una ispezione in quel posto?”
Non poteva essere normale che tutti i 35 sfollati assisti in quella struttura avessero chiesto contemporaneamente un trasferimento nel giro di una settimana. Mi sembrava evidente che l’anomalia facesse nascere un sospetto.
Ma a chi non frega nulla della situazione che vivono dei semplici numeri, o peggio, a chi è colluso con queste persone non può, ne deve dare nessun segnale.
Questo è stato per me il primo campanello d’allarme, quello che ha dato la definitiva conferma alle mie convinzioni, da questo ennesimo episodio che si andava a sommare a quelli vissuti a Roseto, ho capito che stava iniziando una nuova tangentopoli.
Solo molti mesi dopo ci sarà la conferma di questi fatti, quando apprenderemo che mentre L’Aquila tremava alcune carogne se la ridevano.
Questo è proprio un paese che non ci merita, l’idea di andarcene in Svezia era la più giusta, ma per ora avevo deciso con me stesso di non gettare benzina sul braciere, questa triste idea l’avrei condivisa solo con me stesso.
Le cose possono cambiare, una speranza per il futuro (la situazione dei sfollati dopo nove mesi)
Venivamo da una serie di esperienze tutte assolutamente negative.
Riepilogando: Roma, problemi di convivenza con i familiari, Nettuno, ambiente e luogo in vivibile, Roseto, le vessazioni dei titolari della struttura alberghiera, Trignano, il lager, l’incapacità e le vessazioni dei gestori.
Capirete bene che, dopo queste esperienze fatte sulla nostra pelle, in soli sette mesi vissuti da sfollati, errando da una struttura all’altra, eravamo pronti a reagire alla minima intolleranza, non eravamo certo nello spirito di subire ancora vessazioni, eravamo proprio inc…..ti neri, pronti ad andare allo scontro non appena si fosse presentata l’occasione.
Invece, accade qualche cosa di nuovo, di positivo, e nel tempo ci renderemo conto di molto positivo, la struttura che ci ospita è un Residence di Isola del Gran Sasso, dove ritroviamo l’amico Gianfranco, la sua famiglia che ci aveva preceduti una settimana prima.
Il luogo e bello, pulito, ordinato, ci sono altri sfollati, e tra questi c’è anche una famiglia che era con noi nell’hotel di Roseto, lascerà il residence per rientrare a L’Aquila, solo pochi giorni dopo il nostro arrivo.
L’Ambiente e bello, cordiale, quasi familiare, abbiamo subito modo di costatare come i conduttori di questa bella struttura, una deliziosa coppia avanti con gli anni, siano dei grandissimi lavoratori, gente veramente per bene.
Io e Gianfranco, ben presto catturiamo l’amicizia del titolare, il sig., Sergio, che ci racconta e aggiorna su alcuni avvenimenti che lo hanno coinvolto:
- i lavori, e le spese sostenute di tasca propria, per rendere da subito agibile la struttura danneggiata dal sisma, ci mostra i segni che non sono stati del tutto cancellati;
- successivamente a questi lavori l’immediata disponibilità data al COI di Giulianova per ospitare gli sfollati;
- l’attesa che il COI provvedesse ad inviare sfollati per tutto il mese di Agosto e per metà di Settembre 2009, mentre la struttura rimaneva vuota, ed i turisti erano stati respinti in attesa di quei sfollati che non arrivavano;
Così, mentre noi, tribolavamo a Trignano in quel lager, mentre in quei mesi molti sfollati che volevano avvicinarsi venivano inviati dal COI di Giulianova nella provincia di L’Aquila, nei comuni di Lucoli, Campo Felice, Rocca di Mezzo, in zone veramente improponibili, questa bella ed efficientissima struttura rimaneva vuota.
Perché?
Ci siamo risposti, quando un pomeriggio di fine Gennaio, io e Gianfranco abbiamo accompagnato il sig. Sergio al COI di Giulianova, per informarli che la struttura aveva alcuni appartamenti liberi, e ci siamo sentiti rispondere dal personale addetto che:
- l’obiettivo della Protezione Civile, era ora quello di spostare tutti gli sfollati dalla costa, in Provincia di L’Aquila;
- e che i sfollati rifiutavano la destinazione di Isola del Gran Sasso, preferendo le località della provincia aquilana, che venivano loro proposte.
Se volevamo sentire delle barzellette, questa in assoluto, viste le condizioni della città, e veramente la migliore, solo più tardi avemmo trovato una risposta a quel commento, quando mia moglie Anna incontrò per Isola del Gran Sasso uno sfollato, e il caso vuole che costui fosse il nonno di un ex compagno di scuola di nostro figlio Marco.
Dopo i convenevoli del caso costui informa Anna di essere alloggiato ad Isola proprio nel nostro vecchio Agriturismo, il lager di Trignano, assieme ad altri 15 – 16 sfollati tutti provenienti dalla costa che si erano appena sistemati da una settimana.
Ma come, il COI di Giulianova ci aveva detto solo pochi giorni prima che nessun sfollato accettava la sistemazione ad Isola del Gran Sasso?
Ci aveva informato che le direttive della Protezione Civile erano di fare rientrare tutti gli sfollati che erano sulla costa, nella provincia di L’Aquila?
L’offerta del sig. Sergio con molta gentilezza, era stata respinta?
E dopo due settimane vengono spostati 15 sfollati alloggiati sulla costa a Isola, e vengono tutti sistemati nell’Agriturismo lager di Trignano, quello stesso agriturismo dal quale la mia famiglia, quella di Gianfranco e altri 26 sfollati eravamo fuggiti perché divenuto invivibile, ed al COI di Giulianova che era a conoscenza di tutto ciò perché lo spostamento tra le varie strutture alberghiere poteva avvenire solo previo la loro autorizzazione, questi movimenti non avevano destato sospetti, e mentre il Residence di Sergio continuava a rimanere con le camere disponibili per i sfollati questi venivano tranquillamente indirizzati solo in quell’agriturismo.
Ma vuoi vedere che anche qui c’è qualche colluso?
Qualche interesse poco chiaro?
Intanto le attenzioni di questa deliziosa coppia verso di noi sono veramente esemplari, al punto che la sig.ra Tea aspetta tutti i giorni, l’arrivo dei studenti da L’Aquila, che con il bus riescono ad essere in tavola non prima della 15,00 – 15,30 per servire loro sempre un pasto caldo.
Ma fa anche di più, la mattina è sempre in piedi alle cinque per preparare una colazione calda a tutti noi, e le merende per i ragazzi che vanno a scuola.
Sergio, il marito, si impegna al massimo per rendere confortevole il soggiorno a ciascuno di noi, si preoccupa se non mangiamo, se stiamo male o indisposti, si fa in quattro per inventare ogni giorno un menù nuovo, si è addirittura attrezzato di tutto punto per servire i famosi arrosticini, con un braciere a motore, realizzato secondo le sue indicazioni, da un artigiano.
Durante il nostro soggiorno, veniamo a conoscenza del giorno in cui questa meravigliosa coppia compie l’anniversario di matrimonio. Io Anna e la famiglia di Gianfranco, anche per testimoniare la nostra riconoscenza a tutte le loro attenzioni nei nostri confronti, come quelle di tutti gli altri ospiti, decidiamo di offrigli un piccolo pensierino, un semplice ricordo dei giorni trascorsi finalmente in serenità nella loro accogliente struttura, una cosa molto semplice, per nulla impegnativa.
Tutto ciò ci ha legati ancora di più a loro, al punto che quando ci ha chiamato il sindaco del nostro comune per informarci che si erano creati i presupposti per un nostro trasferimento in una struttura alberghiera nei pressi di Stiffe, abbiamo trovato, perché comunque c’erano tute le prerogative, un modo cortese per rinunciare al trasferimento.
Sono ormai molti mesi che ci troviamo nella struttura del Sig. Sergio e della Sig. Tea, e crediamo che fino a quando non ci verrà offerta la possibilità di rientrare nel nostro comune, nei MAP, rimarremo se sarà possibile qui.
Lo sporco uso della propaganda politica - (Marzo 2009)
Durante questo lungo anno da sfollato errante per l’Italia, ho potuto assistere a tutto ciò che è nell’immaginabile di ciascuno di noi, mi sono quindi reso conto che al peggio non c’è limite, quanto affermo è supportato da quanto di seguito Vi descrivo, premettendo che questi sono tutti fatti veri e documentati.
Dunque, in questo periodo ho potuto assistere a quanti si sono potuti impunemente permettere di strumentalizzare la tragica situazione del dopo sisma, per qualunque fine, anche i più spregevoli.
Non poteva quindi mancare la politica, ed i vari politicanti di turno, venuti tra di noi, tre la gente, tra le macerie, a raccogliere il loro momento di gloria, manifestando una falsa solidarietà che nascondeva sempre e solo sporchi interessi propagandistici, quando non nascondeva i più squallidi interessi economici.
Ora, che il nostro premier ha utilizzato gli avvenimenti in Abruzzo, ed in particolare la distruzione di L’Aquila per un suo personale uso è ormai noto a tutti. Ma cosa vogliamo dire dell’uso volgare, sporco, irrispettoso delle 308 vittime del sisma e dei loro familiari, fatto in occasione della recente campagna elettorale per le elezioni provinciali di L’Aquila.
Lo sento come un dovere civico, debbo in qualche maniera documentarVi su quanto è accaduto in questo mese di Marzo 2010, proprio alla vigilia di quella triste data del 6 Aprile, divenuta giornata di lutto, per volere dei cittadini.
Dunque, come detto siamo alla vigilia delle elezioni provinciali di L’Aquila, la candidata del centrosinistra, la presidente in carica, l’On. Stefania Pezzopane, è data per vincente, infatti, da un sondaggio pubblicato solo poche settimane prima, risulta essere la presidente di provincia più amata dagli italiani, e sicuramente tra gli aquilani ed i sfollati.
Il centrodestra, specialmente a L’Aquila, dopo le recenti manifestazioni del popolo delle carriole, dopo gli scandali che si sono abbattuti su funzionari dello stato coinvolgendo i massimi vertici della Protezione Civile, è in condizioni critiche, serve evidentemente un guizzo per richiamare a raccolta i fedelissimi, per tentare di strappare questa importate provincia, divenuta strategica, per legittimare una politica nazionale di consensi costruita strumentalmente proprio sulla gestione del dopo sisma.
Allora, colpo di genio, qualche spregiudicato politicante di bassissimo spessore politico, pesca su internet una foto pubblicata ben 13 anni prima sui quotidiani dell’epoca, risalente al terremoto in Umbria, quest’immagine, indubbiamente riprende un campo profughi, dove sono immortalati dei container, ed è ben visibile che in questo campo c’è vita, sono ritratte persone in attività quotidiane, si vede chiaramente il campo con le vie d’accesso illuminate, come si vedono le luci in alcuni container, inoltre ci sono le serrande di alcune finestre alzate, segno evidente di vita.
Fin qui nulla di strano, si evidenzia semplicemente una immagine, uno fotogramma, uno scatto di alcuni anni fa, nulla di particolare, ma ecco il colpo di genio, l’idea delle idee, la foto viene mirabilmente tagliata, quindi viene composto un montaggio tra questo nuovo fotogramma ed una foto recentissima, che riprende uno degli edifici realizzati nei nuovi quartieri, le new town del progetto CASE, e voilà il gioco è fatto.
Ora al genio, basta aggiungere una didascalia a siffatta composizione, del tipo “Umbria e Marche 1997, governo Prodi, ad oggi container per famiglie-Abruzzo 2009, governo Berlusconi, ad oggi case antisismiche per le famiglie” il messaggio è forte, chiaro e di sicuro impatto sulle menti di chi ha subito un così devastante trauma da poco meno di un anno.
In questa maniera si e voluto mettere in contrapposizione il tragico passato delle popolazioni colpite dal sisma in Umbria, lasciate dopo 13 anni al loro destino, con le nuove costruzioni realizzate da questo esecutivo. Per rimarcare questo concetto basta aggiungere una frase, ed il gioco è fatto “il governo dei fatti, la differenza che conta”, strumentalizzando tutto ciò per fini propagandistici ed elettorali.
Questa analisi, che è del tutto soggettiva, risulta incompleta, manca infatti un’analisi del fatto che rappresenta, non viene indicato il luogo dove è stata scattata la foto, ne a quando risale il fatto documentato, il tutto poi non è suffragato da riferimenti giornalistici, non ci sono interviste o dichiarazioni rese dai residenti ritratti, ne degli amministratori locali, c’è semplicemente una foto con l’aggiunta di alcune didascalie.
Da questo fotogramma si può semplicemente affermare, innegabilmente, ciò che con questa immagine viene documentato, cioè un avvenimento che sicuramente è accaduto ma di per sé non dice nulla di più, non ci sono elementi per giudicare, sembra piuttosto un evidente uso strumentale e spregevole, di una innegabile situazione di disaggio di una comunità.
Del resto, per suffragare l’uso strumentale della politica basta andare indietro nel tempo, solo di pochi giorni, in occasione della programmata manifestazione di Roma, voluta dal premier, quando il coordinatore nazionale del Pdl, Denis Verdini, aveva invitato agli aquilani a partecipare in massa in segno di gratitudine al governo.
Costui scrive, ma mostra di non conoscere nulla di ciò che è accaduto in Abruzzo, di ciò che è stato fatto o non fatto a L’Aquila. Costui non sa neanche cosa sostiene di aver fatto il suo stesso governo, non conosce neanche i dati diffusi dalle fonti istituzionali ufficiali, pubblicate in internet, non sa quanti sono gli alloggi edificati con il progetto case, arriva addirittura a dichiarare che sono state consegnate case a 40.000 sfollati.
Ma come crede di sistemarli 40.000 sfollati in 4.500 alloggi, che hanno una superficie compresa tra i 40 ed i 75 mq lordi?
Sistemare 40.000 sfollati in 4.500 alloggi del progetto CASE sarebbe come dire, che in ogni abitazione ci infiliamo (40.000 / 4.500 =) 8,8 diciamo, 9 sfollati, ma vogliamo scherzare?
Ma il sig. Verdini dove caspita vive?
E poi, conosce le norme di sicurezza?
Sa che per ciascuna persona, in un alloggio spettano per legge 15 mq di superficie?
Come crede di stipare nove sfollati in 75 mq?
E’ questo sarebbe il miracolo Aquilano?
Questo è il governo del fare?
Stiamo messi proprio di m…a !!!!!!!!! (scusate)
Ed hanno pure la presunzione di fare raffronti con l’uso dei container nei terremoti in Umbria e nelle Marche, in quale triste occasione passata sono state stipate 9 persone in un container, in una baracca, in un alloggio?
E poi la gratitudine verso il governo?
E la popolazione beneficiata dalla straordinaria azione di Berlusconi?
Forse, la stampa becera e comunista, ha fatto in modo che non si sapesse, che il piccolo cavaliere a contribuito di tasca propria alla devastazione del territorio, per la realizzazione di interi quartieri, o meglio le new town, su terreni agricoli, spianando colline verdi e ricche di vegetazione nel “parco nazionale del gran sasso e monti della laga” ?
Ma che significa ciò?
Non siamo forse cittadini come tutti?
Non abbiamo anche noi diritti sanciti dalla costituzione?
Sui nostri stipendi, come su quelli di tutti coloro che percepiscono un reddito fisso, forse non grava fino a un decennio fa il contributo relativo alla voce GESCAL, che i giovani forse non conoscono, ma chi ha qualche capello bianco come me, conosce benissimo, sa che questa tassa serviva a finanziare l’edilizia economica e popolare.
Domando, tutti questi soldi, si parla di 2,4 miliardi di €, che fine hanno fatto?
dove sono le case popolari realizzate con i contributi dei lavoratori?
Ma lo vogliamo dire, le meravigliose new town antisismiche volute da questo governo contro i pareri di tutti, cittadini, enti locali, amministrazioni, tecnici, architetti, urbanisti sono state edificate con i nostri soldi, con i soldi di tutti gli onesti lavoratori italiani, e allora, per quale straordinario motivo dovremmo essere riconoscenti a un despota, che, come dichiara Verdini nella sua missiva, ha agito solo per i suoi interessi.
All’on, D. Verdini sfugge un dettaglio, il popolo ha una dignità.
Il popolo non si deve inchinare a nessun monarca o presunto tale, se le popolazioni locali sono in debito di riconoscenza, lo sono certamente verso il corpo dei vigili del fuoco, verso i volontari che hanno prestato la loro opera per mesi, mentre altri se la ridevano allegramente.
Sicuramente il popolo, gli sfollati non sono in debito di gratitudine con il piccolo cavaliere, che dopo quest’ultima uscita del coordinatore PdL on. Verdini, è ancora più piccolo del solito.
Sciacalli!!!!!!!!!!!
Il giro d’Italia passa per L’Aquila - E la propaganda continua - ( 21 Maggio 2010)
E la propaganda, continua.
In occasione del passaggio del giro d’Italia, per alcuni dei centri colpiti dal sisma del 6 Aprile 2009, mentre ancora oggi la circolazione in città, come in periferia, rimane caotica, mentre la maggior parte delle strade risulta essere ancora in uno stato pietoso, con vie dissestate, piene di buche e mancanti di segnaletica orizzontale o insufficiente, con i cantieri ancora all’opera per realizzare delle inutili rotatorie, che per ora hanno il solo merito di peggiorare la circolazione, gli organizzatori del giro d’Italia, mirabilmente, trovano conveniente tracciare un percorso, che guarda caso costeggia alcune delle 19 new town.
Forse tutto ciò non è proprio un caso, il sospetto che questo percorso sia stato studiato a tavolino, per permettere riprese televisive che per puro caso, inquadrassero al passare dei corridori proprio queste opere, proprio quelle 19 new town tanto chiacchierate in questi giorni, sembra lecito, infatti il percorso negli ultimi chilometri passa, sempre per una strana coincidenza, per San Gregorio, Onna, Paganica, Bazzano, Sant’Elia, proseguendo per Porta Napoli, per poi concludersi alla Villa Comunale.
E sempre il caso, vuole che in quelle stesse zone sorgano alcune delle 19 new town, proprio quelle dove le opere d’urbanizzazione sono state portate a termine, quelle che comunque si trovano in zone già integrate e servite da infrastrutture preesistenti nel tessuto urbano, nelle località di Paganica, Bazzano e Sant’Elia.
A Onna, fa bella figura il nuovo insediamento di Villette, perfettamente funzionante, che nulla ha a che vedere con i M.A.P. della Protezione Civile, queste sono state donate dalla provincia autonoma di Trento, realizzate dai tedeschi con i soldi della croce rossa, mentre il villaggio costruito e a San Gregorio è sopra un colle, quindi non è ben visibile dalla strada, anche questa è una casualità.
Tutto ciò accade sempre per uno strano disegno del destino, ad un anno dal sisma, in concomitanza a quanto sta venendo alla luce in questi ultimi mesi, proprio in coincidenza con la fine dello stato d’emergenza, con la fine del periodo nel quale i diritti civili delle popolazioni colpite dal sisma sono stati congelati, ma che dico, sono stati proprio sospesi da una dittatura imposta dai vertici, della Protezione Civile, che ha suon di ordinanze ha chiuso le popolazioni in un cordone invalicabile, un vero bavaglio alla libera informazione.
Tutto ciò dicevo, proprio quando cominciano ad emergere i vari intrallazzi di alcuni personaggi molto vicini ai vertici della Protezione Civile, e dello Stato.
Si è voluto evidenziare, mandando un messaggio televisivo subliminale, ancora una volta che a L’Aquila tutto è risolto, non ci sono più problemi, che la popolazione può tranquillamente esultare al passaggio dei ciclisti, e per rendere ancora più credibile la cosa, le strade percorse dai ciclisti hanno avuto una manutenzione preventiva del tutto speciale.
Infatti:
- si è provveduto prima a pulire i bordi dalle erbacce, mentre tutti noi sappiamo come sta ad esempio la scalinata di San Bernardino;
- si è rifatto il manto stradale solo delle strade percorse dai ciclisti, mentre rimane in uno stato pietoso nel resto della città;
- è stata completamente rifatta tutta la segnaletica orizzontale e si sono sostituiti i guard-rail;
avendo cura di effettuare questi lavori solo la dove si trovavano le telecamere fisse, che riprendevano o potevano riprendere l’avvenimento.
Nulla di più falso si poteva strumentalmente organizzare, e sono i comitati a testimoniare questo dissenso con striscioni e scritte, così comparivano lungo il percorso frasi del tipo, “Con + Chiodi sulla strada le bici vanno Cia-Lente”, e ancora “All’Aquila è tutto prefetto” che richiama l’ex prefetto Gabrielli, ed infine, prima dell’ultima curva, in prossimità di Porta Napoli, nei pressi dell’arrivo alla villa comunale “Noi 4 cialtroni voi 40 ladroni”.
Ma magia, la sospensione dei diritti civili continua, accade che il questore dà lo stop, la censura del terzo millennio si fa con la vernice nera, e viene tutto nascosto alle telecamere, il messaggio preconfezionato che si voleva dare agli italiani arriverà così come era stato preconfezionato dai media, senza contestazioni, apparrà tutto tranquillo e in ordine.
L’intervento dei cancellatori specializzati è stato immediato ed a ristabilito l’informazione di Stato, gli ordini del capo della questura Stefano Cecere sono stati eseguiti alla lettera e costui più tardi spiegherà: «È stata una disposizione nostra, ispirata da ragioni di opportunità. Si trattava, infatti, di frasi non riguardanti la manifestazione e, inoltre, poco opportune in una giornata di festa.
Una giornata di festa?
Ma il dr. S. Cecere cosa pensa che abbiano da festeggiare 49.000 cittadini che ancora vivono assistiti dalla Protezione Civile?
Questa giornata, che cade solo 45 giorni dopo la celebrazione del primo anniversario di quel 6 Aprile 2010, era secondo Lui da considerare “una giornata di festa”?
Ma stabilita da chi?
Per festeggiare cosa?
E chi?
Ma fortunatamente la fantasia del popolo delle carriole, non si esaurisce con le scritte sui muri o sull’asfalto, infatti vengo approntati dei striscioni, tutti con messaggi riguardanti la ricostruzione che non c’è e la situazione economica nella città devastata, con scritte del tipo “A maggio in rosa, da luglio al verde per tasse, mutui e prestiti” ed ancora, “L’Aquila, 15.000 nelle Case, 30.000 senza casa e senza lavoro”.
Questo è il vero miracolo aquilano!!!!!!!!!
Ma gli italiani non lo debbono sapere, il potere vuole che passi il messaggio preconfezionato, “tutto è stato risolto”.
Tra alcuni anni, ci troveremo ancora a parlare del sisma in Abruzzo, esattamente come ci troviamo ancora oggi a parlare dell’Irpinia, con la differenza che tra i due avvenimenti sono passati 30 anni, ma come potrete verificare non è cambiato nulla, non abbiamo capito niente dalla storia.
Ecco, questo è tutto, rimaniamo in attesa della prossima manifestazione di grido da convocare a L’Aquila, inutile, come lo è stato la prima, quel G8 che ci avrebbe dovuto portare tanto denaro per la ricostruzione, che avrebbe dovuto accendere i riflettori su L’aquila, ed invece ha permesso ai soliti noti, le ruberie di cui già oggi nessuno più parla.
Ci avete tolto anche il diritto di ricordare una tragedia, di onorare le vittime innocenti di un disastro che avete voluto, che avete atteso e cercato, solo per i vostri sporchi interessi economici, solo per utilizzare questa catastrofe per permettere al premier di ricostruirsi una VERGINITA’ con gli elettori e con la chiesa.
Giugno 2010 - ed ancora non è finita - (fino al 6 Giugno 2010)
Non mi rimane che aggiornarVi sugli ultimi avvenimenti compresi tra la fine di Maggio 2010 ed i primi giorni di Giugno 2010.
Allora andiamo con ordine.
- Il Prefetto F. Gabrielli, dalla prefettura di L’Aquila è passato ai vertici della Protezione Civile, per ora è il vice di Bertolaso, che ha invece assunto incarichi nel governo, ma è destinato a sostituirlo;
- la giunta regionale d’Abruzzo intanto sta scippando 47.000.000,00 € una parte dei fondi destinati alla ricostruzione di L’Aquila, quelli relativi all’assicurazione dell’ospedale S. Salvatore, che verrebbero utilizzati per coprire buchi in altre voci di bilancio;
- come previsto dal decreto Abruzzo, convertito in legge, è stato confermato che dal 30 Giugno riprende la gestione della normale tassazione, cominceranno ad esse restituite al fisco il 100% delle tasse non versate in questi 14 mesi, in 60 comode rate mensili;
- ripartiranno anche i mutui sulle abitazioni, anche per quelle distrutte, inagibili classificate E;
- e poi si ricomincia con il pagamento di ICI, TARSU, BOLLO AUTO, CANONE TV, e bollette arretrate di Energia elettrica, Acqua, e Gas;
- mentre rimangono detassati fino al 20 Dicembre 2010, i soli lavoratori autonomi con un giro d’affari compreso in un tetto massimo di 200.000,00 €;
- mentre, anche se ancora in attesa d’approvazione dall’Europa, viene varata la tanto attesa ed inutile “Zona Franca”, che è riconosciuta al solo comune di L’Aquila, escludendo quindi tutti i rimanenti 56 comuni del cratere, determinandone la morte economica, e lo spopolamento delle già poche giovani generazioni ancora ivi presenti;
- ma non è finita, intanto proseguono le indagini legate alla corruzione negli ambiti della Protezione Civile, così accade che anche quel sant’uomo di Bertolaso, cosi è stato dipinto fino ad oggi dai media, oltre a subire a sua insaputa le gentili attenzioni di signorine che si preoccupavano del suo stato di stress psicofisico accumulato nello svolgimento delle sue innumerevoli mansioni e missioni, ha avuto in dono, anche lui a sua insaputa, da quello stesso sig. Anemone di recente triste memoria, un appartamento;
- e che dire della Commissione Grandi Rischi, che il 31 di Marzo 2009, ci aveva tranquillizzato ed invitato per bocca di De Bernardinis, a berci un buon bicchiere di vino, dopo essere stata indagata riceve anche un bell’avviso di garanzia ed il successivo rinvio a giudizio, proprio per il mancato allarme.
Ma non è finita, ci stiamo dimenticando dei sfollati che ancora risiedono fuori di L’Aquila, di coloro che hanno avuto la sfacciataggine di concedersi una lunga vacanza di 14 - 15 mesi, fuori casa, a spese dello Stato, alle spalle di quel sant’uomo di Silvio I° d’Arcore, nelle meravigliose strutture alberghiere messe a loro disposizione.
Ma la giustizia per questi incalliti delinquenti, per questi profittatori esiste.
La grandiosa macchina di controllo e repressione dei crimini, istituita dal Governo e gestita dal “Commissario per la Ricostruzione”, di cosa non è ancora chiaro, attraverso l’ultimo censimento, utilizzando le fiamme gialle è riuscita finalmente a scovarLi.
Così, Voi Italiani che pagate sempre e puntualmente le tasse.
O voi altri, che a vostra insaputa vi siete ritrovati i risparmi di una vita custoditi in una banca a San Marino, piuttosto che in Svizzera, e con i risparmi lontano dall’Italia non avete potuto donare all’erario una parte dei vostri averi, e perciò siete ingiustamente accusati di evasione.
Cosi tutti Voi avete finalmente ottenuto giustizia, finalmente coloro che hanno causato il dissesto delle finanze pubbliche del Paese sono stati scovati, da oggi potrete vivere più sereni e tranquilli.
Così questi lestofanti una volta scovati hanno confessato. Per questi spregevoli individui che hanno finto di aver subito un cataclisma il gioco è finalmente giunto al termine, e come previsto da una delle ultime ordinanze a firma del nostro amatissimo primo ministro, che impone l’immediato rientro in città o in alternativa il pagamento a proprie spese del vitto a partire dal 1° Maggio 2010, sono iniziati i controlli a tappeto in tutte le strutture ricettive che hanno offerto i propri servizi, finalmente è stata scritta la parola fine a questo scempio.
“Lo confessiamo, siamo residenti nel comune di L’Aquila”, scopriremo in seguito che sono oltre 60.000 i lestofanti, sicuramente affiliati a qualche gruppo mafioso o camorristico che approfittando della notte del 6 Aprile 2009, si siamo fatti passare per sfollati, “abbiamo fatto in modo che ci fosse concessa a spese della Protezione Civile, ospitalità prima al mare, a Roseto, poi stanchi del mare abbiamo preferito un poco di vacanza in montagna, quindi abbiamo scelto i meravigliosi monti del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, ed abbiamo ottenuto di trasferirci ad Isola del Gran Sasso, in un meraviglioso Agriturismo lager, ma verso natale in previsione di una stagione più pungente abbiamo optato per un Residence con tutti i confort, e pensando di trattenerci fino a primavera, abbiamo selezionato con cura una struttura con piscina, in previsione dei meravigliosi bagni e del sole che ci saremmo potuti concedere nel ponte compreso tra la Pasqua ed il primo Maggio, mai avremmo potuto pensare di essere scoperti”
A seguito di questa confessione resa dai lestofanti che sono stati segnalati alle autorità, si è dato corso all’immediato rientro forzato nella fiorente e ospitale città di L’Aquila, dove sconteranno la pena loro inflitta.
Ma che film avete visto?, Ma che avete fumato?, Ma tornate a servirvi dal vostro pusher di fiducia, che il nuovo vi da roba che fa schifo!!
Gli ultimi avvenimenti (Giugno 2010)
Torniamo con i piedi per terra, per favore e raccontiamo gli avvenimenti come stanno accadendo.
La mia famiglia e quella dell’amico Gianfranco, con cui ho condiviso almeno 9 – 10 mesi da sfollato, e con il quale oggi condivido e subisco anche questa angheria, “come non bastassero quelle subite fino ad ora”, dopo aver partecipato all’ennesimo censimento, “per dire la verità questo è il terzo censimento in 14 mesi”, nel quale abbiamo dovuto dichiarare di non possedere altre abitazioni, come se ci potesse essere qualche persona di buon senso, che avendo una seconda abitazione di proprietà, agibile e disponibile, nel proprio comune di residenza o nelle vicinanze della città, possa preferire per 14 mesi la vita da sfollato, la vita che abbiamo e stiamo conducendo, che vi sto descrivendo.
Ma guarda come è strana la vita in Italia, noi sfollati, sopravvissuti alla catastrofe dobbiamo dichiarare di non avere altre abitazioni, mentre chi possiede yacht di oltre 10 m può impunemente, essere nullatenente per il fisco italiano.
In questi casi le fiamme gialle non vengono immediatamente mobilitate per scovare gli evasori, e se per merito di qualche diligente funzionario di Stato si scopre l’evasore, questo ha la facoltà, con i suoi avvocati, di concordare con lo Stato una ammenda, che corrisponde a un decimo del dovuto, per cancellare il reato.
Ma suvvia qualche persona seria in questo Paese c’è?
Dicevo, noi sfollati, trattati come biglie, da un posto all’altro, da un comune all’altro, dalla costa sul mare, all’interno fra le montagne, secondo quanto poteva partorire il cervello fuso di qualche burocrate, che comodamente seduto alla sua scrivania a Roma, si trastullava tra i confort extralusso a lui concessi, e aveva l’ardire di decidere del nostro futuro, scrivendo incomprensibili ordinanze che disponevano dei nostri diritti civili e della nostra vita, che nel giro di poche ore venivano poi sottoposte alla firma del sempre vigile e presente on. Silvio Berlusconi.
Cosi, in questi mesi abbiamo fatto i birilli tra L’Aquila ed il comune di Isola del Gran Sasso, vuoi per lavoro, vuoi per accompagnare e riprendere i figli da scuola, in attesa di eventi, che ogni giorno, ogni settimana e poi ogni mese, venivano rimandati da una burocrazia, messa in piedi al solo scopo di giustificare, di coprire tutte le inefficienze, soprattutto il grande bluff della ricostruzione, senza l’ombra di un quattrino.
Così, mentre la famiglia di Gianfranco, che fortunatamente, per quanto si possa utilizzare questo termine per descrivere questa situazione, ha avuto un’abitazione classificata B, rimaneva in attesa di poter iniziare i lavori che qualche deficiente, con un’ordinanza scritta in corso d’opera ne aveva modificato la tempistica legandola alla conclusione dei lavori condominiali.
Io e la mia famiglia, che abbiamo invece avuto l’abitazione classificata E, rimanevamo ancora in attesa che qualche burocrate si ricordasse di scrivere l’ordinanza e i decreti attuativi riguardanti la gestione dei consorzi obbligatori, e che si preoccupasse di trovare i fondi per la ricostruzione.
E nel frattempo accadeva che la ditta che aveva avuto l’incarico per i lavori condominiali di Gianfranco, dopo l’inoltro della documentazione, riceveva nel mese di Gennaio 2010 la richiesta di integrazione per una differenza di soli 3.000,00 €, in conseguenza di ciò i lavori rimanevano bloccati per 5 mesi, per cui l’intera famiglia di Gianfranco è stata costretta ad una snervante attesa, aspettando che il burocrate di turno desse il via libera prima ai lavori condominiali e poi a quelli nella sua abitazione.
In conclusione, la stupenda macchina burocratica messa in piedi da questo efficientissimo esecutivo del fare, per essere efficiente su quei 3.000,00 € di differenza, che pure andavano verificati e sanzionati, ha causato per ora allo Stato la modica spesa aggiuntiva di (4s*64€*30gg*4m)= 30.720,00 €.
Ci rendiamo conto?
A causa di questi sacrosanti controlli, la spesa aggiuntiva che lo Stato si è accollato per il mantenimento in albergo della famiglia di Gianfranco è stata 10 volte superiore al valore della differenza riscontrata, proprio un eccellente sevizio reso alla comunità, e ad oggi Gianfranco e la famiglia ancora non sono rientrati.
Quanto altro ci costerà la burocrazia?
E, se come pare, nel caso specifico, l’errore è della ditta esecutrice i lavori, perché le spese di soggiorno non sono loro addebitate, invece di gravare sulla collettività? .
Ancora domande senza risposta, ma continuiamo.
Oggi, un altro burocrate si sveglia, si rende conto che ci sono troppe spese, quindi per porvi rimedio, sempre nel più assoluto menefreghismo, senza considerare che una sua disposizione potrà influire sulla vita di esseri umani, decide.
E decide che per Gianfranco è ora di rientrare in città, ma controllando la pratica si accorge che sua abitazione è una “B”, e che non è ancora chiuso il cantiere del condominio, quindi non può ottenere la parziale abitabilità e non può rientrare.
Ma il burocrate decide, e senza interpellare nessuno sposta tutta la famiglia da Isola del Gran Sasso in una struttura alberghiera di L’Aquila.
Questa operazione, voluta dal solito imbecille di turno, costa all’erario esattamente la stessa cifra spesa fino al giorno prima per ospitare la stessa famiglia la dove si trovava.
Non ci sarebbe stata nessuna necessità di creare ulteriori problemi, traslochi e stress a persone che ormai da 15 mesi già vivevano in una situazione di disaggio, e che continueranno a vivere in questo stato ancora per molto tempo.
Perché questa cattiveria?
Ma che ca…o di gente è questa?
Ma lo sanno che si stanno occupando di essere umani, di sfollati ancora senza casa?
Ma si rendono conto di quello che dicono e che fanno?
In questi mesi, anche per la mia famiglia i disagi non sono mancati.
Da quella notte del ricordo, da quel 6 Aprile 2010 quando si sono ricordate le vittime a un anno dal sisma, è accaduto che mia figlia Chiara, al secondo superiore, con un eccellente curriculum scolastico, è entrata e uscita dagli ospedali di Teramo e di L’Aquila per almeno quattro volte, prima che le fosse diagnosticata una gastrite dovuta alla stressante vita condotta in quei mesi, sballottata attraversato l’Italia centrale da costa a costa, da Nettuno (RM) a Roseto (TE) e poi tutti i giorni da Isola del Gran Sasso (Te) a L’Aquila per raggiungere la scuola.
Lo stress cominciava dalla mattina quando per essere in orario, specialmente nel primo periodo, tra la fine di Settembre e metà Novembre, quando L’Aquila era un cantiere, quando noi sfollati fuori città ospitati nei comuni della provincia di Teramo, al casello di Aquila est dovevano fare 45 minuti di coda per entrare in città.
Al casello ci veniva richiesto di compilare un modulo prestampato che era rilasciato solo al momento, poi veniva verificato il documento di identità del proprietario dell’autoveicolo per accertare l’effettiva residenza in uno dei comuni del cratere, e tutto ciò, per avvalerci dell’esenzione autostradale, fino a quando balenò a qualche mente illuminata, la sconvolgente idea di fornire di una semplice viacard prepagata agli aventi diritto.
Poi, uandoQper rientrare da L’Aquila a Isola del Gran Sasso, l’unico pullman transitava, se rispettava l’orario, alle 14.00, ma molto spesso si presentava con 30 minuti di ritardo.
Il pullman che lasciava Chiara all’uscita del casello autostradale di Colledara-San Gabriele arrivava tra 15,00 – 15,30 ma a volte accadeva che arrivasse anche alle 16,00, e lì ad aspettarla c’era Anna che la riportava al residence.
Un boccone, che Tea preparava sempre caldo, quindi 15 minuti di svago davanti la TV, e poi i compiti del giorno dopo, e alle 20,00 – 20,30 dopo 3 – 4 ore di compiti, cena e a letto, stanca, con il mangiare sullo stomaco, perché la mattina dopo alle 6,00 si doveva essere nuovamente in piedi per ricominciare questa routine, e cosi via per sei giorni la settimana fino alla fine della scuola.
Che bella vita, tranquilla e piena di svaghi, così i mesi si sono succeduti ed è stato inevitabile un crollo finale che è appunto coinciso con l’anniversario di quel triste 6 Aprile, portando Chiara ai ricoveri prima a Teramo poi a L’Aquila.
Ma anche mia moglie Anna ha avuto delle conseguenze da questa stressante vita, così mentre lei si imbottiva di antidepressivi per riuscire almeno a riposare la notte, io non riuscivo a fare di meglio che procurarmi una Ischemia, direi leggera, che però mi ha bloccato per un periodo la deambulazione alla gamba sinistra, ed i movimenti del braccio sinistro.
Fortunatamente per me, il recupero è stato velocissimo, ho riacquistato il controllo degli arti, per ora camino e muovo il braccio, l’unica conseguenza una mezza dozzina di pillole, per mantenere sotto controllo una pressione che rimane alta, e non torna sotto controllo.
A questo punto penserete:
si, avete avuto alcuni problemi, ma di cosa vi lamentate?
Ma che cosa pretendete ancora?
In quelle condizioni d’emergenza, non si poteva certo fare di più?
Se ci sono state delle disfunzioni, sono la conseguenza logica di uno stato d’emergenza?
Provate voi a dover gestire un’emergenza simile, provate a fare di meglio quando sono coinvolte oltre 70.000 sfollati e 57 comuni?
La risposta è molto semplice, chi è stato chiamato a gestire questa emergenza, è stato semplicemente chiamato a svolgere il suo lavoro, non esiste quindi nessuna giustificazione alle inefficienze.
Mi spiego meglio, chi fa per mestiere il fornaio, deve saper fare bene il pane, a prescindere da quanto pane gli verrà richiesto di panificare il giorno dopo, alla stessa maniera, chi si occupa di Protezione Civile deve svolgere bene il suo lavoro, a prescindere da quanti saranno i sfollati che dovrà assistere il giorno dopo o da quanti comuni potranno essere coinvolti nell’emergenza.
Se a tutto, questo ci aggiungiamo che:
- invece dell’emergenza ci si è preoccupati per i primi tre mesi dell’organizzazione del G8;
- poi per i successivi sei sette mesi dell’edificazione del piano case e delle relative assegnazioni;
- e finalmente, quando ci siamo scrollati di dosso la Protezione Civile, sono emerse tutte le porcate architettate alle nostre spalle.
Emerge con tutta l’evidenza del caso, che non ci sono giustificazioni, che i sfollati hanno diritto di esporre i fatti, cosi come li hanno vissuti e/o come li stanno vivendo, e tutti debbono conoscere queste verità, che sono assolute e incontestabili.
16 Giugno 2010, il riscatto di L’Aquila e degli aquilani - (inizia la rivolta – Giugno 2010)
Abbiamo appreso solo da pochi giorni, che Sua Eccellenza il ministro delle finanze, l’on. Tremonti, ricordate, quello:
- della contabilità creativa;
- dell’abolizione dell’ICI;
- dello scudo fiscale agli evasori, ai criminali, a coloro che hanno depositato i proventi dei loro loschi affari all’estero, che gli ha permesso di ripulirli attraverso le banche, coperti dal segreto bancario, versando per questa operazione, per la pulizia di questi denari una tangente del 5% allo Stato.
Tutto ciò, mentre un artigiano, un operaio, un impiegato o un qualunque altro onesto lavoratore versa da sempre all’erario almeno il 27% sui propri redditi lordi.
Costui, ha stabilito che i cittadini del cratere dovranno restituire le tasse congelate nel periodo compreso tra Aprile 2009 e Giugno 2010, al 100%, cominciando dal 16 Giugno con INPS, proseguendo con gli altri balzelli di Stato.
Questo esecutivo,
- dopo aver permesso a presunti tecnici di essere impunemente compartecipi al disastro annunciato;
- dopo aver coperto la commissione grandi rischi indagata per il mancato allarme;
- dopo aver minacciato una intera cittadinanza, ma anzi è più corretto dire una intera provincia, rea semplicemente di chiedere giustizia, termine evidentemente ostico a costoro;
- dopo aver sconvolto e distrutto irrimediabilmente l’ambiente del circondario di L’Aquila, che non dobbiamo dimenticare si trova immersa tra tre parchi;
- ha concesso ai soliti noti, travestiti da soccorritori di fare i propri sporchi affari sulla nostra pelle,
ora, ritiene giusto che questa popolazione, restituisca l’elemosina loro concessa per un periodo di 15 mesi, a partire dal 16 Giugno con i contributi INPS, per proseguire con la restituzione di tutte le altre agevolazioni concesse, a partire dal 1° Luglio 2010.
Mentre in tutte le altre simili tristi occasioni, si è provveduto :
- per prima cosa a stilare una legge che permettesse il finanziamento della ricostruzione, la cosi detta tassa di scopo, ma evidentemente anche il termine ”tassa” rimane ostico a questo esecutivo;
- poi, come nei recenti casi dei sisma in Umbria e nelle Marche si è concessa una lunga sospensione delle tasse, in questi ultimi casi è stata addirittura per 12 anni, e solo quest’anno è ripresa la tassazione con il recupero del 40% del pregresso dilazionato in 120 mesi
A seguito di ciò, tutti i movimenti dei cittadini, le associazioni di categoria, i sindacati, i sindaci di tutti i comuni del cratere senza distinzione di schieramento politico, ed i cittadini, tanti mai cosi numerosi, se non nella triste ricorrenza del 6 Aprile, sono scesi compatti in piazza per fare sentire la loro voce di protesta, culminata con l’occupazione della tratta autostradale L’Aquila Ovest – L’Aquila Est.
Ma l’informazione, quella più seguita, quella di massa, ancora una volta decide di non intervenire, sia le reti Mediaset, di proprietà del premier, che le testate giornalistiche del TG1 e TG2 ignorato del tutto l’evento che ha sollevato un certo clamore, se è vero che ben 20.000 erano i manifestanti e di questi 5.000 hanno invaso il tratto autostradale Roma-L’Aquila-Teramo.
Conclusa la manifestazione ci si è dati un nuovo appuntamento, a Roma, sotto il Senato per un consiglio comunale aperto ai cittadini, ma il Senato era chiuso ed il popolo aquilano è stato tranquillamente snobbato dai politici di palazzo,.
A seguito di ciò il sindaco di L’Aquila On. Massimo Cialente, ha invitato tutti i direttori dei giornali a visitare la città a 15 mesi dal disastro, ma ancora una volta sia le testate Mediaset che quelle di Rai 1 e Rai 2 hanno mancato l’appuntamento, non hanno inviato nessuno, neanche uno straccio di reporter, come dire, ci sono cose più importanti che quattro straccioni aquilani.
E quando a Roma, i manifestanti che avevano seguito i consiglieri comunali, hanno deciso di andare a manifestare il loro dissenso sotto la sede Rai, “Scodinzolini” non si è fatto trovare, aveva ancora una volta un altro improrogabile impegno.
A seguito di ciò, è stata indetta per il giorno 7 Luglio 2010, una manifestazione a Roma, con partenza da Piazza Venezia alle 10,00 e concentramento sotto il Parlamento, ci attende ancora un giorno di lotta per la difesa dei nostri diritti.
Ancora una volta a Roma - (07 Luglio 2010)
Siamo ancora una volta in partenza per Roma, per manifestare il nostro dissenso contro una legge iniqua, e che non considera assolutamente la gravissima situazione economica del territorio e dei comuni colpiti dal sisma del 6 Aprile 2009.
Inoltre emerge ormai chiaramente anche per ammissione dello stesso on. M. Cialente, che oltre a ricoprire la carica di sindaco del comune di L’Aquila, ricopre anche la carica di Vice Commissario per la Ricostruzione, che senza una legge organica, che dia certezza su quali e quante risorse si può contare, con quali tempi, la ricostruzione rimarrà solo una aspettativa, una speranza, una pia illusione
Allora si comincia con il fissare la partenza in alcuni punti di ritrovo, i più rappresentativi in una città distrutta ed allo sbando, ore 7,00 partenza dai punti di ritrovo fissati dai comitati “Centi Colella, Acquasanta, Terminal di Collemaggio”, mentre altri mezzi partiranno da diverse frazioni della città e da alcuni comuni del cratere, inoltre molte aziende private hanno predisposto loro pullman per i dipendenti.
Per noi, che siamo sfollati ad Isola del Gran Sasso, la partenza è invece fissata per ovvie ragioni alle 6,00 – 6,15 max, dobbiamo percorrere almeno 35 – 40 km di autostrada per raggiungere il casello di Aquila Est, punto di ritrovo per gli abitati ed i molti sfollati che entrano in città da est.
Perciò alzataccia ancora una volta, ma in cuor nostro sappiamo di fare ciò per la città, per noi stessi, quindi alle 5,00 siamo in piedi, un caffè, una tazza di latte, due biscotti e via in macchina, nelle speranza di essere ancora una volta in molti.
Ma dal 6 Aprile 2010, da quando si è celebrato un anno dalla distruzione, le cose in città e tra i cittadini sono totalmente cambiate, quello che possono vedere con i nostri occhi, quello che possiamo documentare ha dell’incredibile per una piccola città di provincia nelle tragiche condizioni in cui si trova.
I comitati dei cittadini, solo dal nostro punto di ritrovo hanno organizzato la partenza di ben 13 pullman, moltissime sono le persone di mezza età come me e mia moglie Anna, ma ci sono anche mamme con i loro piccoli in passeggino, e poi ci sono i giovani, questa è la cosa più bella, tanti giovani con noi, questo ci fa credere ancora di più in noi stessi e in un futuro per la città, con i giovani, con i studenti universitari fuori sede, con i lavoratori in cassaintegrazione o in mobilità, con i sindacati, le organizzazioni di categoria, gli ordini professionali, con loro c’è la possiamo fare, L’Aquila se continuiamo a crederci ha ancora la speranza di tornare a vivere.
Partenza da Acqusanta alle 7,20, appena giunti all’autostrada, sorpresa, siamo scortati dalle pantere della Polizia di Stato, e la loro scorta continuerà per tutto il percorso fino al casello di Roma est.
Giunti e superato il casello della barriera di Roma est, possiamo verificare lo straordinario successo di partecipazione, i pullman, solo quelli dei comitati sono 46 a questi si aggiungono 5 pullman della CGIL, poi ci sono quelli delle altre sigle sindacali, tutte non manca neanche l’UGL, e poi Confindustria, e i comuni del cratere sono 54 su 57, quelli dei stabilimenti industriali, Senofi Aventis in testa, e tutte le rimanenti associazioni di categoria e professionali, non manca neanche la curia, ed un mezzo del sindacato di polizia, per dirla in breve, è rappresentata tutta la città in tutte le sue componenti sociali.
A Roma ci aspettano i motociclisti della polizia urbana della capitale, che ci scortano chiudendo al nostro passaggio tutte le strade fino all’arrivo a Piazza Venezia, facendoci fare un lunghissimo giro turistico, prima fuori le mura, poi dentro la città.
Alle 10,45 – 11,00 siamo a Via dei Fori Imperiali, poco prima di Piazza Venezia, qui lasciamo la lunghissima fila di pullman e ci dirigiamo con tutto il lungo corteo verso Via Del Corso.
Sapremo solo molte ore dopo, quando già il TG1 aveva annunciato la presenza di 500 appartenenti ai circoli antagonisti che si stavano scontrando con le forze dell’ordine, che siamo invece oltre 5.000, che per una città di 74.000 è già un enorme successo, ma per una città terremotata, distrutta, dove gli abitanti sono sparpagliati:
- 15.000 nelle new town;
- 3.000 nei MAP sparsi per 57 comuni;
- 1.000 nelle caserme della GdF e dei Carristi;
- 28.000 in autonome sistemazione sparsi in tutta l’Italia centrale;
- 3.800 negli alberghi sulla costa o nell’entroterra;
tutto ciò è qualcosa di veramente straordinario.
Il corteo è autorizzato, come il percorso, quindi ci dirigiamo tranquilli verso Via del Corso per raggiungere come programmato il Parlamento, ma qui inspiegabilmente troviamo ad attenderci un cordone di celere e carabinieri in tenuta antisommossa, capiamo subito che questa non sarà proprio una passeggiata, ed i fatti ci daranno purtroppo ragione.
Passano alcuni minuti, il caldo a Roma lo sappiamo io ed Anna in questo periodo è soffocante, poi c’è il traffico che per la nostra presenza all’imbocco di Via del Corso è impazzito, ed al caldo della giornata si aggiunge quello dei motori delle vetture ferme, alla testa del corteo ci sono i sindaci con tanto di fasce tricolori e stendardi comunali, sorretti dal personale in divisa delle rispettive polizie comunali, dopo pochi minuti di marcia la testa del corteo viene in contatto con il cordone della celere in tenuta antisommossa.
Tra i manifestanti oltre ai sindaci di 54 dei 57 comuni del cratere c’è sia Massimo Cialente, che ricopre anche l’incarico di Vice commissario per la Ricostruzione, ed il Deputato Aquilano Giovanni Lolli, costoro saranno tra i feriti di una delle inspiegabili cariche della celere, alla fine i feriti saranno tre oltre a Cialente e Lolli che se la caveranno invece con qualche spintone un po’ più vigoroso.
Che la giornata sarebbe stata oltre che lunga anche calda, e non solo per la temperatura, lo sapevamo, ma ora a seguito di questo primo contatto, scopriamo che sarà anche ricca di manganellate di benvenuto, elargite dagli agenti inviati ad accoglierci da questo esecutivo.
Così, noi inermi, armati solo dei stendardi nero-verdi della nostra città, senza casa, lavoro, futuro, venuti a Roma semplicemente per manifestare, come accade da sempre per tutte le vertenze nazionali di questo paese che si dice democratico, ci ritroviamo solo dopo 3 – 4 ore ad essere criminalizzati, ad essere identificati dalla TV di REGIME come appartenenti ai “circoli alternativi”, tutto ciò se non fosse realmente accaduto, poteva essere la trama di un film, ed invece è la realtà dei fatti.
Questa è l’Italia attuale, e gli italiani ancora non lo hanno capito, mentre noi ci rendiamo conto in un baleno di rappresentare un pericolo di enorme portata per questo REGIME MEDIATICO, dove le realtà sono costruite a tavolino da esperti registri. Ci rendiamo conto che rappresentiamo un pericolo, il pericolo della controinformazione, rappresentiamo la verità inequivocabile dei fatti, il popolo di internet, in una sola parola la DEMOCRAZIA.
Ma c’è di più, tra di noi ci sono persone di tutti gli orientamenti politici, tutti uniti sotto la stessa bandiera quella della nostra città.
Ed è proprio questo il pericolo che rappresenta questo movimento, non sono le armi che non abbiamo, ma semplicemente quello che rappresentiamo, che può essere emulato da altri, da molti, e se l’emulazione prende piede il REGIME TRABBALLA, il movimento va quindi stroncato sul nascere.
E’ a questo punto che parte la carica della celere, anche se tra queste persone c’è chi si dissocia, lo potete verificare in rete nei video-clip, mentre i colleghi caricano, c’è chi volta le spalle ai dimostranti, rientra nei ranghi ed esclama “ ma che c….o ………”, come dire ma che stiamo facendo.
ECCO Il PERICOLO CHE INCOMBE SUL REGIME.
Finalmente raggiungiamo il Parlamento, qui dopo poco cominciano a scendere alcuni deputati, Di Pietro, Bersani, Bonino, si tiene una assemblea che dura almeno un paio di ore, parlano i rappresentanti dei comitati, mentre i deputati rilasciano interviste alle televisioni, a tutte le televisioni, poi verso le 13,30 siamo nuovamente in marcia per raggiungere il Senato.
Il destino e la mobilità di Roma impone la strada più breve, che passa per via del Plebiscito, proprio sotto palazzo Grazioli, casa del premier, e qui ancora cordoni di polizia chiudono il passaggio, si inneggia a “L’Aquila … L’Aquila” e poi quando viene chiuso definitivamente il passaggio dalla celere il tenuta antisommossa parte un "Vergogna ….. Vergogna".
Dopo circa 1 ora si decide di raggiungere palazzo Madama seguendo un percorso alternativo, si torna indietro per Piazza Venezia, poi si prosegue per Via delle botteghe scure facendo praticamente il giro di un isolato, ci lasciamo casa di Silvio I° d’Arcore alle spalle, ci dirigiamo verso Piazza Navona, qui l’obbiettivo è il Senato, ma raggiunta la via d’accesso troviamo ancora l’ennesimo cordone di celere in tenuta antisommossa, oltre al senatore Maurizio Scelli che viene subito contestato, "Vai a cena da Bertolaso", "Fuori la mafia dallo Stato", "Servo” .
Quindi, compare quasi per magia una bandiera nero-verde, sono i colori della nostra città, viene issata per sul pennone del Senato ma viene rimossa dopo pochi minuti tra i fischi, verso le 18.00 riprendiamo pacificamente la strada di casa, a piedi per raggiungere i pullman sull’altra sponda del Tevere, nei pressi del Palazzaccio.
Mentre percorrevamo Lungotevere, mi sono chiesto, chi mai poteva aver predisposto la partenza proprio a 100 metri dalla sede nazionale della Protezione Civile, mi è sembrato come se ci fosse la volontà di predisporre i presupposti per un violento scontro finale tra manifestanti e forze antisommossa, con lo scopo di strumentalizzare tutto successivamente.
Intanto siamo arrivati sul ponte che porta verso il Palazzo di Giustizia, e qui scopriamo che i pullman non sono posteggiati a sinistra, verso Via della Conciliazione, ma a destra, proprio sotto la sede della Protezione Civile.
Una cinquantina di noi, tra i quali anche io e mia moglie Anna ci dirigiamo sotto la sede del dipartimento, obbiettivo e quello di contestare il commissario Bertolaso.
Quando alcuni membri dei comitati ricordano il costo al mq del progetto case, inizia la contestazione con un "Ladri …… ladri", continua quando viene ricordato che 18 delle 19 new town sono sotto inchiesta per mafia con un “ Mafiosi ….. mafiosi” e prosegue quando viene ricordato che la commissione grandi rischi aveva detto di stare tranquilli con "Assassini…… assassini", e poi quando si ricordano i faccendieri di palazzo che se la ridevano prosegue con “ 3.32, io non ridevo :…. 3.32, io non ridevo”.
Sotto il portone del dipartimento di protezione civile ci sono solo 4 – 5 agenti, anche male equipaggiati, dopo la nostra iniziativa sono sopraggiunti altri agenti dal vicino Palazzo di Giustizia, ma in tutto non sono più di una dozzina.
Tutto ciò è come un invito all’assalto, da dietro i vetri del palazzo vediamo gli impiegati che se la ridono, intanto, mentre viene chiuso il portone dell'edificio, i manifestanti si sono ammassati, poi, come era iniziato, l’assembramento svanisce da solo al grido di “ Torneremo ……………… torneremo”.
Mentre ci dirigevamo verso i pullman ho pensato a quello che era accaduto durante la giornata, chi era quel che falco che per mantenere l’ordine aveva fatto in modo che un corteo pacifico, addirittura scortato in autostrada dalla volante, probabilmente per evitare infiltrati, poi scortato dal casello di Roma est dalla polizia municipale capitolina fino a destinazione, aveva fatto in modo che per 4 – 5 volte entrasse in contatto con forze dell’ordine in tenuta anti sommossa, e successivamente era stato provocato per 3 volte con cariche che definirei almeno inopportune, per non dire del tutto ingiustificate, operate quando in prima fila c’erano pericolosi black bloc con fascia tricolore, seguiti dai gonfaloni comunali, sorretti dal personale in divisa delle locali polizie municipali.
In un attimo tutto mi è stato chiaro.
Ci è stata tesa una trappola, nella quale non siamo fortunatamente caduti, siamo stati capaci, nella nostra semplicità di comuni cittadini disperati per l’oggettiva situazione, di rigirarla.
Ora erano loro che dovevano giustificare al Paese per quale motivo erano stati presi a manganellate e caricati i Sindaci, le mamme con i loro passeggini, i vecchi ed i studenti fuori sede, colleghi di quei poveracci morti sotto le macerie della casa dello studente, ed i padri di famiglia senza lavoro, e gli artigiani, i commercianti, gli stessi poliziotti aderenti al sindacato di polizia della sezione di L’Aquila.
Ora questa risposta la pretendono in molti.
Un brutto presentimento (Agosto 2010)
Dopo oltre 16 mesi il quartiere di Pettino, il più moderno, quello edificato in cemento armato o che doveva essere in cemento armato, è ancora disabitato.
Lo rimarrà ancora per molto tempo, i danni sono molto evidenti, tanto che per via Antica Arischia stanno demolendo una serie di edifici, proprio quelli davanti alla scuola media Patini, una delle poche scuole che è stato possibile recuperare dopo il sisma del 6 Aprile.
La cosa più sconcertante è che solo a 50 metri dalle demolizioni, stanno costruendo un nuovo edificio, mi domando con quale criterio e con quale sicurezza, e la scuola poi, rimane una cattedrale nel deserto di un quartiere disabitato ormai da molti mesi.
Comunque, il fatto che la scuola sia stata recuperata ed abbia regolarmente aperto già l’anno passato lascerebbe ben sperare per il futuro del quartiere, che non dimentichiamo prima del sisma contava 25.000 abitanti su una popolazione complessiva di oltre 70.000 abitanti. Come dire che il 30% della popolazione di L’Aquila viveva in questo quartiere, popolazione che successivamente, almeno per chi è rientrato, è stata sparpagliata nelle 19 new town sorte intorno alla vecchia città.
Tutti noi siamo in ansia per il futuro, per salvaguardare la citta storica, i monumenti e i palazzi d’epoca, per la sua naturale bellezza medioevale, questo è stato uno degli obiettivi principali dei comitati, così e accaduto che si è perso di vista ed è passato in second’ordine la ricostruzione della città nuova, appunto quella di zone come il quartiere di Pettino.
Non a caso mi sono soffermato su questo quartiere, essendo questo il quartiere più moderno della città, mi sarei aspettato, ma credo che se lo aspettassero tutti i cittadini, di vederlo in poco tempo risorto a nuova vita, invece lo troviamo in uno stato pietoso, di totale abbandono, solo demolizioni e desolazione, un quartiere senza vita, perché?
Le risposte le conosciamo ormai bene, ma se i danni sono così gravi, è evidente che sarà molto difficile che il quartiere potrà essere recuperato in tempi brevi, ne consegue che gli abitanti che ora alloggiano nelle abitazioni provvisorie del progetto CASE rimarranno per molto tempo in quei posti lontani.
Ed è il tempo è il nemico principale della ricostruzione, non bisogna essere sociologi o economisti di livello per capire che è nella natura dell’essere umano stabilire rapporti sociali con i suoi simili, quindi accadrà già nei prossimi mesi o solo con il prossimo anno, che gli abitanti di queste new town che tra loro oggi non hanno nessun rapporto, nessuna relazione, cominceranno a stabilire relazioni sociali, che potranno essere positive o negative, ma che comunque saranno relazioni, ed è da queste che sorgeranno da sole le prerogative per lo sviluppo di una nuova città.
Appunto, nuova città, che non avrà ne potrà avere niente di simile a quello che era L’Aquila come la conoscevamo prima del 6 Aprile 2009, sarà per forza di cose una città nuova, gli ottimisti credono che sarà migliore, i pessimisti invece sono sicuri del contrario, la realtà è una sola non avrà più nulla a che vedere con ciò che era, l’ambiente irrecuperabilmente devastato, assomiglierà sempre di più a una metropoli moderna dove non c’è spazio per le belle cose, dove si corre sempre, per chi e per cosa non è dato sapere.
Quindi rimarrà un sogno di molti, ed anche mio, quello di rivedere la città, L’Aquila come era prima del 6 Aprile, la triste verità, che non è solo un presentimento ma ormai è più di una certezza, è che L’Aquila come la conoscevamo prima è venuta giù con il sisma del 6 Aprile ed è morta per sempre con l’edificazione di quelle maledette 19 new town, e sono stati proprio dei sfollati come me, che hanno certificato la morte definitiva della loro città, proprio nel momento stesso in cui hanno accettato di trasferirsi in quelle definiamole residenze.
Ma non bastano le case per far risorgere una città, questa potrà risorgere solo se di pari passo sarà risorta anche una economia, che non è solo quella dei negozi che una volta si trovavano nel centro storico, che possono essere trasferiti nei pressi di queste new town, ne può essere legata a questo modello di urbanizzazione.
Ma deve essere tale da permettere ai nuclei familiari ivi residenti, di sopravvivere, quindi di vivere, poi di programmare un futuro, che in virtù di questa programmazione porterà inevitabilmente prima verso consumi di prima necessità, poi nuovamente verso il consumismo.
Le prerogative per una nuova rinascita sono dunque legate solo allo sviluppo economico che potrà avere questa città nei prossimi anni, sviluppo che se non parte dai singoli, dalle loro iniziative, deve essere stimolato necessariamente dall’intervento dello Stato, proprio come accadeva alcuni decenni fa, nella prima Repubblica per intenderci.
E’ infatti necessario, se non prioritario, che si insedino in tempi brevi nuove industrie, ad alta tecnologia, che possano assorbire almeno 10.000 unità produttive, e con il loro indotto possano garantire uno sviluppo tale da consentirne altrettante.
Tutto ciò, nel suo insieme può rappresentare per alcuni la base di una nuova rinascita, per altri, per me, rappresenta la fine ingiusta di un mondo, di un’isola felice. La fine di un diverso modo di vivere, voluto ed imposto dall’alto, dal potere di pochi, dagli interessi di molti, a scapito di chi, come me, amava vivere in questa città, cosi come era, e come poteva tornare ad essere se solo ce lo avessero permesso.
Avete distrutto un sogno, il mio sogno, ma anche il sogno di molti altri che nel tempo abbandoneranno questi posti, un tempo meravigliosi.
Lettera al Vescovo Molinari ”Caro Vescovo” (Perdonanza Agosto 2010 )
Siamo alla vigilia della Perdonanza, che a L’Aquila è la festa più importante dell’anno, anche in questa occasione, come è sempre accaduto nel passato, c’è chi approfitta di questo evento per dare risalto a problemi di importanza sociale.
Poiché la città festeggia questa Perdonanza dopo un sisma di proporzioni catastrofiche, vista la latitanza delle istituzioni nell’opera di ricostruzione, i comitati dei cittadini hanno scelto di manifestare il loro dissenso in quest’occasione, con lo scopo d’ottenere una maggiore visibilità dai mezzi d’informazione, in particolare la Tv di Stato TG1 e TG2 che continuano colpevolmente a negarla oscurando la corretta informazione.
Accade quindi, che anche il vescovo Mons. Molinari prende la parola, e trova il modo d’accusare la popolazione aquilana d’ingratitudine verso quel sant’uomo di Silvio Berlusconi, il richiamo del vescovo è talmente forte da avere ampio risalto sulla stampa locale, e questo provoca indignazione tra gli oltre 50.000 terremotati ancora fuori casa.
Tra i tanti indignati dalle parole di Mons. Molinari ci sono anche io che preso dalla rabbia, gli ho dedicato una lettera che ho pubblicato su “Facebook”, questa immancabilmente ha raccolto molte adesioni.
“ Caro Vescovo”
Caro Vescovo, prova una volta a fare il prete e non il politico.
Caro Vescovo, ma che ne sai di come vivono oltre 56.000 sfollati dopo ormai 17 mesi?
Caro Vescovo, parli di ingratitudine, ma ingratitudine verso di chi?
Credi forse che siamo sudditi dell'imperatore Silvio I° d'Arcore?
Caro Vescovo, un suggerimento, pensa a pregare per quei poveracci in Pakistan e lascia perdere la politica, a quella ci pensiamo noi.
Sappiamo noi, se è il caso di essere grati a chi si è fatto i suoi zozzi interessi, a chi ha ideato e permesso l’edificazione del progetto case, a chi ha permesso a gli amici degli amici, la spartizione di 3.000.000.000,00 €, sottratti alla ricostruzione.
Caro Vescovo, Ti interessa tanto il futuro della città e dei cittadini?
Allora è bene che Tu sappia che con quella cifra avremmo potuto rimettere in moto l'economia locale, dare una nuova opportunità di lavoro ad almeno 15.000 dei 18.000 attuali cassaintegrati, dove?
Nell'edilizia e in quello che gli ruota attorno, Come?
Puntando sulla ricostruzione vera, con quei soldi che evidentemente erano veri, proprio quelli che sono stati sperperati nel progetto CASE che ha dato un tetto solo a 14.500 sfollati, in abitazioni di 40 mq, al max di 70 mq.
Vengano pure Berlusconi, Bertolaso e le varie cricche di mafiosi ma non per un WK come l'anno passato ma per viverci 10, 20 anni nelle loro abitazioni.
Caro Vescovo, venga anche Lei nel mio M.A.P., non conosce il significato, glielo traduco Modulo Abitativo Provvisorio, che per la mia famiglia non avrà proprio nulla di provvisorio ma molto di permanente.
Caro Vescovo, venga a vivere in una abitazione di 75 mq. lordi con altre 5 persone per i prossimi 10, 20 anni, e poi trovi un solo motivo per essere riconoscente a questo lestofante che ha ideato e poi costruito il progetto CASE a 2.900,00 €/mq o nei MAP in legno precompresso a 750,00 €/mq.
Caro Vescovo, mi dica francamente di cosa dovrei essere riconoscente, forse dei 17 mesi trascorsi fino ad oggi fuori casa? Forse di aver perso un lavoro? Forse di non essere tra le 308 vittime di questa ennesima strage di Stato, del quale il mandante è proprio quel sant’uomo di Berlusconi con la sua cricca di speculatori?
Caro Vescovo, La informo che per realizzare il progetto Case del quale dovremmo secondo Lei essere grati al monarca, hanno distrutto per sempre l'ambiente che è stato creato proprio dal buon Dio, che lei dovrebbe rappresentare, e che continua a confondere con Berlusconi.
Caro Vescovo, con quei soldi, assumendo per veri i dati rilevabili in qualunque comune del cratere, si potevano sistemare molte abitazioni di questa città.
Caro Vescovo, La informo che con 10.000,00 € si poteva sistemare una A, con 40.000,00 € una B con 50.000,00 € una C, con 150.000,00 € una E.
Caro Vescovo, Lei è troppo preso nel verificare la gratitudine degli aquilani verso il monarca, ed evidentemente non si è potuto documentare, quindi La informo io, nella sola città di L'Aquila le abitazioni classificate A sono oltre 11.000 le B e le C oltre 5.000 e le E oltre 7.000.
Caro Vescovo, questi non sono i dati di un facinoroso comunista ma del D.P.C., ordinanza 3753, che Lei e chi crede ancora nelle sue false e interessate parole, può trovare facilmente sul sito della protezione civile "https://www.protezionecivile.it".
Caro Vescovo, con quei soldi invece di arricchire traffichini, faccendieri mafiosi, amici degli anici e cricche varie nell'edificazione di appena 4.500 alloggi, si potevano sistemare almeno 17.000,00 abitazioni tra quelle danneggiate, dando un tetto definitivo e dignitoso ad almeno 50.000 sfollati ingrati.
Caro Vescovo, ci spieghi dunque di cosa dovremmo essere grati?
E di cosa dovrei essere grato io e la mia famiglia, sfollata, da 17 mesi fuori casa, presa in giro da amministratori incapaci, da delinquenti che hanno messo a repentaglio la mia vita, quella di mia moglie e dei miei figli perché non hanno voluto dare un allarme, per un sisma che era imminente, atteso da decenni?
Di questo dovremmo essere grati a quel sant’uomo di Berlusconi?
Caro Vescovo, e bene che sappia che io e la mia famiglia siamo dei grandi peccatori, perché non intendiamo affatto di essere grati a questa persona, ne tanto meno alla Protezione Civile, badi bene a quella dei superburocrati, a quella per intenderci rappresentata da quell’altro sant’uomo di Bertolaso, e sono, siamo orgogliosi di poter esternare la nostra ingratitudine, perché siamo esseri nati liberi, proprio come ci ha fatti il buon Dio, che Lei, caro Vescovo, continua a confonde con Berlusconi.
Lettera All’ass.re Stefania Pezzopane e al Sindaco Massimo Cialente (Agosto 2010 )
Al Sig. Sindaco Massimo Cialente, all’ On. Ass. Stefania Pezzopane,
Nel 2003 l'allora giunta Regionale presieduta dall'on. Pace decise di de-classificare l'aquilano e la città di L'Aquila da rischio sismico 1 a 2.
Questo è un fatto che tutti conosciamo, come a tutti noi è noto che a seguito di questa de-classificazione le costruzioni edificate a partire da questa data nella migliore delle ipotesi resiste al rischio sismico 2.
Ma cosa significa
Le "Norme tecniche" indicano 4 valori di accelerazioni orizzontali (ag/g) di ancoraggio dello spettro di risposta elastico, e le norme progettuali e costruttive da applicare.
Ciascuna zona, è individuata secondo valori di accelerazione di picco orizzontale del suolo (ag), con probabilità di superamento del 10% in 50 anni, secondo lo schema seguente:
zona |
accelerazione orizzontale con probabilità di superamento pari al 10 % in 50 anni |
accelerazione orizzontale di ancoraggio dello spettro di risposta elastico (Norme Tecniche) |
|
[ag/g] |
[ag/g] |
1 |
>025 |
035 |
2 |
015-025 |
025 |
3 |
005-015 |
015 |
4 |
<005 |
005 |
Accelerazione di Picco , PGA ( Valori in g, Accelerazione di Gravità )
La Carta Mostra i Valori del Picco di Accelerazione al Suolo atteso su RIGIDO Sito di Riferimento (per definizione Vs > 800 m / sec) ; Gli Intervalli (di 0.025g , Pari uno circa 24,5 centimetri / s2) SONO Quelli gres fine porcellanato Marazzi dall'ordinanza 3274 della PCM ai Fini della classificazione sismica del Territorio Italiano.
PGA (valori G )
I valori di picco di accelerazione a terra sono stati calcolati per le condizioni di sito di riferimento (suolo rigido con velocità delle onde di taglio superiore a 800 m / sec). I valori sono stati raggruppati per 0.025g, a seconda delle esigenze del governo italiano il decreto 3274 finalizzata alla formulazione della classificazione sismica del paese.
PGA – Classificazione
La carta mostra i valori di PGA raggruppati secondo i limiti previsti dall’ordinanza 3274 della PCM per l’inserimento dei comuni in una delle quattro zone sismiche. Vale al riguardo la seguente corrispondenza:
- zona 1: PGA > 0.25g
- zona 2: 0.15 - PGA < 0.25g
- zona 3: 0.05 - PGA < 0.15g
- zona 4: PGA < 0.05g
Per la zona 1 (alta sismicità) il valore di ancoraggio degli spettri è fissato a PGA=0.35g. In base a tale criterio le zone del Paese con PGA>0.35g richiederebbero pertanto l’inserimento di una zona 1-super.
Accelerazioni spettrali a 5Hz (0,2 secondi)
Le accelerazioni spettrali si riferiscono ad un valore dello smorzamento critico del 5%; l’ordinata spettrale a 5Hz (0,2 secondi) corrisponde al valore massimo dello spettro fornito dalle leggi di attenuazione Italiane per sito rigido e sismicità media. I valori sono stati raggruppati in funzione del valore assunto dal ramo ad accelerazione costante degli spettri di risposta elastici delle 4 zone sismiche della vigente normativa.
Accelerazioni spettrali 1Hz a ( 1,0 Secondi )
Accelerazioni spettrali 1Hz a ( 1,0 Secondi ) per il 5% dello smorzamento critico , rappresentativi del Ramo dello Spettro uno Velocità Costante.
Accelerazioni spettrali a 1Hz (1,0 secondi)
accelerazioni spettrali per un 5% dello smorzamento critico a 1Hz (1,0 secondi) , i cui valori sono rappresentativi del plateau a velocità costante dello spettro elastico.
In considerazione di quanto descritto, le abitazioni, i palazzi in cemento armato, ammesso che di questo si tratti, reggono ad una accelerazione al suolo denominata “S9”, cioè reggono 0.25 g al suolo. Da allora si sono succedute prima la giunta guidata dall’on. Ottaviano Del Turco, poi l’attuale giunta guidata da L’on. Gianni Chiodi, che oltre al ruolo di Governatore della Regione è anche Commissario del Governo per la Ricostruzione. Ma in questi anni, entrambe non hanno trovato, ne hanno avuto la volontà di trovare il tempo per riportare l’aquilano e L’Aquila al livello di rischio sismico 1, a “S12” per gli esperti in materia.
La cosa non è banale.
Dal rischio sismico 2 a 1 si passa da edifici che resistono a 0,25 g, a edifici che reggono fino a 0,35 g, la differenza Vi assicuro non è poca.
Da quando l’on. Gianni Chiodi ha assunto la carica di Commissario del Governo per la Ricostruzione, sono trascorsi ormai molti mesi, ed il sisma in Abruzzo ha praticamente cancellato la metà della provincia di L’Aquila, sono infatti 47 i comuni della provincia direttamente coinvolti sui 108 che la compongono, un disastro di proporzioni inimmaginabili.
La cosa più grave è appunto che in virtù di quanto è ancora in vigore, la ricostruzione e la costruzione post sisma sta avvenendo seguendo queste direttive, “zona a rischio sismico 2, sicurezza a livello S9, anziché S12”.
Vi domanderete cosa comporta ciò?
Un effetto talmente pericoloso per l’incolumità di chi andrà a risiedere in quegli edifici, da poter essere definito “bomba a orologeria”. Dai dati storici emerge che dal penultimo sisma del 1703 all’ultimo del 2009 sono trascorsi 300 anni, quindi, per il prossimo disastro, sarà solo una questione di tempo.
Entriamo ora nel merito all’ordinanza 3790, con la quale si stabilisce che gli edifici classificati “E”, quelli con gravi danni strutturali, quelli che solo per una serie di circostanze non sono venuti giù, successivamente alla ristrutturazione dovranno garantire 80% della sicurezza antisismica assegnata a quel territorio secondo la classificazione di rischio d’appartenenza.
Ora, se la legge per l’edilizia Regionale prevede che la zona in cui si opera è classificata a rischio sismico 2, il conseguente livello di sicurezza antisismico si attesterà all’80% di questo valore.
Ma in termini più semplici che significa?
80% di 0,25 g, cioè ((0,25 * 80)/100)= 0,20 g, mentre se i comuni del cratere fossero stati riportati alla fascia di rischio “1” sarebbe stato necessario garantire 80% di 0,35 g, cioè ((0,35 * 80)/100)= 0,28 g.
Detto ciò, alla luce delle vigenti disposizioni in materia, a coloro che rientreranno nella propria abitazione non verrà garantita come stabilito nell’ordinanza l’80% della sicurezza antisismica, ma solo il 57% rispetto la classificazione di rischio reale, che dovrebbe essere “1”.
Da tutto ciò emerge che verrà garantita una sicurezza appena superiore alla fascia di rischio sismico 3, che corrisponde a 0,15 g. Stiamo lavorando nella ricostruzione per permettere a 20.000 cittadini di rientrare nelle proprie abitazioni. Se dovesse verificarsi un evento simile a quello del 6 Aprile 2009, molto probabilmente questi rimarranno in trappola in quelle stesse abitazioni dalle quali erano usciti indenni il 6 Aprile 2009.
Ecco, questo è quello che si sta facendo per la prevenzione.
Tutta questa gente non ha ancora aperto gli occhi, non ha ancora preso coscienza, non si è resa conto che in seguito a questa legislazione regionale, quando rientreranno, se mai rientreranno nella propria casa, rientreranno in una trappola.
Stiamo gettando le basi per la prossima strage di Stato annunciata!
E ancora nessuno fa nulla.
Si fa finta di non sapere che in Italia questo territorio è in assoluto, quello ha più alto rischio sismico, e questo non lo dico io, questo è quanto afferma INGV a fine Agosto 2010 successivamente alla ripresa della sequenza sismica nell’alto Aterno.
Tutto ciò mi pare inaccettabile, non possiamo costruire il futuro della nostra città ancora una volta sull’ambiguità.
I crolli di “campo di fossa” sono la conseguenza di una costruzione intensiva su un terreno di riporto, composto dalle macerie dei passati devastanti eventi sismici che hanno interessato la città di L’Aquila. Si è dimostrato, a seguito dei studi condotti dell’Ing. Gaetano De Luca, che questo tipo di terreno ha un effetto amplificatore delle onde sismiche e dell’accelerazione al suolo, come è dimostrato che il sisma del 6 Aprile 2009 a avuto gli effetti di una scossa di magnitudo 6.8, anche se i strumenti hanno registravano una magnitudo di 6.3.
La stessa Commissione Grandi Rischi, quella che il 31 Marzo 2009 si riunì per decidere di non decidere sull’allarme sisma, ha richiamato l’attenzione di tutti su un unico fattore “la sicurezza”, che può essere ampiamente condiviso: “l’unica sicurezza che si può oggi dare alle popolazioni è quella di costruire bene, garantendo quindi il massimo grado sicurezza sismica conosciuto, per tutte le costruzioni” e allora domando:
“Perché dopo ormai 17 mesi L’Aquila e la zona del cratere sismico del 6 Aprile 2009 sono ancora a livello di rischio sismico 2?
Quali interessi dobbiamo ancora coprire?
E le nuove costruzioni che stanno sorgendo a L’Aquila, ad esempio nel quartiere di Pettino, a soli 10 m da edifici che vengono abbattuti, come vengono edificate?
A quale livello di rischio sismico debbono rispondere, livello 1 “S12” o 2 “S9”?
Voglio, esigo, esigiamo delle risposte, immediate, convincenti.
Ma soprattutto esigiamo che la Regione riporti immediatamente la zona del cratere dal livello di rischio 2 a 1 così come era prima del 2003.
Contestualmente, come si è messa giustamente sotto inchiesta la Commissione Grandi Rischi per il mancato allarme, sono a richiedere che a Voi, che amministrate questa città, di farVi promotori per un intervento della magistratura, verso tutti coloro che hanno de-classificato L’Aquila e l’aquilano da 1 a 2.
Ritengo necessario che si indaghi: come, con quali conoscenze tecniche e con quali competenze, degli amministratori abbiano potuto modificare una tabella di sicurezza, di rischio, stilata da tecnici, mettendo con questa delibera a rischio la vita tutti gli abitanti, e determinando la conseguente morte di 308 concittadini, quella che ricorderemo come: “La strage del 6 Aprile 2009”.
Occorre che la magistratura verifichi chi ha potuto godere di questi vantaggi, e persegua, se sono perseguibili, costoro. Stefania, Massimo fate qualcosa per la vostra città prima che sia troppo tardi?
31 Agosto 2010 la terra torna a tremare, 17 mesi dopo torna la paura ( Agosto 2010)
Nella mattina di ieri, “31 Agosto 2010” due scosse di terremoto sono state avvertite nel distretto sismico dei Monti Reatini,
- la prima è avvenuta alle ore 05.00, con magnitudo 3.4°,
- la seconda alle ore 09.12 con magnitudo 3.6°
Colpisce, in particolar modo, la profondità della prima scossa, 3 chilometri appena, mentre la seconda, dopo quattro ore, ha una profondità di 8.6 chilometri. L’epicentro viene individuato tra i comuni di Montereale (L'Aquila), Amatrice (Rieti) e Borbona (Rieti), ma le scosse sono state avvertite anche nella zona ovest dell'Aquila (Pettino).
- Alle 13.45, ancora una scossa questa volta più lieve, 2.3°, che ha anticipato una scossa di 3.3° con profondità di 2.3 chilometri, registrata alle ore 14.06.
A seguito di ciò il sindaco di Cagnano ha chiesto alla Protezione Civile di poter riallestire le tendopoli, la situazione sta evidentemente precipitando, sembra di rivivere un film già vissuto solo 17 mesi fa, anche allora come oggi la frequenza delle scosse aumentò improvvisamente sia di numero che d’intensità, anche allora ci fu una forte scossa premonitrice del 4°.
Forse tutto ciò che segue non è opportuno, ma evidenzio semplicemente una differenza di comportamento delle istituzioni, e mi/Vi pongo una domanda:
Dopo la scossa premonitrice di fine Marzo 2009, del 4.0° su scala richter, ci dissero che non poteva accadere nulla. Oggi, dopo queste ultime scosse, che hanno avuto il picco più alto di 3.6° su scala richter, si lancia, ritengo giustamente, un preallarme?
Questa è una semplice analisi dei fatti, solo per evidenziarVi quanta malafede c'è stata nell’avvenimento sismico che fu registrato a Marzo 2009, esattamente una settimana prima dell'evento distruttivo di L'Aquila.
A seguito di ciò è stata decisa l’immediata chiusura precauzionale per un periodo per ora limitato a due giorni, del centro storico della città di L’Aquila e di tutte le frazioni, comprese le zone che erano state parzialmente riaperte al transito pedonale, inoltre per lo stesso motivo sono stati chiusi anche tutti i cantieri inerenti la ricostruzione, come sono stati chiusi gli asili fino al 5 Settembre.
Ora provocatoriamente domando, ben sapendo la risposta:
Per quale motivo oggi ci si comporta così?
Semplicemente perché questo è quanto previsto dalle vigenti norme di legge, che erano in vigore anche prima del 6 Aprile, ma che allora non vennero prese in considerazione.
Emerge in tutta la sua chiarezza la colpa gravissima della Protezione Civile Regionale, dell’On D. Stati, che se fosse ancora assessore con delega alla Protezione Civile, se non si fosse dovuta dimettere perché coinvolta in un giro d’affari, diciamo solo “poco chiaro”, avrebbe sicuramente qualche cosa da raccontarci in merito.
Emerge altresì la gravissima responsabilità della Protezione Civile Nazionale, che per bocca del suo numero due De Bernardinis, ci suggerì di berci un buon bicchiere di vino, mentre con gli altri membri della Commissione Grandi Rischi si affrettò a perseguire per procurato allarme l’unica persona che aveva avuto buon senso, quel Giampaolo Giuliani, tecnico di laboratorio nell’INFN del Gran Sasso, che indipendentemente da ciò che rilevava con le sue macchine, suggeriva, come oggi, la massima cautela.
Tutto ciò pesa come un macigno, accusa senza attenuanti tutti quei superburocrati della Protezione Civile Nazionale e Regionale oltre ai politici ed i componenti della Commissione Grandi Rischi, tra i quali sedeva anche il prof. Barberi, colui che solo alcuni anni prima aveva stilato il famoso rapporto che prende proprio il suo nome “Rapporto Barberi”, sulla sicurezza e prevenzione sismica in Italia, colui che aveva contribuito a classificare in zona a rischio sismico 1 L’Aquila e l’aquilano, che verranno poi retrocessi dalla giunta Regionale presieduta dall’On. Pace nel 2003, in zona a pericolo sismico 2.
In quella riunione, nessuno tenne conto di ciò che stava accadendo, e invece di allertare la popolazione, colpevolmente si attivo per tranquillizzata.
A questo punto le possibilità sono due.
- O è corretto il comportamento che le istituzioni hanno avuto nel caso della scossa di 4.0° di fine Marzo 2009.
In questo caso, essendo di 3,6° la punta massima fino ad ora registrata, il comportamento delle istituzioni andrebbe perseguito per “procurato allarme”, proprio com’è accaduto nel caso di Giuliani.
- Oppure è corretto il comportamento che le Istituzioni stanno mantenendo ora.
In questo caso balza agli occhi di tutti come sia colpevole il comportamento mantenuto nel 2009.
La realtà per ora è una sola, dopo la scossa di 4.0 di Marzo 2009 c'è stato l'evento del 6 Aprile, mentre oggi, ci auguriamo tutti che non ci sia una replica di un simile evento.
Detto ciò, da questa esperienza ne consegue che è e meglio lanciare un allarme, magari anche ingiustificato, se solo c'è una lontanissima ipotesi che possa verificarsi un evento calamitoso, distruttivo, che rimanere passivi, o peggio, tranquillizzare la popolazione.
Infatti, se come si è detto non è dimostrabile che coloro che sono rimasti sotto le macerie, sono deceduti perché non gli è stato esplicitamente detto di uscirei casa, è vera anche la tesi opposta.
Le istituzioni non avrebbero dovuto tranquillizzare la popolazione, ma dare, come sta accadendo in questi giorni, informazioni corrette, avrebbero dovuto informare come ci si deve comportare simili situazioni di preallarme, predisporre piani di evacuazione e centri di raccolta, questi sono i compiti delle istituzioni.
308 nostri concittadini sono rimasti sotto le macerie, la loro unica colpa è stata quella di aver avuto fiducia nelle istituzioni, ma evidentemente questa era mal riposta.
Tornando ai fatti di questi ultimi giorni, tutto ciò, accadeva nell’imminenza dell’apertura del nuovo anno scolastico.
Ora che nel centro storico ancora interdetto, pieno di macerie, con i militari che controllano gli accessi alla zona rossa, i cittadini cominciavano ad affacciarsi nuovamente, ora che avevano cominciato ad accettare di vivere, li, in mezzo alle macerie, come se tutto fosse normale, arriva questo nuovo sciame sismico proprio nel momento in cui i cittadini, e la città, stavano lentamente tornando ad una normalità, anche se tutti noi eravamo consci del fatto che questa vita, non aveva, e non avrebbe mai potuto avere nulla di normale, vista la situazione in cui versa ancora la città.
Proprio ora doveva riemergere il mostro dalle viscere della terra, portando ancora sgomento e angoscia tra la popolazione.
L’Assegnazione del M.A.P. n.°38 (23 Settembre 2010 - 17 mesi e 19 giorni dopo il 6 Aprile 2009)
Sono trascorsi ormai oltre 17 mesi da quel tragico 6 Aprile 2009, con la famiglia risiediamo ancora nel comune di Isola del Gran Sasso che ci ospita ormai da 11 mesi.
Per noi il grande miracolo aquilano non c’è mai stato.
Anzi, ancora non sappiamo quando arriverà, se mai arriverà l’assegnazione del M.A.P., per ora non abbiamo nessuna notizia, nemmeno una previsione, siamo rimasti solo noi e un gruppo di sfollati ancora assistiti in una struttura alberghiera della frazione di Stiffe.
Per la verità, l’ultimo gruppo di moduli del nostro comune è pronto dal mese di Giugno 2010, è stato edificato nella frazione di Collarano, ma ancora non è stata fatta nessuna assegnazione, sono da completare, anzi sono proprio da realizzare completamente tutte le opere d’urbanizzazione e le relative infrastrutture, mancano le fogne, il gas, la luce, le linee telefoniche oltre a strade asfaltate, marciapiedi e illuminazione stradale.
Praticamente rimane da fare ancora tutto, all’infuori dell’edificazione di queste baracche non c’è nulla che assomiglia a un posto vivibile, inoltre i lavori in questo villaggio dovevano essere conclusi entro il 10 Marzo 2010, come si evince dalla tabella del cantiere, la consegna è in leggerissimo ritardo sul master plan dei lavori, appena cinque mesi di ritardo,
Mi sto rendendo conto che rappresento la testimonianza vivente, in negativo, dei record sbandierati in TV dal nostro premier e dal suo fido Bertolaso, in questi 17 mesi di post-sisma, di parole, di nulla.
Non ne possiamo proprio più, la vita nel residence che ci ospita non è tutto sommato sgradevole, ma ormai la mancanza di un punto di riferimento in città è diventata insostenibile, sono quasi 18 mesi che facciamo i pendolari tutti i giorni, per cui io e mia moglie Anna decidiamo che è giunto il momento d’alzare la schiena, di dire basta a voce alta, di fare valere i nostri diritti civili costituzionalmente garantiti.
Ed è il caso a darmi un grosso e insperato aiuto.
Un mio ex collega di quando lavoravo in Opti.Me.S. oggi ricopre un’importante carica istituzionale, per cui decido, anche se la cosa non fa parte della mia cultura, di rivolgermi a Lui, solo per un consiglio, per avere un’indicazione sul come comportarmi con questa “gente” che continua, a decidere di non decidere, e forse tutto ciò, sperando, che alla fine la decisione la prendiamo noi, andandocene via.
Ma, l’indicazione che cercavo è molto di più di quello che mi aspettavo di poter ottenere, e una volta esposti i fatti, viene immediatamente predisposto un documento da sottoporre alla “Procura della Repubblica di L’Aquila”, nel quale si chiede conto al comune della situazione, firmo, e la procedura si mette in moto.
Non avrei mai immaginato che poteva bastare questo semplice gesto, ma ciò che segue è un dato di fatto.
Dopo quest’avvenimento, di colpo il cantiere si è animato, i lavori che prima procedevano con la velocità di una lumaca, hanno cominciato a procedere più speditamente, il cantiere che prima era deserto, o che al massimo veniva frequentato saltuariamente da qualche operaio, che faceva poco più di una presenza, si è animato di molti operai, pure indaffarati.
Così potevamo verificare con cadenza ormai quasi giornaliera, che dopo avere presentato quel documento in Procura i lavori ora procedevano quasi speditamente, ci accorgevamo chiaramente che nell’ultimo periodo c’era stato un evidente cambiamento, ma non osavamo credere che potesse essere legato direttamente a quella nostra presa di posizione.
Invece, tutto comincia con una telefonata.
Il comune mi convoca per il 23 Settembre 2010 per l’assegnazione del M.A.P..
Prima di andare avanti nel descriverVi quanto accaduto, è bene fare il punto soffermandoci sul del termine “assegnazione”.
Dal dizionario “Hoelpi”:
Assegnare, Dare, attribuire, fissare a favore di qualcuno o di qualcosa: un incarico, un ufficio; un oggetto un valore che non ha. Fissare, stabilire: mi hanno assegnato due giorni per terminare questo lavoro. Affidare: la custodia dei libri è assegnata a me; ho eseguito con attenzione il lavoro che mi è stato assegnato. Destinare: lo hanno assegnato a un altro reparto
Assegnazione, Azione e risultato dell’assegnare: l’assegnazione di un terreno, di un premio di un ufficio a qualcuno
Assegnatario, Colui a cui viene assegnato qualcosa: l’assegnatario del fondo
Sinonimi sono: “attribuzione, aggiudicazione, conferimento, dotazione, consegna, distribuzione”, detto ciò, mi pare che possiamo essere d’accordo se escludiamo come sinonimo o significato il termine “scelta”.
Fatta questa premessa sul significato del termine assegnare, Vi voglio appunto testimoniare come è avvenuta “l’assegnazione” del mio M.A.P..
Io mi ero immaginato questa scena:
Entro in un ufficio dove sono presenti: il Sindaco o chi ne fa le veci, un tecnico comunale che verifica se la mia famiglia ha i requisiti per ottenere il M.A.P., e un funzionario della Protezione Civile che una volta verificati questi requisiti ci assegna su una planimetria un Modulo Abitativo, dopodiché, una serie di raccomandazioni e di divieti, come comportarci in caso di problemi tecnici, ed infine dopo aver sottoscritto il contratto, un appuntamento per la successiva consegna dell’abitazione.
Niente di tutto questo.
Ci troviamo invece in un’assemblea, sono presenti tutte le famiglie che risultano assegnatarie di un M.A.P., dopo circa 10 -15 minuti arriva il Sindaco con un paio d’impiegati comunali, questi sfogliano una grande planimetria su un tavolo, mentre prende la parola il Sindaco.
Già questo inizio mi pare anomalo, visto comunque l’evidente stato di necessità, sono ormai 18 mesi che con la mia famiglia viviamo da sfollati, alloggiati ora qua ora la, decido di frenare l’impulso di ribellione che in quel momento stava per prendere il sopravvento.
Il Sindaco esordisce, informandoci che con quest’ultima assegnazione, tutti nel comune avevano un alloggio provvisorio, dopodiché continua “seguiremo la prassi già utilizzata con successo nelle precedenti occasioni, pertanto come potete vedete sul tavolo c’è, a vostra disposizione, la planimetria dei M.A.P. da 50 e da 70 mq. che dobbiamo assegnare, con calma, cominciamo con chi deve ricevere quello da 50, vi avvicinate e scegliete sulla planimetria quello che vorreste avere, se più famiglie scelgono lo stesso M.A.P. o raggiungono un accordo tra loro o facciamo il solito sorteggio per decidere a chi viene assegnato. capito tutto?, ok procediamo”.
E continua: “prima di cominciare diamo però la precedenza alla Signora …….. (la chiameremo Maria), che essendo la proprietaria del terreno su cui sorgono i M.A.P., credo che siamo tutti d’accordo, nel ritenere giusto, che abbia la precedenza nella scelta”
A questo punto mi si è fatto tutto nero, mi bolliva il sangue dalla rabia per l’assurdità di ciò che avevo ascoltato, avrei voluto intervenire, avrei voluto urlare le mie ragioni:
“Ma come, lo Stato non ha forse requisito per pubblica utilità i terreni, confiscandoli, per permettere l’edificazione del progetto CASE come dei M.A.P.?
E se i terreni sono stati confiscati, ora sono proprietà dello Stato, che c’entra la signora Maria? Per quale motivo dovrebbe avere questo privilegio?
E poi, io sono stato convocato per una assegnazione di un M.A.P., non per la sua scelta?
Se è possibile scegliere, deve anche essere possibile visionare l’oggetto, o gli oggetti della scelta, possibilità che a me non è stata mai resa nota, ne ho mai pensato di visionare, o chiedere di visionare i M.A.P. preventivamente?
E comunque, non sono forse stati pagati questi terreni?, Magari poco, ma comunque pagati?”
mi sono trattenuto ed ho continuato ad assistere a quella penosa farsa.
Perché con quella frase, la Signora “Maria” da quel momento era stata investita di una autorità che nessuno poteva darLe, una autorità che doveva rimanere dell’amministrazione comunale.
Ma quello che segue è pure peggio.
Una volta che la Signora “Maria” ha scelto il suo Modulo, accade che una folla, di poveracci, che evidentemente non si rendevano conto di essere maldestramente usati, si è accalcata intorno al tavolo sul quale era stata distesa la planimetria.
Comincia un caos indegno per un paese che si dice civile, gente che urla, che si accalca per conquistare una posizione migliore, le persone sono uno sopra l’altra, sgomitano per avvicinarsi al tavolo in un pandemonio indescrivibile, questa squallida scena dura due ore, il tempo necessario per assegnare a tutti un M.A.P..
Io e mia moglie Anna, rimaniamo per due ore tranquillamente seduti a gustarci questa squallida scena, fino a che si alza la voce di uno dei due collaboratori del Sindaco “è rimasto da assegnare ancora un M.A.P., e c’è ancora una famiglia, …… la famiglia Torregrossa non ha ancora scelto, signori Torregrossa …….., avvicinatevi, dovete fare la vostra scelta”
risponde mia moglie Anna, “per noi va bene quello che è avanzato!, non c’è nulla da scegliere!, tanto sono tutti uguali, no!
“Allora il vostro M.A.P. è il n.° 38, va bene?” - “Va bene, va bene, noi non abbiamo preferenze”
A questo punto, disgustati per quello a cui avevamo assistito, per le modalità, per le frasi pronunciate dal Sindaco, andiamo via, torniamo verso il nostro residence che si trova dall’altra parte del Gran Sasso, a Isola del Gran Sasso, e in macchina ad alta voce commentiamo:
ci hanno convocato per l’assegnazione del M.A.P., e invece di darci sta benedetta baracca, abbiamo partecipando ad una assemblea, nella quale ha preso la parola il Sindaco, che con le sue frasi di colpo ci ha riporti nel medioevo.
- il paese è paragonabile al feudo, e questo è governato dal suo Signore, che è “il Sindaco”;
- costui investe il suo Vassallo, la sig.ra “Maria” conferendole terre e privilegi;
- la sua corte sono “gli impiegati comunali” che non osano interferire con il loro Signore;
- i suoi fedeli sudditi, “gli sfollati”, che lo hanno acclamano quando gli ha permesso di scegliere “Il M.A.P.”.
Anche per quell’epoca, questa situazione sarebbe stata veramente squallida, e se tutto ciò non lo avessi vissuto in prima persona, se non fossi io che lo sto rappresentando a Voi, sembrerebbe il frutto di una fantasticheria, invece è la realtà.
Ma come hanno potuto ridurci in una simile condizione?
Una riflessione sugli ultimi avvenimenti (Settembre 2010)
Tutto ciò che Vi ho descritto accade nel 2010, in una delle otto maggiori economie mondiali, in un Paese che è membro di quel G8 che si è svolto, nel Luglio del 2009, per volere del nostro primo ministro, proprio in questa città.
Come avrete certamente potuto rilevare dalla lettura di ciò che vi sto proponendo, oggi siamo ridotti in condizioni certamente non confacenti ad una della maggiori economie mondiali. Oggi in questi luoghi, ci stiamo litigando una baracca, in legno precompresso e cartongesso, tutto ciò è veramente assurdo.
Sono riusciti a trasformare delle squallide baracche, perché è inutile girarci intorno con definizioni e nomi altisonanti, di questo si tratta, altro che ville, nell’oggetto del desiderio di tanta povera gente.
Ed i miei compaesani se le sono pure litigate.
Solo per ottenere quella che ritenevano la migliore, solo perché ha un posto auto più accessibile, più vicino, o uno straccio di terreno sassoso e pieno d’erbacce da trasformare con molta fantasia in un orto, piuttosto che posizionarci un gazebo con un barbecue per gli arrosticini.
Non si sono resi conto che le istituzioni hanno sfruttato la loro precaria situazione, per ottenere una gratitudine incondizionata per aver concesso loro ciò che è un diritto, che viene fatto passare come la benevola concessione elargita da un benefattore.
Ma siamo proprio tutti pazzi?, ma ci rendiamo conto di che cosa stiamo parlando?
Quello che questo Paese ha fatto, che questo Governo “del fare” sostiene, è evidentemente falso, infatti, solo una minima parte di ciò che è stato sbandierato ai quattro venti è stato realizzato, anche male, e comunque tutto ciò rientra nei doveri di un Paese che si autodefinisce civile.
Questo Governo che sembra stia facendo enormi sforzi per gestire i diversi avvenimenti calamitosi che continuamente accadono in questo paese, continua a nascondere la verità.
Tutti noi sappiamo che spesso questi avvenimenti trovano origine proprio nell’assoluta mancanza di prevenzione, di tutela del territorio, come siamo a conoscenza che tutto ciò è una competenza di quel Dipartimento di Protezione Civile che dipende dalla Presidenza del Consiglio.
Le colpe, i mandanti dei molti disastri che colpiscono ogni anno l’Italia sappiamo bene di chi sono. Come sappiamo che è uno specifico compito di chi governa, amministrare, gestire e risolvere gli eventi calamitosi che ci colpiscono, utilizzando ad esempio, i tributi che tutti noi versiamo con le tasse, che dovrebbero essere impiegati per la prevenzione, e dove non fosse possibile, come nel caso di un evento naturale quale quello del 6 Aprile, dovrebbero essere impiegati per gestire l’emergenza, predisponendo tutti quei servizi necessari alla collettività.
E allora domando: “non è forse un servizio alla collettività, quello di intervenire in modo adeguato in caso di calamità naturale?”
Ma quale benevola concessione?
State semplicemente dandoci, anzi state solo promettendo di darci, ciò che ci spetta, ed i M.A.P., o meglio le baracche che ancora oggi vengono edificare a 750.00 €/Mq., sono uno di quegli oggetti che lo Stato ha l’obbligo di donare in simili circostanze.
Deve essere chiaro questo concetto, non siamo difronte ad una benevola elargizione di un benefattore, ma difronte a uno specifico dovere di uno Stato verso i suoi cittadini colpiti da una catastrofe naturale.
Il MIRACOLO AQUILANO?
Ma quale miracolo, ma vergognateVi, state speculando sulla vita di 308 vittime, sul dolore di gente che ha perso tutto. Fate proprio schifo.
La Firma del contratto di “comodato d’uso gratuito (7 Ottobre 2010 18 mesi e 1 giorno dopo il 6 Aprile 2009)
Sono passati ormai una decina di giorni da quella squallida assemblea, e di firma di uno straccio di contratto nemmeno l’ombra.
Poi mi arriva una telefonata del mio ex collega di lavoro, mi chiede se c’erano stati sviluppi riguardo la mia situazione, l’informo, e concordiamo che è opportuno ritirare la denuncia inviata alla Procura della Repubblica di L’Aquila.
Dopo qualche giorno, ancora una comunicazione telefonica dal comune, convocazione per il giorno 7 Ottobre 2010 per la firma del contratto, sono passati 14 giorni dall’assegnazione, e 18 mesi da quel 6 Aprile 2009.
Questa volta le cose sembrano svolgersi, almeno inizialmente, in maniera più seria, la firma avviene presso la sede provvisoria del comune, il messo comunale mi sottopone un plico composto da 6 (sei) fogli vidimati con il timbro del comune e mi chiede di apporre n.° 3 firme, quindi mi informa che nel pomeriggio dello stesso giorno verso le ore 14.00 sarà presente l’incaricato della società del Gas per stipulare il nuovo contratto di fornitura.
Firmo, e lascio il comune avviandomi verso la macchina, dove comincio a sfogliare il documento che ho appena firmato per accettazione.
Leggo velocemente, e mi rendo immediatamente conto che mi è stata estorta una delle firme, precisamente quella dell’allegato che indica e riporta l’elenco degli arredi che mi sono consegnati con il M.A.P..
Poi leggendo con più attenzione, mi accorgo di una serie di clausole contrattuali, infilate lì, in quello che “loro”, definiscono contratto.
Sembrano inserite apposta per fregarmi in un momento successivo, come se qualcuno stesse pensando a come incastrarmi, approfittando di uno stato di necessità, dell’euforia di chi è stato deportato per 18 mesi fuori casa e non vede l’ora di poter rientrare, e nel momento che questa occasione si presenta non bada a quello che gli viene richiesto di firmare.
Proprio un comportamento vergognoso, ancora più vergognoso e grave perché perpetrato da quel Dipartimento di Protezione Civile, nel quale tutti, chi più chi meno, ripongono la propria fiducia.
Il fatto è questo:
- Il documento che ho firmato recita così:
a. Articolo 15 “la data di decorrenza è quella dell’apposizione delle firme al presente atto”
Ora l’atto è stato firmato in data 7 ottobre 2010, ma le chiavi del M.A.P. non mi sono state contestualmente consegnate.
Quindi questa clausola è da considerarsi nulla, come può avere valore un contratto, quando l’oggetto stesso del contratto non viene messo a disposizione della parte contraente.
Il comune nel momento che non mi consegna le chiavi, di fatto non rispettata la data di decorrenza del contatto, che deve coincidere con il momento in cui la cosa può essere utilizzata, stando così le cose il comune risulta inadempiente.
Inoltre il mancato possesso della cosa (il MAP), impedisce di verificare lo stato degli arredi che con quello stesso documento vengono assegnati e che con l’apposizione della mia firma ho dichiarato di avere ricevuto e verificato.
b. Articolo 3 “ …… omissis ….. composta da cucina, bagno, camere da letto n.° 3, completa di arredi, come elenco allegato e sottoscritto dalle parti;”
Articolo 5 “Il comodatario è tenuto a conservare la cosa con diligenza del buon padre di famiglia”
Articolo 8 ”Il comodatario esonera il comodante da ogni responsabilità per danni diretti ed indiretti che potessero derivargli dall’uso dell’immobile concesso in comodato d’uso gratuito”
Altra inadempienza, infatti sarebbe buona norma che quando si stipula un contratto, sottolineo il termine contratto, le parti svolgano assieme un sopralluogo per verificarne lo stato della cosa, per verbalizzare le eventuali difformità.
Questo diventa obbligo, se come recita articolo 5 “Il comodatario è tenuto a conservare la cosa con diligenza del buon padre di famiglia”, è evidente che per “conservare con diligenza” è necessario stabilire prima lo stato di conservazione iniziale.
Inoltre in base a quanto stabilito dall’articolo 8 ”Il comodatario esonera il comodante da ogni responsabilità per danni diretti ed indiretti che potessero derivargli dall’uso dell’immobile concesso in comodato d’uso gratuito”, è evidente che diventa prioritario a tal fine verificare lo stato della sicurezza della cosa (il M.A.P.), e degli accessori di arredo, per accertarsi che non esista nessun evidente rischio o pericolo per le persone che vi risiederanno.
c. Articolo 7 “sono a carico del comodatario tutte le spese per servirsi della cosa”
Di per se questo articolo sembra di una linearità sconcertante, se non fosse che all’atto della firma, il messo comunale, sicuramente in buona fede ed eseguendo comunque una disposizione di superiori, mi ha comunicato che nel pomeriggio dello stesso giorno “7 Ottobre 2010”, sarebbe stato presente l’incaricato della società del GAS, per la stipula del contratto di fornitura.
Evidenziandomi che l’incaricato veniva appositamente.
Sottolineo che nelle mie stesse condizioni si trovano 49 famiglie assegnatarie di quest’ultimo gruppo di M.A.P., che quindi come me dovranno sottoscrivere altrettanti contratti di fornitura del gas, e come me sono stati messi a conoscenza di questa opportunità.
Ora, premesso che questa è la stessa compagnia della quale mi servivo prima del sisma, per una mia libera scelta, ritengo che è qui che nasce il problema.
Infatti, secondo quanto recita l’articolo 7, sono a carico del comodatario tutte le spese per servirsi della cosa, e allora è lecito aspettarsi che costui possa scegliere liberamente la società erogatrice per le forniture di Luce, Gas e Telefono.
Invece le cose non sono andate esattamente in questa maniera.
Di fatto non ho potuto esercitare questo diritto, non perché qualcuno l’abbia mai impedito, ma semplicemente perché per ottenere l’accesso al MAP è necessario attivare una fornitura di gas, la maniera più veloce che mi si prospettava era quella d’approfittare di quell’opportunità.
Si è usato questo stato di evidente necessita per costringere di fatto, indiscriminatamente tutti, ha sottoscrivere il contratto di fornitura del gas con questa compagnia, approfittando del fatto che quel pomeriggio era per caso presente il tecnico.
A questo punto emerge un nuovo problema, che è rimasto ben celato fino a quel momento, ma ora emerge, evidenziando la frode perpetrata da questa società ai danni dei sfollati, almeno di tutti coloro che avevano già un contratto di fornitura prima del sisma con questa stessa compagnia.
Mi spiego meglio.
Credo che siamo d’accordo nell’affermare che tutti coloro che hanno avuto in assegnazione un alloggio del progetto CASE o un M.A.P. prima del sisma avevano o un’abitazione di proprietà o in affitto, quindi anche regolari utenze di fornitura per il gas, la luce ed il telefono, ora essendo questi assegnatari di una nuova abitazione, ed avendo ancora in corso di validità i contratti per le vecchie utenze, mi pare evidente che sarebbe bastata una voltura di questi contratti al nuovo contatore, al nuovo indirizzo.
Perché costringere famiglie che hanno già pagato, che hanno già perso tutto ciò che potevano perdere, a stipulare nuovi contratti di fornitura con le stesse compagnie che li servivano prima del sisma?
Immancabilmente la società fornitrice del gas, invece di propormi una voltura, mi ha estorto un nuovo contratto di fornitura, tutto ciò comporta spese di registrazione del contratto e deposito cauzionale, che come recita l’articolo 7, rimangono a carico del comodatario, a mio carico.
Quindi, ricapitolando, dopo la firma del contratto:
- non mi è stato possibile ne prendere possesso del M.A.P., ne verificarne lo stato, per l’evidente mancata consegna delle chiavi d’accesso;
- approfittandosi quindi di una evidente situazione di necessità, mi e stata chiaramente estorta la firma sulla parte del contratto relativa agli arredi;
- sono stato costretto a stipulare un nuovo contratto di fornitura del gas, per poter avere accesso al M.A.P., mentre avrei potuto ottenere una semplice voltura a costo zero.
Per tutti questi motivi, ritengo che i relativi articoli che regolano questo contratto contengano delle clausole che ritengo vessatorie secondo quanto previsto dall’Articolo 33 del codice del consumo “d. lgs. 6 settembre 2005, n. 206”,
le clausole vessatorie sono le clausole presenti nei contratti conclusi tra il consumatore “comodatario” ed il professionista “comodante” che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore “comodatario” un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
Inoltre accade le il mio M.A.P. come tutti gli altri che sono stati assegnati contemporaneamente al mio abbiamo già attiva l’utenza ENEL, senza che nessuno di noi abbia mai sottoscritto un contratto di fornitura con questa società.
Ora, se l’utenza ENEL relativa alla fornitura di energia elettrica rimane a carico del comune o della protezione civile, come avviene per gli alloggi del Progetto Case, la cosa mi pare lineare, ma se come recita il contratto, la fornitura di energia elettrica è a carico del comodatario, domando:
- “Quando mai ho sottoscritto un contratto di fornitura con l’ENEL”
Mi pare evidente l’illegalità di questa azione, ed è evidente che l’ENEL non potrà fatturare a mio nome, ne potrà pretendere la sottoscrizione di un contratto, ne potrà vantare nessun credito nei miei confronti.
Per quanto riguarda la linea telefonica ho invece verificato che il M.A.P. è totalmente sprovvisto di presa telefonica, ma la cosa ancora più grave è che il sito dove sorge questo villaggio non è servito da una cabina per la fornitura di questo servizio, e allora domando:
- “Ma i costi e le opere d’urbanizzazione in cosa consistono?”
- “e le infrastrutture?”
- “ma il telefono non rientra nelle opere d’urbanizzazione, non è forse una infrastruttura?
- “ma chi è che ha deciso che i sfollati non debbono accedere ai servizi telefonici, a internet?”
Mi sorge un dubbio in merito a quest’ultimo punto, facciamo così, io lo espongo, e voi lo giudicate e se credete lo condividete.
“forse qualcuno, lascio a voi ipotizzare chi, in questo modo vuole impedire, censurare in maniera preventiva l’informazione che potrebbe correre liberamente attraverso internet.”
- Siamo d’accordo nel ritenere internet un mezzo di diffusione di massa di grande efficacia;
- Come siamo d’accordo nel ritenerlo un mezzo che può veicolare molto facilmente la controinformazione.
Guarda caso, accade che proprio a chi potrebbe testimoniare particolari situazioni vissute negativamente, sulla propria pelle, situazioni che certo non testimoniano favorevolmente all’eccezionale miracolo aquilano, che da 18 mesi si vuole imporre all’opinione pubblica, a queste persone viene di fatto impedito di accedere a questo specifico servizio, rendendolo di difficile fruizione.
E’ evidente, che testimonianze dirette, di chi questi problemi li sta vivendo in prima persona, possono dare fastidio, o creare problemi ai politici, alla politica, come ai media di Stato, che continuano a veicolare da 18 mesi informazioni che prima vengono verificate, controllate, infine censurate, avendo cura di selezionare e divulgare solo quelle che possono tornare utili.
Credo di poter affermare che tutto ciò mi sembra proprio voluto, e lo reputo molto grave e pericoloso per la democrazia di questo Paese.
d. Infine allegata alla documentazione del contratto, è inserita una nota del comune, protocollo 4023 del 23 Agosto 2010.
Con questo documento che è evidentemente retrodatato “23 Agosto 2010”, si informa che a far data da Lunedì 26 Luglio 2010 è stata modificata la procedura per la richiesta degl’interventi di manutenzione per i MAP in tutti i comuni del cratere.
Inoltre, da quella stessa data è attivo il numero verde di “linea amica”, che provvederà all’inoltro delle richieste d’assistenza alla “direzioni lavori del Dipartimento della Protezione Civile.
Se avete solo un poco di conoscenza di diritto, Vi renderete conto da soli, che l’inserimento di questo documento dentro il contratto stesso lo rende di fatto nullo.
Infatti il contratto viene stipulato tra due parti che sono indicate e denominate rispettivamente comodante “il comune” e comodatario “il titolare del diritto”, ciascun singolo sfollato che riceve in comodato d’uso gratuito il M.A.P., mentre nell’ultima pagina del contratto, con l’inserimento di questa nota, che diventa parte integrante del contratto stesso, intervengono delle figure che nel contratto non sono previste, più precisamente:
- la figura della “direzione lavori” del Dipartimento di protezione Civile;
- la figura del servizio telefonico di “linea amica”
parti che non sono vincolate in alcun modo nel contratto, che viene sottoscritto, tra le uniche due parti stipulanti “comodate e comodatario”.
E’ l’incredibile è, che questo contratto è stato predisposto dallo Stato, dal Dipartimento di Protezione Civile che dipende addirittura dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Ma come è possibile partorire delle mostruosità giuridiche simili?
Lo Stato predispone e costringe a sottoscrive contratti capestro, ai danni dei stessi sfollati che ha l’obbligo di assiste?
Ma in che mondo viviamo?
Ma che razza di Paese è mai questo?
Un simile contratto, se proposto a privati, avrebbe richiesto l’intervento di civilisti a tutela di una delle parti, e non sarebbe stato giudicato valido.
Ora accade che questo stesso contratto, che è predisposto dallo Stato, viene sottoposto alla firma dei naturali contraenti, che sono sfollati, sinistrati scampati ad una catastrofe naturale.
Questa gente invece di essere assistita, invece di ottenere il ripristino di alcuni sacrosanti diritti andati persi, smarriti, a causa degli eventi che li hanno coinvolti, quali: “il diritto allo studio, alla casa, al lavoro, viene volutamente raggirata.
Ma Vi rendete conto che mostruosità?
Ma con queste premesse quando, e come la ricostruiscono L’Aquila?
E gli altri 56 comuni del cratere?
E gli altri 30 comuni che non fanno parte del cratere ma che hanno ugualmente subito danni a causa del sisma?
Chi vuole rispondermi lo faccia a questo indirizzo di posta elettronica fausto.torregrossa@virgilio.it, aspetto con fiducia.
La consegna della baracca n.°38 del campo di prigionia di Collarano (Aq) (18 Ottobre 2010 18 mesi, 12 giorni dopo il 6 Aprile 2009)
Comunque una volta firmato sto benedetto contratto, accade che sabato 16 Ottobre, 23 giorni dopo la cosi detta assegnazione, mentre con mia moglie Anna eravamo in viaggio verso Nettuno, per recuperare un poco di biancheria ed abiti più pesanti, mi è arrivata la solita telefonata dal comune, mi informavano che dalle ore 10.30 di quel sabato erano in consegna le chiavi dei M.A.P., potevo quindi recarmi a ritirare le chiavi del mio M.A.P. n.°38.
Ho fatto presente che mi trovavo fuori regione ed abbiamo concordato la consegna per Lunedì 18 Ottobre.
Non so se essere felice per la notizia appena ricevuta.
Significa che entro il mese di Ottobre, dopo 18 mesi di vita da sfollato, posso rientrare nel mio comune di residenza, che per me, per la mia famiglia equivale al rientro a L’Aquila, abbiamo finalmente finito di viaggiare, tutti i giorni 120 – 150 km, e questa vita è durata 18 mesi, oltre 500 giorni sono trascorsi da quel 6 Aprile 2009.
Questa è la parte buona, della notizia appena ricevuta.
La parte meno buona, è rappresentata dalla preoccupazione per la nuova situazione che dovremo affrontare.
Ricomincia la vita, ma in un posto che non è più quello in cui avevamo vissuto tranquillamente, bene, per oltre 20 anni.
Io lo so perché non ho mai smesso di viverci, tutti i giorni in questi mesi ho fatto il pendolare, ho visto questo territorio agonizzante, distrutto, invivibile, poi ho visto preso d’assalto, terra di conquista di imprenditori lestofanti e faccendieri di palazzo, sotto stato d’assedio durante il G8, poi ho assaporato la speranza di una ripresa mentre venivano smontati i campi profughi, e poi ………………. .
Ormai, questo territorio non è più quello che conoscevamo prima del sisma, non è rimasto neanche un solo punto di riferimento della nostra precedente vita, come era e come lo conoscevamo.
Ora sarà veramente dura, credo che per la mia famiglia comincia adesso la vita da sfollati, una vita che io ho già vissuto solo in parte in questi tristi mesi da pendolare, impegnato nella ricostruzione che non c’è, che non parte per un’assurda burocrazia che interferisce continuamente.
Ma la cosa triste è che dopo 18 mesi, non ci troveremo neanche a rientrare in una nuova città, ma in un caos generale e totale, pure male organizzato, sottoposto a delibere ed ordinanze, che ogni giorno possono intervenire a cambiare vita e le abitudini di chi ci vive, studia e lavora, se mai ci fossero ancora delle abitudini da poter prendere in questa situazione.
E poi mi assale la preoccupazione per i costi che questo rientro ci riserverà. Questo tornare, poi sarà veramente un tornare a vivere?
In questi mesi abbiamo cercato e sperato di poter rientrare nel più breve tempo possibile, ed ora che è alla nostra portata, ci fa paura, come faremo a sopravvivere?
E poi il pensiero al mutuo per una casa che non ho più, che da fine anno dovrò riprendere a onorare, attualmente non ho più ne un lavoro, ne un reddito, l’azienda nella quale svolgevo le mie mansioni prima del sisma ha cessato l’attività, ha chiuso lo stabilimento.
Mi è rimasto solo l’impegno e il lavoro che ne deriva, dall’attività che sto svolgendo riguardo la ricostruzione. Tanto lavoro, che però da 18 mesi non produce nessun reddito, solo spese, che fino ad ora mi sono accollato non avendo altre spese da sostenere per la sopravvivenza, ma ora sorgerà il problema, ora sarà necessario trovare prima possibile una minima fonte di reddito per sopravvivere, un vero lavoro, magari piccolo, che produca un minimo di redito.
Ma a L’Aquila è tutto fermo, a parte qualche iniziativa commerciale, che credo non avrà vita lunga se non riparte la vera economia, industrie, artigianato e terziario, la situazione la vedo proprio brutta.
Intanto la giornata è passa veloce, carichiamo la macchina con tutto ciò che può servire, il piano di recupero dell’abbigliamento si è modificato in corso d’opera, ora ciò che dobbiamo riportare dovrà bastarci per almeno un mese, fino a inizio Dicembre, solo quando ci saremo sistemati nel M.A.P. potremo pensare di riprendere ciò che avevamo portato a Nettuno in quel tragico mese di Aprile 2009.
Caricata la macchina, partiamo alla volta di Isola del Gran Sasso, in macchina commentiamo la nuova situazione che va sviluppandosi, e decidiamo che tutto ciò che si trova in macchina, all’arrivo rimarrà lì, in attesa di poter essere scaricato nel M.A.P. Lunedì, una volta ritirate le chiavi.
Come si dice, la fortuna e cieca, ma la sfiga ci vede benissimo, infatti solo pochi giorni prima, era accaduto che una coppia di amici conosciuti nel residence che ancora ci ospita, trasferitasi in un albergo di L’Aquila già dal mese di Gennaio, era finalmente potuta rientrare nella propria abitazione, ma proprio nel giorno del rientro la signora Annamaria aveva avuto un brutto incidente in casa, a seguito del quale è stato necessario un ricovero ed un successivo intervento chirurgico di ricostruzione del femore rotto.
Tutto ciò ha comportato, e le sta tutt’ora comportando, una totale infermità, che durerà almeno per altri 30 giorni, dopodiché comincerà una la lenta riabilitazione, per questo motivo, non appena è stata dimessa ha chiesto a mia moglie Anna se poteva in qualche modo darle una mano.
Per questo motivo lunedì 18 Ottobre mi reco da solo in comune per il ritiro delle chiavi di “casa”.
Arrivo nel luogo dove hanno edificato il mio M.A.P., comincio a scaricare la macchina, giro per quella che mi hanno venduto come casa, e mi rendo immediatamente conto che l’abitazione, il M.A.P.n.°38 , assomiglia molto di più ad una Baracca che alla Villa a cui si era continuamente riferito il Presidente del Consiglio.
E poi, rispetto a ciò che avevo visto in Tv sui principali canali d’informazione quali TG1, TG2, TG3, TG4, TG5, Studio Aperto e TG La7, non c’era proprio paragone,
- niente spesa per una settimana, il frigo era completamente vuoto;
- niente champagne;
- niente torta per festeggiare;
- niente letterina di benvenuto di Berlusconi e Bertolaso;
ma poi che c ….. o dovrebbero festeggiare coloro che l’hanno trovato torta e champagne?
Forse il fatto che non hanno più casa, o che non hanno più un lavoro, o magari che non sono rimasti sotto le macerie, nonostante fossero stati tranquillizzati proprio da quelle stesse istituzioni che ora affermano di avergli fornito una villa, in sostituzione della casa che non hanno più, oppure dovrebbero brindare per i grandi affari che hanno potuto arricchire le varie cricche che si sono finora susseguite in questa scandalosa, finta ricostruzione.
Insomma, entrato in “casa”, ho avuto la prova provata che anche in questo terremoto, ci sono sfollati di serie A e sfollati di quarta serie.
Dove quelli che ho definito di serie A, sono coloro che sono entrati in questi nuovi alloggi durante i periodi preelettorali, o quando c’erano le TV, che riprendevano l’evento da trasmettere nelle case degli italiani.
Gli altri, quelli di quarta serie, sono tutti coloro che come me, hanno ricevuto questa sudata baracca, definita da sua maestà Silvio I° d’Arcore villa, a fari spenti, quando non c’era nessun che riprendeva, commentava o intervistava.
Così, comincio a fare un giro per le stanze, poso facilmente notare una serie evidenti intollerabili difetti di costruzione, e poi queste “ville” costano 750,00 €/mq, più le opere d’urbanizzazione e le infrastrutture. Tutto ciò fa lievitare il costo fino a 1.200,00 - 1.400,00 €/mq, e anche per questo motivo che ritengo inaccettabili questi difetti costruttivi.
Badate bene non sto parlando di difetti strutturali, ci mancherebbe, ma di tutti quei difetti che contraddistinguono una abitazione costruita per viverci, da una baracca di fortuna, una capanna, un tetto per passarci giusto qualche mese in attesa di una sistemazione definitiva.
Ma la verità la conosciamo tutti.
In quelle baracche, che di casa non hanno nulla, che di funzionale, per viverci non hanno niente, al di fuori di uno scandaloso televisore a cristalli l, messo lì per continuare a propinarci trasmissioni demenziali, come “Il grande fratello, Amici, …..” e tutte le altre, che questa malata democrazia telematica da alcuni anni ci propina, avendo invece cura di nascondere tutta quell’informazione che potrebbe in qualche maniera attivare il cervello o il pensiero dei video-ascoltatori.
Tutto ciò, come se possedere un televisore a cristalli, potesse rappresentare un bisogno impellente per una famiglia di sfollati, di gente che ha perso tutto, che deve ricostruire, ricominciare una vita partendo da sotto zero.
Ma siamo seri.
Chi è che ha potuto partorire simili mostruosità?
Chi è l’ingegnere, l’architetto che in quei moduli ci ha trascorso una sola settimana, e può continuare sostenere che queste sono abitazioni, case?
Il M.A.P. n.° 38 di Collarano (18 Ottobre 2010)
Ma la situazione del mio M.A.P. è del tutto particolare, ecco l’elenco dei difetti e dei problemi emersi dopo una prima veloce ispezione:
- le travi che sostengono il tetto sono tutte spaccate, segno evidente della presenza d’umidità nel legno;
- i pilastri risultano malamente piallati, ne sono levigati e risultano privi di verniciatura di finitura “turapori”, mentre sono evidentemente scheggiati e spaccati, segno di una lavorazione precaria;
- le pareti di cartongesso che delimitano il perimetro delle stanza che compongono l’abitazione non sono ancorati alle pareti perimetrali della struttura in legno precompresso, segno della mancata finitura d’ancoraggio di queste parti con rete;
- a seguito di ogni utilizzo dallo sciacquone del water, parte la caldaia, segno evidente che l’impianto idrico è stato montato in maniera errata, è stata collegata la linea dell’acqua calda allo scarico;
- alcuni scuri esterni delle finestre non si aprono, altri non si chiudono, frutto di un evidente pressapochismo dei montatori degli infissi;
- la porta blindata ha un gioco da terra di almeno 2 -3 cm., segno che è stata montata senza nessuna messa a punto dell’infisso;
- non mi sono state fornite tutte le chiavi della porta blindata, per l’esattezza mancano ancora due delle tre chiavi a corredo;
- il lavabo del bagno è in equilibrio precario, così come il termosifone ballano vistosamente, segno che non sono stati fissati con la dovuta perizia ai muri in cartongesso;
- i mobili sono imbullonati mediante tasselli ai muri in cartongesso e non possono essere rimossi, e comunque rimovendoli è necessario ancorarli nuovamente ai muri perché rimangono sempre in equilibrio precario;
- Il M.A.P. è arredato con due camere da letto matrimoniali, munite di letto, rete e materasso matrimoniale, segno evidente che al momento dell’arredo del modulo non si è preso in considerazione la composizione del nucleo familiare che l’avrebbe abitato;
- L’interno è perfettamente pulito, i mobili sono splendenti, aprendo le finestre si può ammirare un panorama mozzafiato, neanche una di queste affermazioni è vera, il modulo è tutto da pulire sul linoleum c’è del bostik ormai secco, i mobili presentano due dita di polvere, la baracca è circondata da rete oscurata da teli che impediscono qualunque visuale, proprio un campo di prigionia, “la baracca n.°38 del capo di prigionia di Collarano”
- …………………..
A questo punto, con mia moglie Anna abbiamo deciso di chiamare “linea amica”, per chiedere un intervento della Protezione Civile, che per la verità non si è fatto attendere, nel primo pomeriggio sono intervenuti degli operai che hanno svolto, secondo le direttive ricevute, degli interventi, che non mi sembrano molto ben fatti.
Successivamente, sono intervenuti dei tecnici, si sono presentati in divisa e si sono qualificati come ingegnere strutturista, e come progettista direttore dei lavori del villaggio, appartenenti alla Protezione Civile Nazionale.
Alle nostre immediate rimostranze per ciò che avevamo appena ricevuto in assegnazione dopo 18 mesi d’attesa, vissuti da sfollati, da pendolari, sbattuti nelle strutture alberghiere che loro avevano scelto, che ci avevano imposto, hanno prima ribattuto che quello dove ci trovavamo era uno dei migliori M.A.P., poi che le doppie camere matrimoniali erano una scelta atta ad ospitare la famiglia media italiana, che per loro è composta da: una coppia di coniugi con figlio e i genitori di uno dei due coniugi a carico.
Al che si è accesa un’aspra polemica, ci siamo alterati, abbiamo alzato la voce e i toni della discussione.
Abbiamo ribattuto che in quei 18 mesi avevamo partecipato a ben quattro censimenti, e che l’anagrafe del nostro comune conosce benissimo la composizione della famiglia giacché ci stanno mantenendo da 18 mesi ed ha speso fino ad ora oltre 150.000,00 €.
E poi abbiamo continuato, gridandogli in faccia, che tutto ciò era una vergogna, che quei moduli, quel M.A.P. era costato oltre 750,00 €/mq., cioè 60.000,00 €, 120.000.000 £, non potevamo accettare che si potessero spendere tutti quei soldi, sottraendoli alla vera ricostruzione, per ottenere dei manufatti in quelle condizioni.
E loro, a replicare che avevano dovuto costruire in poco tempo, che quella era edilizia economica e popolare, che quindi non erano previste finiture, e non le potevamo pretendere, e aggiungevano che se non ci piaceva il M.A.P. potevamo rinunciarci e passare all’autonoma sistemazione.
E noi, a ribattere che 18 mesi non ci sembravano proprio poco tempo, e poi dove stava scritto che l’edilizia economica e popolare non deve prevedere dei lavori eseguiti a regola d’arte, quelle che avevamo segnalato non erano finiture mancanti, ma solo lavori fatti male, fatti alla meglio, evidentemente da personale inesperto, insomma per dirla in breve tutto arrangiato, e dopo 18 mesi tutto questo non poteva certo essere accettato.
Soprattutto non potevamo ne intendevamo accettare un simile contradittorio che ci veniva proposto proprio dai diretti responsabili di quell’intervento, da coloro che svolgono queste mansioni a nome del Dipartimento di Protezione Civile, pagati da tutti noi.
E per finire, costoro hanno avuto pure l’ardire di lagnarsi, perché loro non hanno alloggiato in albergo come noi, loro in quei 18 mesi erano sati costretti a vivere accampati per assisterci.
Scordando banalmente, che loro forse avevano vissuto in condizioni disagiate, ma solo per cinque giorni a settimana, e per questo motivo percepivano oltre a un lauto stipendio, anche una indennità di trasferta, e comunque quella era la loro professione, il loro lavoro..
Scordando banalmente che trascorsa la settimana lavorativa, il venerdì sera potevano tranquillamente rientrare in una casa, potevano condurre una vita normale con la loro famiglia, mentre noi, che eravamo veramente sfollati, stavamo vivendo, magari in albergo, semplicemente perché una casa, un lavoro, una vita normale non l’avevamo più.
Quel M.A.P. che era diventato argomento di un così aspro dibattito avrebbe rappresentato per noi, per tutta la nostra famiglia, il punto di riferimento per la vita dei nostri prossimi 10 – 20 anni, non potevamo ne permettere, ne accettare, di svendere i nostri diritti, se avessimo ceduto sarebbe stato per sempre, e questo non era giusto non tanto per noi, ormai ultracinquantenni, ma per i nostri figli che avrebbero dovuto condividere con noi quel tipo di vita ancora per diversi anni.
A seguito di ciò, il giorno successivo, il 20 Ottobre 2010, ho presentato un esposto al mio comune, nel quale richiedevo gli interventi di manutenzione necessari, e la fornitura di due letti singoli in sostituzione di una delle due stanze matrimoniali, in modo da poter dare un letto a ciascuno dei miei tre figli.
Ecco questa è la ciliegina sulla torta che questo Governo mi ha regalato dopo questi 18 mesi trascorsi da sfollato deportato.
Grazie Silvio, grazie Bertolaso, Vi siete superati nel portare a termine questo MIRACOLO AQUILANO, solo che io questo miracolo proprio non ci riesco a vederlo, anche se mi sforzo, non c’è, non c’è mai stato e fino che sarete Voi a gestire la nostra, la mia vita, non potrà esserci.
Capitolo secondo : La commissione grandi rischi, il mancato allarme, il caso Giuliani
La commissione grandi rischi (Marzo 2009, una settimana prima del sisma)
A seguito del precipitare degli eventi il sindaco Massimo Cialente richiede la convocazione della Commissione Grandi Rischi, che si riunisce a L’Aquila il 31 Marzo, solo sei giorni prima del tragico evento.
Questa ha provveduto a tranquillizzare la popolazione, affermando: “che nulla di grave poteva accadere” vedi testuali parole tratte dal verbale:
- (Prof. Boschi), “ ……. Improbabile che ci sia a breve una scossa come quella del 1703, pur se non si può escludere in maniera assoluta” aggiunge “ …..Quindi la semplice osservazione di molti piccoli terremoti non costituisce fenomeno precursore. ………. E’ invece noto che il comune di L’Aquila è classificato in zona 2, e comunque è caratterizzato da una sismicità che richiede una particolare attenzione verso le costruzioni, che vanno rafforzate e rese capaci di resistere ai terremoti.”
Le costruzioni, vanno rafforzate? Rese capaci di resistere ai terremoti? Infatti ci si è subito preoccupati di verificare dopo gli innumerevoli allarmi lanciati dai studenti, lo stato della sicurezza della Casa dello Studente, ci si è accorti immediatamente che mancava semplicemente un pilastro.
Mai sentito parlare del “Rapporto Barberi”?
- (Il prof. Calvi)“ aggiunge …… sulla base del documento distribuito dal DPC (Dipartimento Protezione Civile), …..le registrazioni delle scosse sono caratterizzate da forti picchi di accelerazione, ma con spostamenti spettrali molto contenuti, di pochi millimetri, e per ciò difficilmente in grado di produrre danni alle strutture.”
Mai sentito parlare di “Abruzzo Engineering”
Infatti, dopo il sisma, dato che gli spostamenti erano di pochi millimetri, il centro è tutti i borghi storici dei comuni limitrofi sono rasi al suolo.
E fortuna che questi eventi non potevano produrre danni alle strutture.
Il dubbio, che da parte di qualche luminare si sia sottovalutata la situazione, c’è e resta.
Questi luminari, come tutti gli esseri umani, possono commettere errori di valutazione, questo fa parte della professione che si svolge, e non c’è possibilità di evitare simili errori.
La cosa invece veramente grave, è che questi baroni della scienza, si sono permessi di giudicare, di concorrere alla denuncia per procurato allarme verso altri tecnici, che loro, con molta arroganza hanno ritenuto inattendibili e meno qualificati.
Con il loro atteggiamento, nella veste di assoluti e unici studiosi qualificati, hanno gettato discredito su queste persone, che non sono più state prese sul serio, i loro allarmi non sono più stati ascoltati.
Per la stupida presunzione di qualche luminare sono rimaste sotto le macerie 308 persone, che come me, come tutti noi, hanno avuto fiducia nel ruolo istituzionale che rappresentavano.
E questi luminari esprimono, e continueranno ad esprimere opinioni, che equivalgono per tutti noi, a sentenze.
- Continua l’intervento (il prof Barberi) “…. non c’è nessun motivo per cui si possa dire che una sequenza di scosse di bassa magnitudo possa essere considerata precursore di un forte evento.”
Eventi di bassa magnitudo, 4° – 4,5° gradi sulla scala richter, sono eventi di bassa magnitudo, ma per preoccuparsi, per dare un allarme doveva proprio venire giù tutta la città?
Ma professore, il famoso rapporto Barberi, quello che porta proprio il suo nome, si è scordato di averlo redatto proprio Lei?
Di averlo inviato a sindaci, a presidenti di provincia e di regione?
Ma, siamo sicuri di pagare questi luminari, perché con i loro studi, ci aiutino a prevenire eventi calamitosi?
Se non danno l’allarme quando si verificano scosse di questa entità, durante una sequenza sismica che dura da 3 – 4 mesi, quando lo danno sto benedetto allarme?
Forse quando la città e rasa al suolo?
Se è così, possiamo anche mandarli a casa, non c’è motivo di spendere denaro.
Allora, mettiamoci d’accordo, se non è possibile prevedere un terremoto non è neanche possibile smentire che un simile evento si possa verificare.
Ma cari accademici, volete essere coerenti con le vostre stesse affermazioni?
Allora, chi vuole spiegare il motivo per il quale, dopo il sisma del 6 Aprile 2009, per paura di forti scosse la popolazione, anche quella con casa classificata “A, agibile”, è stata allontanata?
Ma le scosse dal dopo sisma, non erano semplici scosse di assestamento, del tutto normali, senza pericoli per la popolazione?
Ma non si era detto che non era possibile una scossa paragonabile a quella del sisma del 1703?
Ancora tutte pu …… te, utilizzate con maestria dai pubblicitari del nostro premier, ma sempre e solo pu ..… te, che sono costate la vita a 308 persone. che si sono fidate delle parole di chi rappresenta le istituzioni.
Infatti solo dopo pochi giorni la grande scossa, l’8 aprile 2010, viene pubblicata l’Intervista a Daniela Pantosti dell’INGV. L’argomento dell’intervista riguarda, guarda caso, proprio la faglia di Paganica, quella per intenderci responsabile del disastro.
Testo dell’Intervista a D. Pantosti:
“la faglia di Paganica”
La mattina stessa del terremoto de L'Aquila del 6 aprile le squadre del Gruppo MERGEO si sono recate in area epicentrale per rilevare gli effetti sull'ambiente naturale prodotti dal terremoto.
EMERGEO: un gruppo di lavoro INGV che ha come scopo il rilievo geologico in caso di evento sismico
In questa mappa oltre alle tracce delle faglie che vediamo qui riportate in nero vedete questi cerchietti colorati che rappresentano tutti i punti di osservazione degli effetti naturali prodotti dal terremoto.
Gli effetti più comuni erano quelli legati comunque alla accelerazione del suolo prodotta dal terremoto come frane, caduta massi, e scoscendimenti in zone alluvionali e pianeggianti.
Molto frequente è stata anche l'osservazione di fratture, come questa in questo campo agricolo con una componente del movimento sia verticale che un'apertura.
Molto spesso queste fratture interessavano anche manufatti chiaramente strade asfaltate e/o anche l'interno di abitazioni, giardini, muretti di recinzione.
Le fratture avevano la caratteristica di essere allineate lungo elementi tettonici preesistenti.
La faglia di Paganica
In particolare quelli riportati qui in rosso lungo la faglia di Paganica sono quelli che consideriamo l'espressione in superficie della deformazione prodotta in profondità dal terremoto.
Qui in particolare vediamo la zona dove le fratture lungo la faglia di Paganica sono le più evidenti e sono quelle che sono considerate direttamente legate al piano in profondità. E in questo piccolo blocco - diagramma potete vedere come, in modo molto schematico, il piano di faglia che raggiunge la superficie praticamente corrisponda nella parte superficiale alle rotture della faglia di Paganica.
Nei mesi successivi al terremoto gli studi geologici si sono concentrati alla caratterizzazione e mappatura di dettaglio delle faglie che caratterizzano la zona epicentrale, ed in particolare la faglia di Paganica.
Questo perché abbiamo visto quanto, sia per il rischio di fagliazione superficiale che per dare un contributo più importante agli studi di pericolosità sismica, sia importante la conoscenza delle faglie attive.
Alla ricerca dei terremoti del passato: gli scavi paleosismologici
Questi studi vengono anche supportati da indagini paleosismologiche.
In pratica si cerca geologicamente di riconoscere le evidenze di terremoti del passato che hanno prodotto come nel 2009 delle rotture in superficie come questa.
Questo è un caso molto bello in cui potete vedere che la rottura in superficie, quindi la frattura lungo la faglia di Paganica, corrisponde in profondità con una faglia geologica che mette a contatto queste brecce bianche con dei depositi olocenici, quindi di circa 10.000 anni, più scuri, più organici.
In questo altro scavo invece, i depositi sono di natura diversa, hanno una matrice organica e la traccia del piano di faglia al di sotto delle rotture del 2009 che sono rappresentate da questo piccolo scalino sono sicuramente più difficili da vedere.
Ma se si seguono questi contatti tra un tacco e l'altro, quindi la linea verde e la linea gialla ed il blu, si può notare che questi contatti mostrano un incremento con l'età del ribassamento di questo settore a destra rispetto quello a sinistra.
Un'analisi attenta di tutti i depositi e dei rapporti strutturali ci ha permesso di riconoscere ben 5 eventi compreso il 2009.
La datazione con radiocarbonio e con dei frammenti di ceramica di epoca storica ci ha permesso anche di datare, quindi dare un'età, ad ognuno di questi tacchi.
Queste informazioni ci hanno permesso di ricostruire - diciamo - una storia sismica di questa faglia, ed in particolare 5 eventi di cui in particolare il 2009 è il più recente, il 1461 è molto probabilmente l'evento precedente, e poi altri 3 eventi più antichi.
Quello da notare è che gli eventi - questo è il ribassamento verticale di ogni evento - sono tutti di entità molto simili al 2009 e anche la loro spaziatura nel tempo sembra abbastanza regolare quindi dell'ordine dei 500 - 800 anni.
Queste informazioni sono molto importanti per gli studi di pericolosità sismica.
Il mancato allarme - Bertolaso io sereno (Gennaio – Marzo 2009)
Articolo tratto da “Il Centro”
di Enrico Nardecchia
Il capo della Protezione civile bacchetta gli enti locali e ammicca al popolo delle carriole
«Abbiamo fatto tanto, ora tocca agli altri. Ma non ci tiriamo indietro. E, se serve, torniamo». Guido Bertolaso è un guerriero ferito dall’inchiesta su appalti e corruzione, che lo vede indagato, e pure dalle intercettazioni telefoniche. Ma all’Aquila, dove prima della bufera giudiziaria era un mito assoluto, sembra ritrovare la forza dei giorni migliori. Qui glissa sulle indagini («Pronto a dare, se richieste, tutte le spiegazioni»), richiama gli enti locali a un maggiore impegno, corregge il tiro sulle carriole, promette soluzioni rapide per le famiglie ancora sulla costa e parla anche del mancato allarme. «Gli esperti qui convocati non hanno evidenziato segnali di pericolo tali da poter programmare piani di evacuazione».
Delle cose fatte all’Aquila, quale racconta per prima?
«Valga per tutte il lavoro sulle scuole. Senza l’avvio dell’anno scolastico, nello scorso settembre, non vi sarebbe stata nessuna possibilità di dare speranza all’Aquila e agli aquilani perché, ovviamente, c’era il rischio che vi fosse una diaspora delle famiglie verso altri centri dove fosse garantita l’educazione dei propri figli. Per noi è stato un investimento, una sfida, un traguardo che a tutti i costi dovevamo raggiungere e l’aver fatto rientrare a scuola, tra fine settembre e primi di ottobre, circa 17mila studenti all’Aquila e nei Comuni del cratere credo sia stato il vero forte segnale che si poteva investire sull’Aquila. Successivamente, le iscrizioni all’Università, che dovevano essere limitatissime, hanno conosciuto, invece, sviluppi e numeri al di là di ogni previsione».
Emergenza casa. Altra Pasqua da esiliati per migliaia di aquilani. Quali soluzioni ci sono?
«Vi siamo sempre vicini e seguiamo con attenzione tutta la problematica dell’assegnazione di alloggi e sistemazioni di quelli che ancora attendono un luogo sicuro. Ci sono sempre i tecnici del Dipartimento insieme a Comune e Regione. Continua quel gioco di squadra che ci consente di poter affermare che, nell’arco delle prossime settimane, anche quei single e quelle coppie in attesa di una sistemazione troveranno un’accoglienza degna in qualche struttura dell’Aquila».
Prima e dopo. È cambiato il vostro impegno qui?
«Piuttosto è cambiato il clima, la situazione. C’è una seconda fase altrettanto complessa e difficile da portare avanti ma, comunque, con la consapevolezza che la stragrande maggioranza degli aquilani si trovano in condizioni confortevoli, dalle quali possono programmare e pianificare l’attività di ricostruzione».
Mancato allarme. È rimasta appesa la sua frase al forum del Centro: “Prima di andare via dirò cosa penso di queste cose”. Che risposte per quei genitori rimasti senza figli?
«Riservatamente e privatamente, a quelli che si sono rivolti a me direttamente, ho risposto in modo articolato, dettagliato, puntuale senza sfuggire di fronte a domande e problemi posti. In questo momento bisogna ancora attendere le attività che sta portando avanti la magistratura. Apprendo dai giornali di un’indagine in corso. Quando ve ne sarà l’occasione e l’opportunità, magari, si parlerà di questo anche in modo più ufficiale e più pubblico».
Davvero non c’erano attività di prevenzione da attuare dopo la commissione Grandi rischi del 31 marzo?
«Quella riunione del 31 marzo mi convinse molto: quella è la nostra struttura tecnico-scientifica nazionale di riferimento. Le indicazioni della commissione le abbiamo seguite. Si parlava soprattutto di cercare di avere un sistema di risposta all’eventuale emergenza che fosse il più efficace possibile. E mi pare che il mondo abbia riconosciuto che questa gestione sia stata indiscutibile. Scienziati di tutto il mondo venuti qui hanno sottolineato che i segnali non erano tali da poter indurre decisioni che comportassero piani di evacuazione o altro. L’informativa della polizia? Non ne so nulla. La documentazione l’abbiamo consegnata da tempo. Se c’è da dare ulteriori chiarimenti siamo a disposizione».
Prima, nell’emergenza, s’è detto: bravo Bertolaso. Oggi, per le magagne, si dice: colpa di Cialente. Gli avete lasciato il cerino in mano?
«Bisogna mettersi d’accordo. Per mesi qualcuno si lamentava che Bertolaso aveva sottratto alle realtà locali e agli amministratori la responsabilità degli interventi e della ricostruzione. Dopodiché, passato il testimone, com’era giusto che fosse, si comincia a temere che le realtà locali non siano messe nelle condizioni di poter svolgere il loro mestiere. Delle due l’una: o era corretto il lavoro che si stava svolgendo prima, oppure bisogna decidere ora chi è che deve portare avanti questa responsabilità. Noi non abbiamo mai, neppure per un istante, sottratto compiti e responsabilità al cosiddetto territorio. Quando c’era il momento delle decisioni rapide, tempestive, urgenti, difficili per dare risposte agli abitanti ci siamo caricati questo genere di compito. Oggi che la situazione può essere portata avanti con maggiore condivisione approfondendo le problematiche e individuando le soluzioni nel lungo periodo lo devono fare le autorità locali. Se poi loro hanno bisogno di una mano, non v’è il minimo dubbio sulla nostra assoluta totale disponibilità».
Ricostruzione e soldi. Ci sono risorse? E quante di queste sono certe?
«Dal punto di vista economico i soldi ci sono. C’è anche una buona e sostanziale somma di un paio di miliardi di euro stanziati dal decreto legge. Invece di continuare a dire “ce la facciamo da soli” o no, “ci abbandonano” o meno, bisogna pensare a rimboccarsi le maniche e ad andare avanti con lo stesso impegno che noi abbiamo garantito nei passati mesi».
Ricostruzione lenta, poche idee. La pensa così?
«Vi erano normative per una ricostruzione e progettazione molto rapide, assicurate nelle mani di proprietari e cittadini, cercando di evitare la burocrazia. Purtroppo non è stato così. Domande con lentezza, parte tecnica oberata di lavoro, imprese con numerosissime richieste. Tutto questo non ha facilitato il compito».
Perché le carriole non le sono simpatiche?
«Non è vero. Le ho usate quand’ero più giovane e in tante altre situazioni. Non vedo nessuna polemica strumentale. Lo interpreto come un segnale di volontà di ricostruire quel centro storico al quale tutti guardiamo con grande speranza».
Bertolaso via senza aver realizzato...
«Da settembre avevamo un progetto per la zona rossa. Se non ricordo male vi fu una certa levata di scudi di alcune autorità locali. Facemmo marcia indietro. Con quella proposta oggi saremmo più avanti...».
Il mancato allarme - Onna denuncia esposto alla commissione Grandi rischi (Gennaio – Marzo 2009)
Articolo tratto da “Il Centro”
di Giampiero Giancarli
In Procura esposto dei residenti contro la commissione Grandi rischi. In mano ai pm studi di sismologi che contraddicono le valutazioni della commissione. Sono oltre cento finora le possibili parti civili pronte a costituirsi nel processo penale
L’AQUILA. Arriva anche da Onna una denuncia contro la commissione Grandi Rischi. Infatti, tempo addietro, un gruppo di cittadini della frazione che ha pagato il più alto tributo di vittime per il sisma, si è rivolto a un legale per fare chiarezza sul mancato allarme.
ONNA. Queste denuncia, come del resto altre segnalazioni alla polizia giudiziaria fatte in precedenza, è stata corredata da interviste rilasciate sia su carta stampata che televisive, con le quali sono state date le incaute rassicurazioni alla gente; ma anche da studi di sismologi secondo i quali forse si doveva prestare maggiore attenzione allo sciame che ha preceduto la tremenda scossa del 6 aprile. L’esposto, nel quale si ipotizza il reato di omicidio colposo plurimo, è stato presentato tramite l'avvocato Fabio Alessandroni.
Onna è stata la frazione aquilana più martoriata dal terremoto: 40 le vittime a fronte di poco meno di quattrocento residenti.
ALTRI ESPOSTI. Finora sono una trentina gli esposti presentati alla procura, tramite i familiari delle vittime, ognuno dei quali contempla molti sottoscrittori. Ne consegue che sono già decine e decine, forse già un centinaio, le parti offese pronte a chiedere la costituzione di parte civile qualora l’indagine, portata avanti dai Pm Alfredo Rossini e Fabio Picuti, dovesse andare molto avanti. Del resto se sono molte già adesso le persone che hanno già avviato decise azioni giudiziarie è prevedibile che altrettante si faranno avanti in futuro visto che il termine per la costituzione di parte civile è quello dell’udienza preliminare: data ancora molto lontana in una inchiesta che deve ancora definire gli indagati.
PRIMA DENUNCIA. L’inchiesta è stata avviata dalla procura aquilana dopo la denuncia presentata il 17 agosto 2009 dall’avvocato Antonio Valentini nella quale si avanzavano grosse perplessità sull’atteggiamento della commissione. Nella stessa denuncia si indicarono sette persone, familiari di altrettante persone decedute, pronte a testimoniare che i loro cari erano restati a casa dopo le prime scosse in seguito alle rassicurazioni date da persone più esperte di loro.
IL NODO. Al di là dei contributi tecnici e dossier forniti a tutto campo dagli autori degli esposti, il punto nodale che accomuna tutte le denunce gira sempre intorno alla stessa domanda: perché sono state rilasciate dichiarazioni rassicuranti da persone autorevoli sulle conseguenze dello sciame sismico precedente al 6 aprile visto che i terremoti non sono prevedibili?.
SVILUPPI. Le indagini, sulle quali il pm Alfredo Rossini, non intende fare alcun commento, sono affidate alla squadra mobile e alla squadra di pg della polizia di Stato che hanno ascoltato circa 50 persone informate sui fatti. Nelle passate settimane il procuratore capo aveva sottolineato che la svolta su questo atteso filone non era imminente. Da fonti interne della procura è poi emerso che i pm avrebbero atteso lo svolgimento delle elezioni per non influenzare il clima politico con una inchiesta i cui esiti avranno risonanza nazionale.
Il mancato allarme - «Ho perso tutto, dissero di stare tranquilli» (Gennaio – Marzo 2009)
Articolo tratto da “Il Centro”
di Roberto Raschiatore
Parla per la prima volta il pediatra medaglia d’oro rimasto senza figli e senza moglie: Chiedo verità e giustizia, del mio condominio in via Campo di Fossa si parla poco malgrado i ventisette morti
Massimo Cinque, medico pediatra, accetta di aprire per la prima volta da un anno la sua pagina del dolore, e di raccontarla. Il 6 aprile 2009 il medico Massimo Cinque ha perso tutto nel crollo della sua abitazione in via Campo di Fossa al civico 6: i figli Matteo e Davide, le sue «piccole pesti» di 9 e 11 anni, sua moglie Daniela Visione, di 43 anni.
L’AQUILA.
Fissa un punto nel vuoto e racconta.
Racconta e si tormenta le mani, rigira la fede rimasta all’anulare, senza più una lacrima da perdere in un futuro che non riserva sogni o conquiste. Racconta con gioia dei suoi figli e della moglie perduti nella terribile notte. Racconta con rabbia del mostro terremoto, degli allarmi inascoltati, delle troppe rassicurazioni traditrici, dei 308 martiri uccisi da sassi e cemento fragile.
Massimo Cinque l’ha risparmiato il destino.
Quella notte di un anno fa era in servizio nell’ospedale di Sulmona, dove lavora da sette anni. «Alle 23,30 mi chiamò mia moglie Daniela», racconta, «mi disse che c’era stata l’ennesima scossa e mi chiese come doveva comportarsi. Non ti preoccupare, le risposi, dormi tranquilla. Le ripetei le parole che ci avevano detto gli esperti. Quella è l’ultima volta che l’ho sentita. Alle 3.32 fui svegliato dal terremoto, ma non mi preoccupai, non so per quale motivo. E tornai a dormire. Due ore dopo le infermiere mi avvisarono che la televisione stava trasmettendo le immagini dell’Aquila distrutta. A quel punto ho capito qual era la gravità, ho provato a contattare i miei, sono partito. Sulla Statale 17, a Castelnuovo, ho avuto un brivido di fronte alla prima casa sventrata. All’Aquila ho trovato e visto l’inferno. Della mia casa in via Campo di Fossa era rimasta solo polvere. Un palazzo sbriciolato. In venti secondi ho perso tutto ciò che un uomo può perdere. Una moglie e una madre esemplare. Matteo e Davide, due bimbi pieni di vita. I vigili del fuoco li hanno trovati nel lettone. Non passa giorno della mia nuova vita senza un pensiero rivolto a loro. Un ricordo sempre vivo. Ringrazio il Signore che mi ha dato la fortuna di averli avuti a fianco, anche se per poco. Li porto nel cuore. Come porto nel cuore i tanti che mi hanno aiutato in questi mesi. Molti amici, i miei suoceri, mio cognato, i miei genitori. Sono stati al mio fianco, le istituzioni no».
Qui il ricordo si fa rabbia. Massimo Cinque, a pochi giorni da questo primo anniversario, ha ricevuto una medaglia d’oro dal ministro della Salute, Ferruccio Fazio. Una medaglia perché il medico è tornato al lavoro subito dopo i funerali e ha prestato la sua opera in favore delle popolazioni colpite dal terremoto. «Ho fatto semplicemente il mio dovere», riprende Cinque, «sono un medico, faccio il pediatra, e ogni giorno devo assumermi delle responsabilità per i miei piccoli pazienti, prendendo decisioni anche immediate. Posso camminare sempre a testa alta, dovunque vada. Altri la testa la devono abbassare.
Sì, sono critico. Il 31 marzo di un anno fa la riunione della commissione Grandi rischi si concluse in venti minuti. Come una riunione di condominio. E senza adottare alcuna decisione. Il vicecapo della Protezione civile De Bernardinis disse di stare tranquilli, di stare in casa e bere una buona bottiglia di vino Montepulciano. Quelle parole sono impresse nella mia mente. Mi sono fidato, ci siamo fidati di persone che ricoprono ruoli di grande responsabilità. Quelle parole le ho ripetute a mia moglie in quell’ultima telefonata: le ripetei di stare tranquilla. Ci dissero che la terra più scarica energia e meglio è. Dovevano invece avvertirci che ci trovavamo in uno stato di allerta, che i terremoti non si possono prevedere ma che non si possono neanche escludere. Bisognava realizzare dei punti raccolta per la popolazione, perché la situazione non era così tranquilla. Quanto è successo è vergognoso e inconcepibile. Ho dubbi atroci, mi pongo tante domande. Perché dopo il 6 aprile tutti gli scienziati che studiano questi fenomeni hanno detto che il terremoto dell’Aquila ha dato ampi segnali, si è fatto annunciare con grande anticipo? Questo mostro bussava alle nostre porte da più di quattro mesi e io quella notte l’ho fatto entrare in casa mia perché qualcuno mi aveva rassicurato. Per questo chiedo verità e giustizia. Le chiedo per mia moglie e i miei due angeli, per tutti i 308 martiri morti quella notte. Martiri perché hanno pagato le colpe di altri. Nel mio palazzo, costruito negli anni Sessanta, sono morte 27 persone, fra le quali due bimbi piccoli e una quindicina di studenti universitari. Non so a che punto sia l’inchiesta della magistratura, però ricordo che non possono esserci morti di serie B. Sarebbe il caso di parlare un po’ di più di questo palazzo in via Campo di Fossa, come si fa per la Casa dello studente o per l’edificio in via D’Annunzio. Ho incontrato il capo della Protezione civile Bertolaso pochi giorni fa, alla presentazione del libro di Roberto Grillo. Una rapida stretta di mano e niente più. Da Bertolaso aspettiamo ancora delle risposte. Il 14 agosto, durante il video forum organizzato dal Centro, il giornalista Giustino Parisse pose la domanda che ci facciamo tutti:
si poteva fare qualcosa prima?
Bertolaso rispose:
parlerò il 31 dicembre nel momento in cui vi saluterò. (ancora aspettiamo i chiarimenti)
Dopo, alla lettera del padre di una giovane vittima pubblicata sempre sul Centro, lo stesso Bertolaso riferì che c’erano state troppe morti, annunciò che alla fine del suo mandato avrebbe detto cose che allora non si potevano dire.
Aspettiamo queste risposte. Le dobbiamo ai nostri martiri. Le pretendo per la mia splendida moglie e per i miei piccoli angeli».
Il caso Giuliani (Aprile – Dicembre 2009, la mancata prevenzione)
Mentre a L’Aquila la terra trema, la Protezione Civile e Bertolaso sono presso l’isola della Maddalena impegnati nelle operazioni di organizzazione del programmato G8.
Quando Bertolaso viene informato che c’è un individuo, un ricercatore che sta lanciando allarmi invece di verificare cosa sta accadendo ritiene giusto denunciare per procurato allarme, il semplice Sig. Giampaolo Giuliani, che ha la sola colpa di essere un tecnico, e come tecnico verifica tutti i suoi esperimenti, e da queste verifiche conclude che un gas che si trova in natura, ha la particolarità di variare la sua concentrazione con un anticipo di circa 6 – 24 h su un successivo evento sismico.
Costui, da dieci anni conduce studi a proprie spese, non è sovvenzionato dallo Stato, come l’I.N.G.V. o come la mirabile macchina istituzionale della Protezione Civile, che dovrebbero occuparsi di prevenzione, invece d’organizzare eventi fieristici per il nostro premier, in difficoltà per la sua condotta, in difficoltà con la stampa, in difficoltà con la di Lui consorte.
Costui dicevo, realizza dei prototipi di macchie denominate PM2 e PM4, che sono oggi in grado, mediante triangolazioni sul territorio, di stabilire l’epicentro di un possibile sisma nelle successive 6 – 24 ore dalla registrazione della variazione della concentrazione di radon, oltre ad indicare la magnitudo espressa in gradi su scala richter con uno scostamento di +- 0,2°.
Ma nessuno ha ritenuto semplicemente utile verificare l’attendibilità di queste macchine.
Perché, quali sono o erano gli interessi in gioco?
Chi ha il coraggio di dare una risposta sensata, accettabile, condivisibile da uno sfollato che ha perso tutto, che ha subito dei lutti, che non ha più un lavoro o la sua attività, che vive o ha vissuto al freddo sotto una tenda e per ottenere il pasto nella mensa del suo campo deve presentare il passi, come se stesse mendicando?
Chi ha il coraggio di dare questa risposta a costoro, che per raggiungere i servizi igienici del campo nel quale sono ospitati, nella migliore delle ipotesi debbono percorrere 500 – 1000 m, sotto l’acqua, nel fango, al freddo o sotto un sole cocente, o a coloro che sono ospitati in una delle meravigliose strutture alberghiere della costa dove debbono sopportare le peggiori vessazioni, e per raggiungere la città per recarsi al lavoro, o solo per portare la scuola i figli, debbono partire entro le 6.00 per essere in città alle 8.00, per rientrare nella struttura che gli ospita alle 21.00, percorrendo mediamente tra andata e ritorno 200 – 250 km/gg..
Su datela questa risposta?
Ma fate i modo che abbia un senso compiuto?
Siamo tutti curiosi di capire quello che ancora oggi ci risulta incomprensibile.
Ma il tempo è sempre il miglior giudice, così può accadere che quello che solo pochi mesi prima pareva un’eresia agli occhi degli esperti, dei superburocrati dell’INGV, si possa trasformare in una grande scoperta scientifica.
Così accade che ad un anno dal sisma apprendiamo dalla TV che l’INGV “Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia” ha condotto e portato a termine una ricerca con l’università “Tor Vergata” di Roma, dalla quale emerge che il radon, guarda caso, proprio lo stesso gas studiato da Giuliani, può essere considerato un precursore di eventi sismici.
Un precursore sismico?
Ma l’INGV non è lo stesso ente di Stato, che per bocca dei suoi superpagati tecnici, ingegneri e vari altri superburocrati, aveva reso di pubblico dominio l’affermazione riguardo l’imprevedibilità dei terremoti?
Questi non sono forse gli stessi tecnici che avevano dichiarato che non esistono precursori sismici?
Che avevano definito Giuliani un imbecille, ed avevano fatto in modo che ricevesse pure un avviso di garanzia per procurato allarme?
Manco a dirlo, anche questa notizia riguardante i risultati di questa importante ricerca, ottenuti solo un anno dopo il sisma di L’Aquila, passa senza ottenere nessuna particolare risonanza dai media.
Il Paese non deve sapere che la previsione di Giuliani aveva un fondamento scientifico, e che questo ora è anche provato da una ricerca universitaria condotta proprio da INGV, la stessa istituzione che Lo aveva denunciato per procurato allarme.
Come non si deve sapere che Giuliani aveva previsto la scossa del 6 Aprile, e che questa notizia era stata raccolta in un intervista la sera di quel 31 Marzo da una troupe Rai, ma quel servizio non andò mai in onda per volere di qualcuno.
Di chi?
Perché?
Che dire, come si fa a commentare serenamente questi fatti, diciamo che sono troppo coinvolto, perché francamente è difficile un commento dopo ciò che è accaduto, ci sono 308 vittime che chiedono giustizia, 308 OMICIDI colposi.
Intanto la magistratura comincia a dare i primi segnali, arrivano i primi avvisi di garanzia, e guarda caso tra gli indagati ci sono i membri di quella Commissione Grandi Rischi, che in 28 minuti di riunione, quel giorno, decise di non decidere.